Il presente contributo tratta il tema della semplificazione e razionalizzazione dei criteri di determinazione del reddito d’impresa, prevista dal disegno di legge delega per la riforma fiscale.
Il disegno di legge che contiene la delega al Governo per la riforma fiscale (AC 1038) prevede all’art. 9, nell’ambito dei principi e criteri direttivi da osservare nell’esercizio della delega, di semplificare e razionalizzare i criteri di determinazione del reddito di impresa al fine di ridurre gli adempimenti amministrativi che gravano su imprese e professionisti, fermo restando il rispetto del principio di inerenza, la neutralità fiscale delle operazioni di riorganizzazione aziendale e il divieto di abuso del diritto.
L’obiettivo dunque, attraverso anche la revisione della disciplina dei costi parzialmente deducibili e il rafforzamento del processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistici, è quello di limitare le variazioni in aumento e in diminuzione da apportare alle risultanze del conto economico quali, in particolare, quelle concernenti gli ammortamenti, le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale, le differenze su cambi per i debiti e crediti in valuta e gli interessi di mora, così da implementare il principio della “derivazione rafforzata” limitando la divergenza tra la disciplina civilistica e quella fiscale e giungendo a una derivazione più immediata del reddito imponibile dall’utile lordo di bilancio.
E’ prevista dunque una importante opera di semplificazione della normativa di riferimento dell’IRES, che si tradurrebbe non soltanto in minori oneri per le imprese ma anche in benefici per l’attività di controllo dell’Amministrazione Finanziaria.
In effetti, il principio generale di derivazione del reddito d’impresa dal risultato economico dell’esercizio di cui all’art. 83 del TUIR è spesso derogato per via di disposizioni che stabiliscono specifiche regole di quantificazione e imputazione dei componenti positivi e negativi di reddito, divergenti da quelle contenute nei principi contabili, di talchè, al fine di pervenire a una corretta determinazione della base imponibile IRES, occorre sovente effettuare molteplici variazioni in aumento e in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi, variazioni che nel tempo sono aumentate in misura consistente e che peraltro tendono a bilanciarsi, probabilmente a causa del fatto che molte di esse sono di carattere temporaneo.
Dunque appare pienamente condivisibile l’obiettivo indicato nella delega fiscale di semplificare i criteri di determinazione del reddito d’impresa, intervenendo in primis su quelle variazioni fiscali di carattere temporaneo che, in quanto tali, sono destinate a riassorbirsi nel corso del tempo.
La relazione illustrativa al disegno di legge delega infatti, a titolo esemplificativo e riprendendo il dettato normativo, manifesta l’intenzione del legislatore di limitare le differenze temporanee derivanti vuoi da fenomeni valutativi, come per “le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale[1] e per gli ammortamenti[2]”, vuoi dalla rilevanza per cassa del componente reddituale, come per “le differenze su cambi per i debiti o i crediti in valuta e gli interessi di mora”.
Quanto a questi ultimi (interessi di mora), la scelta del legislatore fiscale di applicare il principio di cassa è verosimilmente legata al maggior rischio di inadempimento riguardante i relativi crediti nonché al fatto che detti interessi vengono poco frequentemente richiesti; di talchè è auspicabile che il legislatore delegato possa prevedere la deducibilità integrale delle svalutazioni su crediti per interessi di mora anche per i soggetti diversi dagli intermediari finanziari, onde consentire la tassazione dei soli interessi che l’impresa presume di incassare e che dunque non intende svalutare.
La stessa relazione illustrativa evidenzia che l’intervento del legislatore delegato potrà riguardare anche ulteriori fattispecie per le quali proseguire con il processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistico-contabili, fermo restando che per alcune fattispecie l’allineamento può essere subordinato alla condizione che l’impresa sottoponga il proprio bilancio di esercizio a revisione legale dei conti, ovvero sia in possesso di apposite certificazioni rilasciate da professionisti qualificati che attestino la correttezza degli imponibili dichiarati.
A titolo esemplificativo, altre variazioni fiscali di carattere temporaneo per le quali potrebbe valutarsi una modifica delle norme di riferimento in ottica semplificatoria della disciplina del reddito d’impresa potrebbero essere quelle riguardanti la rateizzazione delle plusvalenze (art. 86 TUIR), la deducibilità delle spese di manutenzione (art. 102 TUIR), la tassazione per cassa dei contributi in conto capitale (art. 88 TUIR), se non anche la le disposizioni concernenti le svalutazioni e le perdite su crediti per le quali potrebbe eventualmente prevedersi la deducibilità integrale delle stesse per le imprese industriali e commerciali (così come stabilito per gli intermediari finanziari), magari accompagnata da un regime transitorio di deducibilità pluriennale per quelle svalutazioni già operate e fiscalmente riprese a tassazione.
Peraltro l’intervento del legislatore delegato potrà riguardare non solo le norme del TUIR, ma anche quelle contenute nei provvedimenti di attuazione del principio di derivazione rafforzata, come il D.M. 1 aprile 2009 n. 48 (cd. “regolamento IAS”), il D.M. 8 giugno 2011 (contenente disposizioni di coordinamento tra i principi IAS e le regole di determinazione della base imponibile IRES e IRAP) nonchè il D.M. 10 gennaio 2018 concernente lo standard contabile IFRS 15 (rubricato “Ricavi provenienti da contratti con i clienti”) e il raccordo con le disposizioni fiscali per eliminare quelle norme che derogano alla competenza economica del bilancio.
L’art. 9, lett. c) del disegno di legge delega in esame prevede inoltre che il processo di avvicinamento dei valori fiscali a quelli civilistici passi anche attraverso la revisione dei costi parzialmente deducibili.
Al riguardo la relazione illustrativa rammenta che, al fine di agevolare i controlli e ridurre il contenzioso, sono state di volta in volta inserite nell’impianto normativo del TUIR disposizioni che determinano ex ante la percentuale di deducibilità di alcuni costi riguardanti beni che, per la loro particolare natura, possono essere frequentemente utilizzati anche a titolo personale dai soci. Ad esempio una ridotta percentuale di deducibilità è prevista per i mezzi di trasporto a motore e al riguardo vale la pena segnalare come sia intervenuta sul tema anche la Corte Costituzionale[3] affermando che il legislatore può, nell’ambito della propria discrezionalità, stabilire meccanismi di deduzione forfettaria delle spese o l’utilizzo di presunzioni per la quantificazione della base imponibile purchè tali meccanismi non risultino manifestamente irragionevoli o che sia data la possibilità al contribuente di fornire la prova contraria.
In tale contesto, si afferma nella relazione illustrativa, “sarà possibile rivedere le numerose disposizioni che limitano la deducibilità dei costi afferenti all’impiego dei lavoratori dipendenti …… e che costituiscono voci rilevanti che contribuiscono a mantenere elevato il costo del lavoro. In proposito, si pensi ai limiti di deducibilità per le imprese in relazione: alle spese inerenti ai fabbricati concessi in uso ai dipendenti[4], alle spese di vitto e alloggio per le trasferte dei dipendenti[5] e, più in generale, alle spese alberghiere e di ristorazione del dipendente[6], ai costi per l’uso dell’auto del dipendente o per l’auto assegnata al dipendente[7] o ancora alle spese telefoniche[8]”.
Peraltro trattasi di disposizioni che, nel limitare la deducibilità dei costi per i dipendenti, in linea generale corrispondono a fringe benefit tassabili per questi ultimi onde per cui, in un’ottica di riavvicinamento tra valori civili e fiscali, se ne potrebbe riconsiderare il trattamento fiscale se non anche prevederne l’abrogazione, soprattutto per i contribuenti che applicano il principio della derivazione rafforzata e che sottopongono il proprio bilancio a revisione.
In conclusione, l’avvicinamento tra valori civilistici e fiscali che la disposizione in esame intende perseguire è finalizzata a garantire alle imprese una maggiore semplicità nella determinazione degli oneri fiscali partendo dai dati di bilancio.
E’ importante tuttavia che gli interventi che saranno implementati non possano tradursi in un maggior rischio di contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria in merito all’applicazione dei principi contabili da parte delle imprese, il che significa che occorrerà agire in modo tale che un buon principio – quello di uniformare l’ambito contabile e quello fiscale mediante la derivazione – non possa poi presentare un’applicazione pratica incerta e dunque troppo farraginosa.
Per altro verso è auspicabile un sistema contabile sempre più vicino alle specificità del sistema italiano con l’emanazione, da parte dell’OIC (Organismo italiano di contabilità) anche di documenti interpretativi di settore.
[1] In tal senso andrebbe consentita la rilevanza fiscale della contabilizzazione al costo delle commesse ultrannuali, se prevista in bilancio. Nel sistema vigente, infatti, l’art. 93 del TUIR (rubricato “Opere, forniture e servizi di durata ultrannuale”) prevede regole diverse di rilevanza fiscale delle valutazioni di tali rimanenze, nonostante l’avvenuta estensione ai soggetti OIC ADOPTER del principio della derivazione rafforzata. Del pari, andrebbe riconosciuta fiscalmente la valutazione delle commesse infrannuali secondo il criterio civilistico della percentuale di completamento, con ciò sottraendosi alla variazione in diminuzione necessaria per conformarsi al diverso criterio del costo previsto dall’art. 92 del TUIR, variazione che peraltro andrebbe a riassorbirsi l’anno successivo (in tal senso il Documento di Ricerca FNC del 19.04.23 rubricato “La riduzione del doppio binario civilistico-fiscale nell’attuazione della delega fiscale”).
[2] Al riguardo potrebbe ritenersi opportuna la rilevanza fiscale del component approach e della sostituzione delle componenti (IAS 16, par. 13 e 14; OIC 16, par. 51), consentendosi la piena deducibilità degli elementi sostituiti ed eliminati contabilmente, così come si potrebbe opportunamente riconoscere rilevanza fiscale alla svalutazione e rivalutazione dei cespiti ammortizzabili, ove contabilmente consentite, in quanto componenti inscindibilmente collegati al processo di ammortamento; la stessa disciplina riguardante la deducibilità dei canoni di leasing, subordinata a un periodo minimo di durata contrattuale, potrebbe essere opportunamente rivista (c.f.r. Documento di Ricerca FNC del 19.04.23 già citato).
[3] C.f.r. sentenza Corte Costituzionale n. 283/1987 e n. 103/1990.
[4] Art. 95,comma 2 TUIR.
[5] Art. 95, comma 3 TUIR.
[6] Art. 109, comma 5 TUIR.
[7] Art. 164 TUIR
[8] Art. 102, comma 9 TUIR.