Il tema dei “Doveri e responsabilità dei sindaci: dalla vigilanza sulla corretta gestione alla prevenzione della crisi aziendale” verrà affrontato dal Prof. Maurizio Irrera nel corso del Convegno di rassegna di giurisprudenza ed orientamenti notarili in materia societaria del prossimo 21 novembre. Per maggiori informazioni sul Convegno si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati. |
(1) L’elenco dei creditori previsto dall’art. 161, c. 2, lett. b), l.f. e depositato dall’imprenditore unitamente alla domanda di concordato preventivo non può assumere valore confessorio nel successivo fallimento.
(2) I doveri di vigilanza – non solo informativa ma anche ispettiva – che incombono su ciascun membro del collegio sindacale non vengono meno nell’ipotesi di proposizione da parte della società di procedure di soluzione concordata della crisi.
Nel caso deciso dal Tribunale di Rimini, un membro del collegio sindacale di una società cooperativa (a responsabilità limitata) proponeva opposizione allo stato passivo di una procedura fallimentare lamentando la sua mancata insinuazione al passivo, in via privilegiata ex art. 2752, c. 1, n. 1, c.c., per un ammontare pari al credito vantato nei confronti della società (prima, e ora, della procedura) per il suo compenso maturato e non percepito.
In primo luogo, il Tribunale non ha ritenuto provato il credito che il sindaco riteneva di vantare nei confronti della società, non avendo alcun valore confessorio l’elenco dei creditori previsto dall’art. 161, c. 2, lett. b), l.f. che la società ha depositato unitamente alla domanda di concordato preventivo e non rilevando la circostanza che il professionista attestatore avesse certificato (i) la veridicità delle scritture contabili, (ii) la fattibilità del piano di concordato e (iii) il successivo piano di riparto (documenti nei quali il credito per il compenso era sempre indicato).
In secondo luogo, il Tribunale ha accolto l’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela del fallimento in ordine ai ripetuti inadempimenti del sindaco ai doveri di vigilanza su lui gravanti, così rigettando l’opposizione.
In particolare, la curatela ha provato con sufficiente precisione che, sin da quando lo stato di crisi è iniziato ad emergere, il sindaco – e con esso il collegio tutto – si è limitato in più occasioni ad esprimere raccomandazioni, a formulare inviti o, tuttalpiù, a manifestare preoccupazione (ad esempio, in ordine al mancato pagamento di ingenti e, sempre più velocemente, crescenti debiti fiscali) senza però far seguito a ciò esercitando proattivamente i poteri accordati dalla legge, come la denuncia ex art. 2409 c.c. (ove applicabile alle società cooperative a responsabilità limitata), l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori o, meno invasivamente, atti d’ispezione. Più nello specifico, il sindaco nulla avrebbe obiettato in una serie di operazioni quantomeno sospette, come la costituzione di una società in nome collettivo nella quale veniva conferita in sostanza l’intera azienda sociale o la continua redazione del bilancio d’esercizio nell’ottica della continuità aziendale, pur difettandone i presupposti. Da ultimo, il Tribunale ha sottolineato anche il fatto che il sindaco si sia dimesso il giorno prima del deposito della domanda di concordato, giudicando ciò quale ultimo ed estremo atto di abdicazione ai suoi doveri (ed infatti si legge nella sentenza che, così facendo, abbia consentito «pienamente la realizzazione del progetto degli amministratori e [abbia avallato] il loro operato»).
Da ultimo, il Tribunale ha rimarcato la coerenza del proprio decisum alle “Regole di condotta del collegio sindacale” formulate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, da ultimo nel documento del dicembre 2010 (in particolare quelle sub artt. 6 e 7).