Con la Sentenza in oggetto la Corte di Cassazione si esprime sulla differenza tra la bancarotta documentale semplice e quella fraudolenta, con particolare riferimento all’omessa tenuta delle scritture contabili.
L’ipotesi di omessa tenuta delle scritture contabili può rientrare nell’alveo della bancarotta documentale, ma solo qualora si accerti che scopo dell’omissione sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori, atteso che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 I.fall. (per quanto riferita alla sola contabilità obbligatoria), punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale.
D’altronde, sotto il profilo oggettivo, appare evidente come l’imprenditore non possa al contempo omettere di istituire i libri contabili e tenerli in “guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio”, condotta quest’ultima che presuppone l’inattendibilità fraudolentemente provocata di scritture effettivamente esistenti.
Differenze tra bancarotta documentale semplice e fraudolenta
La bancarotta documentale semplice si differenza da quella fraudolenta non solo per il diverso oggetto materiale (le sole scritture contabili obbligatorie nella bancarotta semplice, a fronte di ogni documentazione necessaria per la compiuta ricostruzione del patrimonio e dei movimenti dell’impresa) e per la diversa condotta (omessa istituzione ed irregolare tenuta delle scritture contabili), ma anche per l’ulteriore requisito oggettivo rappresentato dall’impossibilità di ricostruzione (che dell’irregolare tenuta rappresenta l’evento), elemento, invece, estraneo al fatto tipico descritto nell’art. 217, comma secondo, della legge fallimentare.
E tanto, sotto il profilo soggettivo, si traduce nella necessità che anche tale elemento sia coperto dalla necessaria partecipazione soggettiva dell’agente.
Cosicché il dolo, generico, che sorregge la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale generale, deve comprendere tanto la consapevolezza della irregolare tenuta della documentazione contabile, quanto la consapevole rappresentazione della successiva impossibilità di ricostruzione del patrimonio e dei movimenti degli affari del fallito (seppur in termini di eventualità).
Il caso di specie
Nel caso di specie, la condotta contestata, non deve intendersi di omessa istituzione, ma di irregolare tenuta delle scritture contabili e non è limitata alle solo scritture contabili obbligatorie e della movimentazione degli affari, ma a tutta la documentazione necessaria per la corretta ricostruzione della consistenza patrimoniale e del movimento degli affari.
Parallelamente, sotto il profilo soggettivo, la partecipazione del titolare della società non è limitata alla consapevole volontà di non istituire le scritture (anche laddove si volesse intendere in questi termini l’omesso aggiornamento), ma involge anche la consapevolezza della successiva impossibilità di ricostruzione.
Sotto tale profilo, infatti, la corte territoriale ha evidenziato come la pregressa esperienza imprenditoriale del ricorrente (desunta da una antecedente dichiarazione di fallimento e da alcune condanne per reati inerenti la gestione dell’impresa) rappresenta un elemento sufficiente per ritenere che lo stesso fosse pienamente consapevole degli obblighi connessi all’esercizio dell’attività imprenditoriale (in relazione ai quali, peraltro, l’eventuale errore non esclude la responsabilità dell’imprenditore, in quanto avente per oggetto una norma extrapenale che integra il precetto penale) ed avesse consapevolmente omesso del tutto di aggiornare, dal 2012, le scritture contabili.
Cosicché, proprio alla luce della pregressa esperienza e della totale omissione di ulteriori aggiornamenti, conclude la Cassazione, può logicamente ritenersi che l’imprenditore si fosse rappresentato anche che da tale condotta potesse discendere l’eventuale futura impossibilità (se non certezza) di ricostruire il patrimonio e i movimenti della società.