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Articoli

Derivati ed Enti locali: verso una convergenza degli aspetti giuridico-finanziari

24 Settembre 2012

Riccardo Cesari, Università di Bologna

A lawyer who has not studied economics
is very apt to become a public enemy
J. Brandets, Illinois Law Review, 1916

1. Introduzione

La normativa primaria e secondaria sul tema dei derivati degli enti locali e in generale sulla ristrutturazione del loro indebitamento contiene numerosi concetti che, da un lato, hanno una importante valenza giuridica, non fosse altro per la forza intrinseca del contesto in cui sono inseriti, e dall’altro richiamano definizioni e istituti che da sempre appartengono (anche) alla finanza intesa come disciplina di analisi economica, teorica ed empirica, dei mercati finanziari e dei soggetti che vi operano.

Inutile dire che non sempre il linguaggio, i paradigmi, il quadro concettuale, i significati utilizzati dal legislatore sono risultati omogenei e coerenti con gli schemi dell’economia finanziaria.

In aggiunta, le numerose sentenze che si sono accumulate ai vari livelli e ambiti della giurisdizione civile, penale ed amministrativa hanno prodotto un insieme amplissimo di interpretazioni, statuizioni, decisioni, definizioni che hanno, in varie occasioni, prodotto nuove divergenze tra Diritto ed Economia (per un caso recente mi permetto di rinviare a Cesari, 2012).

Inutile negare che si è di fronte a “due culture” che, nate in origine da una comune necessità (l’analisi e la regolazione dell’attività economica) si sono presto diversificate e allontanate senza più trovare sistematici momenti di pensiero e azione comuni.

In via incidentale, pensando al caso dell’Università italiana ricordo che nella prima metà del secolo scorso, i corsi di economia erano tenuti all’interno della Facoltà di Giurisprudenza, la prima a sorgere nei lontani anni della rinascita medioevale (Bologna, 1088), per poi acquisire autonomia e distanza via via crescenti. Neppure l’attuale, storico passaggio dalle Facoltà alle Scuole sembra capace di invertire la deriva culturale.

Riprendendo una recente citazione, si potrebbe dire per il Diritto e l’Economia finanziaria, quanto Charles P. Snow, 1959 ebbe a dire per la cultura letteraria versus quella scientifica:

“Trent’anni fa le due culture non si rivolgevano la parola ma almeno si sorridevano freddamente. Oggi la cortesia è venuta meno e si fanno le boccacce”.

Credo che, a partire dal tema specifico dei derivati negli enti locali, ci sia l’urgente necessità di una “terza cultura” (per dirla sempre alla Snow) che integri e armonizzi le due precedenti nella legislazione come nell’analisi e nella prassi.

Questo lavoro vuole essere un contributo, per quanto modesto, in questa direzione.

2. I concetti giuridico-economici in gioco

Un riferimento di base è certamente l’art. 41 comma 2 della legge 448/2001 (Legge finanziaria per il 2002) ove si consente agli enti territoriali la rinegoziazione dei mutui contratti dopo il 1996

“in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni”.

Il concetto-chiave è il “valore finanziario delle passività totali” a carico degli enti.

La traduzione finanziaria più fedele mi pare il “valore attuale delle passività totali” alla data t0 di stipula dell’operazione:

la rinegoziazione è possibile se il valore attuale delle passività totali dopo la rinegoziazione (in t0+) è minore del medesimo valore pre rinegoziazione (in t0).

Per fare un caso emblematico, si immagini che l’indebitamento originario (pre) dell’Ente locale sia al tasso Euribor più uno spread di 0.126%.

La ristrutturazione, per essere possibile, deve determinare un aggravio inferiore.

Se la proposta di ristrutturazione fosse, banalmente, Euribor + 0.20% il calcolo sarebbe presto fatto.

Naturalmente, le proposte di revisione possono essere più articolate e complesse: ad esempio si potrebbe avere la sostituzione dell’indebitamento a Euribor + 0.126% con un’obbligazione a Euribor + 0.063% e un contratto payer IRS (interest rate swap) al tasso fisso 4.84%. I derivati di tasso diventano così uno strumento chiave.

La tabella dei flussi (cash flow) visti dalla parte dell’Ente (per cui – è un’uscita, + è un’entrata) è la seguente:

TAB. 1

Indebitamento pre ristrutturazione Indebitamento post ristrutturazione
– (Euribor + 0.126%) – (Euribor + 0.063%) + (Euribor – 4.84%)
= – (4.84% + 0.063%)
= – 4.903%

La logica dello swap, come si vede, è quella di sostituire un indebitamento a tasso variabile con uno a tasso fisso.

Pertanto, dal punto di vista del rischio si tratta certamente di una copertura rispetto alla possibilità di rialzi dei tassi. Tuttavia, dal punto di vista normativo resta l’esigenza di riduzione del valore delle passività.

Non a caso, la legge finanziaria 2007 (art. 1 c. 736 L. 296/2006), ritornando sul tema, ha posto l’accento su entrambe le esigenze:

“le operazioni di gestione del debito tramite l’utilizzo di strumenti derivati […] devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato […] avendo riguardo al contenimento dei rischi di credito assunti”

A tal fine, evidentemente il confronto diretto tra i tassi (flussi) nei due casi illustrati nella Tab. 1 non è più possibile e molto opportunamente la normativa riconduce l’esame all’unico metodo con validità universale: quello del valore attuale.

Ciò anche perché la (ipotesi di) ristrutturazione potrebbe includere importi una tantum (up front) al momento della stipula, in genere positivi, che non possono non rientrare nel calcolo complessivo.

Il confronto è dunque:

TAB. 2

Indebitamento pre ristrutturazione Indebitamento post ristrutturazione
– Valore attuale (mutui a Euribor + 0.126%) – Valore attuale (bond a Euribor + 0.063%) +
Valore attuale (swap Euribor – 4.84%) +
Upfront

Una possibilità alternativa, più complessa, è quella del collar al posto dello swap, in modo da porre un tetto massimo (cap) al tasso di indebitamento, finanziando questa copertura mediante la fissazione di un livello minimo (floor) al medesimo tasso.

TAB. 3

Indebitamento pre ristrutturazione Indebitamento post ristrutturazione
– Valore attuale (mutui a Euribor + 0.126%) – Valore attuale (bond a Euribor + 0.063%) +
Valore attuale (collar) +
upfront

In effetti, il collar è un derivato di tasso che è scomponibile in un’opzione cap lunga (“venduta” dalla banca all’ente) e in un’opzione floor corta (“venduta” dall’ente alla banca):

collar = cap – floor

Con ovvio uso di simboli, si ha la necessaria riduzione del valore attuale delle passività quando:

– Valore attuale (mutui a r + s0) < – Valore attuale (bond a r + s1) + Valore attuale (collar) + upfront

Per la linearità dell’operatore valore attuale, ciò equivale a:

– Valore attuale (s– s1) < Valore attuale (collar) + upfront

Se, ad esempio, l’upfront equivale a – valore del collar (es. valore collar = – 1.2 milioni e upfront = + 1.2 milioni) la riduzione delle passività (e quindi la convenienza della ristrutturazione) si hanno semplicemente quando s1 < s0 cioè quando il nuovo spread sul bond è inferiore al vecchio spread sui mutui.

Se, al contrario, l’upfront è 0, il valore del collar deve superare l’attualizzazione del differenziale s– s1 per rendere conveniente la ristrutturazione in esame.

Sul punto tuttavia si rammenta quanto indicato nella Circolare esplicativa del MEF del 27.5.2004 (in G.U. n. 128 del 3.6.2004) concernente il DM 389/2003 secondo cui:

“la contestuale vendita del floor [è] consentita unicamente al fine di finanziare la protezione dal rialzo dei tassi d’interesse fornita dall’acquisto del cap”

ragion per cui il valore del collar (= cap – floor) deve (dovrebbe…) essere sempre positivo o nullo.

Occorre, a questo punto, stabilire con precisione il significato di “valore attuale” nella disuguaglianza fondamentale, in versione generalizzata:

– Valore attuale (vecchio deb.) < – Valore attuale (nuovo deb.) + Valore attuale (derivato) + Upfront

o in versione semplificata, valida qualora la ristrutturazione prevedesse solo il ricorso al derivato:

0 < + Valore attuale (derivato) + Upfront

Infatti, qualora il “valore attuale” del derivato venisse fissato (dall’intermediario) a un livello arbitrariamente alto, esso renderebbe automaticamente coerente con la normativa l’operazione di ristrutturazione.

Occorre quindi un criterio oggettivo e concreto di definizione del valore attuale.

In particolare, la sua classica accezione di valore attuale come valore atteso scontato dei flussi futuri rimanda ai quesiti: “atteso”, secondo quale misura di probabilità? “scontato”, secondo quale curva dei tassi?

Prima di procedere e rispondere ai suddetti quesiti vale la pena sottolineare il significato finanziario dell’aggettivo “atteso” e del termine “aspettativa” onde evitare possibili fraintendimenti.

In probabilità (e la finanza oggi verrebbe da dire che è probabilità applicata) il termine valore atteso è sinonimo di media (ponderata con le probabilità) o valor medio o expectation.

Un teorema fondamentale della finanza (es. Cesari, 2009, cap. 2) dimostra che se vale la condizione di non arbitraggio il prezzo di un qualunque titolo è rappresentabile / calcolabile come valore atteso scontato dei flussi futuri generati dal titolo, calcolato, tale valore atteso, rispetto a una particolare misura di probabilità detta probabilità risk neutral o risk adjusted.

Stante l’importanza della proprietà di non arbitraggio, senza la quale i titoli finanziari, opportunamente gestiti, darebbero luogo a profitti illimitati senza rischio, si ha piena identificazione tra prezzi (di non arbitraggio) e valori attesi, senza con ciò implicare nulla di soggettivo o arbitrario o previsivo.

In altre parole, i prezzi espressi in un dato momento dal mercato, pur essendo “valori concreti e attuali” e non certo mere “proiezioni finanziarie” (sic Cass., 21 dicembre 2011, n. 47421) sono rappresentabili in termini di particolari valori attesi (o valori medi).

Poiché dal mercato è possibile ricavare, con opportune tecniche quantitative, la suddetta distribuzione di probabilità risk adjusted, implicita nei prezzi quotati, questa diventa utilizzabile per calcolare il prezzo o valore attuale di non arbitraggio ( = valore atteso scontato) di qualunque tipo di titolo o contratto non direttamente quotato e osservabile sul mercato.

3. Il valore attuale o fair value

Se il vecchio (e nuovo) debito e il derivato in esame fossero strumenti quotati su mercati finanziari attivi il problema del valore attuale sarebbe risolto dal prezzo di mercato rilevabile nella quotazione.

Nella realtà si tratta di strumenti non direttamente quotati e quindi richiedenti una adeguata valorizzazione, secondo i principi della teoria finanziaria, che del resto, ha criteri precisi valutare attività e passività finanziarie sia “elementari” sia “derivate”.

Poiché, per decreto, le uniche tipologie di derivato consentite, ex art. 3 del DM 389/2003, sono solo irs, fra, cap e collar e loro combinazioni, il processo di valutazione può avvalersi delle quotazioni interbancarie OTC disponibili giornalmente su tali tipologie, ottenibili da vari info-providers (es. Bloomberg e Reuters).

Due le particolarità che generalmente distinguono i contratti interbancari rispetto a quelli sottoscritti dagli enti locali:

a) le peculiarità dei parametri contrattuali;

b) gli specifici rischi bilaterali di credito o rischi di controparte

Con riferimento al primo aspetto si pensi a un collar proposto a un ente locale con cap 5.99% e floor 4.64%.

Le quotazioni di cap e floor (e quindi dei collar) disponibili sull’interbancario potrebbero riguardare cap rate del 5% o 6% e non del 5.99%, floor rate del 4.5% e 5% ma non del 4.64%.

Analogamente potrebbero essere disponibili le quotazioni al mid price ma non quelle all’ask (lettera o offer) o al bid (denaro).

Un aggiustamento si rende quindi necessario per passare dalle quotazioni mid price standard a quotazioni ask price specifiche (mid-ask). Ciò può essere fatto prendendo il mid price interbancario e correggendolo per la metà del bid-ask del momento t0.

In questo ambito rientrano anche eventuali correzioni per l’ingegnerizzazione e il tayloring o retailing del prodotto.

Con riferimento al secondo aspetto, mentre il contratto interbancario (anche mediante garanzie collaterali) implica un annullamento del rischio (bilaterale) di credito, il contratto con l’ente locale, salvo specifiche previsioni, lascia aperta la rischiosità relativa dei due soggetti, rischiosità chiaramente bilaterale ogni qualvolta il derivato preveda per entrambi i contraenti la possibilità sia di incasso sia di esborso (es. irs, fra, collar).

Si ha infatti assunzione di un rischio di credito (o di controparte) qualora un futuro flusso di cassa a carico della controparte possa non essere corrisposto.

Non a caso, la legge finanziaria 2007 citata sopra consentiva agli Enti la gestione del debito tramite derivati “avendo riguardo al contenimento dei rischi di credito assunti”.

Anche per questo aspetto si rende necessario un aggiustamento per passare dalle quotazioni interbancarie senza rischio di credito a quotazioni con rischio di credito. Ciò può essere fatto valutando il derivato mediante le opportune curve di tasso con spread o mediante il appropriate forme di credit pricing per il rischio di controparte (credit valuation adjustment).

Il risultato che si ottiene è il valore attuale fair value del derivato:

valore attuale = fair value = mid price + correzione retail + correzione rischio di credito

Definizione di valore attuale di un derivato OTC

Dicesi valore attuale o fair value di un derivato OTC il valore atteso scontato dei flussi futuri calcolato a mid price e corretto per la commercializzazione al dettaglio (bid-ask) e per il rischio bilaterale di controparte.

Tale risultato consente di fare emergere anche il c.d. costo implicito del derivato qualora l’effettivo prezzo pattuito (o proposto) per il derivato ( – upfront) sia superiore al fair value, ovvero qualora il valore attuale del derivato (tenuto conto dell’upfront) sia inferiore a zero:

costo implicito derivato = prezzo effettivo derivato – fair value derivato

Ad esempio un prezzo effettivo nullo e un fair value di – 1.2 milioni comporta l’emergere di costi impliciti di pari valore assoluto: + 1.2 = 0 – ( – 1.2).

Definizione di costo implicito di un derivato OTC

Si dice costo implicito di un derivato l’eventuale differenza positiva tra l’upfront (cambiato di segno) e il valore attuale del derivato, calcolato escludendo l’upfront.

In generale, i costi impliciti dell’operazione di ristrutturazione possono includere quelli sul derivato più quelli sull’eventuale nuovo debito in sostituzione del vecchio:

4. Convenienza e adeguatezza della ristrutturazione

“Dica il CTU se l’operazione è risultata conveniente…”

“Dica il CTU se i contratti possono considerarsi adeguati…”

“Dica il CTU l’ammontare delle eventuali perdite….”.

L’analisi di legittimità svolta in sede giudiziale porta spesso ad esaminare “convenienza” e “adeguatezza” senza che si disponga di definizioni univoche ed esplicite.

Nel framework impostato sopra è possibile, coerentemente, dare un significato concreto e operativo a questi termini, attorno ai quali spesso ruota l’intera vicenda processuale e i suoi possibili esiti.

In generale, attribuiamo all’adeguatezza il concetto suddetto di fair value e l’analisi della ristrutturazione dal punto di vista obiettivo dei valori e dei rischi in gioco.

Viceversa, definiamo la convenienza in un’ottica di parte, quindi parziale e “partigiana”, vale a dire dal peculiare punto di vista dell’Ente che prende in esame la possibile ristrutturazione.

In questo caso la valutazione effettuata dall’Ente non sarà a fair value ma a mid price con la sola correzione asimmetrica del suo rischio controparte (rischio credito-banca sopportato dall’Ente).

Si ha così una più ristretta definizione di valore attuale o “valore attuale per l’Ente”.

Definizione di valore attuale per l’Ente (valore attuale*)

Si dice valore attuale per l’Ente il valore attuale che si ottiene dalle quotazioni a mid-price con la sola correzione del rischio (asimmetrico) di controparte sopportato dall’Ente

Si definisce conveniente nei valori attuali una ristrutturazione per cui:

-Valore attuale* (vecchio deb.) < – Valore attuale* (nuovo deb.) + Valore attuale* (derivato) + upfront

ove valore attuale* sta a indicare il valore attuale per l’Ente sopra definito.

In altre parole, ai fini della (propria) convenienza l’Ente non prende in considerazione il proprio rischio di default ma solo quello della Banca e non fa aggiustamenti per il mid-ask.

Definizione di convenienza per l’Ente

Una ristrutturazione di indebitamento si definisce conveniente (per l’Ente) se il valore attuale per l’Ente del vecchio debito supera il valore attuale per l’Ente del nuovo debito al netto del valore attuale per l’Ente del derivato e dell’upfront.

Usando un semplice esempio, senza correzioni per mid-ask e per rischio di credito dell’Ente, si ottiene una valutazione di non convenienza:

– 110    >    – 100                – 11            = – 111 (non conveniente)

mutui    >     titolo        derivato al mid

ciò significa che l’operazione proposta (quand’anche fosse “fair” dal punto di vista dei valori aggiustati di mercato) non è convenente per l’Ente nel confronto (“unfair” o soggettivo) con l’indebitamento in essere.

Analogamente a quanto visto sopra si può definire la convenienza nei rischi usando la distribuzione di probabilità per l’Ente ottenuta dai prezzi mid con la sola correzione del rischio credito -banca.

Definizione di distribuzione di probabilità per l’Ente

Si dice distribuzione di probabilità per l‘Ente degli oneri futuri la distribuzione di probabilità che si ottiene dalle quotazioni mid price con la sola correzione per il rischio di credito della Banca.

Poiché rischio significa probabilità (dove c’è rischio c’è probabilità e viceversa), è dalla distribuzione di probabilità degli oneri netti futuri attualizzati (vecchio indebitamento meno indebitamento ristrutturato) che si ricava la maggiore/minore rischiosità della ristrutturazione.

Si noti che tale approccio è del tutto omogeneo a quello proposto nella bozza di Regolamento MEF del 2009, validata da Consob e Banca d’Italia. I dati per l’analisi di convenienza nei rischi sono infatti contenuti nella tabella degli scenari di probabilità, ove valore atteso e valore estremo rappresentano rispettivamente il peggioramento medio (media degli oneri netti negativi) e il peggioramento di shortfall (detto anche expected shortfall o downside risk o conditional value at risk), corrispondente alla media a sinistra del 2.5-esimo percentile nella distribuzione degli oneri netti..

TAB. 4 Scenari di probabiltà

Probabilità Valore atteso Valore estremo
Peggioramento degli oneri
Miglioramento degli oneri

Combinando la convenienza nei valori attesi e quella nei rischi, l’Ente locale dovrà valutare globalmente (ex ante) la proposta di ristrutturazione nelle due dimensioni del valore attuale e del rischio prospettico.

Poiché, secondo il principio fondamentale della finanza, rischio e rendimento sono in relazione crescente (maggior rendimento o minor indebitamento si accompagna a maggior rischio), ciascun Ente locale è chiamato a esprimere soggettivamente il proprio trade-off tra i due criteri e quindi la propria propensione ad accettare un qualche maggior rischio futuro a fronte di un minore indebitamento corrente.

Una possibile definizione operativa, a fini puramente esemplificativi, potrebbe essere la seguente, che si basa sul confronto tra i quattro numeri delle ultime due colonne della tabella precedente..

Ipotesi di definizione operativa di convenienza nei rischi*

Una ristrutturazione si dice conveniente nei rischi* se il miglioramento atteso e il miglioramento massimo della distribuzione di probabilità per l’Ente degli oneri attualizzati del vecchio debito al netto di quelli del nuovo debito superano il peggioramento atteso e il peggioramento massimo.

Definiamo ora il concetto di adeguatezza.

Si può definire adeguata nei valori attuali una ristrutturazione per cui:

– Valore attuale (vecchio deb.) < – Valore attuale (nuovo deb.) + Valore attuale (derivato) + upfront

Poiché l’upfront si può interpretare come prezzo effettivo del derivato:

prezzo effettivo derivato = – upfront

si ha adeguatezza nei valori attuali se:

– Valore attuale (vecchio deb.) < – Valore attuale (nuovo deb.) – costi impliciti

In assenza di modifiche nel vecchio debito l’adeguatezza nei valori attuali si riassume nell’assenza di un costo implicito del derivato:

< – costi impliciti

Definizione di adeguatezza nei valori attuali

Una ristrutturazione di indebitamento si definisce adeguata nei valori attuali se il valore attuale del vecchio debito supera il valore attuale del nuovo debito aumentato degli eventuali costi impliciti.

Per fare un semplice esempio numerico di ristrutturazione adeguata nei valori attuali, ove l’Ente locale è più rischioso della banca (aggiustamento di + 3):

– 100    <   – 90               – 11               + 1           + 3       = – 97 (adeguata)

mutui    <  titolo    derivato al mid     mid-ask      credito

Si noti che, in genere (ma non sempre), l’adeguatezza si può considerare condizione meno stringente della convenienza.

In sintesi, l’analisi di una ristrutturazione dell’indebitamento può essere fatta sia in termini ex-post (es. in sede di CTU, nell’ambito di un contenzioso amministrativo, civile o penale) sia in termini ex-ante, nella fase della valutazione di una o più proposte di revisione del debito dell’Ente locale.

In entrambi i casi si produrrà un prospetto contenente:

1) l’analisi di adeguatezza (o meno) nei valori attuali

2) gli eventuali costi impliciti

3) la convenienza (o meno) nei valori attuali per l’Ente

4) la convenienza (o meno) nei rischi per l’Ente

5. Un esempio realistico

Si consideri il caso (ipotetico ma realistico) di un Comune con un “vecchio” debito rappresentato da un mutuo con durata residua di 20 anni, nozionale residuo 100 milioni di euro, da estinguersi con ammortamento italiano a rate semestrali, al tasso variabile Euribor 6m + 400 bp.

Nel giugno 2012 viene proposta una ristrutturazione che consiste di:

– una emissione di bond a 20 anni al tasso variabile Euribor 6m + 350 bp

– un contratto IRS “payer” in cui l’Ente paga fisso 5.4% e riceve Euribor 6m + 350 bp senza upfront

Sia la banca che l’ente sono soggetti esposti al rischio di credito/controparte.

In un contesto di trasparenza ex-ante l’ente ha bisogno di stabilire la convenienza o meno dell’operazione di ristrutturazione. A tal fine deve confrontare i flussi dei due debiti ipotizzando l’assenza del proprio rischio di credito in quanto l’eventualità che l’ente possa divenire insolvente non influenza il processo decisionale relativo all’adesione o meno alla proposta di ristrutturazione.

Per quanto riguarda l’analisi di convenienza nei valori attuali si ottiene che:

– Valore mutuo* < – Valore bond* + Valore derivato al mid – correz. rischio credito della banca

– 136 532 635 € < – 131 945 962 € – 1 126 268 € – 548 793 € = – 133 621 023 € (conveniente)

In valore attuale, la convenienza è dell’ordine di 3 milioni di euro.

Per completare la valutazione ex ante sulla proposta di ristrutturazione l’ente deve conoscerne anche la c.d. convenienza nei rischi, con ciò intendendo l’indicazione della probabilità che la ristrutturazione gli offre di aumentare/ridurre gli oneri del proprio indebitamento e l’ordine di grandezza atteso di tale aumento/riduzione. A tal fine l’ente deve conoscere l’informativa riportata nella seguente tabella:

TAB. 5 Scenari per la convenienza nei rischi: probabilità e valori medi

Probabilità Valore atteso condizionato
Peggioramento degli oneri 35.78% – 10 676 583 €
Miglioramento degli oneri 64.22% 10 480 920  €

che sintetizza la distribuzione rappresentata in Fig. 1.

FIG. 1 Distribuzione degli oneri del nuovo indebitamento rispetto al vecchio

Si noti che ponderando i valori attesi condizionati per le relative probabilità e sommandoli si ottiene la differenza tra il Valore Attuale* della ristrutturazione e il Valore Attuale* del mutuo.

Da ultimo, nella seguente tabella si riportano i valori estremi di peggioramento e miglioramento degli oneri (medie delle code della distribuzione al 2.5-esimo e 97.5-esimo percentile)

TAB. 6 Scenari per la convenienza nei rischi: valori estremi (expected shortfall)

Massimo Peggioramento degli oneri – 34 843 799 €
Massimo Miglioramento degli oneri 27 398 441 €

Concentrando l’attenzione sul peggioramento dei rischi (downside risk) si nota che la convenienza nei valori attuali (dell’ordine di 3 milioni di euro) viene “pagata” attraverso un rischio di peggioramento degli oneri futuri mediamente di 10 milioni e di quasi 35 milioni in situazioni estreme.

Per quanto riguarda l’adeguatezza si ottiene:

– 103 025 977 € < – 99 762 779 €  – 1 126 268 €             + 10 000 € + 697 657 € = – 100 181 390 €

– Valore mutuo   < -Valore bond + Valore derivato al mid + Mid-ask + Rischio credito

Poiché la somma algebrica a destra della disuguaglianza è – 100 181 390 €  si ricava l’adeguatezza nei valori attuali della ristrutturazione proposta.

Il costo implicito è ottenuto dalla definizione generale:

418 611 €        =              0 €       – (-1 126 268 €                 + 10 000 €   + 697 657 € )

costo implicito = prezzo effettivo – (- valore derivato al mid + Mid-ask     + Rischio credito)

Di conseguenza, la proposta di ristrutturazione risulta conveniente nei valori attuali, lievemente non conveniente nei rischi e adeguata in termini di fair value, nonostante un costo implicito di oltre 418 mila euro.

Una gara competitiva tra intermediari (nella fase ex ante) potrà portare verso un abbattimento del costo implicito da parte del competitor più efficiente.

6. Conclusioni

Considerata la rilevanza di alcuni termini tipicamente economici (valore attuale, costo, rischio etc.) utilizzati in ambito giuridico e tenuto conto che in vari casi la loro importanza non riesce ad eguagliare l’imprecisione e la confusione con cui sono richiamati, utilizzati e a volte ex novo ridefiniti nella giurisprudenza si è cercato, in questo lavoro, di dare loro una concreta base economico-finanziaria utile sia in sede di definizione sia in ambito pratico-applicativo.

Il caso dei derivati nei bilanci degli Enti locali e dei connessi contenziosi sorti di recente è utile sia per l’abbondanza di riferimenti economici, anche sofisticati, che contiene sia per l’urgente necessità di disporre di un comune e coerente riferimento concettuale e operativo per orientarsi, come economisti, consulenti, avvocati, magistrati e operatori in genere, nel ginepraio dei contratti stipulati tra Enti e intermediari negli ultimi 15 anni.

I concetti considerati nel lavoro, spesso richiamati nelle stesse ordinanze della Magistratura, sono stati definiti col duplice intento di una rigorosa coerenza (tra loro e con la teoria economica) e di una concreta applicabilità.

I commenti e le critiche, in particolare di ordine giuridico, che dovessero scaturire sono tra le finalità esplicite di un lavoro che, nell’intento di diffondere basi del ragionamento finanziario, vorrebbe anche suscitare un dialogo proficuo e fattivo tra due culture un tempo tutt’altro che estranee.

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