La Centrale dei Rischi, istituita presso la Banca d’Italia, è un sistema informativo “complesso”, predisposto al fine di raccogliere e distribuire informazioni sull’indebitamento e sull’esposizione creditizia della clientela delle banche e degli intermediari finanziari soggetti al controllo della Banca d’Italia.
La Centrale dei Rischi pubblica ha trovato fondamento nell’art. 32, comma 1, lett. h) della “Legge bancaria” del 19361, oggi sostituita dal Testo Unico Bancario (del quale gli artt. 51, 53, 67, 107 e 125 disciplinano la vigilanza – informativa e regolamentare – e le autorizzazioni, disegnando il quadro generale delle centrali dei rischi). La sua concreta regolamentazione è stata affidata, invece, al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR), che con la delibera del 29.03.19942, prima, e dell’11.07.2012, poi, ha disciplinato l’ambito di azione della Centrale pubblica e ridefinito i margini di applicazione dell’obbligo di segnalazione.
La funzione della Centrale dei Rischi è consentire di mettere a disposizione degli operatori finanziariuno strumento “pratico ed efficace” per la gestione del rischio di credito3.
Questa finalità è raggiunta con le comunicazioni – obbligatorie in alcuni casi – dei cambiamenti di stato della situazione debitoria della clientela di un dato operatore finanziario: in particolare, sussiste il primario interesse (bidirezionale) ove si verifichi il passaggio dei crediti a sofferenza e la loro eventuale ristrutturazione, come di seguito meglio definiti.
Gli operatori, dunque, che partecipano al sistema della Centrale, comunicano alla Banca d’Italia informazioni sulla loro clientela e ricevono informazioni sulla posizione debitoria verso il sistema creditizio dei nominativi segnalati e dei soggetti a questi collegati. Al contempo, gli operatori possono a loro volta interrogare la Centrale dei Rischi per chiedere specifiche informazioni su soggetti le cui posizioni dovranno essere valutate per la concessione di credito4.
Le segnalazioni degli operatori finanziari possono concernere diverse tipologie di rischi, suddivisibili in relazione alla qualità dei crediti oggetto di segnalazione.
Si può brevemente distinguere tra:
– crediti in sofferenza, cioè esposizioni per cassa e fuori bilancio (finanziamenti, titoli, derivati, ecc.) nei confronti di un soggetto in stato d’insolvenza, intesa come situazione di difficoltà economica che rende verosimile, ma non necessariamente attuale, il recupero coattivo del credito5. Il concetto qui richiamato di “insolvenza” è diverso da quello generale, noto nella materia fallimentare: infatti, in quest’ambito si fa riferimento a situazioni anche non accertate giudizialmente sempre che sia accertata l’incapacità reale del cliente/debitore di far fronte con mezzi normali alle suo obbligazioni, tanto da ritenere concretamente a rischio l’effettiva riscossione del credito6. Segnalazioni che non rispecchiano detti requisiti, sono considerate illegittime7. Un concetto affine, ma differente, è quello di “sofferenze rettificate”, con cui si fa riferimento all’esposizione complessiva per cassa di un affidato quando questi viene segnalato alla Centrale dei Rischi in determinate ipotesi8;
– crediti incagliati, con cui si fa riferimento ad esposizioni per cassa e fuori bilancio, in riferimento a clienti che si trovino in temporanea situazione di difficoltà oggettiva, verso la quale sia prevedibile che l’esposizione rientri in un congruo lasso di tempo. In questa categoria rientrano i c.d. “incagli oggettivi”9;
– crediti ristrutturati, ovvero esposizioni per cassa e fuori bilancio per le quali l’operatore o un insieme di operatori (legati da convenzione interbancaria), a causa del deterioramento delle condizioni economico-finanziarie del debitore, acconsente a modificare alcune delle originarie condizioni contrattuali (o tutte) che diano luogo ad una perdita10;
– esposizioni scadute o sconfinanti (past due loans)11, cioè esposizioni per cassa e fuori bilancio che, diversamente dalla classificazione delle tre precedenti categorie, alla data di riferimento della segnalazione sono scadute o sconfinanti (cioè in superamento di un affidamento o in assenza di un affidamento) da oltre novanta o centottanta giorni (c.d. past due), con l’avvertenza che, qualora ad uno stesso cliente facciano capo più esposizioni scadute o sconfinanti da oltre novanta giorni, si considererà il ritardo più grave, consentendo comunque la compensazione con margini disponibili su altre linee di credito12. Affinché sia legittima la segnalazione, lo scaduto o lo sconfinamento devono avere carattere continuativo.
A fronte di queste tipologie di “rischi”, gli operatori finanziari sono tenuti alle segnalazioni che superino la soglia attualmente fissata in € 30.000 per rischi diretti ed indiretti, oltre che ad esposizioni in derivati13; mentre per i crediti in sofferenza la segnalazione è per qualsiasi importo.
Gli intermediari (latu sensu) sono tenuti a comunicare alla centrale dei rischi informazioni su eventi significativi che riguardano la posizione di rischio della clientela quali il passaggio a sofferenza o la ristrutturazione di una o più linee di credito entro tre giorni dal momento in cui si sono verificati.
Allo stesso modo, l’avvenuta estinzione delle posizioni a sofferenza andrà immediatamente diffusa al sistema, senza alcun indugio. Descritta la disciplina e la struttura della Centrale dei Rischi e delle segnalazioni, sebbene per sommi capi, occorre soffermarsi sul caso delle illegittime segnalazioni alla Centrale dei Rischi da parte degli operatori finanziari, argomento che, per la nota crisi del sistema economico soprattutto nazionale, assume una grande rilevanza.
Infatti, una segnalazione illegittima comporta una serie di conseguenze negative per l’impresa che ne venga attinta: il peggioramento del rating del cliente con tutte le conseguenze economiche a tanto correlate, la sospensione di erogazioni di affidamenti in corso e l’ovvia e necessaria ritrosia da parte degli operatori finanziari a concedere credito al soggetto segnalato.
A tal proposito occorre sottolineare come, anche le più recenti modifiche normative sul sistema della Centrale pubblica, abbiano significato una valorizzazione dell’attività di segnalazione non solo sotto il profilo del rapporto tra cliente e operatore, in relazione alla esigenza precipua di tutelare il segnalato, ma soprattutto alla luce della necessità che la raccolta e la trasmissione dei dati del proprio cliente venga effettuata nel rispetto delle regole che presiedono all’attuazione del rapporto contrattuale, ivi comprese quelle derivanti dal principio di buona fede e correttezza in executivis14.
Sul punto, esiste una consolidata giurisprudenza che ha valorizzato, a più riprese, la posizione del cliente attinto dall’illegittima segnalazione.
Il primo aspetto da sottolineare attiene alla tipologia di responsabilità che grava sull’operatore finanziario che si sia “macchiato” della segnalazione non dovuta; la dottrina e la giurisprudenza hanno ricostruito questo profilo in senso duplice.
Infatti, da un canto, si è affermato che si tratta di responsabilità aquiliana (ex art. 2050 c.c., da fatto illecito), costituendo tale segnalazione un’ipotesi di illegittimo trattamento di dati personali ex artt. 4 lett. a) e 15 d.lgs. n. 196/2003. D’altro canto, la responsabilità è stata ricostruita sotto il profilo contrattuale, in quanto si sostanzia nella violazione dei canoni di diligenza, di correttezza e di buona fede richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio, nel rispetto delle norme di cui agli art. 1176, 1175, 1374 e 1375 c.c.
Tale duplice forma della responsabilità dell’operatore segnalante, si traduce nella possibilità per il segnalato di cumulare i due profili in ambito processuale15, anche nella stessa azione.
In sede processuale, il cliente ingiustamente segnalato potrà agire sia per ottenere l’immediata cancellazione della segnalazione illegittima, sia per ottenere il ristoro dei danni patiti in ragione della stessa. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, occorre osservare che la segnalazione è potenzialmente di notevole gravità per il segnalato, in quanto comporta la possibile esclusione dello stesso dal credito bancario o, comunque, la difficoltà se non l’impossibilità di accedervi.
Il danno così recato va visto sotto due profili: uno di natura strettamente patrimoniale e un altro di natura “morale”. In particolare, sotto quest’ultimo aspetto il danno è stato ritenuto sussistere in re ipsa, in quanto connesso soprattutto alla lesione della reputazione “personale”16 di buon pagatore. Dovrà dunque essere dimostrato che il danno in questione è diretta conseguenza della violazione, sebbene solo sotto il profilo dell’illegittimità della segnalazione e, quindi, dell’inesistenza dei presupposti di diritto e di fatto di quest’ultima.
In merito, la giurisprudenza ha evidenziato che il diritto dell’imprenditore all’immagine, alla reputazione, può legittimamente essere sacrificato solo dinanzi alla preminente realizzazione dell’interesse pubblico, che si concreta con la segnalazione e la conseguente comunicazione dei crediti bancari in sofferenza: detto sacrificio, però, è giustificato e limitato soltanto all’effettiva posizione di sofferenza del credito ed in mancanza di questa giustificazione la segnalazione effettuata è illegittima e lesiva del diritto all’imprenditore all’immagine e alla reputazione17.
Questo tipo di danno viene, peraltro, generalmente determinato in via equitativa.
Il danno correlato all’illegittima segnalazione, poi, ha di certo una consistenza patrimoniale che attiene alla perdita di chance, derivante dall’impossibilità medio tempore di ottenere accesso al credito, anche sotto il profilo delle tempistiche per ottenerlo e delle condizioni e agevolazioni che, con la segnalazione, eventualmente possono venir meno da parte degli operatori finanziari, e gli oneri maggiori sostenuti per il deterioramento del rating del segnalato.
Di tali danni, per vero, deve essere fornita prova precisa e compiuta, fermo restando che la riduzione o l’impossibilità di accedere al sistema bancario può arrivare a causare una lesione del diritto – costituzionalmente garantito all’art. 41 della Costituzione – di iniziativa economica privata, che, come è noto, si alimenta anche per mezzo e per merito del credito bancario.
Alla luce di quanto esposto, si può affermare che il sistema del “controllo del credito” si muove, evidentemente, in due direzioni: da un lato, l’ordinamento tutela il cliente dalle segnalazioni che, per carenza dei presupposti di fatto e di diritto, siano illegittime, riconoscendogli la più ampia tutela risarcitoria; d’altro lato, tale sistema sembra operare nel senso di autotutelarsi, cioè di garantire la piena affidabilità delle indicazioni riportate nella Centrale dei Rischi (ed il discorso è, a buon diritto, estendibile anche alle centrale di rischi “private”), anche per non atrofizzare il sistema del credito che, sotto più profili, ha dimostrato di necessitare – almeno formalmente – dischemi rigidi e affidabili, così da minimizzare interventi che distorcano, anche indirettamente, il mercato.
1
Art. 32, comma 1, lett. h), legge n. 375 del 1936: “Le aziende di credito soggette alle disposizioni della presente legge dovranno attenersi alle istruzioni che l'ispettorato comunicherà, conformemente alle deliberazioni del comitato dei ministri, relativamente: (… omissis) h) alle cautele per evitare gli aggravamenti di rischio derivati dal cumulo dei fidi”.
2
Delibera C.I.C.R. del 29.03.1994 (Disciplina della Centrale dei rischi. Coordinamento con le norme del Testo unico delle leggi in materia creditizia e finanziaria): “1. Alla Banca d’Italia è affidato il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi. Le banche iscritte nell’albo di cui all’art. 13, le società finanziarie di cui all’art. 65, comma 1, lett. a) e b) e gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia sono tenuti, a richiesta della Banca d’Italia e con le modalità da questa stabilite, a comunicare periodicamente l’esposizione nei confronti dei propri affidati e i nominativi a questi collegati. La Banca d’Italia individua nell’ambito delle società finanziarie di cui all’art. 65 sopra indicate e dei soggetti iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107, quelli che, anche in ragione dell’attività svolta, sono tenuti a effettuare la segnalazione alla Centrale dei rischi. 2. La Banca d’Italia fornisce periodicamente a ogni soggetto tenuto a effettuare le comunicazioni di cui al precedente punto 1 la posizione riepilogativa dei rischi complessivamente censiti al nome di ciascun affidato dallo stesso segnalato e dei nominativi collegati. 3. Le società e gli enti di cui al punto 1 possono richiedere alla Banca d’Italia che sia loro resa nota la posizione globale di rischio di nominativi censiti diversi da quelli da essi segnalati. Tali richieste possono essere avanzate per finalità connesse all’attività di assunzione del rischio nelle sue diverse configurazioni; a fronte delle stesse deve essere versato alla Banca d’Italia, con le modalità da questa stabilite, un corrispettivo volto a perseguire l’economicità del servizio e la correttezza del suo utilizzo. 4. I dati personali censiti dalla Centrale dei rischi hanno carattere riservato. La Banca d’Italia e i soggetti di cui al punto 1 possono comunicare ai terzi le informazioni registrate a loro nome, secondo la procedura indicata dalla Centrale dei rischi. 5. Nell’ambito dei rapporti di collaborazione di cui all’art. 7, comma 7, del testo unico, la Banca d’Italia può portare a conoscenza delle autorità competenti degli altri Stati membri dell’Unione Europea le informazioni concernenti le posizioni globali di rischio dei nominativi censiti dalla Centrale dei rischi, consentendo che le stesse siano utilizzate dalle banche e dagli intermediari finanziari di quegli Stati. 6. Per l’inosservanza delle disposizioni della presente delibera e di quelle che verranno impartite dalla Banca d’Italia per l’attuazione del servizio si applicano le previsioni di cui agli artt. 144 e 145 del testo unico”.
3
In questi termini Raffaele Scalcione, La disciplina della centrale dei rischi: normativa di rilevanza sistemica e tutela dei diritti del segnalato anche alla luce delle decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario, in Ianus Diritto e Finanza n. 8/2013 – Rivista di studi giuridici (www3.unisi.it/ianus).
4
Tali richieste sono ritenute legittime solo nel caso in cui le finalità concrete siano correlata alla gestione del rischio del credito, senza che sia violata la privacy dei soggetti richiesti.
6
Cfr. Tribunale di Arezzo, 18.06.2013. L’operatore finanziario, per includere una determinata posizione in questa categoria (ma la valutazione concerne, sotto un profilo di opportunità, tutte le categorie) deve prima ponderare la complessiva situazione finanziaria del cliente. In particolare, il Tribunale di Roma, 2.09.2013 afferma che la segnalazione è “subordinata, infatti, alla presenza del ricordato requisito in capo al debitore: l’insolvenza, intesa come incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni con il suo patrimonio (art. 5 l. fall.), oppure «situazioni equiparabili», vale a dire quando il debitore si trovi in uno stato oggettivo di difficoltà economico-finanziaria”.
7
In una recente sentenza la Corte di Cassazione ha affermato che: “La segnalazione di una posizione “in sofferenza” presso la Centrale Rischi della Banca d'Italia, secondo le istruzioni del predetto istituto e le direttive del CICR, richiede una valutazione, da parte dell'intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, e non può quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d'insolvenza” (Sent. n. 3165 del 12.02.2014).
8
Appartiene a questa categoria l’affidato che venga segnalato alla Centrale Rischi:
a. in sofferenza dall’unico intermediario che ha erogato il credito,
b. in sofferenza da un intermediario e tra gli sconfinamenti dall’unico altro intermediario esposto,
c. in sofferenza da un intermediario se l’importo della sofferenza è almeno il 70% dell’esposizione complessiva verso il sistema ovvero vi siano sconfinamenti pari o superiori al 10%,
d. in sofferenza presso due intermediari per importi pari o superiori al 10% del credito utilizzato per cassa.
9
In questa tipologia si fanno rientrare tutte le esposizioni diverse da quelle:
a. classificate a sofferenza;
b. rientranti nei portafogli “amministrazioni centrali e banche centrali”, enti territoriali ed enti del settore pubblico;
c. esposizioni non ipotecarie fondiarie a privati per le quali risultino soddisfatte entrambe le seguenti condizioni: siano scadute e non pagate da oltre 270 giorni e l’importo complessivo delle esposizioni e delle altre quote scadute da meno di 270 giorni verso il medesimo debitore sia almeno pari al 10% dell’intera esposizione verso tale debitore.
10
Si noti che, alla prima nuova (eventuale) insolvenza che durasse più di 30 giorni (c.d. “periodo di grazia”) la posizione andrà necessariamente e sollecitamente classificata a sofferenza o ad incaglio in relazione al grado di anomalia del debitore.
11
La definizione di questa tipologie di esposizione è contenuta nella Circolare di Banca Italia n. 263 del 27.12.2006.
12
Cfr. Massimo Lembo, in Le segnalazioni in centrale dei rischi e nella centrale d’allarme interbancaria. Procedure e responsabilità dell’ente segnalante, Treviso, 2012.
13
L’attuale soglia di segnalazione è molto più bassa rispetto a quella prevista dalla disciplina previgente (di € 75.000,00), e tanto si spiega con l’intenzione di dare maggiore rappresentatività e spessore al database della Centrale pubblica. La modifica è intervenuta con la circolare di Banca Italia n. 11 del 10.11.2008.
14
Cfr. Claudia Frigeni, Segnalazioni presso le Centrali Rischi creditizie e tutela dell’interessato: profili evolutivi, in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 4, 2013, pp. 365 e ss.
15
Meriterebbe idoneo approfondimento l’ambito processuale della questione che qui ci interessa, posto che è stato oggetto di rilevanti e contrastanti approcci giurisprudenziali. Infatti, in alcune ipotesi il giudice ha ritenuto inammissibili i ricorsi prodotti ex art. 700 c.p.c., istaurati al fine di ottenere la più rapida decisione volta alla concessione del provvedimento di cancellazione immediata della segnalazione illegittima, sposando la tesi secondo la quale lo strumento corretto da applicare fosse quello di cui all’art. 10, comma 4, d.lgs. 150/2011. Si osserva inoltre come la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione abbia, di recente, messo in luce che il rimedio previsto dal codice civile fosse ben più rispondente alle esigenze di tutela del soggetto segnalato e, comunque, come quello previsto dal codice della Privacy fosse, sia sotto il profilo formale che sostanziale, limitato ad un solo aspetto della questione.
17
Si veda., ex multis, Trib. Modena, 20.03.2012; Trib. Brindisi, 2.03.2011; Trib. Genova, 22.02.2011; App. Napoli, 12.11.2009; Trib. Bari, 24.01.2008; Trib. S. Maria Capua Vetere, 22.03.2007.