L’articolo illustra gli impatti organizzativi e procedurali per gli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento derivanti dalla prossima entrata in vigore, in ambito MiFID, del Regolamento delegato 2021/1253 che modifica il Regolamento delegato 2017/565 in materia di integrazione dei fattori ESG nei requisiti organizzativi e nelle condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento, con uno specifico focus sul processo di valutazione di adeguatezza alla luce dei nuovi “Orientamenti” ESMA in materia, di prossima emanazione.
1. Sintesi dei principali punti di attenzione del Regolamento delegato 2021/1253 che modifica il Regolamento delegato 2017/565 in materia di requisiti organizzativi e condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento
In coerenza con uno dei 10 punti enunciati nell’ambito dell’Action Plan on Financing Sustainable Growth, nell’agosto 2021, la Commissione europea, d’intesa con l’ESMA, è intervenuta con alcune modifiche strutturali sul plesso normativo MiFID II e sulle Linee Guida ESMA del 2018 sulla valutazione di adeguatezza dei prodotti finanziari, per garantire che le preferenze in materia di sostenibilità siano tenute in considerazione in detto ambito.
In particolare, per quanto di interesse in questa sede, il 2 agosto 2021, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il Regolamento delegato (UE) 2021/1253 (di seguito il “Regolamento 1253”) avente ad oggetto “l’integrazione dei fattori di sostenibilità, dei rischi di sostenibilità e delle preferenze di sostenibilità in taluni requisiti organizzativi e condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento”.
Le principali modifiche apportate dal Regolamento 1253 possono così riassumersi:
- sono stati introdotti nell’ambito della disciplina delegata di attuazione della MiFID II, cioè il Regolamento delegato n. 2017/565 (“Regolamento 565”), i nuovi concetti chiave legati alla sostenibilità: le “preferenza di sostenibilità”, i “fattori di sostenibilità”[1] e il “rischio di sostenibilità[2]“ (art. 2);
- è stata prevista la necessità per le imprese di investimenti di tenere conto dei fattori ESG nella definizione del modello organizzativo-procedurale sotteso alla prestazione dei servizi di investimento (art. 21), anche al fine di assicurare che il personale impiegato sia in possesso delle qualifiche, conoscenze e competenze necessarie. Viene in particolare richiesto alle imprese di investimento di “istituire, applicare e mantenere politiche e procedure di gestione del rischio idonee, che consentano di individuare i rischi legati alle attività, ai processi e ai sistemi dell’impresa e, se appropriato, determinare il livello di rischio tollerato dall’impresa. In tale contesto le imprese di investimento tengono conto dei rischi di sostenibilità” (art. 23);
- è stata enfatizzata l’importanza di includere, nell’ambito dei processi di identificazione e gestione dei conflitti di interesse, valutazioni in ordine alla sostenibilità degli investimenti (art 33);
- con riferimento agli obblighi informativi nei confronti della clientela in ordine al tipo di consulenza prestata (art. 52), è ora previsto un obbligo di renderla edotta anche in merito ai fattori di sostenibilità (eventualmente) presi in considerazione nel processo di selezione degli strumenti finanziari oggetto di raccomandazione;
- si è inciso sull’intero processo di valutazione dell’adeguatezza (art. 54).
Mette conto rilevare che, come chiarito da Consob nell’ambito del documento di consultazione concernente le modifiche al Regolamento Intermediari, dette modifiche apportate dal Regolamento 1253 sono direttamente applicabili negli Stati membri a far data dal 2 agosto 2022 e non sussiste l’esigenza di uno specifico intervento di trasposizione a livello domestico, anche in considerazione del fatto che, per effetto del richiamo alle corrispondenti previsioni contenute nel medesimo Regolamento 1253, il Regolamento Intermediari[3] risulta già allineato alla nuova disciplina europea almeno con riferimento a tutti gli intermediari definiti dall’art. 35 comma 1 lett. b)[4].
Sempre come chiarito da Consob nella predetta circostanza, restano invece esclusi dalla diretta applicabilità del Regolamento 1253 i “consulenti finanziari autonomi” e le “società di consulenza finanziaria”, per i quali vi è invece la necessità di una disciplina di recepimento a livello nazionale, che preveda requisiti almeno analoghi a quelli previsti dalla MiFID II. Per tale motivo, la Consob ha ritenuto necessario integrare le previsioni del Libro XI del Regolamento Intermediari[5], al fine di adeguarle alle novità apportate dal Regolamento delegato (UE) 2021/1253[6].
2. Le preferenze ESG della clientela
Come visto in precedenza, le modifiche introdotte dal Regolamento 1253 al quadro normativo di attuazione della MiFID II prevedono che, a partire dal 2 agosto 2022, le imprese di investimento che prestano i servizi di consulenza e di gestione di portafogli, debbano prendere in considerazione le questioni legate alla sostenibilità in ogni loro ambito di attività e, in particolare:
- nella raccolta delle preferenze di sostenibilità della clientela;
- nell’aggiornamento dei modelli di valutazione di adeguatezza e di profilatura del rischio associato a ciascun cliente, prevedendo controlli aggiuntivi volti a verificare la corrispondenza tra le preferenze di sostenibilità raccolte e i prodotti raccomandati;
- nella più puntuale definizione del catalogo degli strumenti finanziari proposti alla clientela, con particolare riguardo a quei prodotti finanziari – variamente – connotati da caratteristiche ESG.
In merito, va ricordato che non siamo dinanzi ad una vera e propria novità assoluta, come dimostra uno specifico richiamo di attenzione pubblicato da Consob[7] nel marzo 2020, alla vigilia dell’entrata in vigore delle disposizioni (c.d. “Level 1”) del Regolamento n. 2019/2088 (“SFDR”), ed in cui l’Autorità di vigilanza aveva – difatti – ricordato come gli “Orientamenti su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della MiFID II” (attualmente) vigenti, ed emanati dall’ESMA nel 2018[8], annoveravano già tra le “buone prassi” degli operatori del settore la valutazione di “elementi non finanziari” fra le preferenze della clientela, al momento della raccolta delle informazioni sugli obiettivi di investimento, con un esplicito riferimento alle “preferenze del cliente sui fattori ambientali, sociali e di governance”- ESG[9].
Nello specifico, sempre nei citati “Orientamenti”, gli intermediari finanziari erano già invitati a raccogliere informazioni su dette “preferenze di sostenibilità” della clientela, peraltro (così come anche oggi ESMA ha ribadito nel documento in consultazione) in modo sufficientemente “granulare” e coerente con i criteri adottati per la classificazione dei “prodotti sostenibili” già in portafoglio degli stessi intermediari. Nonostante Consob, ancora nel 2018, avesse invitato gli operatori di settore a “conformarsi” a detti “Orientamenti”[10], non v’è dubbio che in quel momento – tuttavia – gli intermediari si trovavano a misurarsi con uno scenario caratterizzato da mere best practices, cui uniformarsi ma con un (comprensibile) certo grado di discrezionalità e facoltatività.
La nuova normativa interviene invece sull’art. 54.2 del Regolamento 565, laddove prevede che le imprese di investimento siano oggi tenute ad integrare i “fattori” e i “rischi” di sostenibilità nell’ambito della prestazione dei propri servizi e dei processi organizzativi interni, oltre a dover ottenere dai clienti o potenziali clienti le informazioni di cui necessitano per comprendere le caratteristiche essenziali degli stessi e disporre di un set informativo sufficiente per valutare se il servizio o lo strumento finanziario proposti siano corrispondenti agli “obiettivi di investimento” e alla “tolleranza al rischio” del medesimo cliente, anche sotto il profilo ESG, se rilevante.
Come pure si è accennato in precedenza, parallelamente all’emanazione del Regolamento 1253, in data 27 gennaio 2022, l’ESMA ha avviato una pubblica consultazione, che si è conclusa il 27 aprile u.s., allo scopo di modificare i propri precedenti “Orientamenti” sul processo di valutazione di adeguatezza da parte delle imprese di investimento, per comprendervi d’ora in avanti ed in maniera ‘strutturale’ anche le “preferenze di sostenibilità” della clientela.
Detti “Orientamenti” saranno esaminati nel successivo paragrafo.
Qui è il caso per il momento di soffermarci sulla nozione di “preferenze di sostenibilità” della clientela, che, come detto, entra a far parte della valutazione di adeguatezza da parte degli intermediari, al fianco dei tradizionali ambiti di indagine, costituiti, com’è noto, dalla “conoscenza”, “esperienza”, “situazione finanziaria” ed “obiettivi di investimento” della clientela che accede ai servizi di consulenza e/o di gestione di portafogli.
Come anticipato, dunque, le “preferenze di sostenibilità” entrano a far parte – anzitutto – del corredo definitorio del Regolamento delegato MiFID, qualificandosi come la scelta, da parte di un cliente o potenziale cliente, di integrare o meno, e, se sì, in che misura, nel suo investimento uno o più dei seguenti strumenti finanziari:
- uno strumento finanziario per il quale il cliente o potenziale cliente determina che una quota minima deve essere investita in investimenti ecosostenibili, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, del Regolamento (UE) 2020/852 (“Regolamento tassonomia”);
- uno strumento finanziario per il quale il cliente o il potenziale cliente determina che una quota minima deve essere investita in investimenti sostenibili, ai sensi dell’articolo 2, punto 17, del SFDR;
- uno strumento finanziario che consideri i principali effetti negativi sui fattori di sostenibilità, laddove elementi qualitativi o quantitativi comprovanti tali caratteristiche sono determinati dal cliente o potenziale cliente.
Un primo elemento di attenzione di tale ‘nuova’ definizione attiene al fatto che la nozione di “strumento finanziario”, che è propria della disciplina MiFID, non è del tutto sovrapponibile a quella di “prodotto finanziario” dell’SFDR[11].
Ed infatti, la nozione di “prodotto finanziario” attorno alla quale ruota il plesso normativo costituito dalla disciplina del SFDR e del Regolamento tassonomia è ben più ampia e trasversale. Basti considerare, ad esempio, il fatto che i “portafogli gestiti” nell’ambito di una gestione individuale, che pure costituiscono “prodotti finanziari” per il SFDR non costituiscono “strumenti finanziari” e non rientrano nella corrispondente elencazione che si rinviene nell’Allegato II, Sezione C), della MiFID[12]. Ciò potrebbe certamente comportare un primo elemento di difficoltà per gli intermediari nella selezione e nell’offerta alla clientela del paniere di strumenti finanziari in grado di potenzialmente recepire ed esprimere, secondo il disegno del SFDR, e di riflesso, del Regolamento tassonomia, ambizioni di sostenibilità, i quali non si capisce bene se debbano ricomprendere anche schemi di investimento non riconducibili alla nozione di strumento finanziario secondo la disciplina MiFID, come, appunto, i “portafogli” oggetto di gestione individuale (che invece rientrano nella nozione di “prodotto finanziario” ai sensi del SFDR).
Ad ogni modo, in ragione di quanto poc’anzi osservato, dal 2 agosto 2022, consulenti finanziari e gestori di portafogli (su base individuale) dovranno aver già adeguato i propri “questionari di profilatura” con l’inserimento di domande volte a intercettare l’interesse del cliente o potenziale cliente verso prodotti sostenibili, nonché i modelli di adeguatezza fin qui adottati.
Sotto questo profilo, come si dirà più nel dettaglio fra breve, l’ESMA ha chiarito che tali indagini da parte delle imprese di investimento dovrebbero incentrarsi su tre tematiche: (i) la proporzione degli investimenti sostenibili e (ii) la proporzione di quelli allineati alla tassonomia UE di uno strumento finanziario (o di un portafoglio) gradite dal cliente o dal potenziale cliente, e (iii) l’eventuale scelta da parte dello stesso di includere nella selezione dello strumento finanziario quelli che implichino la considerazione dei principali impatti negati (“PAI”) sui fattori di sostenibilità.
Emerge qui un aspetto problematico di non poco conto, rappresentato dalla scarsità dei dati sulla sostenibilità dei prodotti finanziari e all’ancora esiguo numero di prodotti ESG a disposizione, circostanza che può generare il rischio di lasciare insoddisfatte le preferenze di sostenibilità espresse dalla clientela in sede di ‘profilatura’.
Oltretutto, si osservi che il perimetro degli strumenti finanziari che il legislatore europeo ha ritenuto di includere nella citata definizione di “preferenze di sostenibilità” presenta – allo stato – larghi margini di indeterminatezza. Ed infatti, ponendo attenzione alle caratteristiche degli strumenti finanziari citati nella definizione introdotta nel Regolamento delegato MiFID, è facile intuire come – almeno nel primo periodo di applicazione delle modifiche in commento – la ricerca e l’acquisizione di dati circa la percentuale minima di allineamento alla tassonomia UE delle società nelle quali uno strumento finanziario è investito, ovvero sugli elementi quali-quantitativi di uno strumento finanziario che consideri i cc.dd. ‘PAI’, potrebbe costituire un’impresa non facile per gli intermediari finanziari, stante il fatto che la divulgazione di informazioni in merito diverrà obbligatoria non prima del 2023.
Ciò, per non parlare, peraltro, del fatto che attualmente la tassonomia UE è definita solo con riferimento agli obiettivi ambientali, mentre manca del tutto una regolamentazione con riferimento agli obiettivi di governance e sociali (ESG), che pur tuttavia sono considerati già adesso dalle norme regolamentari e di vigilanza in commento fra le “preferenze di sostenibilità” della clientela da intercettare e soddisfare.
Con riferimento agli obiettivi ambientali, poi, i “criteri di vaglio tecnico” fin qui definiti dalla Commissione europea, cioè quei criteri che consentono di stabilire l’elenco delle attività economiche che contribuiscono al raggiungimento di obiettivi ambientali e che ne misurano il grado di impatto sugli stessi obiettivi, riguardano solo i primi due obiettivi ambientali, rispetto ai ben sei obiettivi indicati dall’art. 9 del Regolamento tassonomia: adattamento al e mitigazione del cambiamento climatico.
Oltretutto, la classificazione in termini di “ecosostenibilità” di un’attività economica richiede un vaglio circa l’effettivo rispetto da parte della stessa degli ulteriori quattro criteri indicati all’art. 3 dello stesso Regolamento tassonomia, fra i quali il fatto che detta attività sia svolta in un modo tale da non arrecare un “danno significativo” a nessun altro obiettivo ambientale e in ossequio alle “garanzie minime di salvaguardia”, pure definite nell’ambito dello stesso Regolamento.
Risulta evidente quindi, alla luce di tali prime considerazioni come – ancora una volta – la scarsità di informazioni e la presenza di un quadro regolamentare non del tutto completo e delineato in relazione ai predetti ambiti oltre che la mancanza di obblighi di trasparenza riguardo a quegli stessi ambiti su cui insistono le “preferenze di sostenibilità” della clientela sono tutti elementi che è facile intuire costituiranno un freno alla piena conformità degli obiettivi perseguiti dal legislatore comunitario, la quale potrà prevedibilmente essere raggiunta solo a partire dal 2023.
3. Suitability test – il nuovo processo di valutazione di adeguatezza alla luce della consultazione ESMA
Come già accennato nel paragrafo precedente, in data 27 aprile 2022 si è conclusa la consultazione pubblica avviata dall’ESMA volta a modificare i propri precedenti Orientamenti su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della MiFID II (gli “Orientamenti)[13], principalmente al fine di includere i profili di sostenibilità nel relativo processo tenendo conto delle novità introdotte dal Regolamento 565 di cui si è detto nel primo paragrafo[14]. L’Autorità di vigilanza europea ha indicato che la pubblicazione del Final Report e delle conseguenti ‘Linee Guida’ avverrà nel corso del terzo trimestre del 2022, verosimilmente non prima dell’entrata in vigore delle modifiche al Regolamento Delegato (UE) 2017/565, prevista, come detto, per il 2 agosto 2022.
Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste il nuovo processo di valutazione dell’adeguatezza del cliente.
Anzitutto, è richiesto alle imprese di investimento di spiegare in maniera chiara e comprensibile – senza utilizzare un linguaggio “tecnico” – i concetti chiave di “preferenza di sostenibilità” e “fattore di sostenibilità”, che a loro volta implicano la necessità di riferirsi ai connessi ed ulteriori concetti chiave di “investimento ecosostenibile” e di “principali effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità”, cercando di mettere in evidenza le differenze tra gli strumenti che presentano dette caratteristiche da quelli che, invece, ne sono privi.
Le imprese di investimento sono quindi invitate a raccogliere informazioni “sufficientemente granulari” da consentire una corrispondenza tra le “preferenze di sostenibilità” della clientela, quali sono state intercettate durante il suitability test – che potrà avvenire nell’ambito del regolare aggiornamento delle informazioni del cliente o comunque durante il primo incontro con il cliente dopo l’entrata in vigore del Regolamento – e le caratteristiche degli strumenti finanziari ESG proposti alla stessa. Nel raccogliere tali informazioni, l’ESMA raccomanda alle imprese di investimento di adottare un approccio neutrale, che non influenzi in alcun modo il cliente.
In particolare, si ponga attenzione al fatto che l’ESMA richiede alle imprese di investimento di sondare le preferenze di sostenibilità con riferimento a ciascuno delle tipologie di strumenti finanziari di cui alla lettera a), b), e c) della relativa definizione, quali sono stati più dettagliatamente esposti nel precedente paragrafo, e verificare, altresì, se il medesimo cliente abbia una preferenza per uno solo di questi ovvero per strumenti finanziari che realizzino una combinazione di uno o più delle caratteristiche di quelli di cui alla citata definizione.
Nella raccolta delle informazioni sulle aspettative di sostenibilità del cliente, particolare attenzione andrà posta al fatto che le stesse siano eventualmente focalizzate su criteri ambientali, sociali o di governance (ESG) o su una combinazione di questi (oppure, ancora, se il cliente non ha alcun focus al riguardo), ovvero se esprimano una propensione verso prodotti in grado di integrare la considerazione dei “principali effetti negativi” sui fattori di sostenibilità (c.d. “PAI”).
In tale contesto, l’ESMA, riprendendo quanto di fatto già specificato nel Regolamento, ammette la possibilità per l’impresa di raccomandare un prodotto che non soddisfi le preferenze iniziali di sostenibilità del cliente allorquando lo stesso decida di “adattare” le proprie preferenze. Tale aspetto rappresenta un’importante novità rispetto a quanto statuito in relazione alla valutazione di adeguatezza fondata sui criteri “tradizionali”.
Pertanto, quando ad esito del processo di valutazione, l’impresa ritenga di poter proporre al cliente strumenti finanziari che risultino “adeguati” sotto i tradizionali profili (diversi dalle preferenze di sostenibilità) ma che, tuttavia, si discostano dalle “preferenze di sostenibilità” dichiarate da quest’ultimo, l’impresa potrà comunque consigliare tale prodotto e il cliente potrà adattare le proprie preferenze di sostenibilità in modo da renderle coerenti con lo strumento oggetto di raccomandazioni. Sarà ovviamente necessario per il cliente modificare le preferenze di sostenibilità indicate inizialmente e sarà altresì necessario per l’impresa dare atto, nel report di adeguatezza, dei motivi che hanno portato l’impresa ad agire in tal senso, della decisione presa dal cliente e, quindi, della modifica delle preferenze dello stesso in materia ESG.
L’Autorità precisa, tuttavia, che le modalità appena illustrate non devono rappresentare uno standard operativo e che, comunque, “l’adattamento” delle preferenze di sostenibilità del cliente deve riguardare solo il singolo prodotto/transazione e non può invece riferirsi al profilo del cliente in generale (non si assiste, pertanto, ad una “riprofilatura” del cliente).
L’ESMA, inoltre, pur consapevole che in questa fase inziale le imprese potrebbero non disporre di strumenti finanziari che soddisfino le preferenze di sostenibilità del cliente, raccomanda alle stesse di raccogliere comunque informazioni a riguardo, indicando al cliente che, allo stato, la stessa potrebbe non disporre di prodotti in grado di soddisfare dette “preferenze”. Ciò, forse, con l’obiettivo di orientare meglio l’industria dei prodotti finanziari, favorendo l’ingegnerizzazione di strumenti che siano in grado di meglio soddisfare le preferenze di sostenibilità già espresse dalla clientela.
Laddove, invece, il cliente dichiari di non avere “preferenze di sostenibilità” specifiche, l’ESMA invita le imprese di investimento a considerarlo “neutro rispetto alla sostenibilità” e, pertanto, l’impresa stessa è invitata a raccomandare al medesimo tanto strumenti sostenibili quanto strumenti privi delle caratteristiche ESG.
4. Impatti organizzativi e procedurali per gli intermediari
Venendo alle ricadute organizzative e procedurali dell’introduzione delle tematiche ESG nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento, una di esse è già desumibile da quanto si è venuto dicendo fin qui, ed attiene alle modifiche alla valutazione dell’adeguatezza degli investimenti (“suitability test”) di cui all’art. 54 del Regolamento delegato MiFID.
Gli interventi normativi in commento, oltre all’incorporazione nel suitability report di considerazioni in ordine alle preferenze di tipo ESG della clientela, prevedono la necessità di includere nella fase di acquisizione e valutazione delle informazioni relative agli obiettivi di investimento del cliente, sue eventuali preferenze di tipo ESG.
Di riflesso, per il personale delle imprese di investimento si renderà necessario includere, nell’ambito dei processi volti ad assicurare un’idonea conoscenza dei prodotti che si intendono raccomandare alla clientela (“know your merchandise rule”) anche le caratteristiche ESG dello stesso. Si renderà necessario quindi intervenire sulle politiche di knowledge and competence delle imprese di investimento, le quali dovranno assicurare un’adeguata formazione del personale di cui si avvalgono per la gestione dei rapporti con la clientela. Ciò sia sotto il profilo della conoscenza dei concetti chiave della disciplina ESG come gli “obiettivi di sostenibilità”, i “fattori di sostenibilità” e i “rischi di sostenibilità”, e sia anche con riferimento alla conoscenza della distinzione tra strumenti finanziari con vari livelli di ambizione di di sostenibilità. Su tutto ciò, infatti, le imprese di investimento (per il tramite del personale di cui si avvalgono per la prestazione dei servizi di consulenza e di gestione di portafogli) per ovviare al rischio di pratiche di vendita impropria o all’errata rappresentazione di strumenti o strategie finanziarie come rispondenti alle preferenze di sostenibilità espresse dalla clientela, quando invece così non è.
Un secondo riflesso procedurale può essere osservato sotto il profilo dell’identificazione e gestione dei conflitti di interessi, stante che il considerando (4) del Regolamento 1253 stabilisce l’obbligo per gli operatori, “quando individuano i tipi di conflitti di interesse la cui esistenza può ledere gli interessi di un cliente o potenziale cliente, [di] includere quelli che possono insorgere a seguito dell’integrazione delle preferenze di sostenibilità del cliente, al fine di mantenere un livello elevato di tutela degli investitori”.
Dunque, viene richiesto agli intermediari finanziari, già a partire dal prossimo 2 agosto 2022, di porre attenzione, nel processo di valutazione e ‘mappatura’ di determinate circostanze come idonee a potenzialmente danneggiare l’interesse di un cliente, alla luce dei “criteri minimi” individuati all’art. 33 del Regolamento delegato MiFID, all’eventuale loro attitudine lesiva anche con riguardo alle aspettative ESG del medesimo cliente.
Sotto questo profilo, particolare attenzione andrà posta alle attività di raccomandazione o offerta alla clientela di prodotti ‘a catalogo’ che non rispondano esattamente a tutti i requisiti della definizione di strumenti finanziari di cui all’art. 1 del Regolamento delegato 1253, atteso il fatto che il rischio di greenwashing è esplicitamente associato dal plesso normativo in commento ai fenomeni di conflitto di interesse. Tale rischio è ancor più rilevante ove si consideri che tra gli obblighi informativi delle imprese di investimento che forniscono il servizio di consulenza, di cui all’art. 52 del Regolamento 565, viene oggi richiesto di fornire alla cliente una descrizione dei fattori di sostenibilità presi in considerazione nel processo di selezione degli strumenti finanziari.
Sotto altro versante e più in generale sono tutti i sistemi di controllo ad essere interessati da tali modifiche di prossima entrata in vigore, le quali, nell’ambito della propria attività ordinaria, dovranno necessariamente includere nei propri monitoring plan specifici controlli in relazione al rispetto della normativa in materia ESG da parte dell’intermediario e alla corretta valutazione / integrazione dei rischi di sostenibilità.
Sotto questo profilo, infatti, uno dei considerando del Regolamento 1253 sottolinea proprio l’importanza per le imprese di investimento di includere nei loro risk framework non solo tutti i pertinenti (e tradizionali) rischi finanziari su base continuativa, ma anche tutti i pertinenti rischi di sostenibilità di cui al SFDR che, laddove si verifichino, potrebbero causare un significativo impatto negativo effettivo o potenziale sul valore di un investimento.
Proprio prendendo atto del fatto che il Regolamento 565 non fa esplicito riferimento ai “rischi di sostenibilità”, con apposita modifica dell’art. 23 del Regolamento 565, le imprese di investimento sono chiamate ad istituire, applicare e mantenere politiche e procedure di gestione del rischio idonee, che consentano di individuare i rischi legati alle attività, ai processi e ai sistemi dell’impresa stessa, e, se appropriato, determinare il livello di rischio tollerato dall’impresa, ivi incluso anche il rischio di sostenibilità.
A questo proposito, è d’uopo il richiamo alle “Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali” pubblicate dalla Banca d’Italia lo scorso 7 aprile, agendo sulla scia di analoghe iniziative già adottate in ambito europeo dalla Banca Centrale Europea che – già a novembre 2020 – aveva pubblicato la “Guida sui rischi climatici e ambientali. Aspettative di vigilanza in materia di gestione dei rischi e informativa” e dall’EBA, che nel 2021 aveva pubblicato le proprie “Guide Lines on management and supervision of ESG Risk for credit institutions and investment firms”.
In via di estrema sintesi, nelle proprie “Aspettative di vigilanza”, la Banca d’Italia, richiamandosi alle definizioni di “rischi climatici” e “rischi ambientali” impiegate dalla BCE e dall’EBA nell’ambito dei predetti documenti, si è raccomandata con gli intermediari sottoposti alla vigilanza della stessa Autorità nazionale[15] di integrare detti rischi – sia pure secondo un principio di proporzionalità, da declinare in base alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa – nelle loro strategie aziendali, nei sistemi di governo e controllo, e nel risk management framework.
In particolare, e agganciandoci a quanto in precedenza osservato con riferimento alla modifica all’art. 23 del Regolamento 565, la Banca d’Italia, nell’ambito del documento in commento, dopo aver richiamato il “ruolo attivo” che devono avere gli organi di amministrazione degli intermediari vigilati, di “indirizzo e governo” nell’integrazione dei “rischi climatici” e “ambientali” nella cultura e nella strategia aziendale nonché nel risk appetite framework aziendale, si è soffermata in particolare sul ruolo specifico della Funzione di risk management. Al Risk manager dovrà essere affidata la corretta attuazione del processo di gestione dei “rischi climatici” e “ambientali”[16], volto ad individuare, misurare, prevenire e attenuare tutti i rischi assunti o assumibili dall’intermediario ivi inclusi i rischi di sostenibilità. E ciò:
- attraverso la mappatura degli eventi che potrebbero manifestarsi per effetto dei “rischi climatici” e “ambientali” e con l’integrazione del sistema di gestione dei rischi, con l’identificazione degli altri rischi finanziari che ne risulterebbero potenzialmente influenzati, e le implicazioni di natura prudenziale;
- attraverso, altresì, la creazione di una base dati sui profili di “rischio climatico” e “ambientale” completa e di elevata qualità nonché integrata in un sistema informativo idoneo a supportare lo sviluppo di metriche per la valutazione dei rischi climatici e ambientali;
- ed infine nell’incorporazione dei medesimi “rischi climatici” e “ambientali” nei processi di valutazione dell’adeguatezza del capitale interno e di liquidità ovvero, per gli intermediari non tenuti alla valutazione del “capitale interno”, con la loro considerazione nella valutazione degli impatti che detti rischi possano avere sul valore dei portafogli gestiti e/o sui volumi operativi.
[1] Definiti facendo rinvio a quanto previsto all’articolo 2, punto 24, del regolamento (UE) 2019/2088, ovvero: “le problematiche ambientali, sociali e concernenti il personale, il rispetto dei diritti umani e le questioni relative alla lotta alla corruzione attiva e passiva”.
[2] Definito facendo rinvio a quanto previsto all’articolo 2, punto 22 del Regolamento (UE) 2019/2088, ovvero: “un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale o di governance (ESG) che, se si verifica, potrebbe provocare un significativo impatto negativo effettivo o potenziale sul valore dell’investimento”.
[3] Regolamento Intermediari adottato con delibera n. 20307 del 15 febbraio 2019 e s.m.i.
[4] Le SIM, ivi comprese le società di cui all’articolo 60, comma 4 del D.lgs. n. 415/1996, le banche italiane autorizzate alla prestazione di servizi e di attività di investimento, le società di gestione del risparmio autorizzate alla prestazione del servizio di gestione di portafogli, del servizio di consulenza in materia di investimenti e del servizio di ricezione e trasmissione di ordini, le società di gestione UE che prestano in Italia, mediante stabilimento di succursale, il servizio di gestione di portafogli e il servizio di consulenza in materia di investimenti, i GEFIA UE con succursale in Italia che prestano il servizio di gestione di portafogli, il servizio di consulenza in materia di investimenti e il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, le imprese di investimento e le banche UE con succursale in Italia, nonché le imprese di paesi terzi autorizzate in Italia alla prestazione di servizi e di attività di investimento. Per “intermediari autorizzati” o “intermediari” si intendono, altresì, gli agenti di cambio, gli intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del TUF, la società Poste Italiane – divisione Servizio di Banca Posta autorizzata ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n 144 del 14 marzo 2001, limitatamente alla prestazione di servizi e attività di investimento a cui sono autorizzati.
[5] In particolare, in data 17 febbraio 2022, la Consob ha posto in pubblica consultazione alcune modifiche al Regolamento intermediari aventi ad oggetto l’adeguamento nazionale alla direttiva (UE) 2021/338 che modifica MiFID II nell’ambito del Capital Market Recovery Package, agli atti delegati di implementazione delle normative MiIFD II, UCITS e IDD in tema di finanzia sostenibile e fattori ESG, nonché alla Direttiva (UE) 2019/2034 che modifica MiFID II in materia di reverse sollicitation. La consultazione si è chiusa il 19 marzo 2022.
[6] In particolare: artt. 138, 165, 167, 171 commi 3, 4 r 6, 176 e 177 comma 5.
[7] Richiamo di attenzione n. 1/2020 del 12-3-2020, disponibile su www.consob.it;
[8] Ed integrati nelle prassi di vigilanza della medesima Autorità a partire dal 22 febbraio 2018, come da apposito “avviso” diramato dalla stessa Consob;
[9] “L’ESMA ritiene che sia una buona prassi per le imprese valutare gli elementi non finanziari al momento della raccolta delle informazioni sugli obiettivi di investimento del cliente e – al di là degli elementi elencati al paragrafo 27 – raccogliere informazioni in merito alle preferenze del cliente sui fattori ambientali, sociali e di governance” – ESG, disponibile su https://www.consob.it/documents/46180/46181/esma35_43_1163.pdf/0594badd-e955-4338-9b41-b3104da0fbf2;
[10] Cfr. l’avviso supra;
[11] Comprendente, lo ricordiamo, oltre che a gestione di portafogli, anche i FIA; gli IBIP, prodotti e schemi pensionistici, OICVM e PEPP, ex art. 2, n. 12) SFDR.
[12] Lo stesso dicasi con riferimento alla definizione di “strumenti finanziari” nel TUF ed al rinvio da questa fatto all’Allegato I, Sezione C).
[13] Per consultare il testo completo posto in pubblica consultazione, https://www.esma.europa.eu/press-news/esma-news/esma-consults-review-mifid-ii-suitability-guidelines.
[14] Si fa sempre riferimento al Regolamento delegato 2021/1253 che modifica il Regolamento delegato 2017/565 in materia di requisiti organizzativi e condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento.
[15] Banche LSI, SIM, SGR, SICAV/SICAF autogestite, intermediari finanziari ex Articolo 106 TUB e relative società capogruppo, istituti di pagamento, IMEL.
[16] A loro volta suddivisi in “rischio fisico”, costituito dall’impatto economico derivante dall’atteso aumento di eventi naturali la cui manifestazione può essere definita “estrema” ovvero “cronica”; e “rischio di transizione”, definito come l’impatto economico derivante dall’adozione di normative atte a ridurre le emissioni di carbonio e a favorire lo sviluppo di energie rinnovabili, dagli sviluppi tecnologici nonché dal mutare delle preferenze dei consumatori e della fiducia dei mercati. Mette conto rilevare che nell’ambito dello stesso documento, la Banca d’Italia ha precisato che “benché focalizzate sui rischi climatici e ambientali, gli intermediari possono considerare le aspettative anche con riferimento alla categoria più generale dei rischi ESG, ove rilevanti per la loro operatività e tenuto conto delle prescrizioni normative di settore”.