Con l’Ordinanza in oggetto, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di estratti conto incompleti e onere della prova nel contenzioso bancario.
In particolare, evidenzia la Cassazione, nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di danaro, che afferma essere stato indebitamente corrisposto all’istituto di credito nel corso dell’intera durata del rapporto – sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente o per addebiti non previsti in contratto – è onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida “causa debendi” mediante deposito degli estratti conto periodici di tale conto corrente, riferiti all’intera durata del rapporto, con la conseguenza che, qualora egli depositi solo alcuni di essi, da un lato non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall’altro, tale omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell’avere fra le parti, a partire dal primo saldo dal cliente documentalmente riscontrato.
Nel caso di specie, Tizio e Caia citarono in giudizio la banca, per chiederne la condanna alla restituzione di una somma di denaro che assumevano indebitamente prelevata da un libretto di deposito a risparmio intestato formalmente ad entrambi, ma di cui in realtà, a loro dire, era titolare la sola Caia.
La banca aveva utilizzato i fondi depositati sul libretto – entro il limite della metà delle somme disponibili – per compensare i crediti vantati verso Tizio quale fideiussore per i debiti derivanti da tre conti correnti riferibili a soggetti terzi.
Gli attori prospettarono il carattere indebito del prelievo sotto diversi aspetti, innanzitutto per l’esclusiva appartenenza delle somme depositate sul libretto a Caia, e inoltre, per quanto qui interessa, per l’illegittima applicazione dell’anatocismo periodico sui conti correnti dei debitori principali garantiti da Tizio.
Nel caso in esame, il carattere indebito della prestazione (id est: del prelievo dal libretto di deposito effettuato alla banca) non è discussione, posto che la corte d’appello aveva già affermato la nullità delle clausole anatocistiche con la sentenza parziale.
Si tratta, quindi, soltanto di individuare e di conteggiare gli addebiti anatocistici, sulla base dell’unica documentazione disponibile a tal fine, ovverosia sulla scorta degli estratti dei conti correnti.
Ebbene, il fatto che gli estratti conto risultino incompleti – ove sussistente, come affermato dalla corte d’appello – comporta l’impossibilità per gli attori di provare tutti i fatti posti a fondamento dell’azione e, quindi, la necessità di respingere la domanda, ma soltanto in parte qua, senza che si giustifichi in alcun modo un rigetto integrale, esteso anche agli addebiti anatocistici provati e ai relativi effetti calcolabili sulla base della documentazione prodotta e acquisita.
In particolare, evidenzia la Cassazione, questo è un principio che vale indifferentemente, tanto nel caso in cui attore – gravato dell’onere della prova – sia il cliente della banca, quanto nel caso in cui sia la banca ad agire, con l’onere di provare il credito finale risultante dalle movimentazioni del conto.
In entrambi i casi, l’attore subisce l’azzeramento dei crediti che potrebbero risultare dagli estratti conto mancanti, il che però non esclude la possibilità di vedere riconosciuto il proprio credito al netto di quell’azzeramento.