Con l’ordinanza del 26 agosto 2024, n. 23084 (Pres. Manzon, Rel. Brogi), la Corte di Cassazione si è espressa in una controversia in materia di obblighi IVA, tra l’Agenzia delle Entrate e una società che commercializzava i propri beni online, avvalendosi di un intermediario (commissionario).
Accogliendo il ricorso dell’amministrazione finanziaria, la Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 3, del DPR 633/1972, anche laddove il commissionario operi autonomamente su portali di vendita online, il trasferimento di beni tra committente e commissionario costituisce una cessione imponibile ai fini IVA, implicando l’obbligo di emissione della fattura.
Il principio di diritto enunciato è il seguente: “Ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto prevista dall’art. 2, comma 2, n. 3, DPR 26 ottobre 1972, n. 633, il passaggio dei beni dal committente al commissionario non è escluso dalla circostanza che quest’ultimo proceda alla rivendita dei beni su un sito di vendita online, negoziando in proprio la cessione e il prezzo dei beni”.
Nella vicenda in esame, un individuo selezionava i prodotti presso un negozio di articoli sportivi, li fotografava e pubblicava inserzioni di vendita online tramite una piattaforma di e-commerce, gestendo ogni fase della transazione: dalla negoziazione del prezzo alla consegna.
Infine, dalle somme incassate tratteneva una commissione del 15%, oltre agli oneri della piattaforma e di spedizione.
L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento per recuperare a tassazione maggiori imposte in relazione alle suddette operazioni, contestando l’interpretazione del rapporto tra la società e l’intermediario, nonché la mancata emissione della fattura.
Secondo l’A.F., l’operazione doveva qualificarsi come un contratto di commissione ex art. 1731 c.c., ossia un mandato avente a oggetto la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario: in particolare, il soggetto operante sulla piattaforma online non agiva come semplice rivenditore, bensì come commissionario, svolgendo attività di intermediazione per conto della società.
In conformità agli artt. 2 e 13 del DPR n. 633/1972, in virtù di una finzione giuridica, il trasferimento dei beni tra committente e commissionario avrebbe dovuto essere considerato come cessione imponibile, con obbligo di emissione della fattura.
I giudici d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, avevano rilevato che la società non fosse tenuta a emettere fattura per le vendite, ritenendo che tali operazioni rientrassero nell’ambito del commercio al dettaglio, per cui l’art. 22 del DPR 633/1972 non impone l’obbligo di fatturazione, salvo richiesta del cliente.
La Corte di Cassazione, di contro, ha accolto il ricorso dell’Agenzia.
Il Collegio ha osservato come l’autonomia operativa del soggetto sull’e-commerce non è dirimente per escludere la configurazione di un contratto di commissione; peraltro, il rilascio dello scontrino fiscale risulta insufficiente, poiché presuppone la presenza di un consumatore finale (non soggetto passivo IVA), tipica delle vendite retail.
Nel caso di specie, al contrario, la frequenza elevata delle transazioni in un breve arco temporale era indicativa di un’attività commerciale strutturata, non riconducibile al commercio al dettaglio.
In altre parole, l’autonomia operativa del commissionario non esimeva la società dall’obbligo di emettere la fattura e dal rispetto delle disposizioni fiscali applicabili ai contratti di commissione.
In conclusione, la Corte ha stabilito che, indipendentemente dalla modalità operativa adottata, il passaggio dei beni dal committente al commissionario configura una cessione imponibile ai fini IVA, con conseguente obbligo di emissione della fattura.