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Note

Diritto del correntista alla documentazione bancaria ex art. 119, comma 4, tub ed ordine di esibizione

15 Dicembre 2021

Guido Federico, Presidente Sezione Civile, Corte di Appello di Ancona

Di cosa si parla in questo articolo

Con il presente commento viene criticata la posizione assunta dalla Corte di Cassazione con la sentenza 24641 del 13 settembre 2021, laddove si afferma che il diritto spettante al cliente ad ottenere gli estratti conto relativi ad un rapporto di conto corrente bancario, non può essere esercitato in sede giudiziale mediante l’istanza prevista dall’art. 210 del codice di rito. In particolare, l’A. critica l’assunto secondo cui tale diritto, ai sensi dell’art. 119 co. 4 T.u.b., costituirebbe un’azione di adempimento proposta quando ancora l’inadempimento non si è consumato. A sostegno di questa posizione, non solo si ricorda l’allineamento del legislatore settoriale con le posizioni della giurisprudenza europea in materia di protezione della parte debole del rapporto, ma si delinea precisamente la natura del diritto in esame, non contrastante con i principi relativi al riparto dell’onere probatorio e che pertanto non può essere limitato sulla base della lettura restrittiva dell’ordine di esibizione.

With this comment, the stance held by Italian Supreme Court thanks to judgement 24641 of 13th September 2021 is criticized, when it is stated that the client’s right to get bank statements related to a bank account agreement cannot be exercised on trial according to article 210 of civil procedure code. In particular, the author criticizes the thought on the basis of which this right, in compliance to article 119 par. 4 of Consolidated banking code, would consist in an action of fulfillment acted when the breach is not determined yet. In support of this consideration, not only the proximity of sectorial legislator to European case law stances in terms of weak part of contractual relation is remembered, but the juridical nature of the examined right is specifically defined. The latter is not in contrast with burden of prove principles and therefore cannot be restricted on the basis of a narrow interpretation of the exhibition order.


Sommario: 1. Premessa; 2. Il diritto di accesso alla documentazione bancaria; 3. La natura del diritto; 4. L’inammissibilità della istanza di esibizione: rilievi critici; 5. Conclusioni

 

1. Premessa

La I sezione civile della Corte di Cassazione, discostandosi dal  precedente consolidato indirizzo interpretativo, con la sentenza n. 24641 del 13 settembre 2021, ha affermato che il diritto spettante al cliente (a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni), ad ottenere gli estratti conto relativi ad un rapporto di conto corrente bancario, non può essere esercitato in sede giudiziale, mediante l’istanza ex art. 210 cpc, a meno che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, la quale senza giustificazione non vi abbia ottemperato.

Il presupposto argomentativo della pronuncia è costituito dalla qualificazione di tale diritto alla documentazione del rapporto come “diritto potestativo” che, “fin quando non viene esercitato, rimane confinato nel mondo del possibile giuridico” e “non impone, dal lato della banca, di fare alcunchè”.

Da ciò viene fatto discendere che l’istanza rivolta in giudizio alla banca di consegnare gli estratti conto, ai sensi del comma 4 dell’art. 119, si risolve in un’azione di adempimento introdotta quando ancora l’obbligazione non è attuale, con l’ulteriore conseguenza che l’ istanza di esibizione ex art. 210 cpc è inammissibile per carenza dei relativi presupposti.

2. Il diritto di accesso alla documentazione bancaria

1. Nel nuovo ordinamento bancario la trasparenza dei rapporti tra banca e cliente è un tratto essenziale dello statuto della banca ed una condizione necessaria per assicurare efficienza all’intero sistema bancario[1].

Le norme sulla trasparenza delle condizioni contrattuali tendono ad ovviare alla asimmetria informativa ed a proteggere il contraente debole, prevedendo (art. 127, comma 1, tub) che le regole previste in materia si trasparenza e di forma dei contratti sono derogabili solo in senso favorevole al cliente.

Nei rapporti di durata la conoscenza effettiva sullo svolgimento del rapporto si affida essenzialmente all’obbligo di informazione della banca (art. 119, comma 1), da assolversi non solo e non tanto con l’invio periodico di comunicazioni, ma con la qualità delle stesse, tenendo conto della diligenza media del cliente.

2. La disposizione dell’art. 119 tub prevede inoltre, per i rapporti regolati in conto corrente, l’invio periodico dell’estratto conto (comma 2) ed il diritto del cliente ad ottenere a proprie spese ed entro un termine non superiore a 90 gg. copia della documentazione inerente a singole operazioni (comma 4).

3. L’ampiezza della formulazione e la ratio della norma implicano che – come affermato dal consolidato indirizzo di legittimità richiamato anche nella sentenza in commento – il cliente possa esercitare il diritto previsto dall’art. 119, comma 4, non solo con riferimento a specifiche operazioni, ma anche agli estratti conto[2] ed indipendentemente dal fatto che la banca abbia esattamente adempiuto all’obbligazione di trasmissione perdiodica , di cui al comma 2.

4. Gli estratti conto costituiscono inoltre supporto probatorio essenziale, ancorchè non esclusivo[3], dei contrapposti diritti ed obblighi che discendono dal rapporto di conto corrente.

5. Il diritto previsto dall’art. 119, comma 4, è del resto coerente con le fonti eurounitarie, ed in particolare con le numerose direttive, ispirate all’esigenza di aumentare la capacità dei consumatori di tutelare i propri interessi, come vivono nelle pronunce della Corte di giustizia, che anche di recente ha evidenziato che l’interesse alla protezione dei cosumatori è pubblico e la tutela giusridizionale del cosumatore dev’essere effettiva al fine di garantire il rispetto dei diritti conferiti dalla Direttiva 93/13 (pronuncia n.431 del 2020, causa C-495-19).

6. Dunque, per giurisprudenza costante della Corte di giustizia, il Giudice nazionale, in attuazione della citata direttiva 93/13, è tenuto ad ovviare allo squilibrio esistente tra il consumatore e l’istituto bancario e, mi permetto di osservare, per coerenza di sistema, mi sembra che debba disattendere le opzioni interpretative che invece quello squilibrio aggravano.

7. Il cliente della banca, peraltro, non è solo un consumatore che utilizza un determinato servizio, ma è al centro della tutela del “contraente debole” prevista dal nostro ordinamento anche in considerazione della connessione funzionale tra la raccolta e la tutela del risparmio, connessione che, per le caratteristiche del rapporto e per la natura dei prodotti bancari, rende diversa l’attività bancaria da ogni altra attività d’impresa: il cliente della banca si trova in una particolare situazione di asimmetria che la legislazione speciale tende a ridurre o eliminare.[4]

3. La natura del diritto

1. Può quindi concludersi che la richiesta di trasmissione degli estratti conto è un diritto che promana dall’obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, declinandosi in una prestazione imposta dalla legge secondo una regola di esecuzione in buona fede (ex art.1375 cod.civ.) che aggiunge tali obblighi a quelli convenzionali quale impegno di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che trova fondamento e regolazione nell’art. 119 del T.U.B. [5]

2. Tale diritto ha natura sostanziale: la relativa tutela è riconosciuta come situazione giuridica finale e non strumentale, sicchè non assume alcun rilievo l’utilizzazione che il cliente o colui che a quest’ultimo sia subentrato intende fare della documentazione, ha natura .[6]

3. Da ciò discende che, indipendentemente dalla richiesta, la banca deve tenere a disposizione del correntista la documentazione di tutte le operazioni e gli estratti conto degli ultimi dieci anni, al fine di preservare l’utile esercizio del suddetto diritto e dunque di rendere disponibile entro 90 gg. dall’istanza ex art. 119 copia della documentazione; il che appare agevolmente realizzabile mediente l’utilizzo di adeguati supporti informatici di cui la banca è evidentemente tenuta a dotarsi.[7]

4. L’inammissibilità della istanza di esibizione: rilievi critici

1. Cosi inquadrato il diritto del correntista non si vede perché tale diritto non possa esercitarsi direttamente in corso di giudizio, pure se non sia stata previamente avanzata alla banca la relativa richiesta.

2. La sentenza in commento afferma, invece, che il cliente ha certo diritto di ottenere gli estratti conto direttamente dalla banca, ma non per il tramite del giudice, salvo che, una volta effettuata la richietsa alla banca, questa non si sia resa inadempiente all’obbligo.

3. Tale statuizione, che pone una netta cesura con l’indirizzo di legittimità precedente, ad avviso dello scrivente non è pienamente convincente.

4. Non sembra, in particolare, che sussista alcun ostacolo ad esercitare il diritto ad ottenere la documentazione dalla banca direttamente nell’ambito di un processo già instaurato, mediante istanza di esibizione, atteso che le condizioni poste dall’art. 119, comma 4 tub[8] appaiono pienamente compatibili con l’ acquisizione della documentazione mediante l’ordine di esibizione ex art. 210 cpc.

5. Suscita in particolare qualche perplessità la qualificazione dell’istanza di esibizione come un’azione di adempimento, introdotta, secondo la prospettazione della Corte di legittimità, non solo quando l’inadempimento non si è ancorta consumato, né si è verificata la mora, “ ma prima ancora , quando l’obbligazione non è ancora attuale.”

6. Tale assunto sembra confondere e sovrapporre due fattispecie distinte: vale a dire l’ipotesi (residuale) in cui il correntista, a fronte dell’inadempimento della banca alla sua richiesta ex art. 119, comma 4, tub (che, come abbiamo visto, non necessita di particolari giustificazioni) faccia valere il diritto sostanziale alla documentazione quale autonomo oggetto di una domanda giudiziale, con l’altra ipotesi (assai più frequente) nella quale il correntista, nell’ambito di un processo per la tutela dei diritti derivanti dal rapporto di conto corrente eserciti direttamente il diritto attribuitogli dall’art. 119, comma 4, tub, mediante l’istanza di esibizione.

Ad avviso di chi scrive, solo nel primo caso può qualificarsi l’istanza rivolta in giudizio alla banca di consegnare gli estratti conto come un’azione di adempimento.

Nell’altra ipotesi (assolutamente più frequente) il correntista si limita ad esercitare, in via incicentale, nell’ambito di un giudizio già instaurato ed avente ad oggetto la tutela dei diritti derivanti dal rapporto di conto corrente, il diritto processuale di esibizione di una documentazione che egli può sempre (in forza del diritto attribuitogli dall’art. 119, comma 4 tub)  richiedere  – anche in sede giudiziale –  alla banca, senza che sia necessaria la previa constatazione dell’inadempimento di quest’ultima.

7. Se si condividono tali premesse non sembrano esservi ostacoli a ritenere ammissibile l’istanza di esibizione.

8. Come evidenziato nella stessa sentenza in esame, la richiesta di trasmissione degli estratti conto non difetta di specificità: tanto è vero che se la richiesta degli estratti conto sia stata preventivamente effettuata alla banca e la stessa non abbia adempiuto, l’istanza ex art. 210 cpc è senz’altro ammissibile nei medesimi termini. [9]

9. Non appaiono del tutto convincenti neppure gli altri argomenti che escludono la possibilità per il correntista di proporre in sede giudiziale l’istanza di deposito in giudizio degli estratti conto dell’ultimo decennio.

10. L’inammissibilità viene fatta discendere dal fatto che l’interessato potrebbe di propria iniziativa acquisire una copia degli estratti conto e produrla in giudizio, richiamandosi l’indirizzo giurisprudenziale che afferma l’esistenza di tale limite ( pur non espressamente desumibile dalla lettera dal combinato disposto degli art. 210 e 118 cpc e art. 94 Dsip.att. cpc) all’ordine di esibizione di documenti o altre cose di cui si ritenga necessaria l’acquizione in giudizio.

11. Nella fattispecie in esame, però, a differenza della generalità dei casi in cui viene richiesta l’esizione di documenti posseduti dalla controparte o da terzi, l’art. 119, comma 4, fonda un vero e proprio diritto della parte ad ottenere la trasmissione dei documenti ivi indicati e segnatamente dell’estratto conto, senza che tale diritto sia soggetto a limiti o restrizioni.

12. Non trovano dunque applicazione i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di ordine di esibizione di documenti ex art. 210 c.p.c. [10] e non può pertanto negarsi il diritto del cliente ad ottenere nell’ambito del processo copia della documentazione richiesta.

13. Non si tratta di una deviazione dai principi in materia di riparto dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., in quanto sarebbe la banca a fornire il supporto probatorio della domanda attrice, né di un improprio intervento del giudice, quanto piuttosto dell’esercizio, nell’ambito del processo, di un fondamentale diritto del correntista, cui è correlato il “dovere di protezione” dell’intermediario[11], di fornire gli idonei supporti documentali alla propria clientela, anche dopo la conclusione del rapporto, quale essenziale strumento di prova di tutte le reciproche obbligazioni nascenti dal contratto.

14. Del resto, in forza del principio di “acquisizione processuale”, una volta prodotto in giudizio, l’estratto conto non può che giovare anche alla controparte, in relazione alla prova dei diritti di credito che derivano dal medesimo rapporto contrattuale e che siano stati oggetto di eventuali domande o eccezioni svolte in via riconvenzionale e non è dunque in alcun modo idonea ad alterare la parità delle armi .

15. E certo, come ben evidenziato dalla precedente sentenza della Cassazione n.11554 del 2017, che aveva inaugurato il precedente indirizzo in materia[12], prevedere che l’esercizio di tale diritto debba necessariamente esercitarsi al di fuori del processo trasforma una misura di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, ponendo un onere di preventiva richiesta che non è dato desumere dalla disposizione dell’art. 119 ed è certamente contrario alla ratio della stessa.

16. Tale norma, infatti, nell’affermare un diritto pieno ed incondizionato del correntista ad acquisire la documentazione inerente al rapporto con la banca, non introduce alcuna deroga ai principi generali in materia di riparto degli oneri probatori, ma unicamente ai limiti dell’art. 210 c.p.c.

17. I requisiti e limiti cui è subordinato l’ordine di esibizione, se possono giustificarsi con riferimento alla generalità dei documenti detenuti dalla controparte o da terzi, in relazione alla cautela che il legislatore del processo civile adopera in materia di attività processuale posta a carico di una parte e potenzialmente contraria al suo interesse, appaiono recessivi rispetto al fondamentale diritto attribuito al correntista dall’art. 119, comma 4 Tub in considerazione della evidente asimmetria tra banca e cliente.

18. Tale diritto non può evidentemente essere attuato senza la necessaria attività della banca, la quale, senza alcun apprezzabile disagio, ben può provvedere alla trasmissione della documentazione che ha l’obbligo di custodire, e, dopo la costituzione del rapporto procssuale, trova il suo naturale veicolo di acquisizione al processo nell’istanza di esibizione, laddove la banca non vi abbia spontaneamente provveduto.

19. Affermare che il cliente, anche dopo l’instaurazione del giudizio, dovrebbe azionare in via stragiudiziale la richiesta prima di (ri)formularla ( in caso di rifiuto) in ambito giudiziale, introduce a carico del cliente medesimo un onere contrario alla ratio dell’art. 119, comma 4, Tub e comporta il concreto rischio di incorrere in preclusioni istruttorie.

20. Non si vede, del resto, anche in relazione al principio della c.d. “vicinanza” della prova, quale interesse meritevole di tutela della banca, la quale come si è detto ha ( è tenuta ad avere) la disponibilità degli estratti conto e della documentazione del rapporto bancario sia tutelato configurando un vincolo di preventiva escussione stragiudiziale a carico del cliente; il quale, oltretutto, è la parte economicamente più debole e più “distante” dalla documentazione in oggetto, al cui accesso incondizionato, ancorchè essa sia stata formata e custodita dalla banca ha un diritto pieno.

5. Conclusioni

La lettura restrittiva dello strumento dell’esibizione ex art. 210 cpc per l’acquisizione della documentazione bancaria da parte del correntista, affermata dalla Corte di cassazione con la sentenza in commento, a parte ogni valutazione sul piano strettamente logico-giuridico, tende, di fatto, a trasformare uno strumento di protezione del correntista in un ostacolo all’esercizio del suo diritto alla prova, che accentua la asimmetria tra i contraenti; e ciò appare in contrasto con la lettera e la ratio dell’art. 119, comma 4, tub.

Tale interpretazione, inoltre, non sembra del tutto coerente con i principi del diritto eurounitario in materia di misure di protezione del consumatore, che trovano la loro base giuridica negli artt. 114 e 169 TFUE, oltre che nella direttiva 93/13 e nel principio di effettività della giurisidizionale, con particolare riguardo alle esigenze di tutela del contraente più debole.

Questi principi sono affermati da numerosissime pronunce della Corte di Giustizia, che attribuiscono al giudice nazionale, un penetrante potere di intervenire d’ufficio (ed anche nel caso di contumacia del consumatore) per ovviare allo squilibrio esistente tra la banca ed il consumatore (in tal senso la citata pronuncia 431 del 4 giugno 2020 nella causa C-495/19),  potere ben più ampio di quello di emettere, su richiesta del cliente, l’ordinanza di  esibizione.

Non possono inoltre tacersi le conseguenze, da un punto di vista pratico, di un mutamento di interpretazione in materia processuale a fronte del precedente consolidato indirizzo.

Tale nuova interpretazione “restrittiva” in materia di acquisizione degli estratti conto e della documentazione bancaria rischia infatti di pregiudicare i diritti di quei correntisti, i quali, facendo affidamento sulla possibilità di ottenere la trasmissione di detta documentazione in sede giudiziale, affermato dal precedente dal consolidato orientamento, abbiano omesso di effettuare la preventiva richiesta alla banca e siano dunque nel frattempo incorsi in preclusioni processuali.

A meno di ritenere sussistente, come a me pare opportuno, nel caso di specie un’ipotesi di “prospective overruling”[13], considerando imprevedibile tale mutamento della giurisprudenza di legittimità, con conseguente rimessione in termini del correntista.

 

[1] R.Costi, L’ordinamento bancario, V ed., Bologna, 2012, 685 , evidenzia come il primo nucleo essenziale di questo nuovo diritto generale dei contratti bancari vada rintracciato nella legge 17 febbraio 1992, n.154, poi travasata nel TUB del 1993, ulteriormente arricchito dal d.lgs. 13 agosto 2010 n.141, che in attuazione della direttiva comunitaria 2008/48 ha dettato anche una nuova disciplina del credito al consumo;

[2] Cass. 22385 del 2019;

[3] In tal senso Cass. 20621 del 2021: “Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di restituzione soltanto mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti desumersi “aliunde”, vale a dire attraverso le risultanze di altri mezzi di prova, che forniscano indicazioni certe e complete”;

[4] R.Costi, L’ordinamento bancario, cit., p. 700 e ss., evidenzia che ai rapporti tra imprese bancarie e consumatori il legislatore impone un grado di trasparenza maggiore di quello che il diritto comune pretende, in generale, per i rapporti tra imprese ed acquirenti e rileva che le ragioni della maggiore trasparenza vanno ricercate oltre che nell’esigenza di efficienza dell’attività bancaria, nella peculiare natura dello scambio che caratterizza i contratti bancari.

[5] In tal senso, già Cass.n. 11733 del 19 ottobre 1999, Cass. n. 11004 del 12 giugno 2006 e Cass. 13277 del 28.5.2018;

[6] Cass. 11733 del 1999, in Forit., 2000, Parte I,  p.2623,  “ Il cliente ha diritto ad ottenere copia della documentazione senza che la richiesta necessiti di giustificazioni e senza alcun limite in ordine alla ripetibilità della prestazione: la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell’ultimo decennio, previsto dal quarto comma dell’art. 119 del D.Lgs. n. 385 del 1993, si configura come un diritto sostanziale, la cui tutela è riconosciuta come situazione giuridica “finale” e non strumentale, onde per il suo riconoscimento non assume alcun rilievo l’utilizzazione che il cliente intende fare della documentazione

[7] In particolare, secondo il giudice di legittimità gli estratti conto prodotti dalla banca non sono copie fotografiche o fotostatiche di scritture originali esistenti, ma costituiscono riproduzioni meccaniche di supporti magnetici, vale a dire della stampa di un’elaborazione computerizzata effettuata dal sistema contabile della banca. La disciplina del disconoscimento di tali registrazioni, pertanto, deve essere rinvenuta, non già nell’art. 2719 c.c., che si riferisce alle copie fotografiche di scritture, ma nell’art. 2712 c.c., con la conseguenza che è onere del debitore contestare la veridicità delle singole operazioni registrate entro i termini contrattualmente previsti, così, Cass. 23389 del 16 Novembre  2016 e Cass.14686 del 6 giugno 2018.

[8] L’art. 119, comma 4, tub afferma che il cliente ha diritto di ottenere la documentazione relativa agli ultimi dieci anni a proprie spese ed entro un congruo termine, comunque non superiore a 90 giorni;

[9] Vedi al riguardo Cass. n. 21472 del 15 settembre 2017, secondo cui in ragione del contenuto della norma dell’art. 119, comma 4, tub, il correntista ha il diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale, senza che sia posto a suo carico alcun altro onere di specificità, attesa la stretta correlazione tra estratto conto e prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio.

[10] Cosí, Cass. 11004 del 2006, in motivazione, in NGCC, 2007, fasc. 4, parte I, p.436;

[11] Suscita qualche perplessità anche la qualificazione del diritto attribuito al cliente dal comma 4 dell’art. 119, tub come “diritto potestativo che, fintanto che non venga esercitato,  rimane confinato nel mondo del possibile giuridico”; il diritto potestativo è solitamente definito come il potere del titolare del diritto di modificare l’altrui sfera giuridica mediante un atto unilaterale, che si caratterizza per l’idonnità dell’atto a realizzare direttamente l’effetto nella sfera giuridica del terzo; a tale situazione è correlata, dal lato passivo, una situazione giuridica di soggezzione , per la quale il terzo nulla può e dive fare per agevolare o impedire la modifica nella sua sfera giuridica: basta l’iniziativa del titolare perché si abbia la realizzazione dell’interesse tutelato ed il comporatmento del soggetto passivo è irrilevante; Diritto civile, Norme , questioni concetti, a cura di G. Amadio, F. Macario, vol.I, Bologna, 2014, I, 201. Nella fattispecie in esame sembra che al fine di realizzare l’interesse del corrrentista sia necessaria la prestazione (di consegna) da parte della banca, che appare dunque forse riconducibile ad una vera e propria situazione di obbligo, correlato ad un diritto soggettivo del correntista, che può o meno essere esercitato da quest’ultimo, analogamente a quanto si verifica per tutte le categorie di diritti.

[12] Tale indirizzo è stato successivamente seguito da Cass. n. 21472 del 15 settembre 2017; Cass.28 maggio 2018 n.13277; Cass. n. 3875 del 8 febbraio 2019 e ancora di recente da Cass. n. 24181 del 30 ottobre 2020 e Cass. n. 9407 del 9 aprile 2021, senza che risulti, fino alla sentenza in commento, alcuna pronuncia difforme; Anche prima   gli stessi principi erano stati già affermati da Cass. n.11004 del 12 giugno 2006 e Cass. 19 ottobre 1999 n.11733.

[13] Il “prospective overruling” garantisce alla parte il diritto di azione e di difesa, neutralizzando i mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo, imponendo di ritenere produttivo di effetti l’atto di parte posto in essere con modalità e forme ossequiose dell’orientamento dominante al momento del compimento dell’atto stesso, ma poi ripudiato(Cass. n.552 del 14 gennaio 2021).

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