Con la sentenza in commento la Cassazione penale ha statuito, nell’ambito di un ricorso per l’annullamento dell’ordinanza di diniego di annullamento di provvedimento di sequestro preventivo di denaro, come la disciplina di esclusione della punibilità prevista nell’ambito dello scudo fiscale ter -di cui al D.L. 78/2009 – debba essere interpretata in via restrittiva, applicandosi alle sole ipotesi di riciclaggio afferenti il trasferimento di somme di denaro che sono oggetto della procedura di rimpatrio in Italia e che ineriscono a pregresse condotte di reati fiscali.
In specie, la Corte – dopo aver rilevato che “la non punibilità prevista dalla disciplina del c.d. scudo fiscale riguarda solo condotte afferenti le somme che dall’estero rientrano in Italia” – ha evidenziato che “tale esonero dalla punibilità va inteso in termini rigorosamente restrittivi nel senso che si riferisce alle sole condotte afferenti i capitali oggetto della procedura di rimpatrio; questo, per non sconfinare in una sostanziale previsione di amnistia […]”.
La ratio di tale ipotesi di non punibilità, ha aggiunto la Corte, deve essere ricollegata alla finalità “di evitare che la domanda di regolarizzazione comporti anche l’emersione di una condotta di trasferimento all’estero di capitali per spontanea dichiarazione del suo autore; ciò che potrebbe costituire una remora all’utilizzo della regolarizzazione stessa che il legislatore ha invece inteso promuovere”.
Di conseguenza, “non c’è alcun effetto espansivo esterno nel senso di un’immunità soggettiva in relazione ad altri reati nella cui condotta non rilevino affatto i capitali trasferiti e posseduti all’estero e successivamente oggetto di rimpatrio”.
In conclusione “solo con riferimento ai capitali rimpatriati, opera il c.d. scudo fiscale con la relativa immunità penale per i reati fiscali previsti […] mentre, per il resto, rimane l’ordinaria rilevanza penale di condotte che nulla hanno a che vedere con il trasferimento ed il possesso all’estero di capitali”.
In ultimo, la Cassazione è tornata a definire i confini tra ‘scudo fiscale’ e ‘condono’, muovendo dal presupposto che tali normative si distinguono per il fatto che solo nel caso della prima disciplina si configura un’esclusione della punibilità penale per le condotte di trasferimento all’estero di capitali e somme di denaro, mentre nel caso del condono si prevede una mera regolarizzazione di annualità di reddito, non assistita da una specifica norma di elisione della punibilità.