La sezione filtro della Corte di Cassazione, nel ritenere inammissibile il ricorso presentato in quanto consistente in una censura di mero fatto, con l’ordinanza in commento ha avuto occasione di precisare alcuni profili relativi all’onere probatorio gravante in capo al creditore nel contesto dell’accertamento dello stato passivo.
In coerenza con la precedente giurisprudenza della Corte, è stata in primo luogo esclusa l’applicabilità, nel giudizio di accertamento dello stato passivo, dell’art. 2710 c.c. in tema di efficacia probatoria di libri bollati e vidimati.
Esclusa la predetta efficacia probatoria “speciale”, la Corte di Cassazione ha ritenuto di valutare la documentazione allegata nel giudizio di merito quale scrittura privata.
Tuttavia, rileva la Corte, con riferimento alle scritture private sottoscritte dal fallito “il curatore è da considerarsi terzo … non avendo lo stesso preso parte al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere in sede di ammissione” e allo stesso sarà pertanto applicabile quanto previsto dall’art. 2704 c.c. in tema di efficacia probatoria della scrittura privata nei confronti dei soggetti terzi.
A conclusione dell’argomentazione, riprendendo la recente giurisprudenza delle Sezioni Unite, la Corte afferma il principio di diritto per cui, in casi analoghi a quello in commento “la mancanza di data certa nelle scritture prodotte si configura come fatto impeditivo della domanda oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice”.