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Giurisprudenza

Dividendi azionari di società con sede in Italia: tassazione Italiana anche per i residenti in Svizzera

12 Gennaio 2012

Cassazione Civile, Sez. Trib., 29 dicembre 2011, n. 29576

Di cosa si parla in questo articolo

Secondo la Cassazione (sentenza n. 29576 del 29 dicembre 2011) i dividendi azionari di una società con sede in Italia devono essere dichiarati anche dai soggetti residenti in Svizzera laddove il contribuenti non diano prova che il centro di interessi fosse situato proprio in Svizzera. E questo in coerenza con la disciplina speciale di cui alla Convenzione Italo – Svizzera ex L. n. 943/78, concernente il divieto di doppia imposizione.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato a due coniugi residenti in Svizzera, paese nel quale gestivano un locale di antiquariato, la mancata dichiarazione degli utili da partecipazione relativi ad una società con sede in Sicilia.

Per quanto attiene il richiamato divieto di doppia imposizione, si ricorda come, in tema di imposte sui dividendi azionari, l’art. 10 della suddetta Convenzione Italo – Svizzera, stipulata il 03 ottobre 1974 e ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 26 luglio 1975 n. 386, preveda una competenza impositiva dello Stato in cui essi vengano corrisposti, concorrente con quella principale dello Stato di residenza del percipiente, con il limite dell’aliquota massima del 15 %.

Secondo la Cassazione, appare più aderente allo spirito ed agli scopi di tale Convenzione ritenere, in forza della disposizione dell’art. 75 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, che la disciplina di cui all’art. 27 del medesimo decreto – secondo cui “Nell’applicazione  delle  disposizioni  concernenti  le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia” – non trovi applicazione in materia, ed interpretare perciò la norma convenzionale in questione nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il sol fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell’altro Stato, indipendentemente dall’effettivo pagamento dell’imposta.

La sufficienza del solo fattore in sé dell’esistenza del potere impositivo principale dell’altro Stato, continua la Corte, deve ritenersi infatti coerente con le finalità delle convenzioni bilatelari contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali onde evitare che i contribuenti subiscano un maggior carico fiscale sui redditi percepiti all’estero ed agevolare l’attività economica e d’investimento internazionale.

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