Con ordinanza n. 15859 del 6 giugno 2024, la Prima Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Ferro, Rel. Terrusi) ha ribadito il proprio consolidato orientamento favorevole al cd. fallimento omisso medio, con ciò intendendosi la possibilità di dichiarare il fallimento di una società in fase di esecuzione di un concordato preventivo, e ciò anche a prescindere dall’instaurazione di un giudizio di risoluzione del concordato medesimo.
Sul punto, a fronte delle doglianze della società dichiarata fallita, la Suprema Corte ha confermato il principio – da ultimo avvalorato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 4696/2022 – per cui «il debitore ammesso al concordato preventivo omologato, che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari, può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del pubblico ministero o sua propria, anche prima e indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art. 186 legge fall.».
A tale riguardo, ha chiarito la Corte, deve ritenersi oggi definitivamente superata ogni possibilità di distinzione tra «insolvenza nuova» (che consentirebbe la dichiarazione di fallimento) e «insolvenza pregressa» (dunque già composta con lo strumento concordatario).
Ciò, in quanto «la verità è che l’insolvenza è concetto unitario, che presuppone potersi profilare sia in relazione all’inadempimento delle obbligazioni concordatarie, sia in relazione all’inadempimento delle obbligazioni sorte nel corso della procedura».
Ne segue che «per quanto con l’omologazione lo stato di insolvenza venga “definitivamente ed irrevocabilmente assegnato alla ristrutturazione debitoria concordata ed alle modalità satisfattive in essa contemplate”, ciò non osta affatto a dichiarare il fallimento tutte le volte in cui le modalità satisfattive risultino infine inattuabili».