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La Direttiva 2011/61/UE dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi: il regime delle deleghe di funzioni

9 Dicembre 2013

Avv. Giovanni Stefanin e Avv. Mario Gustato, Studio PwC Tax & Legal Services – TLS Associazione Professionale di Avvocati e Commercialisti

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione e ambito di applicazione

La Direttiva 2011/61/UE dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi (la “Direttiva”) – si è già avuto modo di vedere1 – mira a creare un mercato interno, tramite la definizione di un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato a livello comunitario per i gestori di fondi di investimento alternativi (i “GEFIA”) che gestiscono o commercializzano fondi di investimento alternativi (i “FIA”)2.

A differenza della Direttiva UCITS IV, la Direttiva, in coerenza con l’obiettivo di creare un mercato unico europeo dei GEFIA, ha introdotto una disciplina comune applicabile non ai fondi di investimento – che continueranno ad essere normati e vigilati nel proprio Stato membro d’origine – ma ai GEFIA stessi, ossia ai soggetti che esercitano abitualmente l’attività di gestione dei FIA.

Il Legislatore Comunitario, infatti, ha ritenuto eccessivamente ambizioso delineare un quadro normativo relativo alla struttura o ai limiti di investimento dei FIA e ha, pertanto, ritenuto opportuno normare esclusivamente i GEFIA3, dettando una disciplina comune in materia di autorizzazione e identificando presidi minimi e regole di condotta che tali soggetti sono tenuti a rispettare nell’ambito della prestazione delle attività per le quali sono autorizzati4.

La Direttiva, quindi, prevede una disciplina comune in materia di autorizzazione dei GEFIA, requisiti di capitale, condizioni operative5 e organizzative6 e presidi di “trasparenza” in favore delle Autorità di Vigilanza e degli investitori7.

La Direttiva contempla, nello stesso tempo, disposizioni c.d. “self executing8 e precetti di natura generale che trovano attuazione e completamento nel Regolamento n. 231/2013 della Commissione del 19 dicembre 2012 (il “Regolamento”), contenente una disciplina integrativa di dettaglio in materia di deroghe, condizioni generali di esercizio, delega di funzioni, depositari, leva finanziaria, trasparenza e sorveglianza e nelle misure c.d. “di terzo livello” emanate dall’European Securities and Markets Authority (l’”ESMA”), ossia linee guida che forniscono orientamenti e raccomandazioni circa le modalità di attuazione ed esecuzione dei precetti comunitari.

2. La delega di funzioni nella Direttiva

L’articolo 20 della Direttiva contempla espressamente la possibilità per un GEFIA di delegare a terzi il compito di esercitare talune funzioni per conto proprio, in ossequio e nel rispetto di determinate condizionie presidi minimi.

Emerge, quindi, una rilevante differenza rispetto al regime delle “deleghe di funzioni” contemplato nella Direttiva UCITS IV, la quale – a differenza della Direttiva – ha rimesso ai singoli Stati membri la decisione circa la possibilità di riconoscere ai gestori il diritto di delegare a soggetti terzi una o più funzioni tipiche, identificando in ogni caso talune regole e condizioni minime a cui, nel caso in cui la possibilità di delegare fosse effettivamente riconosciuta, i gestori devono attenersi.

Per quanto attiene alla portata di dette regole e condizioni si ravvisa, invece, una sostanziale affinità tra i dettami delle due direttive, avendo infatti la Direttiva essenzialmente ripreso all’interno del proprio ambito applicativo ciò che è già stato previsto per i gestori dei fondi UCITS IV. Tuttavia, si evidenzia come il Regolamento presenti una disciplina di dettaglio maggiormente “particolareggiata” e definita rispetto a quanto fatto dalla Direttiva UCITS IV (si pensi, ad esempio ai poteri di controllo spettanti alla società delegante, o dei requisiti del soggetto delegato).

2.1. Condizioni generali per la delega di funzioni

I GEFIA che intendono delegare a terzi il compito di eseguire funzioni per loro conto devono, ai sensi dell’art. 20 della Direttiva, previamente informare leAutorità competenti del proprio Stato membro di origine, giustificandone il ricorso sulla base di “ragioni obiettive”.

Per la valutazione di tali ragioni, l’articolo 76 del Regolamento stabilisce taluni criteri, i quali attengono: i) all’ottimizzazione delle funzioni e dei processi di impresa; ii) al risparmio di costi; iii) alle conoscenze del soggetto delegato nell’amministrazione o in specifici investimenti o mercati, iv) alla possibilità peril delegato di avere accesso a capacità di trading mondiali. Le Autorità competenti, per quanto ovvio, possono in ogni caso richiedere ulteriori informazioni e documenti.

La Direttiva impone poi un obbligo di scelta del soggetto delegato con la cura opportuna, dovendo disporre – detto delegato – di un’adeguata struttura organizzativa nonché di personale in possesso dei requisiti di onorabilità e della sufficiente esperienza, risultando quindi pienamente in grado di esercitare i compiti affidatigli.

Inoltre, la struttura della delega deve essere tale da garantire al GEFIA “delegante” di essere sempre in grado di controllare in modo effettivo le funzioni delegate, dovendo lo stesso valutare ed esaminare costantemente i servizi che gli sono forniti.

Ancora, deve essere previsto il potere del GEFIA “delegante” di dare istruzioni al delegato in ogni momento, nonché di revocare la delega con effetto immediato qualora ciò risulti necessario per proteggere gli interessi dei clienti. Si noti, infatti, che la circostanza che il GEFIA deleghi talune funzioni a un terzo non pregiudica in alcun modo la sua responsabilità nei confronti del FIA e dei suoi investitori ed è quindi comprensibile che il GEFIA debba avere la facoltà, oltre che il dovere, di poter procedere ad un controllo continuo dell’operatività del soggetto delegato ed, eventualmente, di interrompere l’accordo qualora non dovesse ritenersi soddisfatto.

Infine, condizione essenziale per la delega di funzioni dei GEFIA è, ai sensi della Direttiva e del Regolamento, che detta delega non ostacoli l’effettiva vigilanza del GEFIA “delegante” e, in particolare, che non impedisca a quest’ultimo di agire nel miglior interesse degli investitori.

2.2. Condizioni “particolari” per la delega della gestione del portafoglio e del rischio

Per quanto riguarda la “gestione del portafoglio” o la “gestione del rischio”, ovvero le funzioni “minime” di gestione degli investimenti che un GEFIA svolge nella gestione di un FIA9, la Direttiva e il Regolamento contemplano taluni vincoli ancora più stringenti.

Intanto, la delega può essere conferita solo a soggetti che siano “autorizzati o registrati ai fini della gestione di attività”10 e che, pertanto, risultino soggetti ad apposita vigilanza, ossia: i) i GEFIA esterni autorizzati ai sensi della Direttiva; ii) le società di gestione autorizzate ai sensi della Direttiva UCITS IV; iii) le imprese di investimento autorizzate ad esercitare l’attività di gestione di portafogli sensi della Direttiva 2004/39/CE (la Direttiva MiFID”); iv) gli enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2006/48/EC autorizzati alla prestazione del servizio di gestione di portafogli ai sensi della Direttiva MiFID; v) i soggetti stabiliti in Paesi terzi, autorizzati o registrati per la gestione delle attività ed effettivamente soggetti alla vigilanza di un’autorità competente in tali paesi11.

Inoltre, la Direttiva individua all’art. 20, paragrafo 2, i soggetti cui non può essere conferita la delega della gestione del portafoglio o della gestione del rischio: mentre non sorgono dubbi circa la figura del depositario o di un eventuale delegato di questi, più labile risulta l’individuazione della seconda categoria di cui viene sancita l’esclusione, e cioè dei soggetti “in conflitto di interessi”. Al riguardo, la Direttiva prevede che la delega in esame non possa essere conferita a qualsiasi altro soggetto i cui interessi potrebbero confliggere con quelli del GEFIA o dei suoi investitori, a meno che tale soggetto non abbia separato, sotto il profilo funzionale e gerarchico, lo svolgimento delle funzioni di gestione del portafoglio o di gestione del rischio dagli altri compiti potenzialmente confliggenti, e i potenziali conflitti dinteresse siano stati opportunamente individuati, gestiti, monitorati e comunicati agli investitori del FIA”12.

A stabilire i criteri sulla base dei quali valutare se la delega determini l’insorgere di un conflitto d’interessi provvede l’articolo 80 del Regolamento il quale – oltre a richiamare i principi fissati “in via generale” dall’art. 30 – richiede la valutazione di particolari situazioni, tra cui, inter alia, il fatto che il GEFIA e il delegato siano membri dello stesso gruppo o abbiano qualsiasi altra relazione contrattuale, la misura in cui il delegato controlli il GEFIA o abbia comunque la capacità di influenzarne le azioni; nonché, specularmente, la circostanza che il delegato e un investitore del FIA di riferimento siano membri dello stesso gruppo o abbiano una ulteriore relazione contrattuale, la misura in cui tale investitore controlli il delegato o abbia la capacità di influenzarne le azioni.

Ancora, è il Regolamento a dettare le condizioni che devono essere osservate per assicurare la separatezza della funzione di gestione del portafoglio e di gestione del rischio dagli altri compiti potenzialmente configgenti, essenzialmente riconducibili all’indipendenza tra le attività eseguite ed ai controlli su di esse.

Infine, il Regolamento stabilisce che i potenziali conflitti d’interessi sono considerati identificati, gestiti, monitorati e comunicati in modo adeguato solo se il GEFIA garantisce che il soggetto delegato disponga di procedure corrispondenti a quelle previste a tal fine dalla Direttiva e dal Regolamento ed inoltre comunichi ogni informazione rilevante a tal riguardo, provvedendo poi il GEFIA a comunicarle al FIA ed ai relativi investitori.

2.3. Limiti alla delega ed alla sub-delega

La Direttiva contempla un limite di “portata generale” al ricorso allo strumento della delega: il GEFIA deve continuare a poter essere considerato il gestore del FIA, e non una mera società fantasma (“letter-box entity).

Tale principio generale mira, per quanto ovvio, ad impedire il verificarsi di abusi e costituzioni di società fittizie. L’art. 82 del Regolamento contempla, al tal fine, le circostanze minime al ricorrere delle quali il GEFIA “è ritenuto una società fantasma e cessa di essere considerato gestore del FIA”, ossia quando: a) il GEFIA non dispone più delle risorse e competenze necessarie per controllare efficacemente i compiti delegati e gestire i rischi connessi con la delega; b) il GEFIA non ha più il potere di prendere decisioni in settori chiave soggetti alla responsabilità dell’alta dirigenza o di esercitare le funzioni dell’alta dirigenza in particolare in relazione all’attuazione della politica generale di investimento e delle strategie di investimento; c) il GEFIA perde i propri diritti contrattuali di indagare, ispezionare, avere accesso o dare istruzioni ai suoi delegati o l’esercizio di tali diritti diventa impossibile in pratica; d) le funzioni di gestione degli investimenti delegate dal GEFIA superano in misura sostanziale le funzioni di gestione degli investimenti esercitate dal GEFIA stesso.

Ancora, il Regolamento prescrive che in sede di valutazione della portata della delega, le Autorità competenti debbano valutare la struttura della delega “nel suo complesso”, tenendo conto non solo delle attività gestite nel quadro della delega ma anche dei seguenti criteri qualitativi: i) dei tipi di attività in cui ha investito il FIA o il GEFIA per conto del FIA e dell’importanza delle attività gestite nel quadro della delega per il profilo di rischio e di rendimento del FIA; ii) dell’importanza delle attività oggetto della delega per il raggiungimento degli obiettivi di investimento del FIA; iii) della diversificazione geografica e settoriale degli investimenti del FIA; iv) del profilo di rischio del FIA; v) del tipo di strategia di investimento perseguito dal FIA o dal GEFIA per conto del FIA; vi) dei tipi di compiti delegati rispetto a quelli mantenuti; vii) dell’assetto dei delegati e dei loro subdelegati, dell’area geografica in cui operano e della loro struttura societaria, compreso se la delega sia conferita ad un soggetto appartenente allo stesso gruppo societario del GEFIA.

Infine, la Direttiva contempla espressamente la possibilità per il soggetto delegato, al ricorrere di talune condizioni, di procedere ad una subdelega delle funzioni ad un “sub delegato”. E’ richiesto, in tale ipotesi, il preventivo consenso scritto del GEFIA “delegante” e la preventiva informativa in favore delle Autorità competenti del suo Stato membro d’origine (tramite una notifica che contenga i dati del sub-delegato, il nome della competente Autorità presso cui il sub-delegato è autorizzato o registrato, le funzioni delegate, i FIA interessati dalla sub-delega, una copia del consenso scritto del GEFIA e l’evidenza della data di efficacia prevista per la sub-delega). E’, in ogni caso, necessario il rispetto di tutte le medesime condizioni sancite in caso di delega “originaria”.

3. Breve confronto con lattuale disciplina italiana

Per quanto riguarda l’attuale regolamentazione italiana in tema di delega di funzioni delle SGR (in attesa del completo recepimento della Direttiva), si rappresenta che il TUF, all’art. 33, quarto comma prevede che la SGR può delegare a soggetti terzi specifiche funzioni inerenti alla prestazione dei servizi di cui ai commi 1 e 213 con modalità che evitino lo svuotamento della società stessa, ferma restando la sua responsabilità nei confronti dei partecipanti al fondo per loperato dei soggetti delegati”.

Al riguardo, ilRegolamento in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio”, adottato dalla Banca d’Italia e dalla Consob con provvedimento del 29 ottobre 2007, come successivamente modificato (il “Regolamento Congiunto”) contempla una serie di previsioni di dettaglio attuative dei principi sopra menzionati. Tali previsioni si riferiscono, invero, alla fattispecie della “esternalizzazione di funzioni operative essenziali o importanti, di servizi ed attività” nell’ambito della quale è pacificamente ricondotta la “delega” di funzioni e/o attività.

Tali precetti risultano, invero, sufficientemente dettagliati e in linea con le previsioni introdotte dalla Direttiva e dal Regolamento.

Pertanto, pur in assenza – alla data di pubblicazione del presente contributo – di alcuna proposta di modifica della normativa italiana in materia di esternalizzazione di funzioni e/o attività, si può ragionevolmente ipotizzare l’assenza di interventi riformatori di particolare rilievo in tale ambito, alla luce del fatto che la disciplina contenuta nel Regolamento Congiunto – come anticipato – si presenta già pressoché conforme al disposto della Direttiva e del Regolamento.

Si noti, infatti, che nel novero dei precetti già contemplati dalla normativa nazionale figurano: i) previsioni in merito alla “generale” idoneità del delegato allo svolgimento dei compiti affidatigli; iiprevisioni che riconoscono al “delegante” il potere di impartire istruzioni vincolanti, di esercitare un controllo costante e di revocare il mandato in ogni momento con effetto immediato al “delegato; iiidisposizioni che limitano la possibilità di delegare talune funzioni (ad esempio, la gestione degli investimenti) esclusivamente in favore di imprese autorizzate o registrate ai fini della gestione di patrimoni e soggette a vigilanza prudenziale (con garanzia di collaborazione tra le Autorità di vigilanza interessate se l’impresa delegata ha sede in un paese terzo). E’ previsto, inoltre, l’obbligo di disciplinare i rapporti tra delegante e delegato in un apposito contratto scritto che deve essere caratterizzato da talune previsioni minime.

Risulta, invece, sostanzialmente innovativa – e non espressamente contemplata nella normativa italiana – la previsione che impone al GEFIA che intende ricorrere alla delega di informare preventivamente le Autorità competenti del proprio Stato membro d’origine, prima che decorrano gli effetti degli accordi di delega.

Infatti, nonostante già la Direttiva UCITS IV avesse sancito il dovere della società di gestione di informare in modo appropriato le Autorità competenti, tale obbligo non è stato implementato in modo esplicito nel Regolamento Congiunto, limitandosi quest’ultimo – all’art. 21 – ad imporre di collaborare con le Autorità di vigilanza al fine di garantire la verifica delle attività esternalizzate, permettere loro l’accesso ai pertinenti dati ed a mettere a loro disposizione ogni informazione necessaria.

Ulteriore innovazione introdotta dalla Direttiva riguarda l’obbligo del GEFIA – non solo di dimostrare alle Autorità competenti la qualifica del soggetto delegato ad esercitare le funzioni affidatigli nonché il possesso dei requisiti di onorabilità ed esperienza – ma anche di giustificare l’intera struttura della delega sulla base di ragioni obiettive.

Dette previsioni, probabilmente, renderanno necessarie talune modifiche alla normativa di natura secondaria.

Parimenti, infine, ad avviso di chi scrive, non è da escludere un intervento volto a meglio circoscrivere – stante il grado di dettaglio contemplato al riguardo dalla Direttiva – i casi di “eccesso di delega” suscettibili di qualificare il gestore come una “società fantasma”.

 

1

Il presente articolo costituisce, infatti, il terzo di una serie di contributi dedicati all’analisi delle principali disposizioni introdotte dalla Direttiva. Segnatamente, il primo contributo è stato dedicato al regime del c.d. “passaporto comunitario” (cfr. Stefanin – Gustato, La Direttiva 2011/61/UE dell8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi: il regime del c.d. Passaporto comunitario), ed il secondo ha approfondito talune regole di condotta (cfr. Stefanin – Zanin, La Direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi: le discipline dei conflitti interesse e degli obblighi di trasparenza). Il presente contributo intende, in particolare, fornire alcuni spunti di riflessione in merito al regime delle “deleghe di funzioni” introdotto dalla Direttiva.


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2

Per FIA devono intendersi gli organismi di investimento collettivo, compresi i relativi comparti, che raccolgono capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli in conformità di una politica di investimento definita a beneficio di tali investitori, che non rientrino nell’ambito di applicazione della Direttiva 2009/65/CE (la c.d. “Direttiva UCITS IV”).


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3

Il Legislatore Comunitario ha, al riguardo, preso atto che “sarebbe eccessivo disciplinare la struttura o la composizione dei portafogli dei FIA gestiti da GEFIA a livello di Unione e sarebbe difficile conseguire unarmonizzazione così vasta a causa della grande varietà di tipi di FIA gestiti dai GEFIA” chiarendo, quindi, che “la presente direttiva non osta pertanto a che gli Stati membri adottino o continuino ad applicare disposizioni nazionali in relazione a FIA stabiliti nel loro territorio” (Cfr. considerando n. 10 della Direttiva AIFM).


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4

E’ opportuno sottolineare come, in realtà, un primo tentativo di armonizzazione, anche se solo parziale, dei “prodotti di investimento” non rientranti nell’ambito della Direttiva UCITS IV è stato di recente posto in essere con la pubblicazione della proposta di Regolamento Europeo “relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine”, in data 26 giugno 2013.


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5

Tra cui, inter alia, gestione del rischio e della liquidità, conflitti di interesse, politiche remunerative ecc..


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6

Organizzazione amministrativa, contabile, modalità di controllo, scelta del depositario, ecc.


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7

Ivi incluso l’obbligo di redigere una relazione annuale per ogni esercizio, di segnalare su base continuativa talune informazioni alle Autorità di Vigilanza competenti e di predisporre documenti informativi in favore degli investitori.


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8

Come, in particolare, quelle in materia di passaporto dei GEFIA e dei FIA.


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9

Cfr. Allegato I della Direttiva.


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10

Cfr. art. 78, comma 2 del Regolamento.


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11

In tale ultima ipotesi, deve anche essere garantita la cooperazione tra le Autorità competenti dello Stato membro di origine del GEFIA e l’Autorità di vigilanza dell’impresa “delegata”. A tal fine, l’articolo 78 del Regolamento prescrive che le suddette Autorità debbano aver sottoscritto un accordo in base al quale siano tenute a cooperare nell’attività di contrasto alle violazioni degli obblighi della Direttiva e delle sue misure di attuazione, nonché a scambiarsi ogni informazione necessaria ai fini dell’indagine su presunte infrazioni; ancora, le Autorità competenti devono essere legittimate ad ottenere dal soggetto delegato le informazioni desiderate, ad accedere ai documenti pertinenti, e ad effettuare ispezioni in loco.


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12

Cfr, art. 20, comma 2, lett. b) della Direttiva.


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13

Ossia i servizi esercitabili dalle SGR.


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