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Attualità

Dichiarazione del terzo pignorato: dubbi e questioni aperte

16 Ottobre 2023

Laura Pelucchi, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Mirko La Cara, Managing Associate, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza il tema dell’esatto contenuto che deve avere la dichiarazione del terzo pignorato prevista dall’art. 547 cpc nel caso di una procedura esecutiva mobiliare in cui la posizione di terzo pignorato sia assunta da una banca.


Con il presente approfondimento si vuole porre l’attenzione sulla particolare figura del terzo pignorato nell’ambito di una procedura esecutiva mobiliare soprattutto nelle ipotesi in cui la posizione viene assunta da un istituto di credito.

Nella pratica accade infatti non di rado che, qualora una banca si trovi a dover rendere la dichiarazione del terzo pignorato ex art. 547 cpc, sorgano dubbi e questioni nell’individuazione dell’esatto contenuto di quanto dovrà essere dichiarato.

Prima di entrare nel merito di quelle che sono le principali criticità e di delineare l’attuale scenario di riferimento appare necessario, o quanto meno utile, un preliminare inquadramento della questione.

*

La procedura esecutiva presso terzi, come noto, può avere ad oggetto, tra l’altro, anche somme giacenti su conti correnti o conti di deposito intrattenuti con Banche ovvero titoli di credito che si trovano nella disponibilità di queste ultime.

In questi casi, tuttavia, sono diverse le problematiche che possono presentarsi al momento del rilascio della dichiarazione del terzo pignorato ex art. 547 c.p.c. da parte della Banca terza pignorata e le più ricorrenti saranno oggetto della presente disamina.

In particolare, le criticità che verranno passate in rassegna possono derivare dal pignoramento di un rapporto bancario in contitolarità con altro soggetto estraneo al debito per il quale il creditore agisce in via esecutiva, dal pignoramento di un conto corrente affidato o, infine, dalla coesistenza del pignoramento presso terzi con un sequestro penale.

In tutte queste ipotesi, come evidente, la problematica coinvolge una pluralità di soggetti: non soltanto il creditore procedente, il debitore esecutato ed il Giudice dell’esecuzione ma anche la Banca terza pignorata che dovrà rendere una puntuale dichiarazione del terzo pignorato ex art. 547 c.p.c.

Pignoramento di rapporti cointestati (conti correnti, dossier titoli e gestioni patrimoniali)

La prima fattispecie oggetto di approfondimento è quella relativa al pignoramento di un rapporto bancario cointestato tra il debitore esecutato ed uno o più soggetti estranei al debito per cui si agisce esecutivamente.

In questa ipotesi, infatti, è da valutare se il vincolo di indisponibilità derivante dal pignoramento possa ritenersi esteso all’intero rapporto oppure resti limitato alla sola quota di pertinenza del cointestatario debitore.

La tematica in discussione, chiaramente, riguarda non soltanto i rapporti cointestati di conto corrente ma anche quelli dei dossier titoli cointestati contenenti titoli nominativi singolarmente riferiti ai cointestatari del dossier.

La giurisprudenza si è più volte occupata del tema senza, tuttavia, registrare una completa uniformità.

Un primo orientamento rinvenibile nelle pronunce della Cassazione, dei Tribunali di merito e dei Collegi ABF accorda piena tutela al cointestatario estraneo al debito affermando che il pignoramento sulle somme depositate in un rapporto bancario cointestato al debitore e a una persona estranea non possa riguardare l’intero ammontare del denaro depositato, dovendosi presumere la contitolarità degli intestatari del rapporto bancario (C. App. Roma n. 6123/2016; Collegio di Milano n. 5398/2013, n. 3137/2013 e n. 2269/2011; Collegio di Napoli n. 583/2012).

Tale tesi fa leva sull’applicazione dell’art. 1101 c.c., secondo cui le quote di partecipazione a una comunione si presumono uguali tra loro, e dell’art. 1298, II c.c. in virtù del quale le parti di un debito o di un credito solidale si presumono uguali, salvo che risulti diversamente (Cass. n. 4327/1999).

In assenza di prova contraria, quindi, si applica la presunzione legale iuris tantum e gli intestatari di un rapporto bancario cointestato si considerano creditori solidali della Banca e le rispettive quote si presumono uguali (C. App. Venezia n. 1863/2022, Cass. n. 15966/2020, Cass. n. 77/2018, Cass. n. 4496/2010).

In questi termini si è pronunciato anche il Tribunale di Benevento con la sentenza n. 1184/2020 con la quale ha affermato che, in caso di conto corrente cointestato tra due soggetti, al creditore è riconosciuto il diritto di pignorare soltanto il 50% delle somme depositate in Banca. Conseguentemente, il cointestatario non debitore potrà prelevare e/o utilizzare liberamente le somme non pignorate depositate sul conto (“in un deposito in conto corrente cointestato a più persone con facoltà per ciascuna di esse di compiere, anche separatamente, operazioni, il creditore di una di esse non può pignorare presso la banca l’intera somma portata in deposito, ma soltanto la quota di spettanza del suo debito determinata secondo il principio posto dall’art. 1101 c.c., secondo il quale le quote di partecipazione alla comunione si presumono uguali”). Ciò anche al fine di evitare una irragionevole limitazione dell’autonomia privata del terzo, cointestatario non esecutato.

Con la recente pronuncia n. 27069 del 14.9.2022, la Cassazione ha avallato il filone interpretativo secondo cui “nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298 c.c., comma 2, in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicché, non solo si deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle quote, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto”.

Sulla base di questo orientamento, dunque, applicando il disposto dell’art. 1298 c.c., discenderebbe che la Banca, quale soggetto terzo pignorato, non sia tenuta a vincolare l’intero ammontare del denaro depositato.

Tuttavia, come già anticipato, sono state registrate pronunce contrarie al predetto orientamento che hanno affermato l’obbligo per la Banca, terza pignorata, di bloccare per intero i rapporti bancari sino alla concorrenza dell’importo pignorato.

Tale orientamento si fonda sulla difficoltà per la Banca di individuare le effettive quote di spettanza dell’uno e dell’altro cointestatario. In altri termini, la Banca deve essere tenuta esente dalla valutazione di problemi connessi ai diritti dei cointestatari, la cui opportuna sede di discussione è l’udienza ex artt. 547 e 548 c.p.c.

Seppur vero, infatti, che il terzo abbia uno specifico dovere di collaborazione nella procedura esecutiva presso terzi – assumendo su di sé l’obbligo di custodia e l’obbligo di rendere la dichiarazione -, tuttavia tale dovere non può essere esteso fino a rendere il terzo pignorato competente della risoluzione di problemi relativi all’oggetto del pignoramento.

In questo senso si è espresso l’ABF che, sul solco di decisioni più risalenti della Suprema Corte, ha espressamente ritenuto che “una volta rifluite le rimesse su un conto corrente cointestato, si produce la piena confusione del patrimonio dei cointestatari senza possibilità di distinguere, da parte del terzo debitor debitoris, il patrimonio personale di ciascuno dei cointestatari, neppure per quote ideali” (ABF, 30 ottobre 2015, n. 8227 e, ancora prima, Cass. n. 10028/1998).

Ulteriore motivo che è stato posto a fondamento di tale orientamento risiede nell’applicazione ai casi di pignoramento di rapporti bancari cointestati delle stesse norme previste per il pignoramento di beni indivisi e, in particolare, dell’art. 599 c.p.c. e dell’art. 180 disp. att. c.p.c.

Viene sostenuto, quindi, che sia onere del Giudice provvedere alla separazione della quota in natura spettante al debitore esecutato secondo le regole del codice. Infatti, ai sensi dell’art. 600 c.p.c., è onere del Giudice dell’esecuzione provvedere, quando è possibile e quando viene richiesto dal creditore pignorante o dai comproprietari, alla separazione della quota in natura spettante al debitore esecutato. In mancanza, dispone la divisione a norma del Codice civile.

In conclusione, dunque, in mancanza di un univoco orientamento giurisprudenziale, è di tutta evidenza la difficoltà per la Banca terza pignorata sia di rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. sia di ottemperare ai doveri di custodia prescritti dall’art. 546 c.p.c.

Pignoramento del conto corrente con apertura di credito

L’ulteriore fattispecie che potrebbe ricorrere e che verrà qui esaminata è quella relativa al pignoramento del conto corrente affidato.

In tale ipotesi, infatti, sono numerose nella prassi le contestazioni sollevate alla dichiarazione del terzo pignorato ex art. 547 c.p.c. connesse all’accertato utilizzo in capo al cliente-debitore di somme messe a disposizione dalla Banca.

Come noto, il terzo pignorato, ai sensi dell’art. 547 c.p.c., deve rendere la dichiarazione, nella quale “[…] deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato […]”.

Quindi, ricevuta la notifica dell’atto di pignoramento, la Banca (ossia, il terzo pignorato) dovrà svolgere le opportune verifiche e rilasciare la dichiarazione, indicando le cose/somme del debitore di cui sia in possesso ed i vincoli gravanti sulle medesime.

Nel caso di rapporto affidato con saldo negativo, tuttavia, il denaro non è di proprietà del correntista ma della Banca che, quindi, non è debitrice, bensì creditrice del correntista: proprio in virtù di tale peculiarità è possibile che sorgano criticità sulla dichiarazione del terzo pignorato resa ex art. 547 c.p.c. dalla Banca terza pignorata.

La Corte di Cassazione si è più volte occupata dell’assoggettabilità al pignoramento delle singole rimesse che affluiscono sul conto corrente del debitore, nel caso in cui il conto abbia un saldo negativo (Cass. n. 36066/2021, n. 9250/2020, n. 6393/2015).

A partire dalla sentenza n. 24418/2010 delle SS UU, la giurisprudenza ritiene che le rimesse sullo scoperto di conto corrente abbiano natura ripristinatoria e, dunque, che le singole rimesse a favore del correntista – successive alla notifica dell’atto di pignoramento – saranno automaticamente assoggettate al pignoramento e vincolate a favore del creditore procedente solo nel caso in cui da tali rimesse ne derivi un saldo positivo.

Con la citata sentenza n. 36066/2021, in particolare, la Suprema Corte ha precisato che, se nel momento in cui viene notificato il pignoramento il saldo del conto corrente pignorato risulti negativo, la Banca dovrà distinguere due ipotesi:

– se le singole rimesse successive alla notifica del pignoramento concorrono a rendere il saldo positivo, quest’ultimo è da considerarsi pignorabile da parte del creditore e la Banca dovrà vincolare tale saldo positivo in favore del creditore procedente;

– se, invece, le singole rimesse affluite determinano soltanto una riduzione dello scoperto, ma il saldo del rapporto resta negativo, non c’è alcun credito del debitore verso la Banca assoggettabile a pignoramento e, pertanto, nessuna somma potrà essere accantonata in favore del creditore procedente.

In tale ultimo caso, il pignoramento non può ritenersi perfezionato posto che manca l’oggetto del pignoramento stesso (ossia la somma di cui il terzo sia debitore/un credito del debitore esecutato nei confronti della Banca).

La Banca, quindi, sarebbe legittimata a rendere dichiarazione negativa con conseguente estinzione della procedura.

Sul tema, inoltre, si rinvengono anche pronunce di merito con le quali è stato espressamente affermato che il conto corrente affidato con saldo negativo risulta impignorabile, in quanto il c.d. “margine disponibile” – i.e. “la quota di disponibilità utilizzabile in presenza del fido concesso” (cfr. Trib. Roma, n. 20024/2011) – non può essere oggetto di pignoramento presso terzi.

Di conseguenza, le somme messe a disposizione da parte della Banca non sarebbero assoggettabili al procedimento di espropriazione forzata di crediti presso terzi, in quanto il c.d. “margine disponibile” non costituisce un credito del cliente nei confronti della Banca, bensì costituisce un vincolo impignorabile.

La ratio di tale principio è da rinvenirsi nel fatto che il fido bancario riguarda somme di denaro non già di proprietà del correntista, bensì della Banca (cfr. Corte d’Appello di L’Aquila, n. 1385/2019).

Conseguentemente, tali pronunce sostengono che non possa pretendersi dal terzo pignorato – creditore dell’esecutato e non già debitor debitoris – di sacrificare il proprio legittimo interesse alla conservazione dell’esposizione debitoria dell’esecutato, a vantaggio della mera aspettativa di un altro creditore.

In conclusione, l’attuale panorama giurisprudenziale porta a ritenere che le rimesse su un conto corrente in extra fido (o sullo scoperto di conto corrente) successive alla notifica dell’atto di pignoramento presso terzi vadano vincolate al pignoramento e, conseguentemente, alla procedura esecutiva, soltanto nel momento in cui siano idonee a rendere il saldo positivo.

Coesistenza del pignoramento presso terzi e del sequestro penale

Nella prassi operativa sono frequenti le interferenze tra le procedure di espropriazione forzata ed i procedimenti penali nell’ambito dei quali viene disposto il sequestro/confisca dei medesimi beni oggetto di pignoramento.

Per quanto d’interesse in questa sede, ci si soffermerà soltanto sulla relazione tra pignoramento presso terzi e sequestro penale, aventi ad oggetto rapporti bancari.

Il tema, dunque, si pone sia per la Banca terza pignorata che dovrà rendere la dichiarazione del terzo pignorato ex art. 547 c.p.c. sia per il creditore procedente che dovrà valutare se la procedura esecutiva presso terzi dallo stesso incardinata possa, o meno, essere coltivata.

Sulla questione, si richiama anzitutto la recente sentenza n. 28242 del 10.12.2020 della Corte di Cassazione che ha stabilito il seguente principio di diritto: “La speciale disciplina dettata dall’art. 55 del d.lgs. n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), come modificata dalla l. n. 161 del 2017, è applicabile esclusivamente alle ipotesi di confisca ivi previste o da norme che esplicitamente vi rinviano (come l’art. 104 bis disp. att. c.p.p.), con conseguente prevalenza dell’istituto penalistico sui diritti reali dei terzi che, solo se di buona fede, possono vedere tutelate le loro ragioni in sede di procedimento di prevenzione o di esecuzione penale; viceversa, la predetta disciplina non è suscettibile di applicazione analogica a tipologie di confisca diverse, per le quali, nei rapporti con le procedure esecutive civili, vige il principio generale della successione temporale delle formalità nei pubblici registri, sicché, ai sensi dell’art. 2915 c.c., l’opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente in executivis dipende dalla trascrizione del sequestro (ex art. 104 disp. att. c.p.p.) che, se successiva all’acquisto, impedisce la posteriore confisca del bene acquisito dal terzo “pleno iure””.

Il sequestro penale, quindi, prevale in ogni caso sull’azione esecutiva civile quando sia applicabile il D. Lgs 159/2011 il quale, all’art. 55, stabilisce che “A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive”.

Nel caso in cui il sequestro venisse disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p. ed art. 12-bis DL 74/2000, non troverebbe applicazione la disciplina di cui al D.Lgs 159/2011 e, conseguentemente, dovrebbe essere utilizzato il principio generale della successione temporale.

Come si potrà osservare, i principi di diritto delineati nella citata pronuncia hanno ad oggetto il rapporto tra esecuzione immobiliare e sequestro.

La giurisprudenza di merito, tuttavia, ritiene che gli stessi siano applicabili per analogia anche nel caso della procedura esecutiva mobiliare.

A tal proposito, si segnala che il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Torino, con ordinanza del 22.06.2022, ha ritenuto applicabile “il principio generale della successione temporale delle formalità nei pubblici registri sancito dall’art. 2915, comma primo, c.d. anche con riferimento alla procedura esecutiva presso terzi instaurata dalla creditrice procedente in data antecedente rispetto all’emissione di un provvedimento di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.c.”.

Anche il Sostituto Procuratore del Tribunale di Vicenza, con un recente provvedimento del 20.07.2023, “preso atto della sussistenza di un vincolo – pignoratizio – anteriore al sequestro preventivo” ha disposto “non darsi seguito all’esecuzione del provvedimento ablativo sul rapporto bancario”.

Sulla base dell’attuale quadro normativo e dell’esigua giurisprudenza formatasi in argomento, emerge che, laddove il sequestro sia disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p. ed art. 12-bis DL 74/2000, il rapporto tra procedura esecutiva e procedimento penale viene regolato in virtù del principio generale della successione temporale.

Pertanto, quando il pignoramento avente ad oggetto un rapporto bancario viene notificato anteriormente all’emissione del provvedimento di sequestro penale (con il medesimo oggetto), la procedura presso terzi dovrebbe ritualmente proseguire sino all’eventuale ordinanza di assegnazione.

*

In conclusione, con il presente approfondimento sono state esaminate soltanto alcune delle molteplici questioni che la Banca si trova a dover affrontare al momento del rilascio della dichiarazione del terzo pignorato ex art. 547 c.p.c.

Come si è visto, l’argomento analizzato è strettamente connesso con quello relativo ai doveri e agli obblighi che scaturiscono in capo al terzo pignorato, soggetto che diventa custode non solo delle somme dovute all’inizio dell’esecuzione ma anche di quelle che maturano nel corso del rapporto.

Chiaramente, in virtù dei continui mutamenti normativi e giurisprudenziali, sono numerose le future questioni che potrebbero sorgere sul tema della dichiarazione del terzo pignorato e che andranno di volta in volta sviscerate dagli operatori del settore.

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