L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota n. 1357 del 31 luglio 2024, ha fornito le prime indicazioni operative al personale ispettivo sul D. Lgs. 103/2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 18 luglio 2024, recante la semplificazione dei controlli ispettivi sulle imprese e l’introduzione della diffida amministrativa.
Il Decreto, in particolare, ha introdotto diverse disposizioni destinate ad incidere sulle attività dell’Ispettorato, sia per quanto concerne la programmazione della vigilanza, sia in termini di sanzionabilità di condotte che violano alcune disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale.
Il decreto trova applicazione ai controlli amministrativi sulle attività economiche svolti dalle PA, fra cui l’Ispettorato nazionale del lavoro.
L’art. 1 introduce inoltre il nuovo istituto della “diffida amministrativa”, ovvero l’invito, contenuto nel verbale di ispezione, rivolto dall’accertatore al trasgressore e agli altri soggetti di cui all’art. 6 L. 689/1981, prima della contestazione della violazione, a sanare la stessa: trattasi dunque di un atto diverso dalla diffida di cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004 e prodromico alla contestazione degli illeciti oggetto di accertamento.
Semplificazione degli adempimenti amministrativi
L’art. 2 introduce alcune disposizioni finalizzate ad una semplificazione degli adempimenti amministrativi, tuttavia non ancora effettivamente operative:
– uno schema standardizzato, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, per il censimento dei controlli e la pubblicazione, nei siti istituzionali della PA, del censimento di loro competenza
– una ricognizione, da parte delle P.A. entro il 30 giugno 2025 e ogni 3 anni, dei controlli operati nell’ultimo triennio e dei relativi esiti (anche in relazione alla dimensione e tipologia dei soggetti controllati)
– l’elaborazione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, entro il 30 ottobre 2025 e ogni 3 anni, di un documento contenente il quadro di sintesi dei controlli, per individuare aree di sovrapposizione e duplicazione tra i controlli svolti a diversi livelli amministrativi.
Valutazione del livello di rischio “basso”
L’art. 3 del decreto istituisce un sistema di identificazione e gestione del rischio su base volontaria, riferito ad alcuni ambiti omogenei, tra cui quello della sicurezza dei lavoratori, della protezione ambientale, igiene, salute e sicurezza pubblica.
Rispetto a ciascun ambito l’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI) elabora, sulla base di alcuni parametri (ad es. esito dei controlli subiti nei precedenti tre anni di attività e settore economico in cui opera il soggetto controllato) norme tecniche o prassi di riferimento idonee a definire un livello di rischio basso al quale è associabile un Report certificativo, che potrà essere rilasciato, a domanda, da organismi di certificazione accreditati e inserito dall’Organismo unico di accreditamento, nel fascicolo informatico d’impresa di cui all’art. 2, comma 2 lett. b), della L. n. 580/1993.
Fascicolo informatico di impresa
In base all’art. 4 le PA, prima di avviare le attività di vigilanza, consultano (ed alimentano con gli esiti dei controlli) il fascicolo informatico d’impresa tenuto dalle Camere di commercio, ai sensi dell’art. 2, comma 2 lett. b), della L. n. 580/1993.
Con le modalità che saranno definite con un apposito decreto MIMIT, ogni amministrazione dovrà accedere al fascicolo informativo ai fini del coordinamento, programmazione e svolgimento dei controlli, così da avere contezza anche degli esiti dei controlli già svolti da altre PA.
Le PA non possono inoltre richiedere la produzione di documenti e informazioni già disponibili nel fascicolo informatico o comunque in loro possesso: tale disposizione è da ritenersi immediatamente operativa nella misura in cui tali documenti e informazioni siano effettivamente disponibili per l’INL e rispetto alla quale il legislatore richiama la responsabilità dirigenziale, ai sensi dell’art. 18-bis, comma 4, del D.Lgs. n. 82/2005.
Principi generali del procedimento di controllo
L’art. 5 introduce alcuni principi informatori sui controlli alle imprese, rimettendo a Ministeri e Regioni il compito di pubblicare sui propri siti istituzionali apposite linee guida o FAQ finalizzate ad agevolare e promuovere la comprensione e il rispetto sostanziale della normativa applicabile in materia di controlli.
In base al comma 3 – salvo i casi di richieste da parte dell’Autorità giudiziaria o di specifiche segnalazioni di soggetti privati o pubblici, i casi previsti dal diritto dell’unione europea e i controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro oppure ogni qual volta si rilevano situazioni di rischio – le amministrazioni programmano i controlli e i relativi accessi ispettivi con intervalli temporali correlati alla gravità del rischio; tale intervallo non può essere inferiore ad un anno per i soggetti che presentano un rischio basso ai sensi di quanto previsto all’art. 3 c. 4 del decreto.
Pertanto, l’INL ricorda che al predetto principio fanno eccezione diverse tipologie di intervento di competenza di questa Amministrazione, fra cui:
- quelle derivanti da richieste dell’Autorità giudiziaria
- da circostanziate segnalazioni di soggetti privati o pubblici
- da esigenze legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro
- da situazioni di rischio.
Nella relazione illustrativa, viene poi chiarito che il comma 6 stabilisce il periodo di esonero dei controlli, stabilendo che l’operatore economico è esonerato nei successivi dieci mesi dall’ultimo controllo da parte della stessa amministrazione o altre amministrazioni che esercitano le funzioni di controllo, fatti salvi i casi di cui al comma 3 e nel rispetto delle disposizioni di attuazione del diritto dell’UE.
Tale beneficio non è cumulabile con il diverso beneficio previsto dall’art. 29 c. 7, 8 e 9 del D.L. 19/20247, che prevede l’iscrizione, previo assenso, del datore di lavoro in un apposito elenco informatico, denominato “Lista di conformità INL”, per cui i datori di lavoro, cui è stato rilasciato l’attestato, non sono sottoposti, per un periodo di dodici mesi dalla data di iscrizione nella Lista di conformità INL, ad ulteriori verifiche da parte dell’Ispettorato nelle materie oggetto degli accertamenti (ad eccezione delle verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le eventuali richieste di intervento, nonché le attività di indagine disposte dalla Procura).
Tali informazioni dovranno comunque confluire nel fascicolo informatico d’impresa, al fine di consentire anche alle altre amministrazioni di poter programmare i controlli di competenza nel rispetto dei principi fissati dal legislatore e tenendo conto del fatto che l’iscrizione nella c.d. lista di conformità INL avviene solo “previo assenso” del soggetto interessato.
In base all’art. 5, inoltre, non possono essere effettuate due o più ispezioni diverse sulla stessa impresa contemporaneamente, a meno che le amministrazioni non si accordino preventivamente per svolgere una ispezione congiunta: l’INL sottolinea la necessità di un più attento coordinamento con INPS, INAIL e Guardia di Finanza, per quanto concerne le verifiche in materia di lavoro sommerso.
Non appare all’Ispettorato invece applicabile agli accertamenti di competenza dell’INL la previsione secondo cui le amministrazioni sono tenute a fornire, prima di un accesso nei locali aziendali, l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva: da tale obbligo sono infatti esonerate tutte le iniziative avviate dalle amministrazioni che hanno esigenze di ricorrere ad accessi ispettivi imprevisti o senza preavviso, che ricorrono praticamente ogni volta l’INL avvii una attività ispettiva; in tali casi, l’eventuale richiesta di documentazione alle imprese prima di un qualsiasi accesso ispettivo vanificherebbe l’efficacia della tipologia di accertamenti di competenza INL.
Violazioni sanabili soggette a diffida amministrativa
L’art. 6 del decreto è quello che più impatta sulle attività di controllo di competenza dell’Ispettorato, poiché introduce l’istituto della diffida amministrativa; laddove la stessa non trovi applicazione si seguiranno le “normali” procedure sanzionatorie, ivi compresa l’adozione della diffida di cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004.
La diffida troverà dunque applicazione nelle ipotesi in cui si rinvengano tutti i seguenti presupposti normativi:
- verrà applicata in relazione alle violazioni per le quali è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, soggetta alla disciplina di cui alla L. n. 689/1981
- la sanzione amministrativa non deve prevedere, nel massimo, un importo superiore ad euro 5.000: tale importo va considerato come limite in astratto previsto dalla disposizione sanzionatoria e non come sanzione irrogata nel concreto; esula quindi dall’applicazione della diffida amministrativa la maxi sanzione per lavoro “nero” nonché tutte le sanzioni proporzionali, poiché, come previsto dall’art. 10 della L n. 689/1981, non hanno limite massimo;
- la violazione sanabile deve essere stata accertata per la prima volta nell’arco di un quinquennio: laddove il personale ispettivo accerti che nei cinque anni antecedenti all’accesso ispettivo sia stata commessa la medesima o un’altra violazione in materia di lavoro e legislazione sociale soggetta a diffida, la diffida amministrativa non sarà applicabile rispetto alla violazione da ultimo accertata;
- la violazione deve essere materialmente sanabile, sono pertanto da escludersi tutte quelle violazioni per le quali l’interesse giuridico tutelato non è più recuperabile, come in caso di violazione delle disposizioni in materia di tempi di lavoro di cui al D. Lgs. n. 66/2003, peraltro da ritenersi comunque escluse in ragione in quanto espressione dell’adempimento a vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale; inoltre, a contrario, la diffida amministrativa in questione non potrà ritenersi esclusa in ragione della espressa previsione normativa circa l’inapplicabilità della diffida ex art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004, previsione talvolta inserita dal legislatore al solo fine di aggravare la reazione sanzionatoria e non perché l’illecito non sia effettivamente sanabile
- non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano la tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro: tale formulazione non va intesa infatti in senso restrittivo come riferibile alle sole previsioni di cui al D. Lgs. n. 81/2008, ma altresì alle violazioni amministrative di carattere documentale, nella misura in cui non siano ricollegabili alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (ad es. in materia di Libro unico del lavoro)
- la sanzione prevista in relazione alla condotta accertata non deve essere espressione dell’adempimento a vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale: la diffida amministrativa non sarà quindi applicabile in relazione alla violazione degli obblighi di comunicazione al lavoratore delle informazioni di cui al D. Lgs. n. 152/1997, come modificato dal D. Lgs. n. 104/2022 e attuativo della Direttiva (UE) 2019/1152 (l’INL, sul punto, si riserva di inoltrare una lista delle violazioni più ricorrenti che, sussistendo le altre condizioni indicate dal legislatore, sono da ritenersi soggette alla procedura di diffida).
Il procedimento di cui alla diffida amministrativa
Una volta notificata la diffida:
- in caso di ottemperanza, il procedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate, senza dunque alcun addebito sanzionatorio
- in caso di mancata ottemperanza alla diffida entro il termine indicato
- il personale ispettivo contesterà direttamente l’illecito entro 90 giorni dall’accertamento ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689/1981 ed applicando gli importi sanzionatori di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981
- verrà revocato il Report certificativo di cui all’art. 3, ove rilasciato all’operatore economico.
In ogni caso il soggetto controllato non è responsabile quando le violazioni sono commesse per errore sul fatto non determinato da colpa.