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Approfondimenti

La Direttiva sui Gestori di Fondi di Investimento Alternativi (AIFMD): impianto normativo e impatto per l’industria italiana dei fondi

17 Giugno 2013

Avv. Simona Sapienza, Caiazzo Donnini Pappalardo & Associati

Di cosa si parla in questo articolo

La Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sui Gestori di Fondi di Investimento Alternativi (la Direttiva AIFM o la AIFMD) adottata l’8 giugno 2011, entrata in vigore il 21 luglio 2011 e che dovrà essere recepita in tutti gli Stati Membri entro il 22 luglio di quest’anno, è il risultato della volontà politica del G20 per introdurre innanzitutto un controllo regolamentare più stringente sul rischio sistemico che può derivare dalle attività dei soggetti che operano nel settore dei fondi di investimento cosiddetti “alternativi”, vale a dire di quei fondi di investimento diversi, e quindi alternativi, rispetto ai fondi disciplinati dalla Direttiva 2009/65/CE in materia di Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari (OICVM), meglio noti come UCITS, e indicata come Direttiva UCITS IV.

La Direttiva AIFM individua la gamma dei fondi di investimento che indirettamente ricadono sotto il suo impianto normativo, definendo “Fondo di Investimento Alternativo” l’organismo di investimento collettivo che raccoglie capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli in conformità di una politica di investimento ben definita a beneficio di tali investitori” e che non necessita di un’autorizzazione ai sensi della Direttiva UCITS IV.

La AIFMD si può dire quindi abbia adottato il classico approccio one size fits all volendo regolare tutti quei gestori di fondi di investimento che non sono regolati dalla Direttiva UCITS IV. Pertanto, per quanto riguarda il nostro ordinamento, i gestori di fondi speculativi, immobiliari, infrastrutturali come di fondi di private equity, venture capital, o di fondi che investono in materie prime e di altri tipi di fondi tipicamente riservati ad investitori qualificati e a oggi regolati in Italia dal Decreto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica n. 228 del 24 maggio 1999 come modificato (DM 228/1999), e dal Regolamento sulla Gestione Collettiva del Risparmio della Banca d’Italia dell’8 maggio 2012, saranno a breve regolati dalle norme che l’Italia emanerà per dare attuazione alla Direttiva AIFM e attualmente in cantiere.

Se la AIFMD si applica direttamente ai gestori di fondi di investimento alternativi (i GEFIA), i fondi di investimento alternativi (i FIA o Fondi non-UCITS) rimangono sottoposti alla normativa e alla vigilanza nazionali. Come afferma la AIFMD stessa la scelta di disciplinare i GEFIA piuttosto che i fondi stessi è dovuta alla grande eterogeneità dei Fondi non-UCITS nei diversi Stati Membri dell’Unione che ne avrebbe reso molto difficile l’armonizzazione.

In sostanza, la Direttiva AIFMD si propone i) di porre in essere procedure operative specifiche e sistemi di gestione del rischio e della liquidità più severi rispetto a quelli oggi esistenti se non, in certi casi, in-esistenti per i GEFIA, ii) di incentivare il livello di trasparenza nei confronti degli investitori, e iii) di introdurre requisiti di capitale minimo e regole sulla remunerazione degli esponenti aziendali più stringenti delle attuali. A controbilanciare l’incremento di regolamentazione, la Direttiva AIFM introduce un passaporto europeo per i GEFIA che intendono procedere alla commercializzazione dei propri fondi nei confronti degli investitori professionali. Ciò anche per sostituire quelle regole che, ove ammesso, disciplinano oggi il cosiddetto private placement.

L’AIFMD si propone così di creare un mercato interno europeo dei GEFIA regolando in modo uniforme la procedura di autorizzazione, il funzionamento e la trasparenza di tutti i gestori che gestiscono o commercializzano fondi non-UCITS.

Per comprendere lo spirito della Direttiva AIFM è innanzitutto necessario individuare lo specifico ambito di applicazione. In particolare, la AIFMD si propone di regolare:

  • Gestori UE che gestiscono uno o più FIA comunitari o extra-comunitari;
  • Gestori non-UE che gestiscono uno o più FIA comunitari; e a
  • Gestori non-UE che commercializzano FIA comunitari o extra-comunitari.

Pertanto, l’unico scenario che non rientra nell’ambito di applicazione della Direttiva AIFM è quello che coinvolge gestori non-UE che gestiscono o commercializzano FIA non-UE al di fuori del territorio comunitario. Questo è comprensibile proprio alla luce del fatto che non vi è alcuna relazione con l’Unione.

Ai sensi della AIFMD, un gestore di FIA deve richiedere l’autorizzazione, che sarà valida in tutta l’Unione, all’Autorità di vigilanza del Paese in cui ha sede, fornendo una serie di informazioni e documenti sulla propria struttura, sulla società e sugli esponenti aziendali, nonché sui FIA che intende gestire.

I requisiti per ottenere l’autorizzazione ai sensi della AIFMD sono sostanzialmente simili a quelli che sono richiesti ai gestori di UCITS. È opportuno evidenziare che i gestori di UCITS possono sempre richiedere un’autorizzazione AIFMD. Più in particolare, la Direttiva AIFM prevede espressamente che le società di gestione che sono autorizzate ai sensi del regime UCITS non debbano fornire, al momento in cui richiedono l’autorizzazione ai sensi della AIFMD, le informazioni o documenti già forniti al momento della richiesta di autorizzazione a gestire UCITS, a condizione che tali documenti e informazioni possano essere considerati ancora validi e aggiornati.

L’iter autorizzativo dovrà concludersi entro tre mesi, prorogabili per un massimo di ulteriori tre mesi, dalla presentazione della domanda completa. Una volta che un GEFIA sarà autorizzato nel proprio Paese d’origine ai sensi delle norme che recepiscono la AIFMD, il gestore avrà ottenuto il passaporto necessario a gestire e/o commercializzare FIA nel territorio comunitario nei confronti degli investitori professionali.

Come sottolineato dalla Task Force creata da Assogestioni per una efficace attuazione dell’AIFMD, l’Italia dovrà impegnarsi particolarmente per tutelare la competitività del mercato nazionale dei FIA, soprattutto in quanto l’impianto normativo e il sistema di vigilanza italiano è per molti aspetti più rigoroso di quello che deriverà dalla normativa europea.

Infatti, i Fondi non-UCITS di diritto italiano, siano essi speculativi, di private equity, venture capital, o immobiliari, rispondono già ai requisiti imposti dalla normativa comunitaria, dunque, per il nostro ordinamento, la novità più importante è rappresentata dall’istituzione del nuovo passaporto europeo che consentirà ai FIA italiani di essere commercializzati in tutta la Comunità e, viceversa, a quelli europei di essere commercializzati in Italia.

La Direttiva AIFM stessa prevede alcune eccezioni alla propria sfera di applicazione, infatti sono previste eccezioni per quei gestori di FIA “di minori dimensioni”, vale a dire:

  • Gestori di FIA che non fanno ricorso alla leva finanziaria e che non prevedono il diritto di riscatto delle quote/azioni per un periodo di 5 anni, e con un patrimonio aggregato di attivi in gestione inferiore a 500 milioni di Euro;
  • Gestori di fondi di investimento alternativi il cui patrimonio in gestione, inclusi gli attivi acquisiti facendo ricorso alla leva finanziaria, non eccede i 100 milioni di Euro.

Tuttavia, i gestori che possono godere delle eccezioni di cui sopra sono comunque soggetti ai requisiti di registrazione con la propria autorità regolamentare che, non è da escludere, potrà prevedere dei requisiti più severi rispetto a quelli previsti dalla Direttiva AIFM. I GEFIA che sarebbero esclusi dall’applicazione della AIFMD possono comunque scegliere di ricadere nel suo ambito di applicazione e quindi di beneficiare del passaporto europeo.

Le società di partecipazione finanziaria, gli enti pensionistici aziendali o professionali regolati dalla Direttiva 2003/41/CE, le istituzioni sopranazionali, le banche centrali nazionali, gli organi o le istituzioni nazionali, regionali e locali che gestiscono fondi a sostegno della sicurezza sociale e dei sistemi pensionistici, i regimi di partecipazione o quelli di risparmio dei lavoratori, le società veicolo di cartolarizzazione, sono soggetti espressamente esclusi dall’applicazione della Direttiva AIFM. Inoltre la AIFMD non si applica a strutture tipo family office a condizione che non raccolgano capitali esterni.

Oltre alla gestione/commercializzazione di FIA, il gestore potrà altresì prestare altri servizi quali la gestione individuale di portafogli e i servizi definiti dalla Direttiva come ausiliari.

Ai sensi della Direttiva AIFM, l’autorizzazione a gestire/commercializzare fondi alternativi potrà essere richiesta dal:

  • FIA stesso, nel caso in cui sia autogestito e quindi possa, esso stesso, qualificarsi come GEFIA. In tal caso il gestore sarà autorizzato esclusivamente a svolgere le funzioni di gestione interna per quello specifico patrimonio; oppure dal
  • GEFIA esterno, che potrebbe svolgere anche funzioni (minime) di gestione nei confronti di UCITS e determinati servizi che la Direttiva definisce supplementari e che possono essere forniti a condizione che siano svolte le funzione minime di gestione.

I GEFIA saranno autorizzati a svolgere le seguenti funzioni di gestione interna:

1. Le funzioni minime di gestione degli investimenti:

  • Gestione del portafoglio (se è svolta la funzione di gestione del rischio);
  • Gestione del rischio (se è svolta la funzioni di gestione del portafoglio).

2. Altre funzioni supplementari, solo se vengono svolte le funzioni di gestione degli investimenti, e includono:

  • Amministrazione (servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo, servizio di informazione per i clienti, valutazione e determinazione del prezzo anche ai fini delle dichiarazioni fiscali, verifica dell’osservanza della normativa applicabile, tenuta del registro dei detentori delle quote/azioni, distribuzioni dei proventi, emissione e rimborso delle quote/azioni, regolamento dei contratti, tenuta delle registrazioni contabili);
  • Commercializzazione;
  • Attività collegate agli attivi del fondo di investimento alternativo, segnatamente i servizi necessari a soddisfare gli obblighi fiduciari del gestore. La gestione delle strutture, attività di amministrazione dei beni immobili, consulenze a imprese sulla struttura del capitale, la strategia industriale e le questioni collegate, consulenze e servizi in materia di fusioni e acquisizione di imprese nonché altri servizi collegati alla gestione del FIA e alle società e altre attività in cui ha investito.

La Direttiva AIFM prevede che gli Stati Membri possano autorizzare un gestore esterno a fornire i seguenti servizi, a condizione che siano svolte le funzioni minime di gestione:

  1. Gestione dei portafogli di investimento, compresi quelli detenuti dai fondi pensione ed enti pensionistici aziendali o professionali ai sensi della Direttiva 2003/41/CE, in linea con i mandati conferiti dagli investitori su base discrezionale e individuale;
  2. Servizi ausiliari (consulenza in materia di investimenti, custodia e amministrazione di azioni o quote di organismi di investimento collettivo, ricezione e trasmissione di ordini riguardanti strumenti finanziari), a condizione che sia fornito il servizio di gestione di portafogli di investimento.

È qui opportuno evidenziare che la definizione di “gestione collettiva del risparmio” data dall’articolo 1, comma 1, lettera n) del Testo Unico della Finanza prevede come fattispecie separate: la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento, l’amministrazione di rapporti con i partecipanti e la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante l’investimento avente ad oggetto strumenti finanziarti, crediti o altri beni mobili o immobili e, al comma 2-bis, la commercializzazione di quote o azioni di OICR propri.

È evidente che rispetto alla Direttiva AIFM la disciplina nazionale non fa distinzione tra funzioni minime e funzioni supplementari, e nell’ambito dell’attività di gestione, tra gestione del portafoglio e gestione del rischio, ma consente alle società di gestione del risparmio italiane (SGR) di prestare congiuntamente o disgiuntamente le attività di gestione e di promozione e, nell’ipotesi di scissione dell’attività di promozione da quella di gestione, prevede la responsabilità solidale di entrambe le SGR verso i partecipanti.

È auspicabile che il legislatore italiano in sede di attuazione della Direttiva AIFM mantenga fermo il modello organizzativo nazionale che consente alle SGR di tenere distinte la funzione di promozione del fondo da quella di gestione del patrimonio.Il modello duale SGR promotore – SGR gestore previsto dal nostro ordinamento consente infatti alle società di gestione di operare con un notevole grado di flessibilità gestionale. Inoltre, non si può ignorare l’impatto che il modello proposto dalla Direttiva AIFM avrebbe sul nostro ordinamento, soprattutto nei confronti dei fondi cosiddetti “garantiti”, cioè quei fondi che prevedono una garanzia, di tipo continuativo o a scadenza, rilasciata da un garante terzo a favore dei partecipanti. Come ha anche evidenziato Assogestioni, è evidente la necessità di prevedere un regime transitorio almeno fino alla scadenza della garanzia rilasciata a favore di tali fondi. Il modello proposto dalla AIFMD potrebbe infatti comportare una rinuncia del garante a prestare la sua garanzia, anche sulla base dei rapporti contrattuali esistenti con il gestore.

Per assicurare una piena e completa informazione degli investitori in merito alle attività del fondo e alla gestione dei rischi dello stesso, la Direttiva AIFM impone a carico dei GEFIA obblighi stringenti di trasparenza.In particolare, i GEFIA sono tenuti a fornire con regolarità informazioni sui risultati e la gestione dei rischi, nonché una descrizione chiara della politica di investimento perseguita.

Inoltre sono introdotti limiti in merito all’utilizzo della leva finanziaria e vengono imposti ai gestori che ne fanno ricorso in modo sostanziale obblighi di comunicazione specifici, sia nei confronti degli investitori sia nei confronti delle autorità competenti dello Stato di origine. In particolare, il gestore sarà tenuto a dimostrare che i limiti di leva finanziaria fissati per ogni fondo che gestisce sono ragionevoli e che esso rispetta tali limiti in maniera permanente. Le autorità competenti dovranno valutare i rischi che può comportare l’uso della leva finanziaria da parte di un GEFIA. Ove ritenuto necessario, l’autorità competente dello Stato membro di origine del gestore – previa notifica all’Autorità europea dei mercati finanziari (ESMA), al Comitato Europeo sul Rischio Sistemico (CERS) e alle autorità competenti del FIA in questione – proprio per assicurare la stabilità e l’integrità del sistema finanziario potrà imporre dei limiti al livello di leva finanziaria che un GEFIA può utilizzare.

Per promuovere un’applicazione coerente delle nuove regole in tutta l’UE, la Direttiva AIFM prevede per l’ESMA e il CERS un ruolo attivo nell’attuazione del quadro regolamentare di controllo e vigilanza istituito dalla nuova normativa, in modo tale da favorire il rilascio del passaporto europeo sia per i GEFIA UE che per quelli non-UE e un attivo coordinamento delle attività delle autorità nazionali.

Considerando l’esigenza di separare la custodia dei patrimonio dalle funzioni di gestione dei FIA e la necessità di distinguere il patrimonio degli investitori da quello del gestore, la Direttiva AIFM prevede che per ciascun FIA il gestore assicuri la nomina di un unico depositario avente sede: a) nel caso di FIA UE,nello stato membro d’origine del fondo stesso; e b) nel caso di fondi non-UE,nel Paese terzo dove è stabilito il fondo, nello Stato membro d’origine del gestore o nello Stato membro di riferimento del gestore.

La Direttiva poi definisce la “commercializzazione” come lofferta o il collocamento diretto o indiretto su iniziativa del gestore o per conto del gestore, di quote o azioni di un fondo di investimento alternativo, che lo stesso gestisce, a investitori o presso investitori domiciliati o con una sede legale nellUnione. In tal modo si propone di sostituire con la propria disciplina le tecniche di private placement con cui i gestori, ove ammesso, possono collocare le quote/azioni dei propri fondi presso un numero limitato di destinatari (investitori istituzionali, altri fondi comuni, banche e intermediari finanziari italiani e esteri, società fiduciarie oppure privati di elevato standing) senza ricadere nella disciplina dellofferta pubblica, con un costo inferiore rispetto alla stessa e con la possibilità di scegliere a monte i propri investitori.

Per quanto riguarda la natura degli investitori, i singoli Stati membri hanno la discrezionalità di autorizzare i gestori a commercializzare quote di fondi alternativi UE o non-UE agli investitori al dettaglio sul proprio territorio e di imporre prescrizioni più stringenti rispetto a quelle imposte dalla AIFMD.

Alla luce della definizione di FIA data dalla Direttiva AIFM, il processo d’attuazione potrebbe costituire l’occasione per ridefinire l’intero ventaglio dei fondi di investimento previsti dal nostro ordinamento. Si potrebbe per esempio effettuare una più netta distinzione tra fondi armonizzati, vale a dire quelli che rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva UCITS IV, e FIA, ossia tutti i fondi diversi dagli armonizzati.

Tenendo poi conto degli investitori cui sarebbero rivolti, i FIA potrebbero a loro volta essere suddivisi in fondi di investimento alternativi retail, cioè rivolti agli investitori al dettaglio e fondi di investimento alternativi riservati, vale a dire destinati agli investitori professionali. E poi in aperti, chiusi e semi-chiusi in base alle modalità di sottoscrizione e rimborso.

Per dare una spinta al mercato nazionale e renderlo maggiormente competitivo, si potrebbe allineare il requisito di capitale minimo di Euro 1.000.000, attualmente previsto dal DM 228/1999 per le SGR, a quanto disciplinato dalla Direttiva AIFM, ossia Euro 125.000. Inoltre si potrebbero ampliare le categorie di attivi ammessi per i FIA aperti, destinati al retail, includendo, per esempio, i prestiti bancari – componente sempre più importante del mercato finanziario, in quanto valido strumento di diversificazione del portafoglio e opportunità per l’investitore di migliorare il rapporto rischio/rendimento del portafoglio – o elevando il limite percentuale all’investimento in parti di altri fondi. Si agevolerebbe così, in linea con lo spirito della AIFMD, l’ingresso nel mercato italiano di fondi alternativi esteri, evitando in tal modo che i fondi di fondi italiani risultino poi meno competitivi rispetto agli altri fondi UE. Inoltre è auspicabile che il legislatore nazionale elimini la soglia minima di sottoscrizione (500.000 Euro) a oggi ancora prevista per l’investimento in fondi speculativi. Data la situazione di decrescita economica in cui versa l’Italia, per rivitalizzare le PMI nazionali si potrebbe incentivare l’investimento in strumenti finanziari non quotati in misura superiore all’attuale 10%. Ciò consentirebbe infatti alle PMI un maggiore sviluppo di capitali e faciliterebbe il finanziamento dei loro programmi di crescita.

L’attuazione della AIFMD trasformerà gli spazi tradizionalmente dedicati alla gestione del risparmio alternativo. Una grande sfida si prospetta quindi per i gestori dei fondi e i fornitori dei servizi collegati alla gestione per accrescere tanto il loro business quanto l’appetibilità di questo tipo di prodotti per gli investitori. È auspicabile che i singoli Stati membri adottino misure di implementazione in linea con lo spirito della Direttiva AIFM senza porre misure di attuazione che favoriscano la pratica del forum shopping.

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