Il Tribunale di primo grado è chiamato a deliberare in merito alla validità di una deliberazione consiliare assunta mediante il metodo del “consenso in forma scritta”. In riferimento al caso in esame, la Corte precisa come anche qualora lo statuto consenta (in applicazione del disposto di cui all’art. 2475, IV, c.c.) al CdA di assumere deliberazioni mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto, tali deliberazioni siano da ritenersi annullabili ex art. 2388 c.c. qualora non sia stato assicurato a ciascun componente del consiglio di amministrazione il diritto di partecipare al processo decisionale mediante adeguata informativa.
In particolare, il Tribunale reputa che l’omessa trasmissione al singolo amministratore della proposta di delibera da assumere in forma scritta implichi l’invalidità della delibera medesima, a nulla rilevando (con riferimento al caso specifico) che prima dello spirare del termine massimo per l’assunzione della decisione, si fosse già espressa, in senso favorevole all’adozione di questa, la maggioranza dei componenti del Cda.
Per la corretta formazione della volontà dell’organo collegiale, occorrerebbe infatti consentire a tutti i soggetti legittimati l’espressione della propria posizione sul tema in discussione, non potendosi a priori dare per scontato che all’esito del procedimento, ancorché adottato in via cartolare, un’opinione di minoranza possa portare gli altri componenti dell’organo collegiale che si fossero già espressi, a rivedere le proprie decisioni. In altre parole, per la formazione della volontà dell’organo collegiale in modo corretto, sarebbe necessario procedere alla consultazione di tutti i soggetti che lo compongono, e che hanno il diritto-dovere di partecipare alla statuizione collegiale: l’individuazione delle maggioranze raggiunte potrebbe infatti legittimamente compiersi solo dopo avere dato la parola, o consentito la dichiarazione scritta, a tutti i membri deputati a formare il decisum collegiale.