La Suprema Corte si è recentemente pronunciata in merito alla responsabilità dell’amministratore delegato di società di capitali in relazione alla distrazione di parte del patrimonio sociale, nonché alla responsabilità dei membri dell’organo di controllo per inadempimento ai propri doveri di vigilanza.
A tale riguardo, la Cassazione ha ravvisato la sussistenza della responsabilità civile del consigliere delegato ove quest’ultimo trasferisca disponibilità liquide della società su propri conti correnti, senza alcuna reale causa giustificativa di detta movimentazione monetaria (nel caso di specie bancaria e postale). In particolare, tali attività rientrano fra quelle “distrattive”, consistendo in un indebito depauperamento del patrimonio sociale, non supportato da alcuna esigenza in linea con l’interesse sociale.
A questo proposito, la pronuncia in esame ha ribadito l’esclusiva competenza del giudice di merito con riguardo alla determinazione della sussistenza o meno di una (legittima) causa idonea a giustificare la “sottrazione” dei beni sociali a beneficio dell’amministratore delegato (come ad esempio la presenza di crediti vantati da quest’ultimo a fronte delle attività gestorie prestate a favore della società).
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto altresì sussistente la responsabilità civile dei sindaci, fondata sulla violazione dell’articolo 2403 del Codice Civile, ove si impone a questi ultimi un generale dovere di vigilanza sull’osservanza della legge e sulla corretta amministrazione sociale. La responsabilità è stata riconosciuta, in particolare, in ragione del “disinteresse” dimostrato dai membri dell’organo di controllo nei confronti della gestione sociale e dall’assenza di controlli “veri ed effettivi” sulla stessa, finalizzati alla prevenzione di eventuali violazioni della corretta gestione da parte dell’amministratore delegato.
Dal punto di vista dell’onere della prova – muovendo dall’assunto che la responsabilità degli amministratori e dei sindaci nei confronti della società, ex articoli 2392 e 2407 del Codice Civile, ha pacificamente natura contrattuale – la Suprema Corte ha chiarito che la società-attrice ha l’onore di provare esclusivamente: (i) la sussistenza delle violazioni degli obblighi degli amministratori/sindaci; e (ii) il nesso causale fra dette violazioni e il danno verificatosi. Spetta invece al convenuto amministratore/sindaco la prova della non imputabilità a sé del fatto dannoso, dimostrando l’osservanza propri dei doveri e l’adempimento degli obblighi a lui imposti dalla legge.
Infine, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’ingiustificata appropriazione di parte delle disponibilità liquide della società da parte dell’amministratore delegato dia prova in re ipsa del nesso causale fra violazione del dovere di corretta amministrazione e danno verificatosi (equivalente, quantomeno, all’entità delle somme distratte).