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Approfondimenti

Esistono divieti comunitari agli scenari di probabilità?

12 Gennaio 2013

Avv. Prof. Massimo Cerniglia, coordinatore legale Federconsumatori, Collaboratore Diritto Bancario

Chiariamo subito il punto: non esiste alcuna norma comunitaria che vieti gli scenari di probabilità e, come noto, in ambito comunitario, ciò che non è vietato è consentito.

È però opportuno essere più precisi così da fugare una volta per tutte i dubbi generati da rappresentazioni fuorvianti della disciplina comunitaria in materia.

È importante premettere che relativamente alla trasparenza dei rischi nell’offerta e nella distribuzione dei prodotti finanziari vi sono numerose Direttive che prevedono una più o meno ampia invasività sugli ordinamenti nazionali e che peraltro in taluni casi presentano ambiti di sovrapposizione. Sintetizzando, distinguendo per tipologia di prodotto, i riferimenti normativi comunitari sono, per quanto riguarda:

  • i fondi comuni di investimento, la Direttiva UCITS IV 2009/65 e il Regolamento comunitario 583/2010;
  • l’offerta delle obbligazioni bancarie, societarie e di alcune tipologie di derivati, la Direttiva PROSPETTO 2003/71 ed il Regolamento 809/2004.

A tali norme, poi, occorre aggiungere per ciò che attiene la fase di distribuzione di questi prodotti finanziari la Direttiva MIFID 2004/39 e la direttiva MIFID 2006/73.

Per i prodotti finanziario-assicurativi di ramo III (le c.d. polizze unite index linked), invece, non vi sono disposizioni comunitarie che si occupino dell’aspetto della trasparenza dei rischi.

Fondi comuni di investimento

Per evitare fraintendimenti sulle denominazioni che le varie direttive sui fondi comuni hanno nel tempo attribuito alla documentazione d’offerta è opportuno precisare che la Direttiva UCITS IV 2009/65 ha ridenominato il prospetto semplificato (Simplified Prospectus) in Key Investor Information Document (KIID) e il prospetto completo (Full Prospectus) in prospetto (Prospectus).

Tra le finalità di questa normativa vi è quella di rendere omogenea, standarded in poche pagine le informazioni chiave sull’investimento senza ridurre i livelli di tutela per gli investitori.

A tal fine la normativa, da un lato, ha fissato, obbligatoriamente per tutti i Paesi Membri, lo schema e il contenuto del KIID e, dall’altro, con l’art. 1, comma 7 ha previsto, per i singoli Stati Membri, ampie possibilità di deroga a queste disposizioni purché non in conflitto con la normativa medesima.

La Consob, nonostante gli appelli di accademici esperti non solo della materia tecnico-finanziaria, ma anche di quella giuridica e delle associazioni dei consumatori (https://circabc.europa.eu/sd/d/769e59c4-200b-4372-a5a7-60ee4e728604/Movement%20for%20risk%20transparency.pdf), ha ritenuto di eliminare gli scenari di probabilità sia dal prospetto semplificato (ora KIID) sia dal prospetto completo (ora prospetto). Si tratta di una scelta che viene argomentata coma “in esecuzione” di un dettato comunitario che, invece, non esiste.

Infatti, la disciplina comunitaria del KIID prevede che questo documento si articoli in più sezioni con contenuti stabiliti dalla normativa.

In particolare, la sezione riferita ai rendimenti c.d. storici, cioè conseguiti dal fondo nel passato per i fondi strutturati, è sostituita dal c.d. “scenario what-if”. Non mi dilungo su cosa rappresenti uno scenario what-if; basti sapere che sono tre ipotesi scelte autonomamente dall’intermediario sul possibile andamento del fondo comune di investimento e senza alcuna informativa su quanto queste ipotesi siano probabili; potrebbe pertanto accadere che vengano scelti dall’intermediario tre scenari, che non rappresentano affatto circostanze “sensate” per segnalare la rischiosità del fondo; o alternativamente che lo stesso fondo offerto da soggetti diversi abbia diversi scenari what-if, diventando quindi tale informativa arbitraria un elemento di marketing!

Ma questo aspetto, sicuramente caro agli analisti finanziari, non è certo quello più rilevante dell’analisi normativa della disciplina. Infatti, dal punto di vista giuridico vanno evidenziati tre aspetti:

  1. la sezione del KIID denominata “obiettivi e politiche di investimento” (ex art. 7 del Regolamento comunitario 583/2010), che certamente per contenuti è la sezione più prossima a quella dell’informativa sulle probabilità di conseguire nel tempo rendimenti nulli, positivi o negativi ed in quale entità, si articola in un contenuto non esaustivo di elementi e soprattutto non prescrittivo per quanto attiene le modalità espositive;
  2. nessuno schema e/o contenuti sono previsti per il prospetto completo (ora prospetto);
  3. la Consob prevedeva gli scenari di probabilità per una categoria di fondi assai più ampia di quelli strutturati, e cioè quella dei c.d. fondi a obiettivo di rendimento.

Vi erano quindi numerose alternative che la Consob poteva seguire per recepire la normativa comunitaria. Si potevano lasciare gli scenari di probabilità nella sezione “obiettivi e politiche di investimento” o alternativamente lasciarli nel prospetto completo e nel KIID per i fondi a obiettivo di rendimento diversi dagli strutturati o ancora solo nel prospetto completo. E invece, la soluzione adottata dalla Consob (per motivi però non certo riconducibili ai paventati “obblighi comunitari”) è stata quella di rimuovere l’informativa probabilistica da tutta la disciplina dei fondi comuni di investimento.

A questo aspetto si aggiunge che nel caso dei fondi comuni di investimento europei la Direttiva prevede, in capo alle Autorità dei paesi ospitanti (ovvero, quelli in cui i fondi sono commercializzati), ampi poteri d’intervento per la protezione dei loro investitori. Infatti, l’art. 108 stabilisce che, in presenza d’ipotesi di violazione della disciplina, l’Autorità del paese ospitante segnala tali violazioni all’Autorità del paese di origine per l’adozione di tutte le misure del caso (quindi, anche misure di carattere meramente informativo come l’indicazione degli scenari probabilistici). Inoltre la norma prevede che nel caso in cui l’Autorità del paese ospitante valuti tali misure inadeguate, essa può comunque intervenire direttamente arrivando anche a poter assumere un provvedimento di interruzione dell'offerta.

Una nota di colore: scaricando dalla rete internet i KIID di fondi predisposti nei Paesi Membri, il quadro di “armonizzazione”, sull’altare della quale è stata scarificata questo tipo d’informativa, è desolante. La standardizzazione e l’omogeneità sono assenti e peraltro, nella sezione “obiettivi e politiche di investimento”, si trovano (ormai solo all’estero!) continui riferimenti ad indicatori di natura probabilistica che, è bene ricordarlo, sono gli strumenti utilizzati dagli intermediari per la valutazione dei rischi dei titoli detenuti nei loro portafogli.

Insomma, se non le argomentazioni giuridiche, l’evidenza empirica dovrebbe portare la Consob ad un rapido ripensamento.

Obbligazioni bancarie, societarie ed alcune tipologie di derivati

Per quanto riguarda le obbligazioni bancarie, societarie ed alcune tipologie di derivati, come anticipato, il riferimento normativo è costituito dalla Direttiva PROSPETTO 2003/71 e dal Regolamento 809/2004.

Anche in tale caso, la Direttiva, tramite il Regolamento, ha definito degli schemi di prospetto cogenti per tutti i paesi dell’UE. In questo caso però l’atteggiamento del Legislatore comunitario non è stato improntato alla sintesi ma ad una descrizione ampia e dettagliata di tutti i possibili aspetti che possono caratterizzare qualsiasi offerta. Sembra quasi che la prospettiva seguita sia non tanto quella di conseguire l’obiettivo di un’informativa puntuale quanto, piuttosto, quello di fornire uno strumento di tutela all’emittente: la lunga descrizione dei diversi aspetti dell’offerta, di difficile lettura per il cliente, finisce con il divenire una sorta di “clausola di esenzione” (dalle responsabilità) a favore dell’emittente.

Questa normativa prevede comunque che la Consob possa chiedere direttamente o tramite l’Autorità UE competente, a qualsiasi emittente (italiano o comunitario) che offre in Italia dei prodotti finanziari rientranti in questa disciplina, di inserire ulteriori informazioni.

In particolare agli emittenti italiani la Consob può, in sede di rilascio del nulla osta al prospetto di un prodotto finanziario rientrante in questa disciplina, chiedere l’inserimento di ulteriori informazioni caso per caso (art. 3 e 22 del Regolamento  809).

Per le offerte che avvengono in Italia con prospetti “passaportati” (ovvero, autorizzati da altra Autorità dell’UE) la normativa prevede che la Consob possa chiedere all’Autorità UE che ha rilasciato il nulla osta di far inserire altre informazioni (art 17 Direttiva 2003/71) e, a supporto di queste richieste, offre alla Consob poteri cautelari nel senso che la Consob può sospendere l’offerta laddove non sia soddisfatta di quanto inserito nel Prospetto (art. 23 Direttiva 2003/71).

E bene ricordare che, in passato, sino all’insediamento del presidente Vegas, sulla base di queste le disposizioni la Consob ha fatto inserire gli scenari di probabilità nel noto caso del convertendo della Banca Popolare di Milano e in tantissimi altri casi.

La distribuzione dei prodotti finanziari

Come anticipato, vi sono poi Direttive che si sovrappongono nella materia della trasparenza dei rischi a quelle sull’offerta di prodotti finanziari e che attengono la disciplina della fase di distribuzione degli stessi tramite intermediari. Il riferimento è alla Direttiva MIFID 2004/39 (c.d. 1° livello) e alla Direttiva MIFID 2006/73 (c.d. 2° livello).

La ratio della disciplina è che l’intermediario che vende i prodotti debba anche lui – oltre all’offerente  o come lo chiama il legislatore comunitario l’“artefice” del prodotto – provvedere ad informare l’investitore sui rischi.

I margini di manovra che entrambe le Direttive MIFID disegnano per le Autorità nazionali sono molto ampi. Prova ne è la presenza degli scenari di probabilità nella Comunicazione Consob 9019104 del 2 marzo 2009, paragrafo 1.5 (http://www.consob.it/main/documenti/bollettino2009/c9019104.htm) emanata in forza di tali direttive per disciplinare, tra l’altro, le misure di trasparenza per i prodotti illiquidi e nel regolamento emanato lo scorso mese dall’Autorità di vigilanza portoghese, http://www.cmvm.pt/EN/Legislacao_Regulamentos/Regulamentos%20Da%20Cmvm/2012/Documents/RegulamentoPFC2_2012E.pdf, (che evidentemente, come membro della UE è soggetta alle stesse regole valide per la Consob) che li rende obbligatori per un’ampia classe di prodotti finanziari.

I prodotti finanziario-assicurativi di ramo III

Per quanto riguarda i prodotti finanziario-assicurativi di ramo III (le c.d. polizze unit e index linked) si ricorda che allo stato non vi sono disposizioni comunitarie che si occupino dell’aspetto della trasparenza dei rischi secondo modalità tali da interferire con le discipline nazionali. In tale ambito, sino ad ora, la Consob ha mantenuto l’obbligo dell’informativa probabilistica.

Considerazioni Conclusive

Gli scenari probabilistici, grazie all’informazione sintetica e facilmente intellegibile che sono in grado di esprimere, tutelano gli investitori che ne prendono visione tenendoli alla larga da investimenti per loro inadatti e eccessivamente rischiosi; chi invece viene sollecitato all’acquisto dall’intermediario senza ricevere questa informativa si ritrova con un prodotto che spesso non può essere ricondotto alla sua effettiva propensione al rischio. E questa non è un’ipotesi di lavoro in quanto ha il riscontro empirico dei centinaia di risparmiatori ed enti locali che si sono rivolti alla Federconsumatori.

E non è affatto vero che, fornita questa informativa, gli investitori non la sanno leggere o interpretare come hanno mostrato un sondaggio della Commissione Europea di qualche tempo fa e più di recente un sondaggio nazionale del Corriere della Sera (http://www.corriere.it/economia/corriereconomia/12_aprile_02/tutti-vogliono-prospetto-probabile_332a8880-7d7a-11e1-adda-3290e3a063cc.shtml).

L’informativa probabilistica è quindi in grado di svolgere una funzione preventiva nella tutela del risparmio che si ricorda in questo Paese è diverse volte il PIL.

La trasparenza dei rischi attraverso le probabilità avvia, infatti, una competizione verso l’alto degli intermediari, stimola i consulenti indipendenti a verificare la qualità dei prodotti e tiene alla larga gli investitori dai prodotti “avariati”, così come al supermercato un consumatore non compra i prodotti la cui data di scadenza, ben impressa sulla confezione, indica che scadono il giorno dopo; anche perché una volta scaduto è difficile che il prodotto ridiventi commestibile. Si tratta di una scelta filosofica: prevenire i rischi e le perdite per i risparmiatori, obbligando gli intermediari a non offrire prodotti strutturalmente inadatti o limitarsi a sanzionare, ex-post, quei casi macroscopicamente evidenti di palese violazione delle norme comportamentali lasciando liberi gli intermediari di drenare ricchezza ai risparmiatori in tutti gli altri casi.

A ciò si aggiunga che spesso, se non sempre, i prodotti “tossici” sono ingegnerizzati da banche estere e, quindi, attraverso la loro vendita ai risparmiatori italiani, si ingenera un circuito vizioso attraverso il quale i “nostri” intermediari, in cambio di commissioni spesso esigue, si prestano a drenare verso l’estero i risparmi detenuti dalle famiglie, che sono la vera ricchezza di questo Paese. Analogo “percorso” è quello che hanno seguito i denari pubblici di molti Enti locali che hanno “investito” in  derivati senza un’adeguata informativa conseguendo perdite rilevanti che significano nei fatti meno servizi erogati ai cittadini.

Da un’effettiva trasparenza dei rischi riparte quindi la possibilità di ripristinare la fiducia dei cittadini nell’investire i propri risparmi nella finanza mobiliare e da tali investimenti deriva l’erogazione di risorse che la finanza ha il dovere di effettuare a supporto dell’economia reale.


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