L’insindacabilità dell’attività di gestione della società da parte dell’amministratore non è assoluta, ma attiene esclusivamente al merito delle sue scelte, non ostando ad un’ eventuale valutazione sulla conformità del modus operandi adottato dallo stesso amministratore rispetto al dovere di diligenza richiesto dalla natura del suo incarico.
E’ questo il principio di diritto sancito dal Tribunale di Roma nella sentenza in parola, Tribunale che ha peraltro evidenziato come l’amministratore, al fine di adempiere al proprio dovere di diligenza di cui all’articolo 2392 del codice civile, debba anzitutto apprezzare i margini di rischio connessi a ciascuna operazione da intraprendere, ed in secondo luogo adottare decisioni razionali, che siano cioè inderogabilmente finalizzate a soddisfare l’interesse sociale. Come è stato sottolineato dal Tribunale, “l’amministratore che abbia svolto tutte le verifiche necessarie e consultato tutti gli esperti disponibili e, nonostante ciò, effettui una scelta gestionale non razionalmente inerente alle informazioni ricevute e dannose per la società non sarà irresponsabile nei confronti della società ma, al contrario, doppiamente responsabile, per gli inutili costi dell’informazione e per il danno arrecato”.
La sentenza del Tribunale, in definitiva, pur riconoscendo il principio dell’insindacabilità delle scelte dell’amministratore nel merito, esclude che tale insindacabilità renda l’amministratore immune da qualsiasi forma di responsabilità per gli atti commessi nell’esercizio delle sue funzioni, individuando nel dovere di diligenza un prerequisito fondamentale dell’attività sociale.