Mediante la sentenza de qua,la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un socio di società in nome collettivo avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Modena (in prima istanza) e la Corte d’Appello di Bologna (in sede di gravame) hanno respinto la richiesta di ammissione dello stesso all’esdebitazione, sul rilievo per cui il relativo ricorso era stato presentato oltre il termine di un anno stabilito dall’art. 143 l. fall. Nello specifico, il ricorrente – dichiarato fallito in ripercussione dopo il fallimento della società – ha lamentato l’errore in cui sarebbero incorse le Corti di merito laddove, in ragione della “finalità di circoscrivere nel tempo l’incertezza dei creditori sulla residua soddisfazione dei crediti oltre il fallimento” hanno ritenuto che il termine previsto dall’art. 143 l. fall. avesse natura perentoria.
La Suprema Corte ha condiviso la motivazione dei giudici di merito, confermando la natura perentoria del termine annuale per la presentazione della domanda di esdebitazione. Il termine di cui all’art. 143 l. fall. – ha chiarito la Corte – è infatti comunemente interpretato come “termine perentorio previsto a pena di decadenza, sia per ragioni di certezza dei rapporti giuridici (stante l’effetto liberatorio che ne consegue nei confronti dei creditori), sia per ragioni di effettività del procedimento che ne origina, caratterizzato da specifiche interlocuzioni con gli (ex)organi di una procedura ormai chiusa (curatore e comitato dei creditori), chiamati ad esprimere il loro fondamentale parere sulle condizioni previste dall’art. 142 l. fall. e sui «comportamenti collaborativi» del debitore”.
A sostegno di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione ha richiamato il proprio generale e consolidato orientamento, secondo cui “quando si è di fronte ad azioni da esercitare entro un determinato termine, questo riveste di regola – anche in mancanza di specifica disposizione legislativa – natura perentoria e non ordinatoria, atteso che, quando il diritto è da far valere per la prima ed unica volta, con l’effetto che è perduto se l’atto di relativa esecuzione non ha luogo nel termine stabilito, il termine non può non essere qualificato di decadenza ed ha, quindi, natura perentoria”.