L’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 23 TUF è applicabile alle fattispecie in cui l’investitore lamenti il mancato rispetto da parte dell’intermediario degli obblighi di condotta posti a suo carico dall’ordinamento nella prestazione dei servizi di investimento, spettando in tal caso nel conseguente giudizio risarcitorio all’intermediario finanziario la dimostrazione di aver rispettato gli obblighi informativi della disciplina di settore, non già ove l’investitore intenda contestare la verità di quanto affermato nella dichiarazione autoreferenziale di cui all’art. 31 Reg. Consob 11522/98 per come rilasciata allo stesso intermediario finanziario.
Grava sull’investitore che abbia dichiarato di essere operatore qualificato, e intenda contestare la discordanza tra quanto dichiarato e quanto corrispondente alla concreta realtà, l’onere di dimostrare le circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza dei detti requisiti e la conoscenza da parte dell’intermediario delle medesime circostanze. Diversamente opinando si imporrebbe all’intermediario la dimostrazione di una prova negativa, e cioè la prova che non esistano circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza di requisiti e si disporrebbe una ripartizione degli oneri probatori violativa del principio della “vicinanza alla prova”, imponendo all’intermediario di provare fatti e circostanze che ricadono invece nella sfera di azione e di conoscenza dell’investitore, e cioè la competenza e l’esperienza di quest’ultimo.