Il consorzio stabile, ovvero il consorzio costituito ai sensi della L. 109/1994 da almeno tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, costituisce un autonomo soggetto di diritto dotato di autonoma qualificazione e di un proprio patrimonio.
È impedita perciò ogni assimilazione tra consorziate del consorzio stabile ed imprese mandanti di raggruppamenti temporanei di impresa, proprio per la ontologica differenza di struttura tra il primo ed i secondi, per converso privi di personalità giuridica autonoma.
Nel caso di specie, il riconoscimento da parte della Cass., I Sez. Civ. Ord., dell’autonomia patrimoniale in capo al consorzio stabile induce a disattendere la tesi, sostenuta dal ricorrente, secondo cui le somme riscosse nei riguardi del committente apparterrebbero in via esclusiva alla consorziata incaricata di eseguire i lavori, dovendo riconoscersi nel consorzio, proprio in virtù dell’indicata autonomia, l’unico soggetto legittimato ad agire nei confronti della stazione appaltante ed il reale titolare delle somme riscosse in esecuzione del contratto.
Ne consegue che resta priva di fondamento giuridico la pretesa prededuzione sulle somme incamerate dal consorzio che sia stato dichiarato fallito. Il credito vantato dall’impresa consorziata nei confronti del consorzio stabile a titolo di corrispettivo per i lavori assegnati non può considerarsi, infatti, prededotto né privilegiato ex art. 1721 c.c.
Il vincolo in forza del quale le consorziate in un consorzio stabile provvedono a dare esecuzione al contratto stipulato non si giustifica, sotto il profilo negoziale, nell’assegnazione (atto unilaterale recettizio) ma nel momento antecedente all’assegnazione, ovvero nella costituzione o nell’adesione al consorzio, essendo questi ultimi gli unici atti negoziali contenenti l’incarico di stipulare il contratto di appalto per conto delle consorziate.