Con ordinanza del 28 novembre 2024 la Corte d’Appello di Milano, nell’ambito del noto contenzioso sulla sottoscrizione di contratti derivati da parte di enti locali, ha rimesso in via pregiudiziale, ai sensi dell’art. 363 bis C.p.c., alla Corte di Cassazione il quesito che segue:
“Se rientrano nel concetto di ordine pubblico, quale limite al riconoscimento in Italia di una sentenza straniera in materia civile e commerciale ai sensi dell’art. 45, lett. a) Reg. (UE) 1215/2012, i principi desumibili dagli artt. 81, 97, 114, 119, Cost., oltre che dalla normativa primaria in precedenza indicata, così come interpretati dalla Corte Costituzionale (sentenze nn. 425/2004 e 52/2010) e dalle Sezioni Unite Civili, con sentenza n. 8770 resa in data 12 maggio 2020, con particolare riguardo alla finanza pubblica locale, all’equilibrio finanziario, oltre che ai limiti del ricorso all’indebitamento mediante la stipulazione di contratti derivati da parte degli Enti Locali“.
Nel giudizio promosso dall’istituto di credito avanti alla giurisdizione inglese sulla base di apposita clausola predisposta dall’ISDA, la High Court of Justice (con sentenza del 12 ottobre 2021) ha riconosciuto la validità dei contratti in derivati e condannato il Comune al pagamento di rilevanti somme di danaro.
Il Comune ha adito allora il Tribunale di Milano, chiedendo ne fosse accertata la contrarietà all’ordine pubblico (“ordre public“) ai sensi dell’art 45 Reg. UE/2012/1215 e fosse, di conseguenza, negato il riconoscimento alla sentenza inglese.
Il Tribunale di Milano rigettato la domanda, assumendo che la regolamentazione della finanza pubblica non esprime un principio fondamentale dell’ordinamento italiano e non viene dunque a far parte della nozione rilevante dell’ordre public.
Il Comune ha proposto appello, insistendo per il diniego del riconoscimento.
Nel contesto di questo giudizio, il Comune ha, tra l’altro, sollecitato pure l’esigenza che la questione fosse rinviata in via pregiudiziale ed ex art. 363 bis c.p.a. alla Corte di Cassazione.
La Corte di Appello, con l’ordinanza in discorso, ha accolto tale richiesta, ravvisando in fattispecie la presenza di tutti i presupposti prescritti da detta norma: sia quello dell’essere la questione di puro diritto (oltre che determinante per l’esito del giudizio); sia quello della suscettibilità della medesima di porsi in numerosi giudizi (“stante”, in particolare, “la frequente previsione, nei contratti derivati … di clausola di deroga alla giurisdizione italiana”); sia pure quello della “grave difficoltà interpretativa” della nozione di ordine pubblico economico.
Su quest’ultimo aspetto, in particolare, la Corte milanese ha riassunto nei termini che si vengono a riportare gli opposti orientamenti.
L’orientamento sostenuto dal Comune ritiene che l’ordine pubblico ricomprenda i principi di finanza pubblica, in quanto essi trovano una cristallizzazione nella Costituzione, e in particolare l’art. 97 in materia di equilibrio del debito di bilancio e sostenibilità di debito pubblico per le p.a.; l’art. 114, in materia di autonomia degli enti territoriali; e l’art. 119, in materia di autonomia finanziaria e di spesa degli enti territoriali, che la subordina al rispetto dell’equilibrio di bilancio e dei vincoli e economici e finanziari comunitari, da esercitare solo per spese di investimento e con contestuale definizione di piani di ammortamento.
Questi principi sono consolidati – si aggiunge – anche a livello di norme primarie: agli Enti Locali si consente di ricorrere all’indebitamento per la realizzazione di investimenti subordinatamente al rispetto delle forme e dei vincoli normativamente previsti, attribuendo la relativa deliberazione al Consiglio Comunale.
La stessa Corte Costituzionale ha ritenuto di bilanciare l’autonomia degli Enti Locali con i vincoli nazionali e sovranazionali, e con sentenza n. 425/2004 ha ricordato che l’indebitamento degli Enti locali è condizionato ai vincoli europei per il controllo di disavanzi pubblici.
Il principio è stato ulteriormente qualificato nella sentenza Corte Cost. n. 52/2010, ove si è ritenuto non contrario alla Costituzione l’imposizione legislativa di vincoli di spesa agli Enti Locali, anche per garantire il coordinamento e l’equilibrio della finanza pubblica per il raggiungimento di obiettivi condivisi e nel rispetto dei vincoli comunitari.
Infine, la Corte d’Appello di Milano richiama la sentenza Cass. S.U. n. 8770/2020, con cui si era ritenuto che l’Ente Locale potesse validamente stipulare con deliberazione del Consiglio Comunale contratti derivati, “in presenza di una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto contrattuale, comprensiva sia del criterio mark to market, sia degli scenari probabilistici, sia dei cd. costi occulti allo scopo di ridurre al minimo e di rendere consapevole l’ente di ogni aspetto di aleatorietà del rapporto“.
Il contrario orientamento ritiene, invece, che rientrino nella nozione di ordine pubblico solamente i principi fondamentali (artt. 1-12 Cost), e tutti quelli che essendo valori supremi e fondativi per la Costituzione italiana non possono essere modificati in sede di revisione costituzionale.
Pertanto, ne esclude i principi della finanza pubblica, in quanto non costituiscono parte fondante della “struttura etico-sociale della comunità nazionale in un dato momento storico, né le conferiscono un’individuata inconfondibile fisionomia“.
Tanto viene ribadito anche sulla base del carattere “inferiore” dei medesimi, ove posti in confornto con altri principi costituzionali ritenuti prevalenti (per es. Corte Cost. 83/2019, rispetto al diritto alla salute).