Deve ritenersi compreso nell’ambito dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. l’atto di costituzione di un vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., in quanto, benché con tale atto non sia trasferita la proprietà dei beni oggetto dello stesso e non siano costituiti su di essi diritti reali in senso proprio, detto vincolo è comunque idoneo a sottrarre i beni vincolati all’azione esecutiva dei creditori, ha quindi effetti connotati dal carattere della “realità” in senso ampio (tanto che è oggetto di trascrizione) e, di conseguenza, è idoneo a pregiudicare le loro ragioni, così come si ritiene in situazioni analoghe (anche se non identiche), quali la costituzione del fondo patrimoniale ai sensi dell’art. 167 c.c. e la costituzione e dotazione di beni in “trust”.
Le questioni relative alla meritevolezza di tutela della finalità perseguita con la costituzione del vincolo ed alla ragionevole durata dello stesso sono, rileva la Corte, del tutto irrilevanti ai fini della revocabilità dell’atto di destinazione: si tratta di infatti di considerazioni relative alla validità (della causa) di quest’ultimo, laddove l’azione revocatoria non ha affatto riguardo alla validità dell’atto da revocare, anzi, presuppone un atto valido, e richiede esclusivamente l’accertamento della sua idoneità a determinare un pregiudizio per i diritti dei creditori.