Con sentenza del 16 novembre 2015, il Tribunale di Roma ha stabilito che in caso di decisione dell’amministratore di società di capitali di rassegnare le dimissioni, la cessazione dell’incarico non può che essere causalmente ricondotta alle dimissioni stesse, e quindi al recesso dallo stesso manifestato, costituente un atto unilaterale recettizio.
Nel caso di specie, il Tribunale ha rigettato la domanda di risarcimento del danno formulata da un amministratore che, sostenendo di essere stato indotto a dimettersi da parte del Presidente del Consiglio di una società controllante che stava portando a compimento un processo di incorporazione tra le due società (mai realizzato), aveva chiesto il risarcimento del danno sul presupposto che la condotta posta in essere dalle società fosse configurabile come un caso di revoca implicita.
Per tali ragioni, seppur la decisione dell’amministratore di dimettersi fosse stata influenzata dall’invito in tal senso rivoltogli da parte del socio di maggioranza e dalla consapevolezza che, in assenza di dimissioni, sarebbe comunque stato revocato, la cessazione della carica origina esclusivamente dalla sua volontà, che ha anticipato un eventuale provvedimento di revoca mai adottato.