Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha ribadito il principio in forza del quale la domanda di insinuazione al passivo fallimentare proposta da uno studio associato fa presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale da cui quel credito è derivato, e, dunque, l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c., salvo che l’istante dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione (così anche la recente pronuncia di Cass. Civ.,sez. I, 31.03.2016, n. 6285).
Inoltre, i giudici hanno affermato che, in materia di opposizione allo stato passivo fallimentare, nel regime riformato, il ricorrente deve produrre i documenti di cui intenda avvalersi nel termine stabilito, a pena di decadenza, dall’art. 99, comma II, n. 4, L. Fall., la cui inosservanza è rilevabile di ufficio inerendo a materia sottratta alla disponibilità delle parti (in proposito si veda anche Cass. Civ., sez. I, 14.12.2015, n. 25174).