La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 16477 del 13 giugno 2024, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite di un ricorso relativo alla sorte dei crediti incerti o illiquidi vantati da una società estinta, in pendenza di giudizio, ovvero, in particolare, se l’estinzione della società comporti o meno la rinuncia tacita degli stessi, se assenti nel bilancio finale di liquidazione.
Il caso riguarda l’azione esercitata da una s.r.l. e dai suoi fideiussori per ottenere la restituzione di somme indebitamente versate a una banca.
La Corte d’Appello aveva condannato la banca al pagamento della somma controversa in favore del socio unico, nonostante l’estinzione della società durante il giudizio: tale circostanza non avrebbe determinato alcuna rinuncia del credito in assenza di prove sulla volontà del creditore di rimettere il debito.
La Corte di Cassazione ha riconosciuto il contrasto tra due indirizzi ermeneutici maturati all’interno dello stesso organo giudicante: per il primo, sposato dalle Sezioni Unite nel 2013, l’estinzione della società comporta la rinuncia tacita dei crediti incerti o illiquidi assenti nel bilancio finale di liquidazione; per il secondo, sposato da alcune pronunce della Suprema Corte e dalla Corte d’Appello, l’estinzione della società non conduce alla automatica rinuncia del credito, fatta salva la prova di una condotta del creditore a ciò diretta.
L’ordinanza, infine, espone le criticità connesse al primo orientamento, segnalando, in particolare, il «contrasto con il principio contabile generale per cui ogni credito … va iscritto in bilancio», l’«automatica riconduzione della formalità pubblicitaria (la cancellazione dal registro delle imprese) alla rinuncia» e, da ultimo, la «perdita potenziale in pregiudizio dei creditori … in esito a una scelta abdicativa a loro estranea».