In tema di contratto atipico di “factoring” il debitore ceduto può opporre al “factor” cessionario le eccezioni concernenti fatti estintivi o modificativi del credito solo se questi sono anteriori alla notizia della cessione comunicata al debitore ceduto e non nel caso in cui siano successivi, in quanto, una volta acquisita la notizia della cessione, il debitore ceduto non può modificare la propria posizione nei confronti del cessionario mediante negozi giuridici posti in essere con il creditore originario.
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione conferma una sentenza della Corte di Appello dell’Aquila e chiarisce che il contratto di factoring, anche dopo l’entrata in vigore della disciplina contenuta nella legge 21 febbraio 1991, n. 52, è una convenzione atipica attuata mediante la cessione, pro solvendo o pro soluto, della titolarità dei crediti di un imprenditore, derivanti dall’esercizio della sua impresa, a un altro imprenditore (factor), con effetto traslativo al momento dello scambio dei consensi tra i medesimi se la cessione è globale e i crediti sono esistenti, ovvero differito al momento in cui vengano ad esistenza se i crediti sono futuri. Per quanto attiene al regime delle eccezioni proponibili la Suprema Corte precisa chenel factoring la cessione dei crediti che lo caratterizza non produce modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio e non può pregiudicare la posizione del debitore ceduto in quanto avviene senza o addirittura contro la sua volontà; ne consegue che il debitore ceduto può opporre al factor cessionario le eccezioni concernenti l’esistenza e la validità del negozio da cui deriva il credito trasferito ed anche le eccezioni riguardanti l’esatto adempimento del negozio, mentre quelle che investono fatti estintivi o modificativi del credito ceduto sono opponibili al factor cessionario solo se anteriori alla notizia della cessione comunicata al debitore ceduto e non ove successivi.
Nel caso di specie, una diocesi affidava a una ditta l’esecuzione di lavori di restauro e di risanamento. Tali lavori erano finanziati dal comune. Successivamente l’impresa esecutrice dei lavori stipulava con una banca un contratto di factoring con cui cedeva il detto credito. La cessione veniva notificata e accettata alla diocesi quale debitore ceduto. A seguito dell’inadempimento la banca cessionaria (factor) dei crediti otteneva un decreto ingiuntivo con il quale si intimava alla diocesi di pagare le somme ancora dovute. La diocesi proponeva vittoriosamente opposizione al decreto ingiuntivo eccependo l’inesigibilità del credito da parte della banca cessionaria perché successivamente all’accettazione della cessione c’era stata una determinazione del comune finanziatore con la quale si era proceduto a detrarre dalla somma riconosciuta all’impresa edile gli importi dovuti per oneri previdenziali in favore dei lavoratori, non versati dall’impresa stessa, e quindi il credito del factor non veniva soddisfatto. Il giudice di primo grado accoglieva l’opposizione ritenendo che tale fatto estintivo del credito del cedente fosse opponibile al cessionario. La banca cessionaria proponeva appello deducendo l’inopponibilità dell’eccezione di inesigibilità del credito ceduto sollevata dalla diocesi in quanto riguardava un fatto estintivo del credito (cioè la determinazione comunale) successivo all’accettazione della cessione. L’appello veniva accolto e la decisione veniva, altresì, confermata dalla Corte di Cassazione.