Il giudizio de quo ha ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con cui il Tribunale di Treviso ha rigettato l’opposizione ex art. 98 l. fall. della ricorrente contro la mancata ammissione al passivo del Fallimento del proprio credito, insinuato mediante domanda cd. “ultratardiva” ai sensi dell’art. 101, comma 4, l. fall. In particolare, la Banca ricorrente ha lamentato l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure laddove: (i) ha affermato che l’esito negativo del messaggio di consegna della PEC con cui la curatela ha trasmesso l’avviso ex art. 92 l. fall. fosse dipendente da colpa del destinatario e, dunque, equivalesse all’effettiva consegna in forza delle disposizioni che regolano il processo civile telematico; (ii) ha ritenuto che la creditrice ricorrente fosse venuta comunque a conoscenza del fallimento della debitrice tramite il proprio legale di fiducia, con la conseguente insussistenza del presupposto della “causa non imputabile” del ritardo della domanda di ammissione al passivo espressamente richiesto dall’art. 101, ult. co., l. fall.
Quanto alla prima censura, la Corte di Cassazione ha evidenziato l’inesatto richiamo operato dal Tribunale alle disposizioni sul processo civile telematico, chiarendo come nell’ipotesi di comunicazioni del curatore fallimentare debba trovare applicazione l’art. 31-bis, comma 1, seconda parte,l. fall. (Comunicazioni del curatore), secondo cui “nei casi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, tutte le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria”; nel caso di specie, la curatela non avrebbe né allegato né tantomeno dimostrato tale ultima circostanza, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere accertata la mancanza dell’avviso alla creditrice ricorrente. Purtuttavia, al riguardo la Suprema Corte ha richiamato il proprio consolidato orientamento, per il quale “il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dall’art. 92 l. fall., integra sì la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore, ma il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell’inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso predetto” (conf. Cass. 10 aprile 2019, n. 10121).
Con riguardo alla seconda censura, mediante la quale la ricorrente ha lamentato l’incolpevole mancanza di informazione sull’intervenuto fallimento della debitrice, la Suprema Corte ha riprodotto il proprio pacifico indirizzo sul punto, chiarendo nuovamente che “nell’ipotesi di domanda tardiva di ammissione al passivo ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 101 l. fall. (cd. supertardiva o ultratardiva, cioè proposta oltre il termine, di legge o fissato dal tribunale, di cui al comma 1 della medesima norma, computato rispetto al deposito del decreto di esecutività dello stato passivo), la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, la quale giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità” (conf. Cass. 10 aprile 2019, n. 10121; Cass. 19 giugni 2018, n. 16103). Nel caso di specie, le motivazioni del Tribunale appaiono rispettare i predetti requisiti; ad avviso della Corte, il Giudice di primo grado ha infatti correttamente ritenuto che la documentazione prodotta dalla curatela – avente ad oggetto la corrispondenza intercorsa tra il curatore fallimentare ed il legale della Banca ricorrente nonché gli atti di una procedura esecutiva a carico della debitrice (poi fallita) da cui risultava che la Banca, assistita dal medesimo legale, era creditrice procedente – fosse idonea a dimostrare inequivocabilmente la conoscenza del fallimento della debitrice in capo alla creditrice ricorrente. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha chiarito come l’indubbia conoscenza del fallimento della debitrice in capo al legale della Banca comporti in capo a quest’ultimo l’obbligo deontologico di darne comunicazione alla propria assistita. Di conseguenza, ad avviso della Suprema Corte la comunicazione del fallimento alla banca creditrice si deve considerare avvenuta se il curatore ha informato il legale dell’istituto di credito.