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Giurisprudenza

Ente ponte: ACF conferma legittimazione passiva e responsabilità

19 Ottobre 2022

Collegio ACF, 18 ottobre 2022, n. 5932 – Pres. Barbuzzi, Rel. Afferni

Di cosa si parla in questo articolo
ACF

La pronuncia dell’ACF ha per oggetto azioni di una banca sottoposta a procedura di risoluzione (di seguito, la “Vecchia Banca”), la cui azienda bancaria è stata ceduta a un ente ponte (di seguito, la “Nuova Banca”), successivamente incorporato dall’intermediario odierno convenuto.

Il ricorrente riferisce di avere acquistato, mediante distinte operazioni disposte a seguito di raccomandazione personalizzata da parte della Vecchia Banca, azioni della stessa Banca per un controvalore complessivo pari ad € 13.021,62.

Il ricorrente contesta quindi l’inadeguatezza e la non appropriatezza delle operazioni rispetto al suo livello di conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, nonché rispetto alla sua propensione al rischio.

Inoltre, il ricorrente contesta all’intermediario convenuto di non essere stato informato sulle caratteristiche e sui rischi delle azioni acquistate, nonché sulla grave situazione finanziaria in cui versava l’emittente di tali titoli.

In via pregiudiziale, rileva il Collegio che sussiste la legittimazione passiva del resistente, nella sua qualità di società incorporante la Nuova Banca alla quale era stata trasferita l’azienda bancaria della Vecchia Banca.

Infatti, evidenzia l’ACF,  alla cessione di aziende bancarie non trova applicazione l’art. 2560, comma 2°, cod. civ.

Pertanto, il cessionario risponde anche dei debiti relativi all’azienda ceduta che non risultano dalle scritture contabili, quali sono appunto gli eventuali debiti nei confronti dei clienti ai quali sia stato prestato un servizio di investimento.

Inoltre, per quanto riguarda la cessione di un’azienda bancaria avvenuta nell’ambito di una procedura di risoluzione bancaria, l’esclusione della responsabilità del cessionario non può essere ricavata dalla normativa europea, così come recepita nell’ordinamento italiano.

Infatti, da questa disciplina si può solo ricavare che gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati della banca risolta non possono vantare alcuna pretesa nei confronti dell’ente ponte nella loro qualità di azionisti e obbligazionisti subordinati.

Invece, nel caso di specie, si discute dell’eventuale credito risarcitorio di un cliente della banca risolta.

Questo credito risarcitorio è autonomo e indipendente dal credito dell’azionisti alla liquidazione del proprio investimento o dell’obbligazionista subordinato alla restituzione del capitale investito.

Infatti, questo credito risarcitorio può essere esercitato (in ipotesi) anche dopo che sono state rivendute le azioni o le obbligazioni contestate.

Ciò premesso, rileva il Collegio che dal tenore letterale del provvedimento della Banca d’Italia di cessione dell’azienda bancaria non si può dedurre la volontà di escludere dalla cessione gli eventuali debiti risarcitori nei confronti dei clienti della Vecchia Banca.

Anzi, continua l’ACF, dal tenore letterale di questo provvedimento si deve desumere la volontà di escludere dalla cessione esclusivamente le passività espressamente indicate, tra le quali non figurano anche i debiti risarcitori di cui si discute.

Così delimitato l’ambito del presente giudizio arbitrale, l’ACF ha ritenuto  fondata la domanda di risarcimento del danno formulata dal ricorrente sotto l’assorbente profilo della mancata informativa sulle caratteristiche e sulla rischiosità delle azioni acquistate.

Infatti, l’intermediario non ha fornito elementi idonei a dimostrare l’assolvimento degli obblighi informativi da parte della Vecchia Banca al momento delle operazioni contestate, se non in maniera puramente formalistica.

In particolare, la sottoscrizione da parte del ricorrente del modulo d’ordine dell’operazione contestate non è di per sé sufficiente a far ritenere che la Vecchia Banca abbia assolto ai suoi obblighi informativi, posto che il contenuto di tali documenti non specificava in alcun modo le caratteristiche delle azioni oggetto del ricorso.

Non è meritevole di accoglimento neppure la difesa dell’intermediario volta a sostenere che la Vecchia Banca aveva richiamato nei moduli d’ordine delle operazioni contestate il contenuto del prospetto informativo pubblicato in occasione dell’offerta al pubblico delle azioni di cui si discute.

Infatti, è opinione costante del Collegio ritenere che il resistente debba riportare analiticamente, in occasione di ogni singola operazione conclusa con il cliente, la natura e le caratteristiche dello specifico strumento finanziario negoziato.

In definitiva, si ritiene che l’intermediario non abbia dimostrato, nel caso di specie, che la Vecchia Banca avesse informato il ricorrente delle caratteristiche e della rischiosità delle azioni di cui si discute.

Sul punto, l’ACF ha ritenuto provato che, nel caso di specie, la Vecchia Banca non ha avuto cura di informare il ricorrente sulle caratteristiche e sulla rischiosità delle azioni acquistate, con conseguente decisiva incidenza causale nelle scelte di investimento del ricorrente, potendo ragionevolmente affermarsi, in ossequio al principio del “più probabile che non”, che, se la Vecchia Banca avesse agito con tutta la specifica diligenza richiesta, il ricorrente non avrebbe eseguito gli investimenti in oggetto.

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