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Attualità

Expected Loss Model: il nuovo calcolo del valore dei crediti nella riforma dello IASB

24 Febbraio 2022

Corrado Angelelli, Partner, Greenberg Traurig Santa Maria

Giuditta Betti, Greenberg Traurig Santa Maria

Gianmarco Volino, Greenberg Traurig Santa Maria

Di cosa si parla in questo articolo

La crisi finanziaria del 2008, mettendo in luce le difficoltà dei tradizionali sistemi di redazione dei bilanci nell’individuare – quindi rendere percepibili all’esterno – le situazioni di crisi e/o dissesto delle società, ha dato il via al processo di sostituzione e di aggiornamento di alcuni principi contabili internazionali; nello specifico il principio IAS 39, il quale detta le linee guida in tema di classificazione e valutazione degli strumenti finanziari in bilancio.

Tra le svariate critiche mosse nei confronti di IAS 39 hanno colto sicuramente nel centro quelle che lamentavano differenti piani e metodi applicativi a seconda del contesto normativo di riferimento; complessità attuativa principalmente derivanti dalla eccessiva discrezionalità nello scegliere la categoria iniziale di rilevazione dello strumento.

Altra incertezza derivava dall’eccessiva applicazione del fair value accounting: il contesto macroeconomico attuale ha determinato l’illiquidità di molti mercati e un’eccessiva fluttuazione dei valori con una conseguente inattendibilità dei valori espressi al fair value andando ad accelerare l’effetto prociclico [1]

A ben vedere, inoltre, il progetto di revisione dello IASB ha anche contestato il principio dell’incurred loss, (i) ritenuto anacronistico, poiché non in grado di riconoscere tempestivamente le perdite, prevedendo la loro rilevazione solo una volta verificatesi, e (ii) reputato impreciso, dal momento che non prevede una definizione precisa di trigger event – lasciando, come detto, grande discrezionalità ai redattori dei bilanci – a seguito del quale procedere alla svalutazione del credito.

Il 1 gennaio 2022 è entrato in vigore il regolamento UE n. 2021/25 della Commissione – già modificato dal regolamento UE n. 2021/1080 –, che modifica il regolamento n. 1126/2008, mutuante la “Riforma degli indici di riferimento dei tassi di interesse – fase 2 – Modifiche all’IFRS 9, allo IAS 39, all’IFRS 7, all’IFRS 4 e all’IFRS 16” introdotta il 27 agosto 2020 dall’International Accounting Standards Board.

Con l’intervento dell’agosto 2020, IASB ha sia snellito alcuni processi sia sciolto dubbi pratici, quindi sorti nella prassi, inerentemente all’applicazione dei principi contabili internazionali; il tutto senza incidere significativamente sui previgenti standard internazionali.

Le novità di IFRS 9 attengono le nuove politiche di hedge accounting, la nuova ed unica modalità di impairment – che sarà il principale oggetto della odierna analisi – e la classificazione degli strumenti finanziari. Le poc’anzi richiamate riforme introdotte dal nuovo principio contabile sono racchiuse all’interno di tre pilastri (detti pillar).

Il primo pillar tratta la classificazione e la misurazione degli strumenti finanziari, prevedendo una riduzione del numero di categorie nelle quali le attività finanziarie possono essere classificate, si passa, infatti, dalla quadripartizione [2] prevista da IAS 39 (Held to maturity, Available for sales, Loans and Receivables, Held for trading) ad una sostanziale bipartizione [3] – invero v’è la previsione anche di una terza categoria, però residuale – (Hold to collect, held to collect and sales ed, infine la categoria residuale, fair value through profit and loss).

Il secondo pillar, core dell’innovazione legislativa, disciplina il nuovo modello di impairment, fondato sulle expected losses; ogni realtà dovrà contabilizzare le perdite attese future sulle proprie attività finanziarie e dovrà adeguare continuamente la stima anche in considerazione del rischio di controparte. Si crede, a ragione, che un approccio forward-looking da un lato permetterà di ridurre l’impatto con cui hanno avuto manifestazione le perdite e, dall’altro, consentirà altresì di sovraccaricare i conti economici – riducendo, quindi, l’effetto prociclico – poiché le perdite saranno inserite gradualmente e proporzionalmente. [4]

Infine, il terzo pillar regola l’Hedge Accounting, già introdotto con IAS 39. IFRS 9 [5] apporta al citato metodo contabile delle innovazioni in tema di maggiore flessibilità e semplificazione, attraverso l’eliminazione di alcuni vincoli e rigidità precedentemente vigenti. Come anticipato, è indubitabile che una delle rettifiche maggiormente rilevanti introdotte attenga il nuovo modello di impairment, che, come detto, statuisce che , quando ve ne siano i presupposti, un’entità deve rilevare un fondo a copertura delle perdite attese, sulla base del cosiddetto Expected Loss Model, che, si ripete, ha soppiantato l’Incurred Loss Model previsto dallo IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione.

Il nuovo Modello di Impairment, anche detto a Three-Bucket (c.d. «Stages») o ECL model prevede una classificazione dei crediti in tre livelli a cui corrispondono distinte metodologie di calcolo delle perdite da rilevare, nonché differenti modalità di calcolo degli interessi. Il passaggio tra Stage diversi è consentito in entrambe le direzioni. Contempla una stratificazione a tre livelli, ad ognuno dei quali è attribuito un diverso credit risk.

Nello Stage 3 sono collocati i crediti con più alto livello di rischio, definiti non performing, ovverosia esposizioni con oggettiva evidenza di perdita alla data di riferimento del bilancio, censiti secondo le procedure di riconoscimento dei crediti deteriorati. All’interno di questo bucket il rischio di credito viene calcolato avendo come riferimento l’intera vita residua dello strumento finanziario, ovvero la cosiddetta lifetime. Un esempio è dato dal caso di mancanza di pagamenti per un periodo superiore a 90 giorni. In questa situazione il calcolo della perdita si effettua in modo analitico in relazione alle singole posizioni deteriorate, proporzionandole alla vita residua della singola esposizione.

Il gradino intermedio dell’ECL Model è occupato dai crediti underperforming, id est quelle esposizioni che hanno subito un significativo aumento del rischio di credito rispetto al momento della rilevazione iniziale (eccezion fatta per gli asset aventi un basso rischio di credito alla data di riferimento del bilancio), ma che non hanno evidenze oggettive di riduzione di valore.

Presunzioni relative per l’inserimento dello strumento finanziario in questo bucket sono:

  • un’inadempienza superiore ai 30 giorni;
  • il peggioramento del livello di rating; e
  • le evidenti difficoltà economiche o finanziarie.

Essendo questa una categoria ibrida, sono possibili confusioni sul piano classificatorio, motivo per cui la BCE ha fornito degli strumenti utili per distinguere le esposizioni underperforming dalle altre, i c.d. Early Warning Indicators (EWI), normati nella “Guidance to banks on non performing loans

Infine, l’ultima categoria comprende le esposizioni classificate a basso rischio alla data di riferimento del bilancio ovvero quelle che non hanno subito deterioramenti dal momento della rilevazione iniziale, definiti crediti in bonis.

Le perdite attese sui crediti hanno un orizzonte temporale di calcolo che varia a seconda dello Stage di appartenenza. Nel primo, infatti, l’arco temporale di riferimento è di 12 mesi, negli altri due, invece, anche in vista della maggiore probabilità di default, viene considerata l’intera lifetime residua del credito [6], ovverosia la durata contrattuale residua. È utile sottolineare che la previsione temporale del primo Stage non sempre è idonea poiché nei casi in cui i pagamenti delle obbligazioni del debitore non sono di grande valore nei primi dodici mesi del finanziamento del credito, o i crediti cambiano in base a fattori che hanno solo un impatto di rischio entro i dodici mesi, il calcolo risulta errato o comunque non comprendente le diverse sfaccettature e la natura del credito.

Si badi bene, affinché l’ECL Model raggiunga il suo scopo, è necessario partire da informazioni ragionevoli che tengano conto delle fluttuazioni degli indicatori di mercato esterni e dei fattori interni all’entità, stabilendo il rischio di credito massimo iniziale per un determinato portafoglio per tipo di prodotto e/o regione (il “rischio di credito all’origine”) e confrontarlo con il rischio di credito alla data di riferimento.

In conclusione, l’innovazione apportata dal Board, recepita dal legislatore eurounitario, fa un ulteriore passo in avanti in direzione di una visione veritiera e corretta dei bilanci, consentendo una rappresentazione effettiva delle esposizioni detenute dalle entità.

 

[1] Sulla reazione a catena creata dall’effetto prociclico, determinata dai requisiti patrimoniali imposti da Basilea 2 e dalla valutazione al fair value delle attività finanziarie, che travolge non solo le banche ma anche la clientela a causa della riduzione delle erogazioni disposte dalle stesse banche, si veda Novoa – Scarlata – Solè, Procyclicality and Fair Value Accounting, IMF-Working paper, 2009; Taylor – Goodhart, Procyclicality and volatility in the financial system: The implementation of Basel II and IAS 39, in S. Geerlach – P. Gruenwald.

[2] IAS 39 Financial Instruments: Recognition and Measurement, par. 9

[3] IFRS 9: Financial Instruments, par. da 4.1 a 4.4

[4] Per una più attenta ed esaustiva analisi si veda infra

[5] IFRS 9: Financial Instruments, par. 6.1

[6] Il tempo della lifetime, adottato per il secondo Stage, deriva da una presunzione relativa costituita dal fatto che il rischio di credito dell’attività finanziaria è aumentato significativamente dopo la rilevazione iniziale, quando i pagamenti contrattuali sono scaduti da oltre 30 giorni. L’entità debitrice però può sfatare questa presunzione, mediante prova contraria, qualora abbia a disposizione informazioni ragionevoli e dimostrabili attestanti che, anche se i pagamenti contrattuali sono scaduti da più di 30 giorni, ciò non rappresenta un aumento significativo del rischio di credito di uno strumento finanziario. Un esempio è dato dal caso in cui il mancato pagamento deriva da un errore amministrativo. Questa possibilità di dare prova contraria deriva dal ben noto principio – già in tema di corporate governanceComply or Explain.

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