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Attualità

Europa e whistleblowing nel report dell’ANAC: prospettive di analisi comparata

8 Agosto 2016

Damiano Di Maio; Michelangelo Gendusa, Area consulenza banche ed intermediari finanziari, Unione Fiduciaria; Camille Boucault

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

L’introduzione negli ordinamenti europei di un’adeguata tutela del dipendente (pubblico e privato) che segnala condotte illecite dall’interno dell’ambiente di lavoro (c.d. whistleblowing) è stata frutto di un travagliato susseguirsi di raccomandazioni e convenzioni internazionali raggiunte nell’ambito dei periodici incontri tra gli Stati promossi dalle Nazioni Unite[1], dal Consiglio d’Europa[2] ed in particolar modo dall’OCSE[3].

Dette convenzioni hanno suggerito agli Stati europei di avviare interventi normativi volti a rendere il tessuto normativo nazionale più aderente alle esigenze di prevenzione dei fenomeni corruttivi tramite l’applicazione dell’istituto del whistleblowing.

La relazione dell’Anac: un breve excursus sul whistleblowing nell’UE

A seguito della recente pubblicazione di un report da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito anche solamente “ANAC”) sul confronto delle disposizioni inerenti il whistleblowing nei Paesi OCSE[4], è possibile effettuare una sintetica rassegna sullo stato della produzione legislativa con particolare riguardo ai Paesi europei.

Dall’analisi dei documenti diffusi dall’ANAC, è emerso che l’implementazione della legislazione sul whistleblowing in buona parte dei Paesi europei è avvenuta sulla spinta delle predette convenzioni internazionali, perlopiù negli ultimi cinque anni, con l’eccezione del Regno Unito che di contro è riconosciuto come uno degli Stati precursori a livello globale (insieme agli Stati Uniti) relativamente all’introduzione e all’incremento di misure specifiche volte alla protezione di soggetti che denunciano illeciti mediante le modalità previste dalla normativa in parola.

Nello specifico, le statistiche esaminate evidenziano che soltanto quattro Paesi europei (Ungheria, Irlanda, Belgio e appunto Regno Unito), hanno introdotto un testo unico di legge specificamente dedicato alla disciplina del whistleblowing, mentre gran parte dei restanti paesi dell’Unione (tra cui Francia, Germania, Austria, Grecia, Islanda, Portogallo e Italia) hanno previsto solamente singole disposizioni normative contenute in varie leggi nazionali o addirittura (è il caso di Spagna, Repubblica Ceca, Svezia, Polonia e Finlandia) nessuna legge che regola il whistleblowing.

Tra i Paesi presi in esame inoltre, solamente Italia, Irlanda, Francia e Belgio non garantiscono la possibilità di effettuare segnalazioni in forma anonima, mentre la legislazione degli altri Paesi della Comunità europea considerati dallo studio consente ai whistleblower di segnalare senza dovere necessariamente rivelare la propria identità.

Più del 50% dei Paesi oggetto della ricerca, peraltro, ha introdotto almeno una misura di protezione del whistleblower da atti ritorsivi conseguenti alla segnalazione tra i quali, a titolo esemplificativo, il licenziamento o sospensione, trasferimento, demansionamento o riduzione di stipendi o di altri benefici, mentre soltanto il Belgio e la Repubblica slovacca prevedono un meccanismo premiale di incentivi e/o riconoscimenti a favore dei soggetti che decidono di denunciare condotte illecite nell’ambito del whistleblowing.

Attualmente, il Regno Unito risulta il Paese che più di ogni altro in Europa ha saputo gestire efficacemente le sfide, in termini di reale funzionamento dell’istituto del whistleblowing, derivanti dall’introduzione di disposizioni normative che, se opportunamente implementate, possono rappresentare una nuova frontiera nel contrasto a fenomeni di corruzione e malaffare. A tale riguardo il Regno Unito, oltre ad essere stato il primo paese europeo ad introdurre il citato istituto, ha messo a disposizione dei soggetti segnalanti i servizi di un’organizzazione, denominata “Public Concern at Work (PCaW)” e fondata nel 1993, che negli ultimi 20 anni ha prestato il suo sostegno, attraverso avvocati ed esperti in risorse umane, ad oltre 14000 segnalatori o potenziali segnalatori.

Sintetiche prospettive di analisi comparata: il whistleblowing in Francia

Per quanto concerne il caso della Francia, uno dei paesi di maggior influenza nel contesto politico europeo ricompreso nel report dell’Anac, ad oggi non vi sono leggi che impongano ad una società avente sede legale in detto paese di adottare un sistema di whistleblowing; ciò nondimeno, alcune disposizioni all’interno del corpus normativo francese disciplinano il meccanismo del whistleblowing.

In particolare, tra le prime indicazioni finalizzate ad implementare il whisitleblowing nel sistema legislativo francese possono citarsi il rapporto della Commissione per la prevenzione dei conflitti di interesse nel sistema pubblico, presieduta Jean-Marc Sauvé, del gennaio 2011 ed il rapporto della Commissione per l’etica ed il rinnovamento della vita pubblica dell’anno successivo, presieduta da Lionel Jospin.

Dal punto di vista strettamente normativo, le disposizioni più rilevanti possono rinvenirsi nella rinnovata disciplina il codice del lavoro (come modificata dalla legge n.1117 del 6 dicembre 2013) e nel codice di procedura penale (art. 40), mediante le quali viene assicurata una protezione da condotte ritorsive al lavoratore che denuncia in buona fede condotte costituiscono illecito di cui ha avuto cognizione nell’esercizio delle proprie funzioni, non potendo tale soggetto essere sanzionato o discriminato con riguardo, tra l’altro, ad eventuali progressioni di carriera.

Conclusioni

Da ultimo, il tema della protezione dei soggetti segnalanti è stato oggetto di recentissimo intervento della Commissione europea nella comunicazione del 7 luglio u.s.[5], indirizzata al Parlamento Europeo ed al Consiglio, in cui è stato precisato il fondamentale ruolo che la tutela del whistleblower gioca nell’assicurare la prevenzione della corruzione ed una miglior fiducia nel Single Market.

In particolare, la Commissione continuerà a monitorare le soluzioni adottate dai singoli Stati, promuovendo al contempo la diffusione delle best practice assunte a livello nazionale e ulteriori azioni a livello europeo, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

 


[1] Sul punto si richiama la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione – Risoluzione 55/61 del 4 Dicembre 2000, che disciplina direttamente la figura del whistleblowing, in modo specifico negli articoli 8, 13 e 33.

[2] Significative, con riferimento alla disciplina del whistleblowing, risultano essere la Convenzione penale sulla corruzione (ETS 173) e la Convenzione civile sulla corruzione (ETS 174). La prima è frutto dello sforzo degli Stati aderenti di punire con sanzioni penali adeguate un ampio numero di pratiche legate alla corruzione. In particolare l’art 22 prevede per gli Stati aderenti l’introduzione di un’efficace sistema volto a tutelare i soggetti che segnalano i reati espressi dalla Convenzione e i soggetti che svolgono una funzione di testimone di tali reati. La seconda costituisce il primo tentativo a livello internazionale di elaborare una serie di norme di diritto civile applicate ai fenomeni corruttivi. Di particolare interesse sono due articoli: l’art. 1 che richiede agli Stati contraenti di introdurre nei rispettivi ordinamenti regole adatte a tutelare quei soggetti che hanno subito danni a seguito di atti di corruzione, consentendogli di difendere i propri interessi e di essere risarciti dei danni eventualmente subiti; l’art. 9 che si riferisce a qualsiasi tipo di ritorsione nei confronti di lavoratori che denunciano in buona fede pratiche o comportamenti riconducibili ad attività corruttive. Al fine monitorare l’applicazione delle predette convenzioni è stato istituto il GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione), organo del Consiglio d’Europa, che ha iniziato le proprie attività il 1 maggio 1999.

[3] Il riconoscimento ufficiale della figura del whistleblower da parte dell’OCSE, si ha nel 1998, con i «Principles for Managing Ethics in the Public Service» e nel 2003 con la «Raccomandation of the Council on Guidlines for managing conflict of interest in the public service”.

[4] Cfr.: “Protezione del whistleblower nei Paesi OCSE”, allegato al documento dell’ANAC del 22 giugno u.s “Segnalazione di illeciti e tutela del dipendente pubblico: l’Italia investe nel whistleblowing, importante strumento di prevenzione della corruzione”.

[5] Communication from the Commission to the European Parliament and the Council. “Communication on further measures to enhance transparency and the fight against tax evasion and avoidance”.

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