Il credito fondiario, come noto, ha per oggetto la concessione, da parte degli Istituti di credito, di finanziamenti a medio o lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su beni immobili. Il nostro ordinamento riconosce alla Banca, titolare di questo particolare credito, una serie di privilegi sia nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare sia in caso di fallimento della mutuataria.
Tra questi, l’art. 41, comma 2, TUB riconosce al creditore fondiario la facoltà di iniziare o proseguire, anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, l’azione esecutiva individuale, anche promossa da altri, sui beni ipotecati a garanzia dei finanziamenti fondiari. Nella procedura così incardinata, il curatore ha facoltà di intervenire nell’interesse della curatela. La somma ricavata dall’esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla Banca, dovrà essere attribuita al fallimento.
Tale normativa costituisce una deroga alla disciplina generale dell’art. 51 L.F. la quale, “salvo diverse disposizioni della legge”, fa divieto, dal giorno di dichiarazione di fallimento, di iniziare o proseguire azioni individuali esecutive sui beni compresi nel fallimento.
In base al quadro normativo così delineato, in caso di fallimento del debitore, il bene immobile gravato da ipoteca a garanzia di un finanziamento fondiario potrà essere venduto mediante un’azione esecutiva individuale oppure, in alternativa, per mano del curatore nell’ambito della procedura concorsuale (Cass. n. 13996/2008).
Per completezza, si precisa che la dichiarazione di fallimento comporta l’improcedibilità delle procedure esecutive incardinate da un qualsiasi altro creditore non fondiario, ex art. 51 L.F.
Inoltre, subiranno l’effetto sancito dall’art. 51 L.F. anche gli eventuali creditori intervenuti nella procedura esecutiva promossa dal creditore fondiario.
In caso di azione esecutiva individuale, al creditore fondiario è riconosciuto il potere di conseguire direttamente l’assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata individuale, senza l’obbligo di rimetterla al curatore.
Infatti, il comma 4 dell’art. 41 TUB riconosce al creditore fondiario la possibilità di ottenere, previa presentazione di apposita istanza al Giudice, il versamento diretto, da parte dell’aggiudicatario del bene, della parte di prezzo corrispondente al complessivo credito dello stesso vantato, con l’effetto di rendere più celere l’incasso del credito.
Tale versamento, come evidenziato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 18227 del 2014 “costituisce un’assegnazione meramente provvisoria, e non esime il giudice dell’esecuzione dalla verifica sulla quantificazione finale del credito, o, in presenza di creditori intervenuti, dalla predisposizione del progetto di graduazione e di distribuzione in occasione del quale effettuare le necessarie verifiche sull’ammontare e sulla collocazione del credito del creditore procedente in concorso con gli intervenuti”.
Affinché l’assegnazione possa divenire definitiva, è ormai pacifico che la Banca debba insinuarsi allo stato passivo del fallimento in modo tale da consentire la graduazione dei crediti a cui è finalizzata la procedura concorsuale (Cass. n. 17631/2012; Cass. n. 13996/2008; Cass. n. 8609/2007; Cass. n. 11014/2007; Cass. n. 23572/2004).
“L’insinuazione al passivo costituisce, pertanto, un onere per la banca mutuante al fine dell’esercizio del diritto di trattenere definitivamente, nei limiti del “quantum” spettante a ciascun creditore concorrente all’esito del piano di riparto in sede fallimentare, le somme provvisoriamente percepite a titolo di anticipazione in sede esecutiva”. Così si è pronunciata di recente sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 6377 del 2015.
Si precisa che l’insinuazione al passivo fallimentare non è tuttavia condizione di procedibilità dell’azione esecutiva individuale e non è neppure richiesta per procedersi all’assegnazione provvisoria a favore della Banca di quanto ricavato dalla vendita in sede esecutiva, avendo appunto la sola funzione di consolidare il risultato dell’esecuzione individuale.
La Corte di Cassazione (Cass. n. 13996/2008; Cass. n. 8609/2007; Cass. n. 11014/2007; Cass. n. 23572/2004) ha affermato che deve escludersi che le disposizioni eccezionali del credito fondiario – concernenti solo la fase di liquidazione dei beni del debitore fallito e non anche quella dell’accertamento del passivo – possano condurre ad una deroga al principio di esclusività della verifica fallimentare posto dall’art. 52 L.F., non potendosi ritenere che il rispetto delle regole concorsuali sia assicurato dall’intervento eventuale del curatore fallimentare nell’ambito della procedura individuale.
L’obbligo del creditore fondiario di insinuarsi allo stato passivo è peraltro confermato anche dal 3° comma dell’art. 52 L.F. il quale prevede che “Le disposizioni del secondo comma si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’art. 51”.
Per tali ragioni, il privilegio de quo è da considerarsi solo processuale e non anche sostanziale, poiché costituisce una deroga all’art. 51 L.F. ma rimane ferma la disciplina di cui all’art. 52 L.F. Si veda al riguardo, la pronuncia della Corte di Cassazione n. 13996 del 2008 che, nel riconoscere carattere processuale al privilegio del creditore fondiario, afferma che la Banca è tenuta a far verificare il proprio credito in sede fallimentare e a restituire al curatore le somme dovute ai creditori di grado poziore conseguite nell’esecuzione individuale, a tutela della “par condicio creditorum”.
Invece, nel caso in cui la vendita dell’immobile ipotecato in forza di mutuo fondiario avvenga in sede fallimentare, la natura fondiaria del credito non avrà alcuna rilevanza. Al creditore fondiario non verrà riconosciuto alcun privilegio, nemmeno quello di ottenere la provvisoria assegnazione delle somme ricavate dalla vendita dell’immobile ipotecato. Infatti, al pari degli altri creditori del fallimento, per vedersi attribuite le somme, dovrà attendere che il curatore predisponga il riparto. Sul punto, tuttavia, si segnalano alcune pronunce, datate, che contemplano l’ipotesi dell’immediata attribuzione in favore dell’Istituto di credito fondiario delle somme spettantigli anche in caso di vendita in sede fallimentare (Cass. n. 582/1985). Si tratta, come si diceva, di precedenti isolati.
Terminata l’analisi della disciplina relativa al credito fondiario con riferimento al fallimento, è opportuno verificare se tale normativa sia applicabile anche in caso di concordato preventivo.
Diversamente dal fallimento, il privilegio processuale di cui all’art. 41 TUB sopra descritto, per il quale il creditore fondiario può iniziare o proseguire azioni esecutive nei confronti del debitore fallito, non opera nei confronti del debitore ammesso al concordato preventivo.
Tale principio trova fondamento nell’art. 168 L.F. il quale prevede che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore”.
Questa normativa è speculare a quanto previsto dall’art. 51 L.F. nell’ambito del fallimento. Tuttavia, si noterà una differenza: mentre l’art. 51 L.F. fa salve le diverse disposizioni di legge, l’art. 168 L.F. non menziona tale possibilità. Alla luce di ciò è pacifico che la normativa qui descritta, relativa al concordato preventivo, è da ritenersi inderogabile. Tutti i beni immobili dovranno essere venduti, senza eccezioni, dal liquidatore giudiziale del concordato preventivo.
Ciò trova conferma anche in alcune pronunce della Corte di Cassazione, tra cui si ricorda la pronuncia n. 11879 del 1991, richiamate anche in recenti pronunce di merito (Trib. Bari 18.11.2013).
Così delineato il quadro normativo attuale, si precisa che lo stesso potrebbe essere presto riformato, in quanto – con il disegno di legge delega n. 3671 del 2016 – il legislatore vorrebbe intervenire sulla disciplina relativa al credito fondiario appena delineata.
In particolare, al fine di rendere la procedura fallimentare più rapida e snella, il legislatore prospetta la possibilità di eliminare il privilegio processuale riconosciuto ai creditori fondiari dall’art. 41, comma 2 TUB.