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Euro digitale, tra politica monetaria e nuove sfide per le banche

20 Dicembre 2024

Cristinia Evanghelia Papadimitriu, Ricercatrice in Diritto dell’economia, Università degli Studi di Messina

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Il progetto della Banca Centrale Europea per l’introduzione dell’euro digitale si presenta come una leva strategica significativa per lo sviluppo delle aziende italiane ed europee, con implicazioni che toccano diversi ambiti. Infatti, la CBDC può stimolare l’innovazione nel settore dei pagamenti, promuovere l’inclusione finanziaria facilitando l’accesso ai servizi finanziari, rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione Europea. Inoltre, l’euro digitale rappresenta una tecnologia di base che può stimolare l’adozione di nuovi processi digitali e soluzioni innovative. Le opportunità offerte dall’euro digitale sono notevoli e per coglierle completamente è necessario investire in infrastrutture digitali, promuovere l’educazione digitale a tutti i livelli, collaborare con il settore privato per sviluppare applicazioni e servizi fondati sulla nuova moneta digitale e, infine, adeguare il quadro normativo per facilitarne l’adozione in sicurezza.

ABSTRACT: The European Central Bank’s project for the introduction of the digital euro presents itself as strategic for the development of Italian and European companies, with implications that affect various areas. In fact, CBDC can stimulate innovation in the payments sector, promote financial inclusion by facilitating access to financial services, strengthen the strategic autonomy of the European Union. Furthermore, the digital money represents a foundational technology that can stimulate the adoption of new digital processes and innovative solutions. The opportunities offered by CBDC are considerable and to fully seize them it is necessary to invest in digital infrastructure, promote digital education at all levels, collaborate with private sector to develop applications and services based on the new digital currency and, finally, adapt the regulatory framework to facilitate its safe adoption.


1. Premessa: brevi cenni sull’evoluzione del concetto tradizionale di moneta

L’avvento di nuovi strumenti tecnologici come l’intelligenza artificiale e i registri distribuiti (distributed ledger technologies)[1] sta realizzando, in concreto, una profonda trasformazione della moneta e ne evidenzia nuove potenzialità, rendendo necessario uno specifico approfondimento delle relative categorie giuridiche e della regolamentazione di settore.

A tal fine e per meglio comprendere il tema dell’euro digitale, oggetto del presente contributo, si ritiene necessaria una breve premessa sulle tesi che hanno definito ruolo e caratteristiche della moneta, per come sviluppatesi nel corso della storia economica.

In effetti, la moneta è per molti aspetti un a priori, il fondamento stesso dell’economia di scambio, e come tale si pone come una sorta di postulato del sistema[2]. La moneta, significativamente, è stata spesso paragonata all’ “olio” dell’apparato economico[3], senza il quale il motore del mercato, fondato sull’economia di scambio, non può funzionare.

Essa ha certamente origini antiche ma, nonostante la sua lunga storia, non vi è ancora oggi una sua precisa e condivisa definizione[4]. A tale riguardo, la dottrina economica ha evidenziato l’esistenza di tre filoni fondamentali: la moneta intesa come merce, la teoria statalista della moneta e, per ultimo, quella sociologica.

Verso la fine dell’Ottocento, gli studiosi di economia moderna abbracciavano la concezione della moneta intesa come merce, seguendo una ricostruzione probabilmente risalente nel tempo ad Aristotele[5].  Secondo tale impostazione, la materialità e la tangibilità ne rappresentavano le sue caratteristiche fondamentali, che la distinguevano dal differente concetto di credito, fortemente legato al sistema bancario e ancorato ad altri principi.

Pertanto, la moneta era considerata alla stregua di una merce e vista come un semplice strumento tecnico, un mezzo neutrale nell’ambito dei rapporti economici[6], adottato per facilitare le transazioni commerciali[7].

In seguito, si sono affermate le teorie classiche sulla moneta, le quali ritenevano che il suo valore fosse collegato esclusivamente a quello del metallo prezioso con il quale era stata forgiata e che i titoli di debito, emessi dalle banche, potessero essere considerati moneta solo nell’ipotesi in cui fossero convertibili in oro o argento. Seguendo tale impostazione, grazie alla dottrina tedesca[8], si affermò la nuova teoria “statalista”, maggiormente in linea con il diffondersi dell’importanza del ruolo svolto dalle banche, le quali venivano valorizzate in quegli anni attraverso il riconoscimento di un rapporto fiduciario con lo Stato. Il punto focale di tale impostazione è quello secondo il quale solo l’autorità pubblica può costituire la condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza della stessa moneta[9].

Infine, una posizione diversa dalle precedenti, sostenuta da studiosi come Simmel e Weber[10], affronta la questione sotto il profilo sociologico, giungendo a ricostruire la moneta quale istituzione sociale[11]. In particolare, Simmel[12] attribuiva alla moneta un valore astratto, fondato essenzialmente sulla relazione e sulla fiducia di carattere sociale; in tal senso, la moneta veniva considerata soprattutto una convenzione sociale, che non doveva perdere il proprio intrinseco valore[13].

Tutte queste diverse posizioni evidenziano gli sforzi compiuti nel tempo al fine di definire una nozione che resta sfuggente, non pacifica e priva di contorni ben delineati. Per tale ragione, la dottrina economica ha deciso di orientarsi non più sulla natura della moneta, quanto sulle finalità che le vengono attribuite e sulle quali è stata raggiunta un’importante unanimità di vedute, ovvero il fatto che la moneta è strumento di pagamento[14], unità di conto e riserva di valore.

Secondo la prima accezione, la moneta svolge il ruolo di bene universale nell’ambito degli scambi, poiché privo di una propria capacità di soddisfare specifici bisogni umani, ma consente di acquisire ciò che serve per soddisfare i singoli individui. In altre parole, la moneta garantisce al suo titolare la possibilità di acquistare altri beni, mediante il suo passaggio da un soggetto ad un altro.

Con “unità di conto”, invece, si intende la capacità della moneta di essere utilizzata come parametro del valore di un bene, espresso in forma numerica e, pertanto, idoneo a essere determinato in modo uniforme, assumendo in tal modo un ruolo essenziale nell’ambito degli scambi commerciali[15].

Infine, intesa come riserva di valore, la moneta può essere messa da parte e accumulata in vista di ulteriori esigenze, proprio in virtù del suo potere di acquisto a esercizio differito nel tempo.

Alla luce di quanto sopra esposto, appare evidente che l’approccio economico segue un’impostazione funzionale, ponendo in secondo piano ogni elemento relativo alle caratteristiche materiali e concrete della moneta. Allo stesso tempo, e proprio in considerazione di tale specifica impostazione, è sempre più forte l’esigenza di adeguare questa tripartizione tradizionale alle nuove caratteristiche che derivano dalla smaterializzazione dello strumento monetario.[16]

A partire dagli anni ’90, invero, è iniziato un processo di “smaterializzazione” o “dematerializzazione”[17] dei mezzi monetari privati, che comprendono la moneta bancaria[18], detta anche fiduciaria o scritturale[19] e, infine, quella elettronica[20]. Dagli anni Novanta in poi si è dunque verificata una progressiva diminuzione dell’utilizzo del contante ed una sempre maggiore applicazione dei trasferimenti elettronici di fondi[21], mediante passaggi tra conti bancari diversi, con l’utilizzo di carte di credito o di debito o, più recentemente, usando strumenti di mobile payment, sempre più diffusi nell’ambito dei pagamenti elettronici[22].

Il processo di smaterializzazione ha reso la moneta non solo uno strumento di pagamento, un’unità di conto e una riserva di valore, ma soprattutto un mezzo idoneo a raccogliere i dati dei suoi utilizzatori attraverso il complesso e articolato sistema dei pagamenti[23], affidato a numerosi operatori privati, i quali hanno il compito di portare a termine lo scambio, ottenendo informazioni su ogni singola transazione. Quest’ultima caratteristica rappresenta una chiara differenza rispetto al pagamento in contanti, capace di garantire anonimato e segretezza e, allo stesso tempo, sta diventando sempre più evidente nell’ambito dell’attuale contesto, in cui i dati sono posti al centro dei fenomeni economici[24]. Infatti, nell’economia digitale i dati sono il fattore della produzione più importante, rappresentano una merce preziosissima, materia prima di molti processi economici e ultimo tassello della smaterializzazione della ricchezza che ha visto lo spostamento di valore da beni tangibili a beni intangibili[25].

Su questa scia, anche l’intelligenza artificiale, normata con Regolamento europeo, si pone come obiettivo quello di ricreare in modo artificiale le modalità del ragionamento umano[26], al fine di ottenere contenuti, previsioni, decisioni, in grado di influenzare il processo decisionale, grazie all’utilizzo congiunto di algoritmi e dati[27].  I primi rappresentano una sequenza finita e ordinata di istruzioni chiare e univoche, che si traduce in una serie di passaggi elementari ognuno dei quali eseguibile entro un tempo definito e che produce un risultato in un tempo finito per la risoluzione di un problema[28]. Infatti, l’aspetto maggiormente rilevante di questa tecnologia riguarda la sua capacità di apprendere in modo autonomo (machine learning), sulla base della propria esperienza, quindi in considerazione dei dati raccolti[29].

Negli ultimi anni, ad aver impresso un’accelerazione così forte all’AI sono state l’adozione di metodi statistici e probabilistici, la sempre maggiore complessità degli algoritmi e la crescente capacità di calcolo dei processori, la cui potenza è decisiva per elaborare dati. Ma soprattutto, i progressi dell’IA rappresentano il frutto della crescente disponibilità di dati (big data)[30] su cui allenare le capacità delle macchine, le quali sono in grado di verificare l’esistenza di correlazioni tra i dati stessi.

L’utilizzo e la relativa applicazione di questo sconfinato patrimonio informativo fondano oggi le proprie basi su specifiche tecniche di data analytics[31], le quali ricercano precise relazioni statistiche all’interno di un determinato data set[32], al fine di individuare modelli utili per il successivo processo decisionale.

In definitiva, si tratta di un processo di elaborazione dati particolarmente complesso, caratterizzato da importanti capacità predittive, che si sostituisce al giudizio umano sotto tutti gli aspetti. A tale proposito, il regolamento sull’IA evidenzia come tali potenzialità possano essere utilizzate per migliorare le operazioni, l’assegnazione delle risorse, la personalizzazione delle soluzioni digitali disponibili per i singoli e le organizzazioni[33], nonostante la consapevolezza dei rischi che esse comportano nei diversi settori di impiego e, in particolar modo, in quello finanziario.

2. DLT e smart contracts: possibili applicazioni nell’ambito dell’euro digitale

Insieme all’intelligenza artificiale, di cui si è brevemente discusso nel paragrafo introduttivo, un altro fattore volto a modificare il concetto di moneta e ad evidenziare tutte le complessità correlate al fenomeno in questione è quello dei registri distribuiti o DLT[34], un modello che può certamente considerarsi alternativo rispetto ai tradizionali sistemi centralizzati.

L’art. 8-ter, comma 1, del d.l. n. 135 del 2008 li definisce come “tecnologie e protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”[35].

Pertanto, essi utilizzano nuovi sistemi per la registrazione di asset digitali, con una base dati replicata e sincronizzata, distribuita in modo uniforme e accessibile a tutti i partecipanti, i quali si relazionano tra loro secondo una logica paritaria (peer-to-peer)[36], che si contrappone alla logica seguita dai sistemi gerarchicamente ordinati secondo la distinzione tra client e server.

Tra questi diversi protocolli, il più noto e applicato è certamente la blockchain[37], la quale costituisce una catena di informazioni ordinate temporalmente, che subiscono un processo di verifica e validazione prima di essere scritte in modalità append-only ledger[38] sulla catena stessa; una volta scritte non possono essere più cancellate o modificate in quanto lo strumento della DLT funziona come un libro mastro (ledger) in cui vengono immagazzinate tutte le transazioni e informazioni[39].

Si tratta di sistemi caratterizzati da vari livelli di innovatività, che si realizzano attraverso strutture diversificate, in relazione al trade off tra sicurezza, velocità ed economicità.

Un’importante classificazione relativa alla blockchain distingue quattro diverse tipologie: privata o pubblica, permissioned o permissionless, che, a loro volta, possono dare vita ad un’ulteriore distinzione che comprende le public permissioned blockchains, le public permissionless blockchains, le private permissioned blockchains, le private permissionless blockchains. Nello specifico, il distinguo tra permessionless e permessioned si basa proprio sulla presenza di meccanismi di autorizzazione[40]. Senza entrare troppo nel dettaglio, ciò che rileva in questa sede è evidenziare come l’utilizzo delle DLT e, in particolare, della blockchain, possa risultare rilevante ai fini dello sviluppo della CBDC.

L’elemento che appare più innovativo e che accomuna sia i sistemi permissionless, sia quelli permissioned riguarda la possibilità di utilizzare e applicare la tecnologia degli smart contracts[41].

Sono proprio questi che, combinati con l’intelligenza artificiale, potranno presentare una notevole utilità nell’ambito della futura moneta digitale, consentendo di renderla uno strumento intelligente e programmabile, che potrà essere sfruttato in modo ottimale per perseguire finalità diverse.

Infatti, tali contratti ad esecuzione automatica sembrerebbero essere in grado di aumentare le potenzialità e lo sviluppo tecnico degli strumenti di pagamento, personalizzandone anche le funzioni, oltre che acquisire una forte multifunzionalità in relazione all’operatività della moneta digitale stessa. In tale ottica, secondo gli esperti del settore, le tecnologie decentralizzate risulterebbero maggiormente idonee a garantire una forma notevolmente più avanzata di programmabilità, che, come si avrà modo di evidenziare nei prossimi paragrafi, rappresenta una delle caratteristiche peculiari dell’euro digitale, volta ad aumentare la complessità tecnica dello strumento monetario.

Gli smart contracts consistono in programmi informatici auto-esecutivi, strutturati secondo la logica dell’“if-then”, che garantisce l’immediata attivazione del contratto al momento del verificarsi dell’evento futuro ipotizzato, mentre le tecnologie DLT garantiscono l’immodificabilità e l’integrità dei dati e delle informazioni

Sotto il profilo contrattuale, si pone l’importante problematica della possibilità di ricondurre gli smart contracts all’interno della teorica tradizionale, inquadrandoli in tal modo alla stregua di accordi o contratti[42] di tipo digitale, ai quali sarebbero applicabili le regole previste nel Codice civile.

Secondo altri autori, invece, gli smart contracts dovrebbero essere considerati in senso atecnico, come semplici protocolli automatizzati[43], che nulla avrebbero a che fare con i tradizionali contratti disciplinati dal diritto civile.

Come ha evidenziato la Banca d’Italia, le caratteristiche operative di questi nuovi strumenti contrattuali pongono delicati interrogativi circa l’applicabilità delle specifiche regole che caratterizzano i vari ambiti dei servizi finanziari, sollevando così numerose problematiche di tipo pratico.

Pertanto, a parere di chi scrive, per poter al meglio ragionare sulla loro qualificazione giuridica e conseguente regolamentazione, è necessario tenere nella dovuta considerazione le peculiarità e l’eterogeneità del fenomeno. Infatti, gli smart contracts rappresentano una categoria molto variegata e possono trovare diverse declinazioni, ad esempio, essi possono consistere in un mero codice senza che vi sia un reale collegamento ad alcun contratto; in strumenti per perseguire un vero e proprio contratto; in dichiarazioni di volontà, di offerta o di accettazione; infine, in strumenti collegati ad un contratto che possono esistere sia on-chain, sia off-chain.

Un’altra rilevante distinzione è quella relativa al tipo di codice che viene utilizzato a seconda che sia sorgente o byte[44]. Il codice sorgente consiste in un linguaggio di programmazione comprensibile per l’essere umano, mentre il bytecode viene generato dal codice sorgente e, generalmente, non risulta essere comprensibile. Il codice sorgente segue la logica off-chain, mentre il bytecode è on-chain.

Il profilo che in questa sede rileva è che, di volta in volta, in relazione alle specifiche operatività, è necessario verificare le caratteristiche concernenti quel determinato smart contract al fine di individuare eventuali elementi di compatibilità con la contrattualistica tradizionale e procedere, in caso di esito positivo, all’applicazione della relativa disciplina. Tutto ciò rende evidente come tali strumenti presentino ancora un elevato grado di incertezza giuridica e di criticità che potrebbero diventare ancora maggiori nell’ambito della moneta.

È vero infatti che, nonostante queste incertezze e le tante perplessità sollevate da più parti, i sistemi distribuiti e gli smart contracts hanno già realizzato numerose applicazioni monetarie di tipo privato, come ad esempio le stablecoins[45], ma è anche vero che l’utilizzo di tali nuove e sofisticate tecnologie nell’ambito della moneta digitale pubblica richiede un’ulteriore e più profonda riflessione da parte della BCE[46].

Infine, un ulteriore profilo fondamentale di una futura moneta digitale riguarda la struttura del registro in cui verranno registrate le transazioni; in questo caso, si tratta di scegliere tra sistemi centralizzati tradizionali e decentralizzati maggiormente innovativi[47]. Al momento, tra i sistemi decentralizzati sono oggetto di particolare attenzione le private permissioned DLT[48], ritenute soluzioni tecnologicamente preferibili alla public permissionless.

Nello specifico, in molti sistemi che sfruttano la tecnologia DLT, il registro viene gestito congiuntamente da diversi soggetti, in modo decentrato e senza che un nodo si trovi in posizione di supremazia rispetto ad un altro, ma ciò richiede che ogni aggiornamento del libro mastro venga concordato tra tutti i diversi nodi, mediante gli algoritmi di consenso.

Una tale metodologia può sicuramente risultare più efficiente, in quanto consta dei mezzi tecnici necessari per verificare la cronologia di ogni transazione ma, allo stesso tempo, può rendere le tempistiche concrete più adatte a sistemi piccoli rispetto a quelli tradizionali[49]. Ciò spiega perché, nel caso di applicazione alle CBDC, le tecnologie decentralizzate potrebbero essere destinate alla circolazione della moneta su sistemi di pagamento di dimensioni più ridotte, come, ad esempio, i sistemi di pagamento all’ingrosso, con tutti i possibili vantaggi che ne deriverebbero[50].

C’è da dire che, con riferimento alle soluzioni relative ai registri, la tecnologia più utilizzata si conferma essere quella di tipo private permissioned. Volendo indagare alcune realtà che hanno già implementato la tecnologia blockchain nell’ambito della moneta digitale, l’e-krona svedese si basa, ad esempio, su una DLT privata, accessibile solo ai partecipanti approvati dalla Riksbank[51], secondo una struttura permissioned, che permette di validare le transazioni senza incorrere nel dispendio energetico di bitcoin, in quanto il sistema richiede la presenza di soli pochi nodi per validare ogni transazione. La struttura della rete e-krona è flessibile e presenta un design espansibile, in quanto è possibile introdurre servizi aggiuntivi come, ad esempio, la possibilità di incrementare il sistema con servizi basati su smart contracts.

Un ulteriore esempio è dato dall’e-Neira nigeriana che ha scelto una DLT – nello specifico l’Hyperledger Fabric, una piattaforma open-source, progettata per essere applicata in contesti aziendali – in grado di sostenere un’architettura modulare. Essa segue un modello di piattaforma che mette a disposizione un supporto tecnologico e strutture di pagamento, sulla quale le istituzioni finanziarie e i prestatori di servizi di pagamento potranno creare servizi di pagamento stratificati[52].

La Cina, invece, ha iniziato ad elaborare veri e propri progetti pilota in materia di CBDC[53], mentre l’Unione Europea ha avviato un’importante attività di ricerca e sviluppo con l’obiettivo di valutare i vantaggi e i profili di criticità dell’euro digitale[54].

È ancora presto e i tempi non sono ancora maturi per poter effettuare una valutazione definitiva, sembra però che la scelta tra i due sistemi alternativi dipenda soprattutto dal livello di programmabilità che si vorrà attribuire alla moneta digitale pubblica, aspetto che si cercherà di approfondire nel prosieguo.

3. Le caratteristiche strutturali della CBDC e le relative implicazioni giuridiche-economiche

Le Central Bank Digital Currencies rappresentano una nuova forma di moneta[55]; in particolare, questo studio fa riferimento alle CBDC “retail” o “general purpose”, cioè le monete digitali, emesse da Banche centrali, utilizzabili come mezzo di pagamento ufficiale al fine di estinguere le obbligazioni pecuniarie[56]. Pertanto, le CBDC si aggiungono alle altre forme di moneta in circolazione, vale a dire: il denaro contante, le riserve costituite presso le Banche centrali[57], la moneta bancaria e i c.d. “surrogati monetari”, che comprendono la moneta elettronica (e-money)[58], i fondi del mercato monetario (money market fund shares)[59] e le stablecoins [60]. In particolare, le CBDC possono essere considerate una forma di moneta pubblica e digitale: infatti, da un lato, si tratta di una moneta creata direttamente dalla Banca centrale[61]; dall’altro lato, di moneta emessa utilizzando tecnologie basate su registri distribuiti.

Per comprendere meglio le specifiche caratteristiche dell’euro digitale, è necessario fare qualche ulteriore riferimento all’applicazione delle DLT in ambito monetario[62]. Proprio queste ultime permettono di creare un sistema di pagamento decentralizzato che possa tenere costante e immutabile traccia di tutte le transazioni, ma senza il coinvolgimento di terze parti[63]. Pertanto, applicando questa nuova forma di tecnologia alla moneta, senza l’intervento di intermediari persone fisiche o giuridiche e senza il controllo di una pubblica autorità, Stati e Banche centrali possono creare un sistema di pagamento mediante il quale immettere nel circuito economico nuova moneta in forma digitale, con l’ausilio di algoritmi eseguiti automaticamente dai nodi della rete. Tutto ciò rappresenta certamente una nuova e decisiva fase del processo di digitalizzazione della moneta, che consiste nel passaggio da una imponente struttura tecnologica basata su registri centralizzati ad una basata su registri distribuiti.

Un elemento che va evidenziato è che il mezzo tecnologico in questione conferisce alle CBDC particolari e specifiche caratteristiche strutturali, che le differenziano notevolmente da tutte le altre forme di moneta[64]. In primo luogo, le CBDC, intese come token digitali esistenti in forma scritturale annotate su registri distribuiti, sono suscettibili di proprietà privata in via diretta e immediata mediante wallet. Quest’ultimo è un programma informatico il quale, sfruttando la crittografia asimmetrica alla base del funzionamento dei registri distribuiti, attribuisce al titolare di una coppia di chiavi (pubblica e privata) il potere di accedere e modificare direttamente lo stato del registro, eseguendo transazioni che hanno ad oggetto le monete digitali che risultano annotate presso l’indirizzo visibile a tutti e di cui il titolare detiene la chiave privata[65]. Da ciò deriva che il rapporto tra titolare e token crittografici ha natura reale, e non obbligatoria, poiché il possessore della chiave privata può disporre di tali strumenti in modo diretto e disintermediato, esercitando sugli stessi un dominio pieno ed esclusivo. Per tale ragione, le CBDC sono generalmente considerate come “digital cash”.

Inoltre, a quanto detto finora va aggiunta la seconda caratteristica dell’euro digitale, ovvero l’assenza del rischio di credito. Infatti, potendo essere emesse e distribuite dalla Banca centrale direttamente a soggetti privati i quali possono utilizzarle come mezzo di pagamento, le CBDC si configurano giuridicamente come una diretta liability della Banca centrale emittente, così come il denaro contante e le riserve delle Banche centrali; in considerazione di ciò, vengono iscritte al passivo nel bilancio dell’emittente, non sono ulteriormente redimibili e sono esenti da rischio di credito, in quanto sono garantite direttamente dalla Banca centrale.

Pertanto, appare chiara la sostanziale differenza con la moneta bancaria, la quale rappresenta una liability della singola banca verso il relativo creditore, redimibile in denaro contante e garantita dallo Stato fino ad un certo ammontare.

Infine, la tecnologia in questione conferisce all’Euro digitale due ulteriori interessanti caratteristiche: la possibilità dell’emittente di governare direttamente i processi di creazione e distribuzione della moneta, al di là di ogni intermediario[66]; la possibilità di programmare le condizioni di circolazione e di spesa mediante appositi programmi informatici.

Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile ritenere che, rispetto alle altre forme di moneta, l’innovazione delle CBDC si pone innanzitutto sul piano dell’efficienza di tale mezzo di pagamento, e quindi della velocità e certezza delle transazioni, atteso che, grazie all’ausilio della tecnologia, i momenti di esecuzione, clearing e settlement di una transazione si verificano simultaneamente quando essa viene validata e annotata sul registro[67].

Dunque, il mezzo di pagamento in esame appare massimamente sicuro, in quanto non comporta alcun rischio di credito, e può inoltre essere utilizzato per effettuare operazioni nel contesto della token economy e dell’internet-of-value, come la compravendita di asset digitali e l’utilizzo di applicazioni e servizi finanziari decentralizzati[68]. Seguendo quest’ottica, è possibile giustificare l’opportunità di riforme monetarie fondate sull’introduzione di CBDC nell’ambito di un’economia mondiale sempre più digitalizzata e spiegano il crescente interesse istituzionale suscitato in tutto il mondo[69].

Inoltre, quanto detto induce a ritenere che le CBDC si pongono in diretta concorrenza con la moneta bancaria quale mezzo di pagamento più sicuro ed efficiente, potendo divenire nuova moneta “dominante” ed elemento portante dell’infrastruttura tecnologico-finanziaria del prossimo futuro[70].

Oltre a questo, è ipotizzabile che le CBDC possano apportare rilevanti benefici anche in termini di implementazione della politica monetaria, rafforzamento della stabilità finanziaria, inclusione finanziaria e contrasto alle attività criminali[71].

Si può però affermare che, nel contesto del sistema monetario contemporaneo, la caratteristica più evidente delle CBDC e che produce maggiori conseguenze è senza dubbio quella della disintermediazione nell’offerta e nella circolazione della moneta, poiché l’intermediazione bancaria, da sempre attività fondamentale, non è più necessaria nell’ambito della governance della moneta digitale e dei relativi sistemi di pagamento. Questo aspetto caratterizzante l’euro digitale apre indubbi ma, allo stesso tempo, ancora incerti, scenari di riforma del sistema, sia sotto il profilo dell’ordinamento interno, sia sotto quello internazionale, nell’ambito di un sistema globale, in cui tutti i processi di creazione e distribuzione delle valute nazionali sono fino ad oggi necessariamente intermediati dal sistema bancario. Si prospetta in tal modo, sul piano interno, una situazione di maggiore controllo pubblico e di disintermediazione dei fenomeni monetari, dunque, di potenziale rafforzamento della sovranità monetaria degli Stati nei confronti del sistema bancario e finanziario considerato nel complesso; tuttavia, questo maggior controllo deve essere bilanciato, sotto il profilo giuridico ed economico con l’esigenza di garantire la stabilità e la tenuta del sistema[72]. Proprio sotto quest’ultimo aspetto, va dedicata una particolare attenzione all’impatto potenzialmente negativo che avrebbero le CBDC retail in termini di stabilità finanziaria e di rischi per la parte creditizia, in quanto vi è il concreto pericolo che si verifichi il c.d. bank run di cittadini; ciò significa che questi ultimi, al fine di tutelare i propri risparmi, andrebbero a convertire i loro depositi bancari in CBDC detenute in via immediata e diretta[73].  Lo scenario appena prospettato necessita che vengano valutate nel modo migliore possibile le implicazioni giuridico-economiche delle CBDC e i possibili effetti destabilizzanti sull’intero sistema creditizio nazionale e sovranazionale[74]; evidenziando l’evidente opportunità di coinvolgere il sistema bancario nella governance della moneta digitale e rivalutando il ruolo delle banche con riferimento all’ordinamento monetario.

Infine, sul piano internazionale, la prospettiva di disintermediazione del sistema bancario, sotto forma di riduzione dei fondi per la raccolta del risparmio e dei flussi di credito all’economia[75], e conseguente centralizzazione nello Stato, mediante la Banca centrale, del potere di governo della moneta comporta il rischio di eccessiva frammentazione dell’ordinamento monetario, con importanti ricadute negative per quanto riguarda la stabilità monetaria e finanziaria globale[76]. Pertanto, sotto questo aspetto, sarà fondamentale l’attività di coordinamento e cooperazione delle Istituzioni finanziarie internazionali, in particolare il Fondo Monetario Internazionale e la Banca per i Regolamenti Internazionali[77].

4. Il design delle CBDC: tra modelli diretti, indiretti e ibridi

La moneta digitale pubblica potrà certamente assumere molteplici e poliedrici design[78] rispetto all’attuale contante, caratterizzato da una sola dimensione.

Tra le varie opzioni le CBDCs potranno differenziarsi in base al tipo di accesso (se basato su un conto o su un token), all’emissione direttamente dal banchiere centrale o da altro intermediario, all’utilizzo della tecnologia centralizzata-tradizionale o decentralizzata-innovativa; infine, alla corresponsione o meno degli interessi[79].

L’opzione sulla quale si intende soffermarsi nel presente studio è quella relativa alla scelta della modalità mediante la quale l’utente potrà entrare in contatto con la moneta digitale pubblica, che riguarda nello specifico il bilanciamento tra ruolo pubblico e privato. In tale ipotesi, si distinguono i modelli diretti, indiretti e ibridi, in relazione al coinvolgimento e ai rapporti tra banchiere centrale e operatori privati.

Nel modello più semplice, una retail CBDC account-based di tipo “diretto”, ai privati viene data la possibilità di aprire un conto direttamente presso la banca centrale, la quale avrebbe anche l’onere di gestire la registrazione di tutti i saldi delle operazioni, aggiornandole costantemente. Così descritto, tale modello avrebbe come naturale conseguenza l’alterazione della ripartizione delle funzioni tra pubblico e privato nella gestione monetaria, ad evidente favore del primo, sottraendo in tal modo alle banche commerciali un insieme di importanti compiti svolti finora, come la necessità di garantire l’operatività dei pagamenti anche off-line o l’assunzione di specifici rischi che riguardano il rapporto diretto con il cliente, di cui fino ad oggi si sono occupati gli intermediari privati. Tutte funzioni per le quali, inoltre, l’infrastruttura informatica pubblica non è stata progettata, né è dotata di personale appositamente formato e dedicato.

L’introduzione di una moneta digitale pubblica diretta comporterebbe, pertanto, una sorta di deminutio del ruolo privato, fino a giungere ad una completa disintermediazione rispetto agli operatori bancari tradizionali, e a un conseguente accentramento di tutte le funzioni in capo al banchiere centrale.

Invece, nel modello “indiretto” di CBDC, conosciuto anche come two tier o tiered system[80], il banchiere centrale non avrebbe nessun contatto diretto con l’utente. Ciò significa che non dovrebbe occuparsi di gestire le singole transazioni e il rapporto con i privati, che continuerebbero ad essere regolati dai singoli intermediari.

Sotto il profilo tecnico-operativo, i pagamenti verrebbero disposti dagli utenti finali, ma istruiti dai loro intermediari vigilati, che avrebbero anche il compito di gestirne i conti presso la banca centrale.

Seguendo tale direzione, sempre agli intermediari verrebbe affidato il compito di autenticare gli utenti finali, di effettuare le attività di KYC, di rispettare gli impegni imposti dalla normativa AML e CFT, nonché di garantire la connettività tecnica tra gli utenti e l’infrastruttura; il limite evidente di tale sistema è che il cliente non potrebbe vantare un credito diretto nei confronti del banchiere centrale, ma dovrebbe fare sempre riferimento all’intermediario, come accade nel sistema bancario vigente.

Per superare questo limite, è stata proposta una terza soluzione “intermedia”, rappresentata dai c.d. modelli “ibridi”, che sembrerebbero in grado di gestire in modo più adeguato i rapporti tra pubblico e privato. Tali modelli combinano gli elementi chiave dei due modelli descritti sopra, giacché, da un lato, l’euro digitale verrebbe emesso attraverso un’obbligazione che la banca centrale assume direttamente nei confronti degli utenti finali, ma sarebbe comunque prevista la partecipazione di istituzioni private a supporto dell’operatività del sistema dei pagamenti, con impatto positivo anche sul versante della concorrenza nel mercato dei pagamenti[81].

Tuttavia, il modello in questione risulta alquanto complesso, presupponendo l’attuazione di una rigida e netta separazione tra le posizioni proprie dei clienti e quelle dei singoli prestatori dei servizi di pagamento, di particolare rilevanza specialmente nell’ipotesi di default di uno dei soggetti coinvolti, stante la necessità di evitare la confusione fra patrimoni distinti.

In definitiva, l’architettura ibrida è certamente quella più complessa da gestire, attesa la compenetrazione di competenze tra pubblico e privato; nonostante ciò, come rilevato in dottrina, essa presenta l’indubbio vantaggio di poter essere applicata su larga scala, grazie all’implementazione delle tecnologie attualmente vigenti, anche nelle più grandi aree valutarie del mondo. Per tale ragione, questo modello sembrerebbe essere la soluzione migliore per quanto concerne la struttura finale dell’euro digitale.

5. Profili di criticità: il ruolo degli intermediari e il rischio della disintermediazione

Nonostante gli indubbi vantaggi derivanti dall’euro digitale[82], i banchieri centrali sono pienamente consapevoli delle problematiche che l’introduzione di una moneta digitale pubblica può comportare, in particolare con riferimento a due principali questioni.

Innanzitutto, per l’impatto che tale forma di dematerializzazione monetaria potrebbe avere sul diritto alla privacy e alla tutela dei dati e delle informazioni relativi ai singoli soggetti. Questi timori sono stati anche enfatizzati da alcuni studiosi fino al punto di immaginare la creazione di uno “Stato controllore”, in grado di influenzare e indirizzare le scelte dei cittadini.

Pertanto, appare naturale che i singoli banchieri centrali stiano attentamente valutando questi aspetti con estrema cautela e prudenza[83].

Un’ulteriore problematica derivante dalla diffusione della CBDC, forse ancora più rilevante di quella precedente, riguarda l’effetto che essa avrebbe sull’intero sistema di intermediazione privata – e in particolar modo sulle banche commerciali –, che rischierebbe di subire importanti penalizzazioni, sino alla possibilità concreta di una definitiva emarginazione dal mercato, da cui scaturirebbero importanti effetti a catena. Infatti, l’accesso diretto a una valuta del banchiere centrale potrebbe ridurre radicalmente l’attività degli enti creditizi nell’ambito dei servizi di pagamento, con conseguenze in grado di incidere in maniera rilevante sulla loro capacità di raccolta del risparmio e sulla relativa attività di erogazione del credito[84].

Pertanto, appare evidente che le principali qualità dell’euro digitale – sicurezza e liquidità – potrebbero determinare una forte domanda da parte del pubblico e diventare, paradossalmente, una fonte di debolezza e precarietà del sistema finanziario. In altri termini, se gli utenti sostituissero, anche rapidamente, una quantità significativa di depositi bancari con l’euro digitale, gli intermediari avrebbero bisogno di sostituire una parte della raccolta al dettaglio con altre fonti di finanziamento, potenzialmente più costose e volatili. L’offerta di credito all’economia potrebbe ridursi e il suo costo aumentare.

Per mitigare questi rischi, alcuni hanno suggerito di limitare l’utilizzo dell’euro digitale a casi d’uso particolarmente innovativi e non associati ai mezzi e agli strumenti di pagamento esistenti, come potrebbe avvenire nelle ipotesi di CBDC “programmabile”[85].

A mero titolo esemplificativo, la caratteristica di programmabilità della moneta digitale potrebbe consentire alla Banca centrale di immettere nel circuito economico delle “special-purpose” CBDC, cioè delle monete digitali in cui sono codificate specifiche condizioni di spesa (per finalità di consumo, di investimento ovvero di prestito), con previsione di limiti temporali o quantitativi di utilizzo, vincoli di destinazione e altre più complesse condizioni, al fine di realizzare determinati obiettivi di politica economica (ad esempio, in materia di cambiamento climatico e sviluppo sostenibile)[86].

È vero però che soluzioni basate su limiti all’uso dell’euro digitale ad alcuni casi di nicchia non sarebbero ottimali, in quanto ne ridurrebbero la diffusione come mezzo di pagamento, indebolendone il ruolo di àncora della fiducia del pubblico di cui ho discusso prima. Poiché questo ancoraggio è centrale per la stabilità dell’intero sistema finanziario[87], in realtà diviene necessario assicurare un uso diffuso dell’euro digitale in coesistenza con gli altri strumenti oggi a disposizione del pubblico.

Per prevenire possibili effetti indesiderati senza rinunciare ai benefici, le caratteristiche dell’euro digitale devono invece essere definite in modo tale che esso sia usato soprattutto come mezzo di pagamento e non come forma di investimento o riserva di valore. Questo obiettivo può essere raggiunto già nella fase di progettazione dell’euro digitale, introducendo, ad esempio, limiti alla quantità che ciascun utente può detenere o trasferire. Tali limiti sarebbero giustificabili sulla base dell’interesse pubblico, analogamente a quanto previsto già oggi per quanto riguarda i controlli e le restrizioni al ritiro di ingenti quantità di contanti o ai trasferimenti di depositi bancari che eccedono soglie elevate. Parallelamente potrebbero essere fissati tassi di remunerazione che disincentivino gli utenti a detenere eccessive quantità di euro digitale. Nel definire eventuali limiti alle quantità o la struttura remunerativa, bisognerà trovare il giusto equilibrio tra rendere disponibili i vantaggi di un euro digitale come mezzo di pagamento e mitigare i rischi di disintermediazione o addirittura di corsa agli sportelli[88]. In ogni caso, le caratteristiche dell’euro digitale dovranno rispondere ai tre principi fondativi di tutte le monete digitali di banca centrale identificati dalla Banca dei Regolamenti Internazionali e da un gruppo di banche centrali: i) non interferire o ostacolare la capacità delle banche centrali di adempiere al loro mandato di stabilità monetaria e finanziaria; ii) assicurare la coesistenza e la complementarità di forme di denaro pubbliche e private; iii) promuovere innovazione ed efficienza[89].

6. I poteri del banchiere centrale nell’emissione della moneta digitale

Giunti a questo punto della trattazione, un’ultima nodale questione riguarda la verifica dell’esistenza, in capo alla Banca Centrale Europea, dei poteri necessari per l’adozione dell’euro digitale.

In generale, nonostante ad ognuno di essi siano state attribuite le funzioni relative all’emissione della moneta e alla gestione del sistema dei pagamenti, è necessario valutare se le singole disposizioni vigenti in materia includano anche l’emissione e la gestione della futura CBDC retail.

Dai primi studi[90] effettuati emerge che, nella maggior parte dei casi, le disposizioni dei diversi ordinamenti non prevedono espressamente l’attribuzione di poteri specifici in capo ai banchieri centrali con riferimento all’emissione di una valuta digitale. Infatti, le leggi che si occupano di attribuire i poteri alle banche centrali, allo stato, autorizzano l’emissione di moneta solo sottoforma di banconote e monete metalliche, ma non certamente sotto forma di moneta digitale, anche a causa delle incertezze derivanti dalla mancanza di una nozione giuridica unitaria di token[91].

Invece, i poteri per emettere una CBDC basata su un conto si rintracciano nelle norme che già oggi garantiscono ai soli grandi intermediari finanziari di aprire conti presso di essa; dunque, per l’offerta al pubblico generale, è sufficiente modificare tale profilo, ampliando la platea dei soggetti ammessi.

Guardando alla realtà dei fatti, ben l’85% delle leggi sulle banche centrali contiene tale limitazione, ovvero la possibilità di aprire conti correnti a una categoria limitata di istituzioni, mentre solo una minoranza (circa dieci banche centrali) permetterebbe l’apertura di conti correnti ad altre categorie di soggetti[92]. Ciò serve ad evidenziare che, ad oggi, quasi tutti gli ordinamenti richiederebbero un adattamento o, quantomeno, una serie di interventi normativi al fine di ampliare i poteri attribuiti alle banche centrati con riferimento all’emissione di una CBDC retail.

Per il momento, la dottrina ha iniziato a prospettare alcune interessanti ipotesi che vanno prese in considerazione nel presente studio.

Innanzitutto, per quanto concerne una wholesale CBDC, che sia accessibile solo alle controparti finanziarie autorizzate, la norma di riferimento potrebbe rinvenirsi nell’art. 127, par. 2, TFUE[93] in combinato disposto con l’art. 20, prima parte[94], dello Statuto del SEBC, che porterebbe ad una sostanziale equiparazione rispetto alle attuali riserve delle banche commerciali già detenute.

Invece, decisamente più articolata appare la questione che riguarda i poteri volti all’emissione di un euro digitale di tipo retail, in quanto il fondamento normativo potrebbe variare in base alle sue caratteristiche e, prima ancora, in relazione alla sua costruzione come token o account based[95].

Sotto questo profilo, l’ipotesi in cui è più facile trovare un riscontro normativo riguarda l’adozione di un account based retail euro. Infatti, in questo contesto il riferimento normativo potrebbe risiedere nell’art. 127, par. 2, del TFUE, combinato con l’art. 17 dello Statuto del SEBC. Tale disposizione, che fa riferimento ai conti detenuti presso la BCE e le banche centrali nazionali, stabilisce che «Al fine di svolgere le loro operazioni, la BCE e le banche centrali nazionali possono aprire conti intestati a enti creditizi, organismi pubblici e altri operatori del mercato e accettare come garanzia attività, ivi compresi i titoli scritturali». Pertanto, basterebbe semplicemente modificare detta disposizione per introdurre la possibilità, anche ai privati, di aprire conti direttamente presso la BCE.

Anche per quanto concerne la possibilità di adottare un euro digitale token-based, la BCE e la dottrina prevalente ritengono che ci siano già nel Trattato i fondamenti del potere per emetterlo.

Nello specifico, la norma di riferimento che va considerata in questo caso è l’art. 128 del TFUE[96], in combinato disposto con la prima frase dell’art. 16 dello Statuto del SEBC[97], ove si disciplina il potere della BCE di stampare banconote.

Secondo l’opinione prevalente, tali disposizioni permetterebbero alla Banca Centrale Europea di emettere banconote in generale, senza alcun riferimento ad uno specifico supporto, ma facendo solo riferimento al fatto di costituire una passività di banca centrale[98]. Tuttavia, non è pare possibile ritenere che questo unico elemento sia sufficiente a legittimare l’attribuzione di tale potere alla BCE, ma è necessaria anche una rilettura delle disposizioni che tenga in considerazione l’evoluzione dell’Unione monetaria e del ruolo della banca centrale. In tale prospettiva, il passaggio dal cartaceo al digitale va considerato solo un’ulteriore evoluzione, dovuta al processo di innovazione tecnologica, che si aggiunge a tutte le altre evoluzioni e rivoluzioni che si sono verificare nel corso della storia, in ogni caso non in grado di alterare le caratteristiche tipiche della banconota[99].

In sostanza, per sottolineare l’importanza e la necessità di una interpretazione evolutiva, corretta e adeguata, la stessa formulazione dell’art. 128, par. 1, TFUE e dell’art. 16 dello Statuto richiederebbe di considerare il formato delle banconote come elemento di secondaria importanza, atteso che l’elemento caratterizzante si rinviene nella loro funzione. In poche parole, le banconote sarebbero sempre destinate a fungere da mezzo di pagamento e di riserva di valore affidabile, senza alcun rischio di credito accessibile al pubblico, a prescindere dalla forma che assumono[100].

Seguendo detto orientamento, dunque, tutte le scelte che riguardano il design del futuro euro digitale, compresa la sua denominazione, le tecniche e la sicurezza, sarebbero riconducibili alla funzione e al potere di emissione così come definito dall’art. 128 TFUE e dall’art. 16 dello Statuto del SEBC e rimesse in modo esclusivo alla BCE. Inoltre, gli elementi essenziali quali l’autorizzazione, l’emissione e la progettazione dei token sarebbero di competenza esclusiva dell’Eurosistema, mentre la produzione e la distribuzione potrebbero essere anche delegate a produttori e intermediari finanziari esterni.

Tale tesi, che considera la BCE già titolare dei poteri di emissione dell’euro digitale retail, alla luce di una interpretazione evolutiva delle norme come sopra richiamate, non pare, tuttavia, del tutto condivisibile.

Infatti, non è possibile immaginare che un euro digitale, con le caratteristiche di cui si è detto, possa essere emesso solamente alla luce dei richiami normativi sopra esaminati. Le argomentazioni sostenute dall’orientamento de quo prendono in considerazione solo un profilo, ovvero la forma della futura moneta nelle vesti di conto o token, senza considerare le ulteriori caratteristiche che connotano l’euro digitale; in particolar modo, le funzioni che esso potrà svolgere in relazione alla sua nuova natura digitale, inclusa la questione che riguarda la sua programmabilità.

Pertanto, è con riguardo a tutti questi aspetti che dovrà essere verificata l’esistenza dei poteri in capo al BCE.

Come già evidenziato, la moneta pubblica digitale non replicherà semplicemente le funzioni delle banconote e dei conti tradizionali, presentandosi non solo come strumento di pagamento e riserva di valore, ma anche considerando tutte le innovative potenzialità che potranno essere perseguite grazie all’utilizzo dell’’intelligenza artificiale e alla sua caratteristica della programmabilità.

Nel dettaglio, l’euro digitale token o account based potrebbe essere concepito in modo tale da permettere alla Banca Centrale Europea di influenzare la stessa domanda di moneta, anche mediante il pagamento o la riscossione di interessi sulle banconote digitali e imponendo limiti o condizioni alla loro detenzione o al loro utilizzo. Pertanto, considerando questi e altri casi, il mero rinvio agli articoli 128 e 16 non può ritenersi sufficiente; sarebbe, invece, necessario rintracciare ulteriori disposizioni normative che attengono maggiormente all’esercizio delle funzioni di politica monetaria, quali, ad esempio, l’art. 127, par. 2, del TFUE, insieme con l’art. 17 dello Statuto del SEBC[101].

Ne deriva che, come ben evidenziato in dottrina[102], gli articoli 128, par. 1 e 16 possono garantire solo l’emissione di un euro digitale token-based inteso come semplice equivalente della banconota, le cui uniche funzioni sarebbero quelle di strumento di pagamento e unità di conto, senza tener conto di obiettivi diversi, come quelli di politica monetaria. Tutto ciò in quanto, secondo l’opinione prevalente, l’art. 128, par. 1, relativo ai poteri di emissione della moneta, va interpretato disgiuntamente rispetto all’art. 127, par. 2 TFUE, relativo all’esercizio delle funzioni di politica monetaria, posto che l’esistenza di due diverse disposizioni comporta in concreto la sussistenza di prerogative diverse.

Tenendo ben presente queste considerazioni, appare evidente che i rischi relativi all’emissione di CBDC, i nuovi poteri e le funzioni che questa dovrebbe esercitare, non possono essere valutati guardando esclusivamente al contesto normativo attuale, ma richiedono innanzitutto l’intervento del legislatore europeo, che dovrà valutare in modo adeguato questo specifico profilo, al fine di introdurre garanzie più importanti ed un sistema di controlli adeguato e di livello più elevato[103].

7. Conclusioni

Giungere a conclusioni sull’euro digitale che abbiano una qualche pretesa di esaustività non è facile e richiede la valutazione completa dell’intero quadro di riferimento.

Senza alcun dubbio, l’innovativa tecnologia rappresentata dalla DLT e dalla blockchain in generale, capace di assicurare svariate forme e declinarsi in varie e diversificate categorie, rappresenta un fattore determinante per il successo di tale proposta monetaria. Infatti, le tecnologie distribuite, in particolar modo quelle di tipo private permissioned, sono destinate ad avere un impatto elevato sulla futura moneta, grazie anche all’applicazione congiunta dell’intelligenza artificiale.

Nello scenario delineato, il dato certo è che il processo di smaterializzazione, intrapreso ormai da diversi anni, ha trasformato in maniera rilevante la moneta in uno strumento potenziato e programmabile, che necessita di particolari e specifiche valutazioni da parte del legislatore, sia nell’ipotesi in cui venga emessa da un soggetto privato, sia da un banchiere centrale, tenendo in considerazione l’importanza del bilanciamento dei valori in gioco. Infatti, nel panorama tecnologico odierno le banche centrali non possono limitarsi a fornire solo moneta cartacea, ma hanno la responsabilità di fornire ai cittadini strumenti di pagamento adeguati a soddisfare le nuove esigenze.

Inoltre, sono evidenti i vantaggi derivanti dalla emissione e relativa diffusione dell’euro digitale.

In primo luogo, l’emissione di un euro digitale come forma digitale di contante garantirebbe che la moneta pubblica rimanga un’opzione a disposizione di tutti, fornendo uno strumento di pagamento pratico, di portata europea. A ciò si aggiunga che fornirebbe una rete di pagamento alternativa rispetto a quelle gestite dai principali fornitori di carte e soluzioni di pagamento online, rendendo in tal modo più semplice e meno costoso, per gli intermediari vigilati, offrire nuovi servizi a livello europeo[104].

In considerazione di quanto appena detto, la CBDC avrebbe un impatto notevole proprio sulla concorrenza. Con riferimento a tale settore, infatti, l’euro digitale avrebbe come obiettivo l’interesse pubblico, la promozione di standard aperti e volti a creare un sistema a beneficio di tutti, e non invece “walled gardens” al servizio di interessi privati[105]. La nuova moneta digitale eviterebbe la creazione di circuiti chiusi, offrendo a tutti i prestatori di servizi di pagamento una piattaforma aperta per l’innovazione, immediatamente scalabile a livello europeo. Attualmente le soluzioni di pagamento innovative che si rinvengono in molti paesi europei incontrano difficoltà nel raggiungere una dimensione che possa definirsi “paneuropea”, e ciò genera costi diretti e aggiuntivi per i cittadini, i quali a loro volta non riescono a ottenere i servizi desiderati. A differenza delle piattaforme digitali e delle soluzioni per i pagamenti elettronici, come Paypal, l’euro digitale permetterebbe inoltre alle banche di mantenere la propria relazione con la clientela, promuovendo in modo più vigoroso l’innovazione nel settore bancario.

Un ulteriore vantaggio potrebbe consistere nel contributo che l’euro digitale potrebbe offrire alla stabilità del sistema. A differenza dei problemi che potrebbero derivare dal tentativo delle grandi società tecnologiche di imporsi nel contesto dei pagamenti digitali, l’emissione della CBDC non causerebbe l’instabilità del sistema finanziario, ma manterrebbe, al contrario, una sana concorrenza nel settore dei pagamenti digitali.

A fronte di ciò, restano ancora tanti i nodi da sciogliere in vista dell’introduzione di una moneta pubblica digitale che sia in grado di sfruttare le potenzialità delle descritte tecnologie; in particolare, l’adozione dell’euro digitale richiede un profondo cambio di prospettiva, strettamente connesso alla transizione verso una società senza contanti.

In definitiva, la regolazione delle nuove forme di moneta si caratterizza ancora per l’assenza di un approccio che possa definirsi “trasversale” e in grado di cogliere tutte le peculiarità del fenomeno. Infatti, la Proposta di regolamento sull’euro digitale prevede chiaramente varie disposizioni dedicate ai servizi di pagamento relativi alla CBDC, ma non disciplina tutti quei profili dei servizi di pagamento in euro digitale che richiederebbero regole ad hoc, come, ad esempio, le operazioni che comportano l’utilizzo delle funzionalità “waterfall” e “reverse waterfall”[106].

Pertanto, l’attuale approccio normativo alla digitalizzazione della moneta non pare pienamente in grado di garantire una regolazione della materia chiara e coerente, alimentando dubbi e perplessità negli intermediari e nei clienti, con riferimento alle forme di tutela di cui gli stessi godrebbero[107].

In questa fase di ampliamento delle attività bancarie e degli intermediari ai nuovi servizi digitali, pertanto, è necessario che il legislatore si sforzi di favorire una normativa realmente “cross-sectoral”, che prenda nella dovuta considerazione i numerosi rischi derivanti dall’applicazione delle tecnologie ai servizi finanziari, rendendo completo e omogeneo il percorso di integrazione “verticale” del diritto finanziario.

Il successo dell’iniziativa sarà poi determinato dalla capacità della BCE e delle istituzioni europee coinvolte di governare la transizione, garantendo i giusti tempi ed evitando di comprimere eccessivamente lo spazio delle banche commerciali[108]. Allo stesso tempo, queste ultime dovranno attivarsi per evitare un approccio passivo di cooperazione alla creazione della moneta digitale, in modo da trasformare un potenziale rischio in una potenziale opportunità di crescita e di stabilità finanziaria.

 

[1] Dal punto di vista tecnico, le DLT rappresentano una classe di tecnologie che consentono la registrazione e la condivisione di dati in modo distribuito e sicuro tra un insieme di partecipanti, mentre la blockchain è un tipo specifico di DLT che utilizza una particolare struttura dati, raccogliendo le transazioni in una catena di “blocchi” di validazione consequenziali:ex multis, V. GUPTA, The Promise of Blockchain is a World Without Middlemen, in Harvard Business Review, 6 marzo 2017; M. PILKINGTON, Blockhain Technology: Priciples and Applications, 18 settembre 2015, Research Handbook on Digital Transformation; P. CUCCURU, Blockchain ed automazione contrattuale. Riflessioni sugli “smart contracts”, in Nuova Giur. Comm., 2017, p. 107 ss; M. GIULIANO, La blockchain e gli smart contracts nell’innovazione del diritto del terzo millennio, in Dir. inform., 2018, p. 989 ss.; A. WALCH, The Path of the Blockchain Lexicon (and the Law), in 36 Rev. Banking & Fin. L., 718, 2017; BANCA MONDIALE, Distributed Ledger Technology (DLT) and Blockchain, Washington, 2017.

[2] C. MENGER, On the origins of money, in The Economic Journal, n. 2/1982, vol. 6, p. 239 ss., il quale evidenzia l’apparente irrazionalità dell’uso della moneta: “There is a phenomenon which has from old and in a peculiar degree attracted the attention of social philosophers and practical economists, the fact of certain commodities (these being in advanced civilizations coined pieces of gold and silver, together subsequently whith documents representing those coins) becoming universally acceptable media of exchange. It is obvious the most ordinary intelligence, that a commodity should be given up by its owner in exchange for another more useful to him. But that every economic unit in a nation should be ready to exchange his goods for little metal disks apparently useless as such, or for documents representing the latter, is a procedure so opposed to the ordinary course of things, that we cannot well wonder if even a distinguished thinker like Savigny finds it downright “mysterious”.

[3] K. WIKSELL, Lectures on political economy, in Money, vol. 2, New York, 1967, p. 5.

[4] Sul punto, M. CIAN, La criptovaluta. Alle radici dell’idea giuridica di denaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari, in Banca borsa tit. cred., 2019, 3, p. 332 ss.; F. CAPRIGLIONE, (voce) Moneta, in En. Dir. Agg., III, Milano, 1999, p. 747 ss.; si vedano anche le precisazioni dell’Avv. Generale G. Pitruzzella nell’ambito delle Osservazioni generali presentate il 29 settembre 2020 nelle Cause riunite C- 422/19 e C-423/19, secondo cui “Già solo da un punto di vista terminologico il termine «moneta» può dar luogo a confusioni in quanto in altre lingue esso può essere tradotto con termini diversi, ovvero, da un lato, nel senso di «valuta», ossia di moneta legale in un determinato paese o unione monetaria (in inglese «currency», in tedesco «Währung»; questi sono i termini corrispondenti al termine moneta usati nel trattato per indicare l’euro). Dall’altro lato, il termine moneta può essere tradotto nel senso, utilizzato nel linguaggio comune con un senso più di carattere generale, di «denaro» (in inglese, «money», in tedesco, «Geld»)», disponibile al link https://curia.europa.eu/juris/document. Sempre sul tema, V. DE STASIO, Le monete virtuali. Natura giuridica e disciplina dei prestatori dei servizi connessi, in Diritto del Fintech, M. Cian, C. Sandei (a cura di), Padova, 2020, 0. 215 ss.

[5] Per questa ricostruzione, G. INGHAM, La natura della moneta, Roma, 2016, p. 38 ss..

[6] J. SCHUMPETER, Storia dell’analisi economica, Torino, 1972. Nella dottrina italiana, B. INZITARI, La moneta, in F. Galgano (a cura di), Tr. Dir. comm. e Dir. Pubbl. Economia, Vol. VI, Padova, 1973, p. 75 ss..

[7] V. R. A. JONES, Origini e sviluppo dei mezzi di scambio, in M. S. Giannini, G. Pittalunga (a cura di), Moneta e istituzioni monetarie, Milano, 2001, p. 64 ss..

[8] A. P. MUELLE, The Magic Money Tree: The case against Modern Monetary Theory, 2019, in https://www.academia.edu/43515559/THE_MAGIC_MONEY_TREE_The_case_against_Modern_Monetary_Theory.

[9] G. INGHAM, La natura della moneta, cit., p. 89 ss.; H. SIEKMANN, Restricting the use of the cash in the European Monetary Union: Legal Aspect, in Cash in East Asia, F. RÖVENKAMP, M. BÄLZ, H. G. HILPERT (a cura di), Berlino, 2017, p. 157 ss.. Per una ricostruzione storica, V. DE STASIO, Verso un concetto europeo di moneta legale: valute virtuali, monete complementari e regole di adempimento, in Banca, Borsa, tit. cred., 2018, p.  157 ss.

[10] M. WEBER, Economia e società. Sociologia del diritto, Torino, 2000; ID., Economia e società. Comunità, Roma, 2005.

[11] Sul punto, si veda E. BERCELLONA, Ius monetarium. Diritto e moneta alle origini della modernità, Bologna, 2012.

[12] G. SIMMEL, La filosofia del denaro, Torino, 2004.

[13] M. CARNEY, The Future of Money, discorso del 2 Marzo 2018, disponibile al link https://www.bankofengland.co.uk.

[14] P. FERRO LUZZI, Lezioni di diritto bancario, Giappichelli, 2012.

[15] A. NUSSBAUM, Money in the Law, Foundation Press, 1939.

[16] Ex multis, G. LEMME, Moneta scritturale e moneta elettronica, Giappichelli, Torino, 2003.

[17] P. SPADA, La circolazione della “ricchezza assente” alla fine del millennio (riflessioni sistematiche sulla dematerializzazione dei titoli di massa), in Banca borsa tit. cred., 1999, I, p. 407 ss.; M. CALLEGARI, I titoli di credito e i processi di dematerializzazione, in I titoli di credito, AA. VV., Trattato di diritto commerciale, Padova, 2006, p. 110 ss..

[18] A. SCIARRONE ALIBRANDI, L’interposizione della banca nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria, Milano, 1997, p. 8, secondo la quale la moneta bancaria rappresenta «l’insieme dei saldi disponibili dei conti in banca altresì detti “debiti bancari a vista”, la cui movimentazione è in grado di produrre il trasferimento di una certa disponibilità da un soggetto ad un altro senza spostamento materiale di denaro contante».

[19] C. O. ROCHE, Understanding the Modern Monetary System, 7, 5 agosto 2011, in https://ssrn.com/abstract=1905625; C. A. CONANT, The Evolution of Modern Banking, in 14 Political Sci Quaterly, 1899, in https://jstor.org/stable/2140637#metadata_info_tab_contents; G. LEMME, Moneta scritturale e moneta elettronica, cit..

[20] Secondo la definizione data dalla Direttiva 46/2000, la moneta elettronica può essere considerata quel «valore monetario rappresentato da un credito verso l’emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico; emesso dietro ricezione di fondi il cui valore non sia inferiore al valore monetario emesso; accettato come mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emittente». In dottrina, G. GUERRIERI, La moneta elettronica: profili giuridici dei nuovi strumenti di pagamento, Bologna, 2015; S. SICA, P. STAZIONE, V. ZENO ZENCOVICH (a cura di), La moneta elettronica: profili giuridici e problematiche applicative, Milano, 2006; P. CUOMO, La moneta elettronica, in Diritto del Fintech, M. Cian, C. Sandei (a cura di), Padova, 2020; p. 195 ss.; G. OLIVIERI, Appunti sulla moneta elettronica, in Banca borsa e tit. cred., 2001, p. 814 ss.; P. FERRO LUZZI, Una nuova fattispecie giurisprudenziale l’“anatocismo bancario”; postulati e conseguenze, in Giur. Comm., 2001, 1, p. 31 e ss.

[21] O. TROIANO, I servizi elettronici di pagamento. Addebiti in conti non autorizzati: un’analisi comparata, Milano, 1996; S. MACCARONE, I trasferimenti di fondi nel diritto italiano, in Dir. inform., 1985, p. 605 ss.; V. SANTORO, Appunti sulla moneta elettronica, in Riv. not., 1986, p. 879 ss.

[22] In dottrina, V. PROFETA, L’evoluzione dei servizi di pagamento non armonizzati: l’assegno nella prospettiva della dematerializzazione, in M. MANCINI, M. PERASSI (a cura di), Il nuovo quadro normativo comunitario dei servizi di pagamento. Prime riflessioni. Banca d’Italia, Quaderni giuridici, 2008, p. 179 ss.; M. CIAN, La dematerializzazione degli strumenti finanziari, in Banca borsa tit. cred., 2007, p. 648 ss.

[23] M. ONZA, Gli strumenti di pagamento nel contesto dei pagamenti on line, in Rivista di diritto bancario, 4/2017, p. 679 ss.

[24] Ex multis, L. AMMANNATI, Verso un diritto delle piattaforme digitali?, in L. Ammannati, A. Canepa, G.L Greco, U. Minneci (a cura di), Algoritmi, Big Data, piattaforme digitali. La regolazione dei mercati in trasformazione, Giappichelli, 2021.

[25] A. QUARTA, G. SMORTO, Diritto privato dei mercati digitali, Le Monnier Università, 2020, p. 21.

[26] L. FLORIDI, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, 2017, p. 149; S. QUINTARELLI, Intelligenza Artificiale. Cos’è davvero, come funziona, che effetti avrà, Torino, 2020; F. PASQUALE, Le nuove leggi della robotica. Difendere la competenza umana nell’era dell’intelligenza artificiale, Roma, 2021; M. PELLEGRINI, L’intelligenza artificiale nell’organizzazione bancaria: quali sfide per il regolatore?, in Riv. trim. dir. econ., 2021, 3, p. 422 ss.

[27] P. CELLINI, La rivoluzione digitale. Economia di internet dallo Sputnik al machine learning, Luiss University Press, Roma, 2018; P. ZELLINI, La dittatura del calcolo, Adelphi, Milano, 2018.

[28] F. MATTASSOGLIO, Algoritmi e regolazione: circa i limiti del principio di neutralità tecnologica, in Rivista della regolazione dei mercati, 2018, p. 2 ss.; M. T. PARACAMPO, FinTech tra algoritmi, trasparenza e algo-governance, in Dir. banc. Merc. Fin., 2019, p. 2 ss..

[29] Sul punto, A. ZUMMO, Intelligenza artificiale: il pensiero giudiziario e l’utilizzo dei sistemi di IA tra teorie euristiche, profili etici e principi nazionali e sovranazionali, in Il diritto.it, 5 luglio 2021, disponibile al link https://www.diritto.it/intelligenza-artificiale-il-pensiero-giudiziario-e-lutilizo-dei-sistemi-ia-tra-teorie-euristiche-profili-etici-e-principi-nazionali-e-sovranazionali/.

[30] M. DELMASTRO, A. NICITA, Big data. Come stanno cambiando il nostro mondo, Bologna, 2019; L. LAURA, Breve e universale storia degli algoritmi, Luiss University Press, Roma, 2019; V. MAYER-SCHOENBERGER, K. CUKIER, Big Data, Hartcourt Publishing Company, London, 2013.

[31] Sul tema, T. HASTIE, R. TIBSHIRANI, J. FRIEDMAN, The elements of statistical learning: data mining, inference, and prediction, New York, 2009.

[32] Interessante il contributo di U. FAYYAD, The Digital Physics of Data mining, 44 Comm. ACM, March 2001, p. 62 ss.

[33] Considerando n. 3 del regolamento sull’IA.

[34] P. GALLO, DLT, Blockchain e Smart Contracts, in M. Cian, C. Sandei (a cura di), Diritto del Fintech, Wolters Kluwer, 2020, p. 137 ss; P. PEACH, The governance of blockchain financial network, in LSE, Working Paper 14/2017

[35] Così come modificato dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12.

[36] Per un approfondimento, G. BALP, P2P lending e invoice trading, M. Cian, C. Sandei (a cura di), Diritto del Fintech, cit., p. 303 ss.

[37] M. FINCK, Blockchain Regulation on Governance in Europe, Cambridge, 2019; K. WERBACH, The blockchain and the new architecture, MIT press, 2019; AA. VV., Blockchain and smart contracts. Funzionamento, profili giuridici e internazionali, applicazioni pratiche, R. Battaglini, M. Giordano, (a cura di) Milano, 2019; M. GIULIANO, La blockchain e gli smart contracts nell’innovazione del diritto del terzo millennio, in Dir. inform., 2018, p. 989 ss.; L. PAROLA, P. MERATI, G. GAVOTTI, Blockchain e smart contract: questioni giuridiche aperte, in Contr., 2018, p. 681 ss.

[38] La blockchain è infatti un “append-only ledger” ovvero un registro che consente solamente l’aggiunta di nuovi dati che, una volta registrati, non sono più modificabili o eliminabili e, per tale ragione, è ritenuta essere in grado di garantire meglio un adeguato coordinamento tra i nodi e la difesa del possibile comportamento melevolo di uno di essi.

[39] R. LA ROCCA, R. MANCINI, M. BENEDETTI, M. CARUSO, S. COSSU, G. GALANO, S. MANCINI, G. MARCELLI, P. MARTELLA, M. NARDELLI, C. OLIVIERO, «Integrating DLTs with market infrastructures: analysis and proof-of-concept for secure DvP between TIPS and DLT platforms», in Mercati, infrastrutture e sistemi di pagamento, n. 26/2022.

[40] Per tale distinzione, si veda EUROPEAN LAW INSTITUTE, ELI Principles on Blockchain Technology, Smart Contracts and Consumer Protection, Council Draft, 2022, in https://www.europalawinstitute.eu.

[41]F. DI CIOMMO, La conclusione e l’esecuzione automatizzata dei contratti (smart contract), in Banche, Intermediari e Fintech. Nuovi strumenti digitali in ambito finanziario, G. Cassano, F. Di Ciommo, M. Rubino De Ritis (a cura di), Giuffrè, 2021, p. 79 ss.; M.T. GIORDANO, Il problema degli oracoli, in R. Battaglini, M.T. Giordano (a cura di), Blockchain e smart contract. Funzionamento, profili giuridici e internazionali, applicazioni pratiche, Milano, 2019, p. 262 ss.; S. GEORGE, Smart Contracts: Tools for Transactional Lawyers, in Texas B. J., 81, 2018, P. 403 ss.; G. LEMME, Gli smart contracts e le tre leggi della robotica, in AGE, 2019, p. 129 ss.; F. RAMPONE, Smart contract: né smart né contract, in Riv. dir. priv., 2019, 2, p. 1 ss.; M. L. PERUGINI, P. DAL CHECCO, Introduzione agli smart contract, 2016, disponibile su www.ssrn.com.

[42] Tra i favorevoli alla tesi contrattualistica, F. SARZANA DI S. IPPOLITO, M. NICOTRA, Diritto della blockchain, Intelligenza artificiale e IoT, Milano, 2018.

[43] G. GREENSPAN, Beware of the Impossible Smart Contract, in Multichain, aprile 2016, https://perma.cc/3Q33-DCTT, interessante anche F. RAMPONE, Smart contract: nè smart, nè contract, in Riv. Dir. Priv., 2019, 2, p. 1 ss., che critica apertamente la scelta del d.l. n. 135 del 2018 di considerarli come «forma scritta del contratto».

[44] EUROPEAN LAW INSTITUTE, ELI Principles on Blockchain Technology, Smart Contracts and Consumer Protection, Council Draft, 2022, in https://www.europeanlawinstitute.eu.

[45] S. CAPACCIOLI, M. T. GIORDANO, Crypto-asset: Regolamento MICA e DLT Pilot Regime. Analisi ragionata su token, stablecoins, CASP, Giuffrè, 2023; P. CARRIERE, Crypto-asset: le proposte di regolamentazione della Commissione UE. Opportunità e sfide per il mercato italiano, in Diritto bancario, Approfondimenti, 2020.

[46] M. SEPE, Innovazione tecnologica, algoritmi e Intelligenza artificiale nella prestazione dei servizi finanziari, in Riv. trim. dir. econ., 2021, suppl. al n. 3, p. 186 ss.

[47] Allo stato, la maggior parte dei progetti definiti dalle banche centrali prevede l’utilizzo di forme di permissioned DLT, mentre il modello permissionless appare inadatto alla moneta pubblica digitale.

[48] R.M. TOWNSEND, Distributed Ledgers: Design and Regulation of Financial Infrastructure and Payment Systems, Cambridge, 2020; F. ANNUNZIATA, Distributed Ledger Technology e mercato finanziatio: dalle prime posizioni ESMA alle ultime proproste, in M. T. PARACAMPO (a cura di), Fintech. Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico tecnologico, II, Torino, 2019, p. 330 ss..

[49] Per fare qualche esempio, v. Project Jasper in Canada, Project Ubin a Singapore e Project Inthanon in Thailandia.

[50] Per un approfondimento del tema, A. N. DIDENKO, D. A. ZETZSCHE, D. W. ARNER, R. P. BUCKLEY, After Libra, Digital Yuan and COVID-19: Central Bank Digital Currencies and the New World of Money and Payment System, 11 giugno 2020, EBI Working Paper Series n. 65/2020, p. 13 ss.

[51] La Riksbank ha svelato che il proof of concept della e-krona utilizza «Corda», una soluzione di tecnologia a registro distribuito sviluppata da R3.

[52] Per un’analisi P. K. OZILI, eNaira central bank digital currency (CBDC) for financial inclusion in Nigeria, in M. E. A. Abdelli, M. Shahbaz (a cura di), Digital Economy, Energy and Sustainaability: Opportunities and Challenges, Berlin/Heidelgerg, 2023; J. REE, Nigeria’s eNaira One Year After; International Monetary Fund Working Paper N. 2023/104, 2023.

[53] Per un approfondimento del tema, J. JIANG, K. LUCERO, Background and Implication of China’s E-CNY, University of Florida Levin College of Law Research Paper N. 23-7, 2023; J. XU, Developments and implications of central bank digital currency: The case of China e-CNY, in Asian Econ. Policy Rev., 2022, 17; Y. HUANG, The genesis, design and implications of China’s central bank digital currency, in China Econ. J., 2021, 14.

[54] BANCA CENTRALE EUROPEA, Report on a Digital Euro, Francoforte 2020 e i successivi report, disponibili alla pagina web https://www.ebc.europa.eu, nonché, da ultimo, le proposte legislative in tema di Euro Digitale della Commissione Europea del 28 giugno 2023 (segnatamente, lee proposte di Regolamento relative all’istituzione dell’euro digitale (COM (2023) 369 final) e alla prestazione di servizi in euro digitale (COM (2023) 368 final), il report finale della BCE “A stocktake on the digital euro. Summary report on the investigation phase and outlook on the next phase”, del 18 ottobre 2023, recante la decisione di procedure alla fase di sperimentazione, e il comunicato stampa emesso nella medesima data da parte dell’Eurogruppo “Statement by the Eurogroup on the decision of the ECB’s Governing Council to launch the next phase of the digital euro project”, che approva tale decisione.

[55] V. SANTORO, Le “trasformazioni della moneta”. The evolution of money, in Orizzonti del Diritto Commerciale, n. 1/2023, p. 39 ss.

[56] In tema di CBDC è importante rilevare la distinzione tra CBDC retail o general pupose e CBDC wholesale: le prime sono un mezzo di pagamento ufficiale utilizzabile da chiunque, le seconde si configurano come strumento di pagamento utilizzabile solo da operatori istituzionali del sistema bancario e finanziario allo scopo di regolare in modo più efficiente le transazioni. Il loro impatto sul sistema monetario è estremamente differente: infatti, le CBDC retail rappresentano una alternativa alla moneta bancaria, che è la forma di moneta predominante; le CBDC wholesale costituiscono invece un’evoluzione delle riserve delle Banche centrali, un tipo di moneta utilizzata solo per i pagamenti interbancari.

[57] Le riserve rappresentano una forma di moneta scritturale emessa dalla Banca centrale esclusivamente nei confronti delle banche commerciali. Non sono redimibili, sono tracciabili e sono utilizzabili solo nelle transazioni commerciali.

[58] La moneta elettronica è una forma di moneta scritturale emessa da emittenti privati e utilizzata come mezzo di pagamento all’interno di determinati circuiti di pagamento.

[59] I fondi del mercato monetario sono fondi comuni di investimento altamente sicuri e liquidi, generalmente composti da titoli di stato con scadenza inferiore ai 12 mesi, le cui partecipazioni possono essere utilizzate come mezzo di pagamento in rapporto 1:1 con la moneta bancaria per le transazioni finanziarie.

[60] Le stablecoins sono una forma di moneta digitale emessa da emittenti privati che decidono di mantenere il cambio di 1:1 in relazione ad una determinata valuta fiat o ad un determinato paniere di valute. Interessante il contributo di G. LEMME, Monete complementari e criptomonete, tra anarchia e vigilanza, in Scritti in onore di Sabino Fortunato, Cacucci Editore, 2024, p. 3101 ss.

[61] Nel sistema monetario attuale, solo le riserve delle Banche centrali e il denaro contante sono forme di moneta “pubblica”, cioè una moneta creata e controllata da un’autorità pubblica; diversamente, la moneta bancaria e i surrogati monetari hanno natura di moneta “privata”, poiché sono realizzate da banche commerciali e da altri emittenti. Per un approfondimento, C. P. SKINNER, Central Bank Digital Currency as New Public Money, in Univ. Pa. Law Rev., 2023, 172.

[62] Su tale argomento, nell’ambito della letteratura internazionale, risulta interessante il contributo di D. FOX, S. GREEN (a cura di), Cryptocurrencies in Public and Private Law, Oxford, 2019.

[63] Secondo S. NAKAMOTO il protocollo è «electronic payment system based on cryptographic proof instead of trust, aallowing any two willing parties to transact directly with each other without the need for a trusted third party», S. NAKAMOTO, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, 2008.

[64] B. COEURÉ, J. LOH, Central Bank Digital Currencies, Technical Report, Bank for International Settlements, Basilea, 2018; T. ADRAIN, T. MANCINI GRIFFOLI, The Rise of Digital Money, Technical Report, International Monetary Fund, Washington, 2019.

[65] Il riferimento ai wallet su blockchain come “portafogli” di monete o altri asset digitali va intenso come una semplificazione; più correttamente essi sono “portachiavi”, poiché permettono di detenere chiavi di accesso agli indirizzi blockchain e di utilizzarle per trasmettere alla rete di nodi una transazione da validare, previa verifica delle condizioni di spesa, all’esito della quale viene direttamente modificato lo stato del registro.

[66] La possibilità di bypassare gli intermediari fiduciari nella governance della moneta va distinta dall’opportunità politica di procedere in tale direzione rispetto a rilevanti considerazioni di sicurezza, efficienza, privacy, giustizia e stabilità dei pagamenti. Tuttavia, a parere di chi scrive, la prospettiva di disintermediazione richiede di ripensare al ruolo dell’intermediazione bancaria nella governance della moneta.

[67] Sotto questo aspetto, si nota un ulteriore differenza con le transizioni bancarie tradizionali; infatti, nel sistema monetario contemporaneo, i momenti di esecuzione, clearing e settlement delle transazioni che utilizzano la moneta bancaria avvengono in fasi distinte e comportano un imponente sforzo istituzionale per verificare la correttezza delle stesse transazioni e prevenire il double spending della moneta.

[68] Sul punto, W. BOSSU, M. ITATANI, C. MARGULIS, A. ROSSI, H. WEENINK, A. YOSHINAGA, Legal aspects of central bank and monetary law considerations, IMF Working Paper N. 20/254, 2020.

[69] S. BROOKS, Revisiting the monetary sovereignty rationale for CBDCs, Bank of Canada Staff Discussion Paper N. 17/2021, 2021.

[70] A tale proposito, BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI, Annual Economic Report, Basilea, 2022, Capitolo III e ID., Annual Economic Report, Basilea, 2023, Capitolo III.

[71] W. ENGERT, F. BEN SIU-CHEONG, Central Bank Digital Currency: Motivations and Implications, Bank of Canada Staff Discussion Paper N. 2017/16, 2017, p. 125 ss.; M. BRUNNERMEIER, H. JAMES, J. P. LANDAU, The Digitalization of Money, BIS, Working Paper N. 941, 22021; D. NIEPELT, (a cura di), Central bank digital currency considerations, projects, outlook, Londra, 2021; I. AGAR, A. ARI, G. DELL’ARICCIA, Designing central bank digital currencies, in J. Mon. Econ., 2022.

[72] È pacifico che, nel contesto della globalizzazione finanziaria, la centralità del sistema bancario e la sempre maggiore rilevanza di quello finanziario nella creazione di nuova moneta indebolisce la sovranità statale in ambito monetario, poiché comporta, per la Banca centrale, una ridotta capacità di controllo dell’offerta di moneta e di trasmissione della politica monetaria.

[73] D. NIEPELT (a cura di), Central Bank Digital Currency considerations, projects, outlook, Londra, 2021; I. AGUR, A. ARI, G. DELL’ARICCIA, Designing central bank digital currencies, in J. Mon. Econ., 2022. Sul punto, è interessante notare che la questione relativa alla stabilità è alla base del dibattito se le CBDC debbano generare interessi da deposito o avere interesse nullo o addirittura negativo.

[74] L’European System Risk Board (“ESRB”) ha pubblicato il working paper series n. 146, intitolato “Public money as a store of value, heterogeneous beliefs and banks: implications of CBDC”, sulle implicazioni dell’introduzione nell’area euro di una moneta digitale da parte della banca centrale (CBDC) come riserva di valore. Gli autori del paper propongono un modello ispirato a Diamond e Dybvig, con il denaro pubblico come riserva di valore ed eterogenee convinzioni sulla stabilità bancaria, per indagare come l’adozione di una CBDC, come tecnologia per il deposito di valore, influenzi sia strutturalmente che ciclicamente l’intermediazione bancaria e il welfare, modificando la scelta del portafoglio dei consumatori tra il denaro pubblico e quello privato. Lo studio afferma che, a certe condizioni, la CBDC riduce il costo di deposito del denaro pubblico, creando allo stesso tempo una parziale disintermediazione bancaria. Nello specifico, secondo il modello proposto, la CBDC riduce il costo di deposito del denaro pubblico, con la conseguenza che tutti i detentori di contante e alcuni depositanti sceglierebbero di passare alla CBDC, di conseguenza si assisterebbe ad una riduzione dei depositi presso le banche. Inoltre, l’analisi sull’impatto della CBDC illustra come la moneta digitale abbia conseguenze differenziate sul welfare della popolazione, migliorerebbe il welfare in modo strutturale in un’ampia gamma di casi e potrebbe anche attenuare gli effetti sul welfare generati da episodi di “flight-to-safety” in situazioni di incertezza economica.

[75] P. MOTTURA, L’Euro digitale: sfida alla banca?, in Bancaria, 2021, p. 2 ss..

[76] Il rischio di frammentazione dell’ordinamento e di competizione tra CBDC e aree valutarie si intravede soprattutto con riferimento al ruolo strategico che le stesse possono svolgere a favore delle potenze emergenti, come la Cina o i Brics, come strumento per contrastare l’egemonia del dollaro americano. La stessa Unione Europea considera l’euro digitale uno strumento importante per rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione.

[77] Il Fondo Monetario Internazionale, la Banca dei Regolamenti Internazionali e la Banca Mondiale lavorano costantemente sui temi delle CBDC, sia attraverso l’attività di ricerca, sia mediante specifiche iniziative istituzionali. In particolare, FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE, IMF Approach to Central Bank Digital Currency Capacity Development, 2023, BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI, Central bank digital currencies: foundational principles and core features, Basilea, 2020. Infine, un interessante esempio di collaborazione istituzionale tra tali Organizzazioni in sede di governance economica globale è dato dal seguente report: BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI, FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE, BANCA MONDIALE, Central bank digital currencies for cross-border payments: Report to the G20, 2021.

[78] W. BOSSU, M. ITATANI, C. MARGULIS, A. D. P. ROSSI, H. WEENINK, A. YOSHINAGA, Legal Aspects of Central Bank Digital Currency: Central Bank and Monetary Law Considerations, in IMF Working Paper, 2020, p. 37 ss., reperibile al link https://www.imf.org; G. BOSI, Digital Euro e dintorni giuridici, in Banca impr. Soc., 2022, p. 219 ss..

[79] Per un approfondimento, R. AUER, R. BÖHME, The technology of retail central bank digital currency, in BIS Quarterly Review, 1° marzo 2020, disponibile al link https://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt2003j.htm.

[80] Sull’utilizzo di tale termine, M. KUMHOF, C. NOONE, Central bank digital currencies – design principles and balance sheet implications, Staff Working Paper N. 725, 2018, disponibile al link https://www.bankofengland.co.uk/-/media/boe/files/working-paper/2018/central-bank-digital-currencies-design-principles-and-balance-sheet-implications.pdf

[81] F. CIRAOLO, I sistemi di pagamento tra dinamiche tecnologiche e di mercato, in Diritti e Mercati nella transizione economica e digitale, M. Passalacqua (a cura di), Cedam, 2021, p. 415 ss.; F. MATTASSOGLIO, La moneta digitale. Alcune considerazioni di carattere giuridico, in Bancaria, X, 2022, p. 59 ss.

[82] A. N. DIDENKO, D. A. ZETZSCHE D. W. ARNER, R.  P. BUCKLEY, After Libra, Digital Yuan and COVID-19: Central Bank Digital Currencies and the New World of Money and Payment System, 11 giugno 2020, EBI Working Paper Series n. 65/2020, p. 13 ss.. Tra i vantaggi vanno evidenziati la possibilità di diventare uno strumento fondamentale da offrire agli utenti per le transazioni digitali e quello di innescare una forte spinta concorrenziale per il miglioramento di tutto il settore, sia in termini di costi, sia di qualità dei servizi di pagamento, fino a riuscire a soddisfare le future esigenze di pagamento di un’economia digitale.

[83] BOE, Discussion paper Central Bank Digital Currency, disponibile al link https://www.bankofengland.co.uk.

[84] J. BARRDEAR, M. KUMHOF, The Macroeconomics of Central Bank Issued Digital Currencies (July 18, 2016), Bank of England Working Paper, N. 605, disponibile al link https://ssrn.com/abstract=2811208.

[85] La programmabilità dell’euro digitale permetterebbe di introdurre denaro a impiego finalizzato, migliorando anche l’efficienza della politica monetaria. Ad esempio, una CBDC programmabile potrebbe consentire al banchiere centrale di decidere quali soggetti siano meritevoli di ottenere credito a breve o a lungo termine, o trovare impiego per la distribuzione di contributi sociali direttamente ai cittadini bisognosi, in una prospettiva di inclusione finanziaria.

[86] Tale possibilità viene in rilievo proprio mentre assume sempre maggiore spessore, nel contesto internazionale, il dibattito sul c.d. “green central banking”, avente ad oggetto le politiche monetarie “green” e, più in generale, il ruolo delle Banche centrali nel contesto della transizione climatica. Infatti, il green central banking sottende un ripensamento critico del rapporto tra moneta e sostenibilità, nonché tra politica monetaria e politica economica, inducendo a discutere circa l’opportunità di allineare le politiche monetarie agli obiettivi della transizione climatica e dello sviluppo sostenibile. Sul punto, S. DIKAU, U. VOLZ, Central Banking, Climate Change and Green Finance, ADBI Working Paper Series N. 867, 2018; E. FLAHERTI, Green Central Banking: Options for the ECB on Climate Change, The Institute of International and European Affairs, Dublino, 2020; M. DI LEO, Climate policy at the Bank of England: the possibilities and limits of green central banking, in Clim. Policy, 2023, 23, VI.

[87] F. MERUSI, I sistemi di pagamento nell’Eurosistema, in F. Belli, V. Santoro (a cura di), La Banca centrale europea, 2003, p. 111 ss.

[88] Si vedano Banca Centrale Europea, Digital euro experimentation scope and key learnings, 2021; e Banca d’Italia, The carbon footprint of the Target Instant Payment Settlement (TIPS) system: a comparative analysis with Bitcoin and other infrastructures, 2021; A. ADALID, K. ASSENMACHER, L. BURLON, M. DIMOU, C. LOPEZ-QUILES, N. FUENTES, B. MELLER, M. MUNOZ, P. RADULOVA, Central Bank digital currency and bank intermediation, Occasional papers series, n. 293, 2022.

[89] Si veda https://www.bis.org/publ/othp33_summary.pdf.

[90] W. BOSSU, M. ITATANI, C. MARGULIS, A.D.P. ROSSI, H. WEENINK, A. YOSHINAGA, Legal Aspects of Central Bank Digital Currency: Centre Bank and Monetary Law Considerations, cit..

[91] Per un approfondimento sul tema, F. DELFINI, Blockchain, smart contracts e innovazione tecnologica: l’informatica e il diritto dei contratti, in Riv. dir. priv., 2019, p. 167 ss.; A. LEE, B. MALONE, P. WONG, Tokens and accounts in the context of digital currencies, 23 dicembre 2020, in https://www.federalreserve.gov., F. MATTASSOGLIO, Le proposte europee in tema di crypto-assets e DLT. Prime prove di regolazione del mondo crypto o tentativo di tokenizzazione del mercato finanziario (ignorando bitcoin)?, in Riv. dir. banc., II, 2021, p. 58 ss..

[92] Fondo Monetario Internazionale (FMI), Ampliare i vantaggi dell’intelligenza artificiale generativa: il ruolo delle politiche fiscali, giugno 2024.

[93] L’art. 127, par. 2, stabilisce che «I compiti fondamentali da assolvere tramite il SEBC sono i seguenti: definire e attuare la politica monetaria dell’Unione, svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell’art. 219, – detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri, – promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento».

[94] L’art. 20, primo par. dello Statuto, intitolato, altri strumenti di controllo monetario, prevede che «Il consiglio direttivo può decidere, a maggioranza dei due terzi dei votanti, sull’utilizzo di altri metodi operativi di controllo monetario che esso ritenga appropriato, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 2».

[95] Sul punto, S. GRÜNEWALD, C. ZELLWEGER-GUTKNECHT, B. GEVA, Digital Euro and ECB powers, in Common Market Law Review, 58, 2021, p. 1029 ss., R. AUER, R. BÖHME, The technology of retail central bank digital currency, BIS Working Paper, n.948/2020.

[96] L’art. 128, sancisce che «1. La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione».

[97] L’art. 16 cit., riguardante le banconote, precisa che «conformemente all’art. 128, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il consiglio direttivo ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La BCE e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla BCE e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione. La BCE rispetta per quanto possibile la prassi esistente in materia di emissione e di progettazione di banconote».

[98] S. GRÜNEWALD, C. ZELLWEGER-GUTKNECHT, B. GEVA, Digital Euro and ECB powers, cit.

[99] Sul punto, si veda sempre S. GRÜNEWALD, C. ZELLWEGER-GUTKNECHT, B. GEVA, Digital Euro and ECB powers, cit.

[100] A tale riguardo, basti ricordare che lo stesso euro è nato sotto forma di moneta “nominale non materiale”, in tal senso V. SANTORO, Considerazioni sulla moneta, in Dir. banca e merc. Fin., 2022, 2, p. 1 ss.

[101] L’art. 17, dello statuto, relativo ai Conti presso la BCE e le banche centrali nazionali, sancisce che «Al fine di svolgere le loro operazioni, la BCE e le banche centrali nazionali possono aprire conti intestati a enti creditizi, organismi pubblici e altri operatori del mercato e accettare come garanzia attività, ivi compresi i titoli scritturali».

[102] S. GRÜNEWALD, C. ZELLWEGER-GUTKNECHT, B. GEVA, op. cit.

[103] In tal senso, H. NABILOU, Testing the waters of the Rubicon: the European Central Bank and central bank digital currencies, in J. Bank Regul, 21, 20, disponibile al link https://doi.org/10.1057/s41261-019-00112-1.

[104] F. PANETTA, Il costo di non emettere un euro digitale, Intervento in occasione della Conferenza CEPR-BCE “The macroeconomic implications of central bank digital currencies”, Francoforte sul Meno, 23 novembre 2023.

[105] F. PANETTA, Il costo di non emettere un euro digitale, cit.

[106] Si tratta della possibilità per gli utenti di trasferire automaticamente le proprie disponibilità in euro digitale che eccedono le limitazioni eventualmente adottate dalla BCE (ad esempio, i limiti di detenzione) a un conto di pagamento in euro “non-digitale”, come un conto bancario (waterfall approach). Ciò include anche la possibilità inversa per l’eventualità in cui l’importo dell’operazione superi le disponibilità in euro digitale dell’utente (reverse waterfall approach).

[107] A. PERRONE, Servizi di pagamento e tutela dell’investitore, in Banca borsa tit. cred., 2019, p. 1 ss.

[108] In tal senso, R. AUER, R. BÖHME, Central bank digital currency: the quest for minimally invasive, in BIS Working Paper, 2021, reperibile al link https://www.bis.org/publ/work948.pdf.

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