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Giurisprudenza

Direttive dei soci e responsabilità degli amministratori

26 Febbraio 2021

Federica De Gottardo, Dottoranda in diritto commerciale presso l’Università di Trento, Avvocato in Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 16 dicembre 2020, n. 28718 – Pres. De Chiara, Rel. Campesi

Di cosa si parla in questo articolo

Mediante la sentenza de qua la Suprema Corte ha fornito alcuni chiarimenti in ordine a tre specifici profili relativi alla responsabilità degli amministratori nei confronti della società: (i) l’estensione dell’onere della prova in capo alla società laddove sia contestata la violazione di obblighi generici; (ii) il perimetro applicativo del principio di insindacabilità nel merito delle scelte gestorie; (iii) il rapporto tra soci e amministratori, con particolare riferimento alla possibile responsabilità ex art. 2392 c.c. in capo agli amministratori che disattendano le direttive gestorie impartite dai soci.

Con riguardo al primo profilo, la Suprema Corte ha specificato gli elementi che la società attrice è tenuta a provare qualora sia addebitata agli amministratori la violazione non di obblighi specifici previsti dalla legge o dallo statuto, bensì di doveri a contenuto generale. Al riguardo, la Corte ha chiarito che laddove i comportamenti contestati agli amministratori non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto e l’obbligo di astenersi dal porli in essere discenda dal dovere di lealtà, -coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata – o dal dovere di diligenza – consistente nell’adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali – l’illecito è integrato nei fatti dal compimento dello specifico atto asseritamente in contrasto con uno dei menzionati doveri. In tal caso, “l’onere della prova dell’attore/attrice non si esaurisce nella dimostrazione dell’atto compiuto dall’amministratore, ma investe anche quegli elementi di contesto dai quali è possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealtà o di diligenza”.

Quanto al perimetro di applicazione della business judgement rule la Corte, dopo aver ricordato che “non può essere addossato agli amministratori il risultato negativo dell’attività sociale o di singoli atti ad essa correlati, con conseguente insindacabilità delle scelte gestionali”, ha tuttavia precisato che può invece essere sindacata “l’omissione di quelle cautele, verifiche ed informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità, e perciò anche la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere”. In sintesi, ad avviso della Suprema Corte “in nessun caso, quindi, il giudice potrà sindacare il merito delle scelte imprenditoriali a meno che, se valutate ex ante, risultino manifestamente avventate ed imprudenti”.

Da ultimo, la Suprema Corte ha escluso che si possa configurare una responsabilità degli amministratori discendente dal solo fatto che gli stessi abbiano disatteso le direttive dei soci. Al riguardo, la Corte ha infatti precisato che “non esiste, invero, un vincolo di mandato tra soci, o maggioranza di essi, ed amministratore, atteso che il rapporto intercorrente tra quest’ultimo e la società, come ente, è disciplinato dalle norme speciale sulla società stesse, le quali non prevedono un potere di direttiva giuridicamente vincolante sugli amministratori da parte della società medesima, salva la possibilità di revoca per giusta causa, nei congrui casi, per il venir meno della fiducia in essi riposta”.

 

 

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