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Estinzione anticipata del credito al consumo e riduzione del costo del credito

12 Novembre 2021

Gianluca Mucciarone, Professore Associato di Diritto dell’Economia, Università Cattolica del Sacro Cuore

Di cosa si parla in questo articolo

Il contributo si concentra sulla tematica dei costi del credito al consumo e come l’intervento del legislatore, attraverso l’art. 11-octies del Decreto Sostegni bis, abbia tentato di ripristinare l’ormai superata distinzione tra oneri cc.dd. recurring e up-front nell’ipotesi di estinzione anticipata del finanziamento. Sulla scorta delle pronunce di merito e della giurisprudenza settoriale, l’autore avanza alcune considerazioni, anticipatrici del giudizio di legittimità costituzionale e che si concentrano sulla corretta interpretazione della disposizione in esame.

The article focuses on consumer credit costs topic and on how legislator intervention on it, thanks to article 11-octis of Law Decree n. 73 of 25th May 2021 (so called Decreto Sostegni bis), has tried to restore the now outdated distinction between recurring and up-front charges in the case of financing early termination. On the basis of local courts and sectorial case law judgements, the author exposes some considerations which anticipate the judgement on constitutional legitimacy and which deepen the fair interpretation of examined provision


Sommario [*]: 1. Certezza del diritto e articolo 11-octies, comma 2, del Decreto Sostegni-bis. – 2. Ratio legis e gerarchia delle fonti. – 3. Disapplicazione e questione di legittimità costituzionale. – 4. Interpretazione costituzionalmente orientata e affidamento.

 

1. Certezza del diritto e articolo 11-octies, comma 2, del Decreto Sostegni-bis

Ancor oggi contrastata nella giurisprudenza togata di merito e nella dottrina, la questione, postasi nel vigore della versione dell’articolo 125-sexies T.u.b. anteriore al  c.d. “Decreto Sostegni-bis[1], della inclusione di tutti gli oneri del finanziamento al consumo nel costo totale soggetto a riduzione in caso di rimborso anticipato[2], aveva trovato pace in seno all’Arbitro Bancario Finanziario[3].

Questo aveva recepito, con riguardo a tutti i rapporti, sia quelli estinti sia quelli in corso, l’interpretazione della omologa norma recata dall’articolo 16 della direttiva CE sul credito ai consumatori[4] resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza “Lexitor”[5]: senza prender partito sulla correttezza dell’interpretazione, il Collegio di Coordinamento dell’ABF, così come parte della giurisprudenza di merito e della dottrina, vi si era adeguato, riconoscendone l’efficacia vincolante in quanto diritto europeo vivente cui il diritto di ciascuno Stato membro deve conformarsi. Così, aveva riconosciuto che ogni onere è incluso nel costo totale del credito soggetto a riduzione in caso di rimborso anticipato, laddove prima aveva ritenuto, a cominciare dal 2011, che solo gli oneri recurring vi fossero inclusi, non anche gli up-front[6].

Linea di pensiero, questa più antica, che era stata presupposta anche nelle Disposizioni di Banca d’Italia sulla “Trasparenza dei servizi bancari e finanziari”, a partire dall’aggiornamento del 9 febbraio 2011 (sez. VII, § 5.2.1) e nel Provvedimento della stessa Autorità n. 145/2018 in tema di “Operazioni di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione” (§§ 11, 12, 20 e 62 ed Allegato). Anche la Vigilanza, poco dopo la sentenza Lexitor, aveva indicato agli intermediari la necessità di adeguarsi alla pronuncia anche per i contratti in corso (provvedimento del 4 dicembre 2019 in tema di “Credito ai consumatori. Rimborso anticipato dei finanziamenti”).

Certo, la certezza del diritto non poteva dirsi raggiunta, neppure nei termini relativi che si confanno a questa categoria in particolare: non essendoci concordanza nella giurisprudenza togata né tantomeno tra questa e l’ABF. Vero è pure, però, che un po’ di tranquillità, di stabilità si era trovata: data la modestia degli importi in rapporto ai costi e tempi della giustizia ordinaria e data l’apertura dell’ABF ad accogliere le richieste di rimborso di ogni tipo di costo sopportato per intero all’atto del finanziamento, l’ABF era divenuto il porto sicuro di queste richieste, il luogo di una pace quasi rutinaria.

L’articolo 11-octies del Decreto Sostegni-bis, irrispettoso in questo caso non solo del mito della certezza del diritto ma anche di una relativa serenità, nel dar nuova veste normativa de futuro all’interpretazione della Corte Europea[7], ha tentato di ripristinare, per il passato, la distinzione tra oneri recurring e up-front. Al comma 2 ha disposto: “Alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti”.

Con ogni probabilità, quest’ultimo riferimento era più precisamente diretto ai già evocati provvedimenti della Vigilanza, dove si presuppone – non si prescrive – e a fini di trasparenza la distinzione tra oneri recurring, che, in ragione dell’estinzione anticipata, saranno dovuti al finanziatore solo in proporzione alla durata effettiva del finanziamento, ed oneri up-front, comunque interamente dovuti.

Non dovrebbe dubitarsi che, riferendosi a tali provvedimenti, la mens legis del Decreto Sostegni-bis fosse di far rivivere, per i contratti stipulati prima, l’applicazione della distinzione recurring/up-front. E non ne hanno dubitato i primi, pronti commenti: che hanno salutato la morte della sentenza Lexitor[8]. Con buona pace dell’esigenza di stabilità del diritto tante altre volte invocata[9].

2. Ratio legis e gerarchia delle fonti

La soluzione data dalla sentenza Lexitor alla composizione del costo del credito soggetto a riduzione in caso di rimborso anticipato non meritava di ricevere l’attenzione del Decreto Sostegni-bis: non solo per ragioni di forma, ma prim’ancora di sostanza.

La soluzione risulta corretta.

Non che la distinzione tra oneri recurring e up-front sia in assoluto scorretta: ché, in diritto, la soluzione dipende dal contesto normativo in cui la questione è posta. E’ nell’articolo 125-sexies T.U.B. che la distinzione non ha fondamento.

Ma non perché si presta a clausole elusive del dettato normativo: come argomenta la sentenza Lexitor: se vi sono clausole elusive, queste saranno nulle.

Ma perché, dal punto di vista del consumatore, è indifferente che l’onere sia recurring ovvero up-front: in entrambi i casi, per il consumatore, quell’onere si giustifica in funzione del finanziamento e dunque in proporzione alla durata per cui beneficia del capitale prestato[10]. Ed è il punto di vista del consumatore che conta: la ratio legis essendo la protezione dell’interesse del cliente a svincolarsi da un finanziamento non più conveniente[11]: a ciò è preposto il diritto all’estinzione anticipata e la riduzione del carico economico; che questo sia costituito da oneri recurring ovvero up-front, per il consumatore è indifferente: non avendo più interesse al finanziamento, tutto il carico economico risulta per lui giustificato solo per il tempo per cui ha goduto del finanziamento.

La riprova pare agevole: il finanziatore potrebbe assorbire tutto il carico economico negli interessi: dando valore alla distinzione tra costi recurring e up-front, accadrebbe che i costi d’istruttoria, per esempio, dove previsti come spese a carico del cliente sarebbero sopportati per intero da questi, dove invece assorbiti negli interessi sarebbero a carico del finanziatore: ma per il cliente, in entrambi i casi, quei costi si giustificano in tanto in quanto il finanziamento è durato.

Del resto, una delle direttrici che oggettivamente è stato possibile cogliere nella evoluzione dell’intera disciplina di trasparenza è quella della semplificazione e riduzione degli oneri economici a carico del cliente[12]. E tale linea è venuta infine ad essere assecondata anche dall’Autorità di Vigilanza, raccomandando, nel provvedimento n. 145/2018 (§ 16), crediti al consumo “tutto TAN”. Giustamente, ché la concentrazione degli oneri risponde non solo ad un principio di trasparenza, ma di efficienza dell’impresa[13].

Scorretta sotto il profilo sostanziale, l’attenzione data dal Sostegni bis alla “questione Lexitor” per il passato lo è pure sotto il profilo formale, per così dire: delle fonti del diritto.

Volendosi far rivivere una distinzione che il diritto dell’Unione Europea, tramite la bocca del suo giudice, ha respinto, il Sostegni bis vorrebbe porre il diritto italiano in contrasto con quello dell’Unione, con l’articolo 16 della direttiva n. 2008/48/CE, laddove invece vi risultava perfettamente conforme, correttamente interpretato: com’era stato correttamente inteso, sia pure in ossequio a Lexitor, dall’ABF e da una parte della giurisprudenza di merito.

E se davvero l’articolo 11-octies, comma 2, del Decreto Sostegni-bis dovesse intendersi nel senso che restituisce valore alla distinzione tra oneri recurring e up-front in caso di estinzione anticipata del credito al consumo, la via, a quanto pare, sarebbe obbligata, una sola: la dichiarazione d’illegittimità costituzionale della norma, questo essendo il rimedio, secondo la Corte Costituzionale, per il caso in cui una norma interna contrasti con una norma europea non immediatamente applicabile nello Stato italiano, qual è l’articolo 16 della direttiva CE sul credito ai consumatori[14].

Ma allora perché – viene fatto di chiedersi – il tentativo esperito dal Decreto Sostegni-bis? Perché creare illusioni? Ciò che significa rinviare un problema e così dilatarne la dimensione.

3. Disapplicazione e questione di legittimità costituzionale

Le prime pronunce edite della giurisprudenza togata hanno evitato interpretazioni dell’articolo 11-octies, comma 2, del Sostegni-bis non conformi al diritto dell’Unione Europea.

La prima decisione divulgata in materia, quella del Tribunale di Savona del 15 settembre (n. 680), ha ritenuto che la norma transitoria dell’articolo 11-octies del Sostegni-bis sia da riferire non al comma 1, ma ai commi 2 e 3 del nuovo articolo 125-quinquies, perché questi sono quelli di nuova introduzione. L’argomento, però, è intrinsecamente incoerente e prova troppo: anche il comma 1 è stato modificato; sì che la distinzione è arbitraria.

Di ottobre sono una manciata di pronunce del Tribunale di Napoli[15], che sì escludono che la norma debba essere intesa come capace di ridar valore alla distinzione tra costi recurring e up-front, ma non offrono alcuna lettera alternativa, sicché, di fatto, finiscono col disapplicare la norma: ma, come si è detto, se questa non può essere intesa se non nel senso di ripristinare la regola che vuole dovuti per intero al finanziatore gli oneri up-front anche in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il giudice non può disapplicarla, ma deve sottoporla al vaglio di legittimità costituzionale.

Intanto un’ordinanza del Collegio di Roma dell’ABF aveva rimesso al Collegio di Coordinamento la questione del significato dell’articolo 11-octies, comma 2, del Sostegni-bis.  Secondo quanto riferisce la pronuncia del Coordinamento, la n. 21676 del 15 ottobre 2021, l’ordinanza aveva interpretato il comma 2 del Sostegni-bis nel senso che il diritto primario e secondario da questa richiamato per i contratti anteriori dovesse intendersi come se disponesse, né più né meno, che quanto ritenuto dalla sentenza Lexitor.

Il Coordinamento dell’ABF non riferisce le ragioni del convincimento dell’ordinanza di rimessione – né posso farlo io, essendo vincolato al segreto sugli atti istruttori – e ritiene di non poterlo condividere perché il testo dell’articolo 11-octies, comma 2, del Sostegni-bis è “chiaro” (pag. 12): esso ripristina la distinzione recurring / up-front e la ripristina – a quanto si legge nel principio – “per il caso di […] finanziamento stipulato prima dell’entrata in vigore del citato provvedimento”[16].

Il Coordinamento riconosce che così inteso il testo è passibile di una dichiarazione d’illegittimità costituzionale per contrarietà al diritto dell’Unione, ma ritiene che una interpretazione diversa da quella data è inammissibile perché costituirebbe «una lettura contraria alla lettera della legge» (pag. 14).

Il giudizio è presto condiviso dal Tribunale di Torino, che, con ordinanza del 2 novembre, ha sollevato questione di legittimità costituzionale. Si vedrà se l’ABF sospenderà, sino alla pronuncia della Consulta, il vaglio dei ricorsi in materia relativi a rapporti anteriori al dicembre 2019 sulla scorta del principio espresso dal Collegio di Coordinamento.

Diversamente da questo, il Tribunale di Torino si confronta con le ragioni addotte dall’ordinanza di rimessione del Collegio di Roma dell’ABF per dare un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma.

Secondo quanto rappresenta l’ordinanza togata, il Collegio di Roma ha rilevato che “nessuna norma secondaria emanata dalla Banca d’Italia risulta in contrasto con l’applicazione dei principi di diritto enunciati dalla sentenza Lexitor”: “essendosi le istruzioni di vigilanza […] fondamentalmente occupate della materia in discorso alo scopo di correggere alcune prassi degli intermediari, e per questo prescrivendo loro norme di trasparenza nella descrizione contrattuale dei costi del credito e dei relativi criteri di rimborso; ma mai norme conformative della sostanza del regolamento contrattuale dei finanziamenti” (ord. Trib. Torino, § 3.6).

Il Tribunale di Torino obietta che “questo pur suggestivo argomento, tralascia di considerare il senso ultimo […] della normazione secondaria di Banca d’Italia […] consistente nel recepire il valore tassonomico della distinzione tra oneri up-front e recurring, a cui […] Banca d’Italia è rimasta sempre fedele” (ibidem).

E chiude: “lo sforzo di interpretazione dell’art. 11-octies co. 2, in continuità con Lexitor trova infine un insuperabile limite logico nella considerazione che [la] disposizione […], in tanto può avere senso logico, in quanto marchi una differenza sostanziale rispetto al principio di Lexitor” (ibid.).

Quindi solleva questione di legittimità costituzionale della norma per due ordini di ragioni: per contrasto e con il principio della conformità dell’ordinamento italiano a quello europeo e con il principio di uguaglianza.

Per quanto la norma tuteli un “legittimo affidamento” indotto dalla “messe di disposizioni, orientamenti e comunicazioni emessi da Banca d’Italia” (§ 3.6), non rientra nella discrezionalità del singolo stato membro la limitazione dell’efficacia nel tempo di una direttiva” (§ 3.6): sicché la norma viola il principio espresso dagli articoli 11 e 117 Cost.

Inoltre, essa “introduc[e] una differenza di trattamento non giustificata dalle fonti europee, tra contratti anteriori e successivi al 25 luglio 2021”, quindi “risulta […] sospett[a] di illegittimità costituzionale anche ai sensi dell’art. 3 Cost.” (ibid.).

4. Interpretazione costituzionalmente orientata e affidamento

Pare dunque ormai solo questione di tempo perché la norma dell’articolo 11-octies, comma 2, del decreto Sostegni-bis sia dichiarata in contrasto con il principio della conformità alla normativa europea – il secondo dubbio d’incostituzionalità sollevato dal Tribunale di Torino non fa che riproporre il primo[17] – ovvero sia rettamente intesa e sia riconosciuto che non ripristina la distinzione tra oneri recurring e up-front.

Personalmente, ritengo corretta questa seconda possibilità.

Che un testo di legge sia ontologicamente del tutto chiaro è un’idea così assoluta, così estrema quanto il dogma della certezza del diritto: le parole cambiano significati secondo i contesti e, così, pure le fonti, cambiando le coordinate dei microsistemi e dei sistemi in cui tempo per tempo s’inseriscono e i valori che li innervano.

Che, poi, nella specie, il testo di legge non sia così limpido è attestato dal lungo percorso interpretativo (da pag. 6 a pag. 12) compiuto dalla pronuncia del Coordinamento e ricalcato dall’ordinanza del Tribunale di Torino per acclarare la mens legis.

Intenzione del legislatore storico, che è manifesta e non merita di essere discussa.

Deve discutersi invece dei contenuti delle disposizioni della Vigilanza richiamate dall’autore del Sostegni-bis per realizzare il suo intento.

Sì perché, se pure per tal via dovesse giungersi ad una interpretazione della norma dell’articolo 11-octies, comma 2, che la svuota di reale significato, ma la rende costituzionalmente legittima, dovrebbe comunque prediligersi tale lettura a quella che dà sì senso reale alla norma, ma un senso in contrasto con la Costituzione: ché, nell’ordinamento italiano, meglio una norma inutile, ma coerente con la ratio legis, di una norma illegittima, con buona pace della pura logica e della mens legis: nell’ordinamento italiano una norma inutile è ammessa, una che contrasta con la Costituzione no.

Ebbene, le Disposizioni sulla “Trasparenza delle operazioni” ed il Provvedimento n. 145/2018, sopra ricordati, non si occupano del merito della regola della riduzione del costo del credito in caso di estinzione anticipata, ma della trasparenza contrattuale, precontrattuale e post-contrattuale di tale regola: non trattano quali oneri, se pagati dal cliente alla stipula del finanziamento, il finanziatore debba rimborsare in caso di estinzione anticipata del finanziamento; trattano invece della necessità che il contratto, la documentazione precontrattuale e post-contrattuale precisino quali oneri saranno rimborsati. Si preoccupano che il contenitore sia trasparente, non che il contenuto abbia un dato colore.

Così, per esempio, le Disposizioni sulla “Trasparenza” prevedono, dalla versione aggiornata a febbraio 2011: “le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito […] includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi esser restituiti per la parte non maturata” (sez. VII, § 5.2.1).

E in effetti il Provvedimento n. 145/2018 ricorda che “le Disposizioni richiedono che la documentazione precontrattuale e contrattuale indichi in modo chiaro i costi applicabili al finanziamento; in relazione al diritto del consumatore al rimborso anticipato, vanno anche indicate le modalità di calcolo della riduzione del ‘costo totale del credito’ […] specificando gli oneri che maturano nel corso del rapporto (c.d. ‘recurring’) e che devono quindi essere restituiti al consumatore se corrisposti anticipatamente e in quanto riferibili ad attività e servizi non goduti” (§ 12, enfasi aggiunta).

Le ricordate disposizioni mai prescrivono, mai impongono la distinzione tra oneri recurring e up-front, solo la presuppongono esistente, la presuppongono come vigente.

È agli inizi del 2011, in effetti, che l’ABF iniziava a praticare tale distinzione nell’applicare la norma[18].

Va da sé che, se il presupposto cambia, la prescrizione di trasparenza resta, ma si riempie di altro contenuto specifico: il contenitore deve restare limpido, il colore del contenuto muta.

Tant’è che quando Banca d’Italia, con il provvedimento del 19 dicembre 2019, in ottemperanza alla sentenza Lexitor, ha raccomandato agli intermediari di dismettere la distinzione recurring/up-front, non ha sentito, giustamente, la necessità di rivedere sul punto le Disposizioni sulla Trasparenza: le stesse, infatti, hanno automaticamente assunto un diverso contenuto, conforme all’interpretazione resa dalla sentenza Lexitor, a questa adattandosi.

Pertanto, il richiamo alle “disposizioni di trasparenza e di vigilanza” fatto dall’articolo 11-octies del Sostegni-bis va inteso, oggettivamente e per conformità al diritto dell’Unione Europea, come richiamo per sé della sola regola di trasparenza (di enunciazione, cioè, nel testo contrattuale, nelle SECCI etc.) della sola “modalità di calcolo” della riduzione del costo del credito: regola che, comunque, ha assunto quale oggetto del calcolo, quale “costo” da ridurre, quello ritenuto dalla sentenza Lexitor: cioè tutti i costi, indistintamente.

D’altro canto – ma lo si nota solo per completezza sostanziale – nessun legittimo affidamento degli intermediari v’è da tutelare.

La sentenza Lexitor non ha abrogato una norma vigente, ma l’ha interpretata. A Banca d’Italia nessuna norma aveva attribuito il potere, la potestà, di conformare il merito della regola della riduzione del costo del credito in caso di estinzione anticipata, ma solo il potere, la potestà, di dettare norme di trasparenza al riguardo. E questo ha fatto: solo presupponendo una data interpretazione della norma.

La diligenza nella gestione dell’impresa, cui è tenuta la banca (articolo 5 T.U.B.) come ogni altro imprenditore (p.es., artt. 2086, co. 2, c.c.; 217 l.f.)[19], non consente di fare affidamento su di una interpretazione della norma solo perché autorevole. Diligenza significa prudenza nella previsione e gestione del rischio e Banca d’Italia è sì un autorevolissimo interprete, ma non ha un potere interpretativo maggiore di un soggetto privato. Le sue interpretazioni non sono vincolanti. Sì che non è stata la prudenza ad aver fatto aderire all’interpretazione di Banca d’Italia.

Nella prospettiva dell’agire diligente anche un consolidato orientamento dell’autorità giudiziaria ordinaria potrebbe non costituire fonte di legittimo affidamento[20]: il diritto è interpretazione, per questo è mutevole, e le sentenze devono essere motivate: la prudente previsione del futuro richiede un ponderato esame della correttezza delle motivazioni, delle ragioni di un’interpretazione, e non in sé ma nel contesto storico (culturale, economico etc.) dato.

Su cosa dunque si fondava la distinzione tra oneri recurring e up-front? Questa era la domanda con cui le imprese avrebbero dovuto anzitutto confrontarsi. Nel dubbio, nella mancanza di un’analisi approfondita della correttezza della distinzione nel contesto dell’articolo 125-sexies, prudenza avrebbe esatto di accogliere l’interpretazione più favorevole al cliente, non quella più favorevole all’impresa.

 

[*] Le opinioni qui contenute sono espresse solo a nome mio; non sono espresse a nome dell’Arbitro Bancario Finanziario e non lo impegnano in alcun modo.

[1] Rectius: anteriore al 25 luglio 2021, data di entrata in vigore della legge 23 luglio 2021, n. 106 (art. 1, co. 4), in G.U. del 24 luglio 2021, che, nel convertire in legge il d.l. 25 maggio 2021 n. 73, vi ha inserito l’articolo 11-octies, che ha sostituito l’articolo 125-sexies T.U.B.

[2] In giurisprudenza, ex multis, per l’inclusione di tutti i costi, sia recurring sia up-front, in ossequio alla sentenza “Lexitor”, Trib. Napoli, 7 febbraio 2020; Trib. Torino, 21 marzo 2020; Trib. Roma, 22 ottobre 2020; Trib. Milano, 3 novembre 2020; Trib. Savona, 14 novembre 2020; Trib. Pavia, 17 novembre 2020; Trib. Bologna, 7 gennaio 2021; Trib. Palermo, 14 gennaio 2021; Trib. Milano, 9 aprile 2021; Trib. Brindisi, 4 ottobre 2021; Trib. Genova, 14 ottobre 2021; contra Trib. Monza, 22 novembre 2019; Trib. Napoli, 22 novembre 2019; Trib. Napoli, 10 marzo 2020; Trib. Vicenza, 13 novembre 2020; Trib. Cassino, 2 febbraio 2021; Trib. Bari, 16 settembre 2021; Trib. Roma, 11 febbraio 2021; Trib. Crotone, 11 ottobre 2021.

In dottrina, per quest’ultima soluzione, negando l’efficacia vincolante della sentenza Lexitor, A. Zoppini, Gli effetti della sentenza Lexitor nell’ordinamento italiano, in Banca borsa tit. cred., 2020, II, 17 s.; ritenendo l’art. 125-sexies, co. 1, di contenuto contrario al principio Lexitor e questo criticando G. De Cristofaro, Estinzione anticipata del debito e quantificazione della “riduzione del costo totale del credito” spettante al consumatore: considerazioni critiche sulla sentenza “Lexitor”, in Nuova giur. comm., 2020, I, 288 e 286; riconosce l’efficacia vincolante della sentenza, ma ne contesta la soluzione, R. Santagata, Rimborso anticipato del credito e diritto del consumatore alla restituzione della quota parte dei costi indipendenti dalla durata del contratto (c.d. up front), in Banca borsa tit. cred., 2020, II,  26 ss. e 24 ss.; riconoscono l’efficacia vincolante e ne condividono la soluzione, A.A. Dolmetta, Anticipata estinzione e “riduzione del costo totale del credito”. Il caso della cessione del quinto, ivi, 2019, II, 647 ss., ma sulla base di un ragionamento parzialmente diverso, e A. Tina, Il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del finanziamento ex art. 125-sexies, primo comma, T.U.B. Prime riflessioni a margine della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, in Rivista di diritto bancario, 2019, f. IV, s. II, 163 e 169 ss.

[3] A partire dalla pronuncia del Collegio di Coordinamento dell’ABF del 17 dicembre 2019, n. 26525.

[4] Direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008 «relativa ai contratti di credito ai consumatori».

[5] C. Giust. UE, 11 settembre 2019, C 383-18.

[6] Un censimento delle pronunce dei primi anni in U. Malvagna, Cessione del quinto ed estinzione anticipata: la sorte delle “commissioni accessorie”, in Il caso.it, 2013, 2 ss.

[7] Con il comma 1, lett. c, riscrivendo l’articolo 125-sexies T.U.B. Ma già la precedente versione era in linea con la sentenza Lexitor: in effetti, il nuovo comma 3 dell’articolo 125-sexies non è a tutela del cliente e anche il comma 2 si presta a letture non proprio a tutela del cliente.

[8] A. Criscione, Credito. DL Sostegni bis e la Lexitor ignorata, in Il Sole 24 ore – Plus 24, 7 luglio 2021; W. Caturano, “Lexitor”: il legislatore chiude il “caso”, in ExParteCreditoris.it, 22 luglio 2021; F. Mocci e A. Bettoni, in Dirittobancario.it, 29 luglio 2021, 3.

[9] In ossequio, invece, al dogma della certezza del diritto – la relatività dei dogmi – il Sostegni-bis non ha toccato altra fondamentale questione in materia. Questa attiene all’altra metà della disciplina del rimborso anticipato: quella dell’indennizzo dovuto all’intermediario. La questione non si è posta alla giurisprudenza togata, ma è assurta alla considerazione del Collegio di Coordinamento dell’ABF. Si allude al problema se siano lecite le clausole contrattuali, assai diffuse nella prassi, che fissano senz’altro l’indennizzo in una misura pari allo 0,5% ovvero all’1% del debito residuo secondo che la durata residua sia inferiore ovvero superiore all’anno  ovvero se lo siano quelle che prevedono che l’indennizzo sia dovuto entro le suddette soglie senza precisare quali siano i costi cui l’indennizzo si parametra  (e di fatto la misura applicata sia sempre quella dell’1%). Su ciò v. G. Mucciarone, Credito al consumo e indennizzo per estinzione anticipata e… un inevitabile dintorno, in questa Rivista, 2021.

[10] Osserva A.A. Dolmetta, Anticipata estinzione e “riduzione del costo totale del credito”. Il caso della cessione del quinto, cit., 649, in una prospettiva puramente “strutturale”: “si tratta comunque di costi […] legati alla (avvenuta) stipulazione di uno specifico e concreto contratto di credito: come tali destinati a riflettere la loro utilità rispetto a tutte le frazioni temporali in cui questo è, secondo il programma negoziale fissato dalle parti, destinato a durare”.

[11] E per tal via stimolare la concorrenza tra gli enti creditizi: G. Mucciarone, La trasparenza bancaria, in Trattato dei contratti, V. Roppo (a cura di), V, Milano, 2014, 670 e 694 ss.

[12] G. Mucciarone, La trasparenza bancaria, cit., 673 ss., spec. 681 ss.

[13] L’assorbimento dei costi nel corrispettivo della prestazione caratteristica fa sì che l’eccedenza dei costi sui ricavi resta rischio di impresa: il che porta alla riduzione dei costi, ad evitare inadempimenti, ad offrire prodotti competitivi. Amplius G. Mucciarone, La trasparenza bancaria, cit., 681 ss.

[14] C. Cost., 24 giugno 2010, n. 227.

[15] Due pronunce sono di Trib. Napoli Nord, l’una del 7 ottobre 2021 e l’altra del 23; le altre due sono di Trib. Napoli, l’una del 13 ottobre 2021 e l’altra del 22.

[16] Il principio enunciato dal Collegio di Coordinamento sembra chiaro, ma, a ben vedere, non lo è: se si riferisse a tutti i finanziamenti anteriori al Sostegni-bis sarebbe in chiara contraddizione con il passo della motivazione (pag. 10) in cui il Collegio ricorda il provvedimento di Banca d’Italia del 19 dicembre 2019 (in questo scritto già richiamato nel § 1) e ne ricorda anche la proibizione fatta agli enti creditizi di trattenere integralmente gli oneri up-front. Pertanto, il principio del Coordinamento pare da intendersi, sia pure di misura, restrittivamente: limitato ai finanziamenti anteriori al suddetto provvedimento del 19 dicembre 2019.

[17] L’arbitrarietà del diverso trattamento è infatti fondata sul fatto che il diritto europeo non prevede un diverso trattamento: laddove il problema dell’arbitrarietà di un diverso trattamento ai sensi dell’articolo 3, comma 2, Cost. si pone proprio quando un diverso trattamento è previsto.

[18] V. retro, nota 6 e testo corrispondente.

[19] Sul contenuto e sulla valenza sistematica della regola della sana e prudente gestione dell’impresa bancaria, G. Mucciarone, L’opposizione alla fusione di società, Milano, 2014, 68 ss., spec. 106 ss.; L’adeguatezza degli “amministratori” della banca, Torino, 2019, 115 ss.

[20] A.A. Dolmetta, Il divieto di anatocismo per le banche dalla gestione del pregresso ai rapporti attuali. Per un uso laico della certezza del diritto”, in Banca borsa tit. cred., 2005, II, 135 s.: muovendo dalla premessa che “l’attività delle banche deve essere improntata ad una ragionevole consapevolezza del futuro: anche in relazione all’evoluzione […] sociale”.

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