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Attualità

Disciplina italiana del transfer pricing: misure attuative in consultazione

27 Febbraio 2018

Sara Flisi e Giulia Sorci, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci

Di cosa si parla in questo articolo

Il 21 febbraio scorso, il MEF ha dato avvio, in merito all’attuazione della disciplina del Transfer Pricing ex art. 110, comma 7, T.U.I.R., ad una consultazione pubblica dei seguenti documenti (cfr. contenuti correlati):

  1. schema di Decreto Ministeriale richiamato dal comma 7 dell’articolo 110 del T.U.I.R., che determina, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione dell’arm’s length principle;
  2. schema di Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate recante le disposizioni attuative dell’articolo 31–quater, comma 1, lett. c) del D.P.R. n. 600/1973;
  3. traduzione in lingua italiana delle parti rilevanti delle OECD “Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations” (nella versione del luglio 2017, che ha recepito le modifiche apportate dall’Action 8-10 del Progetto BEPS).

Al riguardo, sarà possibile, sino al 21 marzo prossimo, formulare osservazioni e proposte relativamente a temi non attualmente oggetto di analisi.

Si ricorda in questa sede che la disciplina ex art. 110, comma 7, T.U.I.R., così come modificata dall’art. 59 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, prevede che, ai fini della determinazione del reddito di un’impresa fiscalmente residente in Italia, i componenti reddituali derivanti da operazioni infragruppo intercorse con società non residenti nel territorio dello Stato siano determinati in base al principio di libera concorrenza (arm’s length principle). Tale disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità ed alle condizioni indicate all’articolo 31-quater del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che disciplina i casi (tassativi) in cui possono essere riconosciute le variazioni in diminuzione del reddito a fronte di una rettifica in aumento definitiva econformeal principio di libera concorrenza da parte delle amministrazioni fiscali estere.

Ciò posto, nel seguito si riportano talune preliminari considerazioni in merito ai documenti posti in consultazione dal MEF.

Lo schema di Decreto Ministeriale: le Linee Guida “italiane” in materia di Transfer Pricing

Lo schema di Decreto Ministeriale ha “formalmente” introdotto nell’ordinamento interno i principi di fonte internazionale contenuti nell’articolo 9 del Modello OCSE di Convenzione contro le Doppie Imposizioni nonché nelle Linee Guida OCSE eposti – fino ad oggi solo in via interpretativa – a fondamento dell’art. 110, comma 7 del T.U.I.R.[1].

Esaminando più nello specifico il contenuto di detto schema di Decreto, nell’art. 2 l’A.F. sembra innanzitutto riflettere la definizione dell’art. 9 del Modello OCSEstabilendo che per “imprese associate” devono intendersi le imprese residenti e non residenti allorché:

  1. una di esse partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale dell’altra; oppure
  2. la stessa persona o più persone partecipano, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale di entrambe le imprese.

Con riferimento al concetto di “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale” – apparentemente non desumibile né dal commentario all’art. 9 del Modello OCSE né tantomeno dalle Linee Guida OCSE[2]– l’A.F. ha peraltro precisato come quest’ultimo comprenda:

  1. la partecipazione che una persona o un’impresa detiene, direttamente o indirettamente, per oltre il 50 per cento nel capitale di un’altra impresa”; oppure
  2.  “l’influenza dominante che una persona o un’impresa ha sulle decisioni commerciali o finanziarie di un’altra impresa”,

adottando così una definizione di “imprese associate” ampia, comprendente non solo il controllo giuridico ma anche quello de facto.

Con l’art. 3, lo schema di Decreto ha fornito l’indicazione delle condizioni economicamente rilevanti (“fattori di comparabilità”) utili a determinare se due o più operazioni possano essere ritenute comparabili tra loro, ovvero, più nello specifico: (i) le condizioni contrattuali; (ii) l’analisi funzionale; (iii) le caratteristiche dei beni e dei servizi; (iv) le condizioni economiche e (v) lestrategie aziendali perseguite. In tal senso, l’A.F. ha chiarito che vi è comparabilità tra transazioni qualora:

  1. non sussista alcuna differenza tra transazioni tra imprese associate e transazioni tra parti indipendenti;
  2. le differenze che sussistono non impattano in misura significativa sulle condizioni economicamente rilevanti; oppure
  3. si possano effettuare rettifiche quantitative al fine di rimuovere gli effetti di tali differenze.

Nel successivo art. 4, l’A.F. ha recepito i cinque metodi dideterminazione dei prezzi di trasferimento già comunemente adottati in sede OCSE (i.e., CUP method, Resale Price Method,Cost Plus Method, TNMM eTransactional Profit Split Method) ed ha mutuato, con riferimento alla Transfer Pricing method selection, l’ormai consolidato principio del “most appropriate method for a particular case”[3], mantenendo tuttavia una sorta di “gerarchia implicita” dei metodi sulla scorta di quanto già previsto dalle Linee Guida OCSE, tale per cui, ad esempio, qualora ugualmente applicabili, il CUP method è da preferire sia al Resale Price ed alCost Plus sia al TNMM ed al Profit Split.

In tutto ciò, la vera “novità” – che potrebbe avere rilevanti effetti sull’attività di accertamento dell’A.F. – è rappresentata dall’obbligo in capo all’Amministrazione finanziaria di applicare il metodo di Transfer Pricing individuato dal contribuente laddove lo stesso sia stato selezionato ed applicato in maniera affidabile (cfr. art. 4, comma 6).

Un altro aspetto da dover accogliere in modo senz’altro positivo sembra essere l’esplicito riconoscimento – sulla scorta di quanto già affermato in ambito OCSE[4] – dell’esistenza di più prezzi di libera concorrenza a condizione che gli stessi risultino ricompresi in un “intorno di valori” (arm’s length range) (cfr. art. 6). In sede di stesura finale del Decreto, sarebbe comunque auspicabile:

  • da un lato, una migliore formulazione della disposizione in commento, per evitare che l’A.F. operi “impropriamente” rettifiche ai prezzi di trasferimento al solo fine di allineare questi ultimi ai valori centrali all’interno dell’arm’s length range (ad esempio, la mediana); e, dall’altro,
  • l’introduzione di indicazioni (o richiami espliciti alle Linee Guida OCSE) in merito al processo di identificazione di quei soggetti che pongono in essere transazioni confrontabili con quelle infragruppo.

Lo schema di Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate per il riconoscimento dei cd. corresponding adjustments

Lo schema di Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, attuativo delle disposizioni dell’art. 31–quater, comma 1, lett. c) del D.P.R. n. 600/1973, fornisce le indicazioni operative e procedurali necessarie affinché, imprese residenti e stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti, possano ottenere il riconoscimento di una rettifica in diminuzione del loro reddito imponibile a fronte di “una rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza effettuata da uno Stato con il quale è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi che consenta un adeguato scambio di informazioni”.

Nello specifico, è previsto che ultimata l’istruttoria per l’ammissibilità dell’istanza presentata, l’Ufficio procede unilateralmente all’esame del caso concreto (anche invitando, se necessario, il contribuente a comparire per il contraddittorio). Tale procedimento dovrebbe concludersi entro il termine (ordinatorio) di 180 giorni dal ricevimento dell’istanza, con l’emissione di un atto motivato di accoglimento o di rigetto. L’Ufficio, ove necessario, potrà inoltre richiedere l’attivazione degli strumenti di cooperazione internazionale tra amministrazioni fiscali, sospendendo così il sopra menzionato termine di conclusione della procedura. In caso di accoglimento, viene disposto il rimborso dell’imposta calcolata sull’imponibile corrispondente alla rettifica effettuata a titolo definitivo nello Stato estero. Qualora l’istanza dovesse essere rigettata, rimane fermo il diritto del contribuente a richiedere l’attivazione di una Mutual Agreement Procedure (“MAP”) ex art. 25 del Modello OCSE di Convenzione oppure ai sensi della Direttiva 90/436/CEE del 23 luglio 1990.

E’ opportuno rilevare che, al fine di rendere maggiormente appetibile la procedura dell’art. 31-quater del D.P.R. n. 600/1973 rispetto alle MAP, occorrerebbe meglio chiarire le tempistiche necessarie al raggiungimento di un accordo con l’A.F., nonché per la restituzione delle imposte corrisposte in eccesso in Italia.

Da ultimo, qualora l’Ufficio non concordi appieno con la natura “arm’s length” del primary adjustment estero e proponga, di conseguenza, un corresponding adjustment inferiore – mantenendo così una (parziale) doppia imposizione – ci si chiede se e in che misura sia attivabile una MAP.



[1] Cfr. ex multis, Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010 n. prot. 2010/137654 e la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 5 giugno 2012. Con riferimento alla Circolare del Ministero delle Finanze n. 32 del 22 settembre 1980, sostanzialmente l’unica prassi a commento delle Linee Guida OCSE (nella loro versione del 1979), occorre chiedersi se la stessa possa ancora ritenersi attuale.

[2] In tal senso, si vedano, tra gli altri, “Klaus Vogel on Double Taxation Conventions – Fourth Edition”, Wolters Kluwer (2015), pag. 633; “United Nations Practical Manual on Transfer Pricing for Developing Countries (2017)”, pag. 360.

[3] Cfr. par. 2.2 delle Linee Guida OCSE (Luglio 2017).

[4] Cfr. par. 3.55 delle Linee Guida OCSE (Luglio 2017).

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