Il presente contributo analizza il tema dell’emissione di eurobond e di notes internazionali in forma dematerializzata, soffermandosi sul perché tale struttura pare idonea a ridurre sensibilmente i costi per gli emittenti e a semplificare di molto la documentazione e la procedura.
L’emissione di obbligazioni (notes) sotto un prospetto di base c.d. internazionale (che documenta il programma di emissione di c.d. Euro Medium Term Notes, per brevità “EMTN”), al pari dell’emissione di obbligazioni (notes) sotto prospetto c.d. internazionale stand-alone (c.d. Eurobonds) rappresenta una novità nel panorama giuridico italiano che sembra segnare la via per un cambio di paradigma per questo genere di emissioni obbligazionarie.
A ben vedere, questa struttura, per quanto sostanzialmente innovativa[1], segue una linea evolutiva già percepibile nell’ordinamento italiano e, in qualche misura, in quello comunitario, inaugurata dalla legge n. 289 del 19 giugno 1986 la quale, nel disciplinare lo statuto giuridico di Monte Titoli S.p.A., introduceva la prima forma di dematerializzazione della circolazione dei diritti cartolari, cui fece seguito il D. Lgs. n. 213 del 24 giugno 1998 il quale, seppur soltanto per gli strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati, “consacra […] la soppressione del supporto cartaceo come res circolante, rappresentativa del rapporto giuridico cartolare, e rescinde definitivamente il legame, il “cordone ombelicale” che univa tale rapporto al documento”[2] e ancora più di recente con l’introduzione della Parte III, Titolo II-bis, Capo IV, Sezione I del TUF[3] e la relativa normativa secondaria di attuazione. Tale processo di modernizzazione dei mercati dei capitali italiani, ha di recente subito una drastica accelerazione propiziata dalla Brexit e dal progressivo abbandono del regolamento del prestito (terms and conditions) disciplinato contrattualmente dal diritto inglese a favore di quello di diritto italiano, soprattutto per quanto concerne, per ora, gli emittenti bancari. Ed ancora, in tale contesto, vale il caso di ricordare il Libro Verde del Ministero dell’Economia e delle Finanze[4] che al Paragrafo 3.3 richiama l’importanza di valorizzare le potenzialità delle innovazioni tecnologiche applicate al settore finanziario (con enfasi specifica sul digitale) e le raccomandazioni della Banca Centrale Europea, per il tramite del Debt Issuance Market Contact Group (DIMCG)[5], che ha chiaramente invitato gli Stati Membri a permettere e a facilitare, ove un tale intervento sia necessario, l’emissione di strumenti di debito in forma dematerializzata[6]. Da ultimo, anche il c.d. DDL Capitali[7] si spinge a proporre persino una disciplina per la dematerializzazione delle quote di S.r.l. che si qualifichino come PMI. Volendo poi immaginare gli interminati spazi di là da quella, vale il caso di rammentare la legge 10 maggio 2023, n. 52 di conversione, con modifiche, del decreto legge 17 marzo 2023, n. 25 (c.d. Decreto Fintech) che apre nuove prospettive in tema di emissione e circolazione di strumenti finanziari in forma interamente digitale attraverso scritturazione su un registro c.d. per la circolazione digitale.
Queste linee evolutive del mercato, per quanto solo accennate con la necessaria brevità, già consentono di comprendere l’orizzonte verso il quale tendono tanto la realtà degli affari quanto la conseguente disciplina giuridica, che rivela le intenzioni del legislatore di creare un ambiente giuridico protetto che possa conciliare le diverse esigenze degli emittenti da un lato, di ricorrere a strumenti collaudati, che riducano al minimo il rischio operativo, e dall’altro, di semplificare le relative procedure, con conseguente riduzione dei costi – anche (e soprattutto) occulti – che accompagnano ogni emissione obbligazionaria.
Sin dalla prima emissione di un eurobond[8], le emissioni di titoli di debito sui mercati internazionali hanno avuto luogo secondo una prassi di mercato comune, che si è consolidata negli anni. Nel tempo, gli operatori di mercato hanno mostrato di fare un effettivo affidamento su tali strutture collaudate al fine di ridurre al minimo i rischi operativi e standardizzare le procedure interne.
In particolare, uno dei principali aspetti che gli investitori hanno sistematicamente considerato al momento di decidere un investimento in notes emesse da emittenti italiani riguarda la possibilità che l’emissione fosse disciplinata dal diritto inglese e, di conseguenza, si concordasse contrattualmente la competenza esclusiva dei Tribunali inglesi.
Tale costante preferenza poggia tipicamente sulla convinzione che una sentenza definitiva emessa da un Tribunale inglese sia (i) prevedibile quanto al suo contenuto e (ii) pronunciata con tempestività.
Tuttavia, tali convinzioni meritano di essere nuovamente soggette a critica[9] in forza dell’impatto che progressivamente avrà l’avvenuto recesso del Regno Unito dagli accordi comunitari (c.d. Brexit) sui mercati finanziari.
In primis, le cause relative a questioni di emittenti italiani afferenti il diritto comunitario (quali, ad esempio, in materia di prospetto, di servizi di investimento, di abusi di mercato) a tendere saranno giudicate da una sempre crescente nuova generazione di giudici inglesi che, necessariamente, saranno stati nominati successivamente alla Brexit, e la cui formazione giuridica includerà esclusivamente il diritto inglese e non il diritto comunitario. Questo comporterà che tali giudici potrebbero incontrare maggiori difficoltà nel decidere questioni giuridiche che siano basate su norme specifiche e secondo principi generali propri del diritto dell’Unione Europea. Sul punto, ad esempio, il legislatore britannico è già attivo nel processo di revisione delle “hundreds of pages of burdensome EU retained laws governing financial services” (sic!) con l’obiettivo di creare uno “smarter regulatory framework for the UK that, is agile, less costly and more responsive to emerging trends”[10] (iniziativa genericamente riferita come “Edinburgh Reforms”) il che lascia intendere, per lo meno sulla base di quanto dichiarato, che le modifiche normative possano essere anche significative rispetto a quanto disposto dal diritto comunitario.
Inoltre, un’ulteriore complicazione potrà derivare dal fatto che un’eventuale decisione del Tribunale inglese dovrà essere riconosciuta ed eseguita in Italia (exequatur) ed a tal fine, solo qualora la clausola che radica la competenza del tribunale inglese si qualifichi come clausola di giurisdizione esclusiva potrà accedere ai benefici di cui alla Convenzione dell’Aja del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro; mentre una clausola di giurisdizione c.d. asimmetrica (non esclusiva) comporterà la previa soddisfazione di tutti i requisiti previsti dall’articolo 64 della legge 31 maggio 1995, n. 218 e successive modifiche.
Non si può quindi escludere che l’allungamento delle procedure di riconoscimento possa ragionevolmente incidere sui tempi e sulla complessiva rapidità della possibilità di dare esecuzione ad una sentenza definitiva del Tribunale inglese.
Di conseguenza, il quadro giuridico che si sta delineando post-Brexit pare indurre gli emittenti italiani a ricercare strutture alternative a quelle consolidatesi nella prassi degli ultimi sessanta anni, in un’ottica di riduzione dei costi e di efficiente semplificazione della documentazione[11].
Nel prosieguo, si intende dimostrare come l’emissione in Italia consenta agli emittenti di beneficiare di un contesto giuridico maggiormente protettivo, destinato a ridurre significativamente i costi associati all’emissione di notes. Per argomentare ciò, procederemo con un’analisi dettagliata dei singoli documenti dell’emissione per valutarne individualmente la funzione nell’ottica di una emissione in forma dematerializzata.
Terms and Conditions
Molti programmi EMTN, soprattutto di emittenti bancari, già includono due set di terms and conditions (regolamento del prestito), l’uno disciplinato dal diritto italiano e l’altro dal diritto inglese. Di recente la prassi di mercato sembra essersi orientata verso una preferenza da parte delle banche per le emissioni di notes disciplinate da un regolamento del prestito di diritto italiano, essendo il diritto inglese, a seguito di Brexit, diritto di uno Stato terzo rispetto all’Unione Europea, ad esempio ai fini dell’applicabilità dell’istituto del bail-in (art. 59 del D. Lgs. n. 180 del 16 novembre 2015, che recepisce il corrispondente art. 55 della Direttiva 2014/59/UE come modificata dalla Direttiva 2019/879, c.d. “BRRD”).
Non pare sussistere alcuna ragione specifica per cui gli emittenti dovrebbero continuare a sostenere il costo per mantenere il set di terms and conditions di diritto inglese (le quali sono sostanzialmente identiche a quelle di diritto italiano, ad eccezione della clausola di riconoscimento del bail-in, della clausola sulla legge applicabile e della clausola sul foro competente, nonché di alcune modifiche minori).
Al contrario, si può introdurre un set di terms and conditions ad hoc per le emissioni dematerializzate, che potrà affiancarsi alle terms and conditions di diritto italiano che prevedono l’emissione in forma cartolare oppure, se del caso, sostituirvisi.
Global Note
Un ulteriore, considerevole, livello di complessità è dato dalla circostanza secondo cui le notes sono emesse al di fuori dell’Italia (tipicamente a Londra) e quindi ancora in forma cartacea come global note.
La prassi corrente prevede che (i) gli emittenti emettano a Londra notes che sono regolamentate dal diritto italiano e (ii) i relativi meccanismi di pagamento siano concordati in un contratto (agency agreement) disciplinato dal diritto italiano, ma che consente l’emissione delle notes al di fuori dell’Italia, al fine di permetterne l’emissione in forma globale.
Diversamente, i pagamenti relativi alle notes disciplinate da terms and conditions di diritto inglese sarebbero disciplinati da un agency agreement di diritto inglese, in linea con la prassi diffusa prima di Brexit. Questa circostanza, però, ha condotto alla prassi corrente per cui si abbiano due agency agreement separati, uno disciplinato dal diritto italiano (applicabile alle notes di diritto italiano), e l’altro dal diritto inglese (applicabile alle notes di diritto inglese).
In ulteriore aggiunta alla maggior complessità sopra indicata, l’intera struttura della global note appare da sempre piuttosto complicata[12]. Se le notes fossero emesse in Italia, esse sarebbero emesse in forma dematerializzata e accentrate presso Monte Titoli (Euronext Securities) la quale fornirebbe buona parte dei servizi di pagamento dovuti.
Di conseguenza, dal momento che le notes sono dematerializzate, non dovrebbe essere predisposta alcuna global note in forma cartacea, il portatore delle notes non dovrebbe richiedere le definitive notes e non sarebbe necessaria alcuna autenticazione del titolo da parte di un paying agent estero.
Inoltre, siccome le terms and conditions costituiscono un accordo tra l’emittente e ciascun portatore delle notes, i diritti sulle notes sono rappresentati da registrazioni contabili sui conti titoli (forma scritturale) e non sono incorporati nel certificato in forma cartacea; pertanto il portatore delle notes è legittimato a far valere i propri diritti direttamente nei confronti dell’emittente (e non in prima istanza nei confronti di Monte Titoli o del sistema di compensazione)[13].
Ne consegue altresì che non si rende necessario alcun trust deed, né alcun deed of covenant.
Programme/Dealer Agreement e Subscription Agreement
La struttura legale di questi contratti rimarrebbe sostanzialmente quella affermatasi nella prassi, salvo alcuni aggiustamenti.
Sarebbero infatti opportune alcune modifiche per riflettere il nuovo quadro normativo (i) nella clausola sulla scelta della legge applicabile per indicare la legge italiana, (ii) nella clausola sul foro competente per indicare il tribunale di Milano o Roma (a seconda della preferenza espressa dall’emittente) ovvero per inserire una clausola compromissoria e (iii) nelle condizioni sospensive, per eliminare il riferimento alla legal opinion di diritto inglese a beneficio degli intermediari sia con riferimento al programma che a ciascuna successiva emissione di notes.
Infatti, dal momento che l’emittente è una società italiana e l’emissione è interamente soggetta al diritto italiano, non c’è ragione di optare per un contesto giuridico diverso anche nel rapporto con l’intermediario, anche in considerazione della limitata pratica di goldplating che è stata applicata dall’Italia e dalla CONSOB alle disposizioni comunitarie. Al tempo stesso, per l’emittente, potrebbe essere preferibile avere un set documentale omogeneo sotto il profilo del diritto applicabile evitando di avere un contratto retto dal diritto inglese all’interno di un sistema ordinato e coerente di documenti governati dal diritto italiano.
Il punto che potrebbe suscitare qualche resistenza da parte di alcuni intermediari potrebbe riguardare quello menzionato sub ii) quanto al foro competente. Un intermediario non italiano potrebbe mostrare qualche preoccupazione in merito ai due temi evidenziati in apertura, vale a dire: (i) la prevedibilità delle decisioni dei giudici italiani a causa della complessità dei tecnicismi che circondano un’emissione di strumenti di debito e (ii) i tempi previsti per raggiungere una decisione definitiva, rispetto alle strutture di emissione collaudate sotto la giurisdizione inglese.
Tuttavia, questo argomento non sembra realmente conclusivo, dal momento che entrambi gli obiettivi (prevedibilità e tempestività) possono essere raggiunti mediante una clausola compromissoria in forza della quale l’emittente e l’intermediario si impegnano, in caso di controversie legate all’emissione, a deferire la questione ad un collegio arbitrale e, quindi, a nominare ciascuno un arbitro disponendo che a loro volta i due arbitri nominino congiuntamente il terzo arbitro che presiederà il collegio.
Tale soluzione permetterebbe altresì di poter contare su esperti del settore, nominati dalle parti, che conoscano la lite in questione, riducendo di molto l’aleatorietà della sentenza finale del giudice ordinario che potrebbe non disporre di una adeguata specializzazione sulla materia, invero, come noto, molto tecnica.
Inoltre, le disposizioni di cui sopra dovrebbero permettere di evitare i costi relativi alla nomina di un process agent per le notifiche degli atti giudiziari a Londra e qualsivoglia altro costo relativo all’esercizio dei diritti dell’emittente in Inghilterra.
Codice ISIN
Sul punto, a nostro avviso non problematico, rileviamo che alcuni operatori di mercato avrebbero sollevato una questione riguardante il codice ISIN di un’emissione obbligazionaria basata sulla struttura italiana. Il codice ISIN di riferimento, infatti, non sarebbe contrassegnato come “XS” ma come “IT” e questo dovrebbe, in teoria, indurre gli investitori a considerare tale obbligazione “IT” meno attraente rispetto alla stessa obbligazione emessa dallo stesso emittente con un codice “XS”. Questa argomentazione sembra presupporre implicitamente un maggiore rischio paese che dovrebbe interessare le emissioni di diritto italiano.
A questo proposito, vale il caso di sottolineare come il codice ISIN non incorpori alcun rischio paese (né alcun rischio paese aggiuntivo) che non sia già espresso dal rischio emittente.
Il rischio emittente, a sua volta, dipende dall’emittente e non dalla struttura di emissione. Riteniamo quindi che gli investitori – ed in particolare gli investitori sofisticati – continuerebbero a prendere le loro decisioni di investimento sulla base dei fondamentali dell’emittente (secondo quanto risultante dal prospetto, dalla relazione finanziaria annuale e da altri eventuali documenti analoghi) e non sulla base del diverso codice ISIN giacché tale aspetto meramente tecnico, non ha modo di ridurre né di aumentare il rischio dell’emittente.
Quanto sopra è stato espressamente dimostrato, benché in un contesto di mercato avverso quale quello di fine novembre, proprio nella prima emissione di BPER citata in apertura, in cui il pricing del titolo non ha dato evidenza di alcun impatto legato alla diversa codifica IT e, a seguire, confermato dalle successive emissioni di Banco BPM e ancora di BPER.
Parere di diritto inglese
Come sopra accennato, trattandosi di un’emissione regolamentata interamente dal diritto italiano, non paiono sussistere aspetti legali, rilevanti per il diritto inglese, che debbano essere coperti da un parere di diritto inglese, i cui costi possono quindi essere risparmiati dagli emittenti.
Forma della documentazione e sedi di quotazione
Sul punto, preme precisare che non sarebbero previste variazioni rispetto alla prassi consolidata di mercato.
Il prospetto continuerebbe ad essere predisposto in lingua inglese, con la stessa struttura derivante dal Regolamento Prospetti che il mercato già conosce e al quale è già ben abituato. Il prospetto, pertanto, manterrebbe la propria leggibilità per gli investitori istituzionali, i quali non dovrebbero apportare nessuna modifica nelle proprie procedure di analisi dello stesso.
Analogamente, le sedi di quotazione coinvolte (in primo luogo, CSSF/Borsa del Lussemburgo e CBI/Euronext Dublino) rimarrebbero le medesime, con ampia facoltà per l’emittente di optare per le rispettive autorità come autorità dello stato membro di origine, competenti alla revisione del prospetto.
Quanto sopra, naturalmente, lascia impregiudicato il diritto dell’emittente di optare per lo stato membro di origine di propria preferenza nei limiti di legge e per la borsa più efficiente, ma sempre tenendo conto che la struttura di emissione sopra riassunta non avrebbe alcun impatto sulla la prassi sinora seguita.
In conclusione, la struttura di emissione di eurobond e di notes sotto EMTN in forma dematerializzata pare idonea a ridurre sensibilmente i costi per gli emittenti e a semplificare di molto la documentazione e la procedura. Superata una iniziale fisiologica ritrosia da parte degli operatori di mercato, che più volte anche in passato hanno dimostrato di attribuire un valore – talvolta un po’ apodittico – alla reiterazione di processi collaudati come se fosse di per sé idonea a ridurre i costi sviluppando fantasiose economie di scala, riteniamo che la nuova struttura sarà destinata ad imporsi per semplicità ed economicità e costituirà la necessaria base per i successivi futuri processi di digitalizzazione degli strumenti finanziari, ai quali gli emittenti italiani non dovranno farsi trovare impreparati per essere rimasti legati tradizionalmente (o affettivamente) ai più costosi supporti cartacei.
[1] Tra gli emittenti non bancari si segnala che Cassa depositi e prestiti (CDP), ed ormai da molto tempo, dispone di un programma di emissione internazionale esclusivamente di diritto italiano. Tra gli emittenti bancari si segnalano tre emissioni, la prima di BPER Banca S.p.A. (“EUR 500,000,000 Callable Fixed-to-Floating Senior Non-Preferred Notes due 2028” i cui final terms sono disponibili su https://www.luxse.com/pdf-viewer/103298751), la seconda di Banco BPM S.p.A. (“EUR 750,000,000 Callable Fixed-to-Floating Senior Non-Preferred Green Notes due June 2028” i cui final terms sono disponibili su https://www.luxse.com/pdf-viewer/103647199) e la terza ancora di BPER Banca S.p.A. (“EUR 500,000,000 Callable Fixed-to-Floating Senior Non-Preferred Notes due September 2029” i cui final terms sono disponibili su https://www.luxse.com/pdf-viewer/103786158).
[2] CIAN, Titoli dematerializzati e circolazione “cartolare”, Milano, 2001, 2
[3] Con l’art. 2 del D.Lgs. n. 176 del 12 agosto 2016 e successivamente modificata dall’art. 3 del D.Lgs. n. 129 del 3 agosto 2017 e dall’art. 2 del D.Lgs. n. 49 del 10 maggio 2019
[4] Libro Verde su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, pagg. 21 e seguenti
[5] Debt Issuance Market Contact Group “Advisory Report on debt issuance and distribution in the European Union” (December 2021)
[6] Letteralmente: “the DIMCG invites Member States to allow and facilitate – where necessary – the issuance of debt instruments in fully dematerialised (electronic) form” alle pagine 5 e 37 dell’Advisory Report cit.
[7] Schema di disegno di legge recante interventi a sostegno della competitività dei capitali
[8] La prima emissione di un eurobond è stata effettuata nel 1963 da un emittente italiano, Autostrade per l’Italia S.p.A., nel contesto del finanziamento del completamento dei lavori relativi all’Autostrada del Sole.
[9] Quivi intesa kantianamente come analisi dei limiti della ragione, o, più propriamente, come il processo attraverso il quale la ragione umana prende coscienza dei propri limiti per distinguere tra pretese legittime e illegittime della ragione stessa.
[10] Il comunicato è disponibile su https://www.gov.uk/government/news/edinburgh-reforms-hail-next-chapter-for-uk-financial-services.
[11] Vale appena il caso di evidenziare come gli elementi sopra esposti costituiscano un mero incentivo ad adottare le strutture alternative che si descrivono nel prosieguo. Non si ritiene infatti che il disposto dell’art. 83-quaterdecies del TUF possa costituire un obbligo in capo agli emittenti italiani di emettere solo in forma scritturale.
[12] Per un’analisi della struttura della global note, mi sia consentito rinviare al mio “Main legal and operational advantages of issuance and circulation of dematerialised debt securities”, pubblicato come Chapter III del recente white paper di Euronext Securities Milan “Issuance of the Euro-MTN programme in Italy – Advantages of issuing in dematerialised form” (December 2022).
[13] Di conseguenza, anche il documento allegato alle global notes e definito solitamente “Further information relating to the issuer”, a mente dell’art. 2414 c.c., non sarebbe necessario nella misura in cui le medesime informazioni fossero già presenti nel prospetto o nei relativi final terms, non sussistendo un titolo obbligazionario in formato cartaceo.-