L’ordinanza in esame riguarda il trattamento giuridico del contratto di leasing in caso di fallimento della società utilizzatrice, quando il contratto si sia risolto per inadempimento anteriormente alla dichiarazione di fallimento, onde il curatore non ha facoltà di subentro, né i contratti possono ritenersi sospesi ex art. 72 e 74 L.Fall.
Ove si parta dalla premessa dello scioglimento del contratto prima della dichiarazione di fallimento, non è in primo luogo possibile che i beni oggetto di leasing siano acquisiti all’attivo fallimentare e siano pertanto nel possesso o detenzione della curatela. Non è quindi passibile di accoglimento la domanda di restituzione dei beni stessi avanzata dalla società finanziatrice nei confronti del fallimento.
Inoltre, la Suprema Corte precisa che l’art. 72 quater L.Fall. trova applicazione solo nel caso in cui il contratto di leasing sia pendente al momento del fallimento dell’utilizzatore. In caso di risoluzione del contratto prima della dichiarazione di fallimento, occorre distinguere a seconda che si tratti di leasing finanziario o traslativo, solo per quest’ultimo potendosi utilizzare, in via analogica, l’art. 1526 c.c. – disciplinante la risoluzione del contratto di vendita con riserva della proprietà – , con l’ulteriore conseguenza che, in tal caso, il concedente ha l’onere, se intende insinuarsi al passivo del fallimento, di proporre la corrispondente domanda completa in tutte le sue richieste nascenti dall’applicazione di tale norma.