Con la sentenza in esame, i giudici di legittimità affermano che il debitore che ha ottenuto l’esdebitazione ai sensi dell’art. 142 l.fall. è liberato anche dai debiti previdenziali, non potendo gli stessi essere considerati «estranei all’esercizio dell’impresa».
Nel caso di specie, l’Inps lamentava la violazione o falsa applicazione degli artt. 120 e 142 l.fall., in particolare sostenendo, da un lato, che la natura pubblica del rapporto previdenziale ne rende inapplicabile l’esdebitazione; dall’altro, che il rapporto previdenziale è estraneo all’esercizio dell’impresa, in quanto non è frutto di una libera scelta dell’imprenditore, ma discende dalla legge.
La Cassazione respinge detta interpretazione. In primo luogo, l’art. 120 l.fall., prevedendo che con la chiusura del fallimento i creditori riacquistino il libero esercizio delle azioni verso il debitore, fa salvi gli artt. 142 ss.: nella specie, l’art. 142, comma 3°, nell’elencare i debiti non coperti dall’effetto esdebitativo, non fa alcun cenno al debito previdenziale.
In secondo luogo, è considerata infondata anche la tesi, formulata in subordine dall’INPS, secondo cui il debito verso gli enti previdenziali rientrerebbe nei “rapporti estranei all’esercizio dell’impresa” (art. 142, comma 3°, lett. a), posto che il rapporto previdenziale sorge “in occasione” del rapporto di lavoro.
I giudici di legittimità stabiliscono che l’inciso “estranei all’esercizio dell’impresa”, così sostituito dall’art. 10 d.lg. 169/07, deve essere interpretato nel senso di escludere dall’esdebitazione i debiti personali non assunti per l’esercizio dell’impresa, mentre l’impiego dell’espressione “estranei” non permette di far rientrare nell’ambito dell’esclusione i c.d. debiti involontari. Concludendo, ai debiti previdenziali, che sono strettamente collegati all’esercizio dell’impresa e ne costituiscono necessaria conseguenza, si applica l’esdebitazione.