La clausola contrattuale C.I.V. (commissioni di istruttoria veloce) che non è determinata in misura fissa e commisurata ai costi effettivi sostenuti dalla banca, non rispetta le condizioni ex lege previste per la sua validità (art. 117-bis, comma 2°, Testo Unico Bancario) quindi è nulla e gli importi corrisposti a tale titolo dal correntista devono essere restituiti.
Con la sentenza n. 1295 pubblicata il 26 ottobre 2016, il Tribunale di Udine ha accolto la domanda del correntista volta alla declaratoria di nullità della clausola di istruttoria veloce contenuta nella “proposta di modifica unilaterale del contratto” predisposta dalla Banca perché non determinata in misura fissa, non espressa in valore assoluto e non commisurata ai costi mediamente sostenuti dall’intermediario per svolgere l’istruttoria veloce, e per l’effetto, ha condannato la banca a riaccreditare in favore del correntista la somme addebitate nel corso del rapporto a titolo di commissioni di istruttoria veloce .
La commissione di istruttoria veloce è una commissione che si applica in caso di sconfinamento – in assenza o in presenza di fido – sul conto corrente o a valere su carte di credito.
In particolare, a seguito dell’entrata in vigore della disciplina introdotta dal 1° luglio 2012, in caso di sconfinamento gli unici oneri ad essere applicati sono un tasso di interesse debitore (sull’ammontare dello sconfinamento) ed una Commissione di Istruttoria Veloce (c.d. CIV)[1].
La cd. CIV è prevista e consentita dall’art. 117-bis, comma 2, T.U.B., che vuole che sia “determinata in misura fissa” e “commisurata ai costi”effettivi sostenuti dalla banca per effettuare una “istruttoria veloce” finalizzata a tollerare lo sconfinamento senza fido o extra – fido. Il comma 3 sancisce la nullità delle clausole che “prevedono oneri … non conformi rispetto a quanto stabilito nei commi 1 e 2”.
La commisurazione ai costi della commissione è, dunque, un requisitodella clausola previsto dalla legge a pena di nullità della clausola stessa, e, in caso di contezioso, deve essere allegata e provata dalla banca.
Rappresenta sicuramente un’eccezione rispetto ai principi del diritto civile che la congruità del contenuto economico di una clausola diventi un requisito della sua validità, ma tale eccezione è chiaramente voluta dalla legge, in un settore nel quale si ravvisano particolari “esigenze di tutela del cliente” (cfr. comma 4 del medesimo art. 117-bis).
[1] Ai sensi del quarto comma dell’art. 117 bis del T.U.B., il C.I.C.R., con il Decreto 30 giugno 2012, n. 644, all’art. 4, comma secondo, ha dettato un’articolata disciplina della c.d. commissione di sconfinamento, o di istruttoria veloce, prevedendo in particolare:
a) che essa “è determinata, per ciascun contratto, in misura fissa ed è espressa in valore assoluto.
b) che essa “non eccede i costi mediamente sostenuti dall’intermediario per svolgere l’istruttoria veloce e a questa direttamente connessi, secondo quanto previsto dal comma 4”;
c) che “è applicata solo a fronte di addebiti che determinano uno sconfinamento o accrescono l’ammontare di uno sconfinamento esistente”;
d) che “è applicata solo quando vi è sconfinamento avendo riguardo al saldo disponibile di fine giornata”.
Gli intermediari, inoltre, ai fini della quantificazione e della applicazione della commissione in parola, devono definire le procedure interne, adeguatamente formalizzate, che individuano i casi in cui è svolta un’istruttoria veloce, nonché i costi dell’istruttoria veloce. La quantificazione deve essere formalizzata e adeguatamente motivata.