L’EBA ha pubblicato oggi un rapporto che analizza alcuni aspetti qualitativi e quantitativi dell’andamento dei prestiti e della rischiosità dei prestiti infrastrutturali che hanno beneficiato di una riduzione di capitale dovuta all’introduzione del cosiddetto fattore di sostegno per il finanziamento delle PMI e delle infrastrutture (ISF) nell’ambito del regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR).
Sebbene i dati sui prestiti alle PMI e alle infrastrutture siano complessivamente scarsi, l’analisi dell’EBA si è basata sulle informazioni ricevute da un campione di banche che hanno partecipato a un sondaggio lanciato nell’aprile 2022.
I dati raccolti non sono sufficienti per trarre conclusioni sull’impatto degli ISF sui prestiti o sulla coerenza della rischiosità dei prestiti interessati con i requisiti di fondi propri.
Allo stesso tempo, da una prospettiva prudenziale più ampia e in linea con le precedenti raccomandazioni dell’EBA, si potrebbe mettere in discussione il mantenimento dell’ISF.
61 banche che erogano prestiti alle PMI e alle infrastrutture e che rappresentano il 57% delle attività totali del settore bancario dell’UE hanno risposto alla parte qualitativa dell’indagine, indicando che due terzi utilizzano l’ISF e che circa un terzo di esse ha modificato le proprie politiche di prestito per tenere conto dell’ISF.
I singoli criteri per l’applicazione dell’ISF sono stati per lo più giudicati accettabili o piuttosto chiari e facili da verificare dalle banche che lo applicano.
L’analisi quantitativa è stata condotta su 11-13 banche che rappresentano dal 10 al 17% degli attivi totali del settore bancario dell’UE e ha coperto un orizzonte temporale tra il 2014 e il 2015.
I risultati quantitativi indicano che i prestiti nel settore sono aumentati negli anni immediatamente successivi all’introduzione dell’ISF nel giugno 2020, mentre i prestiti alle PMI e alle infrastrutture soggetti all’ISF sono anch’essi aumentati, ma a un tasso inferiore.
In termini di rischiosità, le banche che applicano l’ISF presentano un rischio inferiore, misurato in base ai tassi di inadempienza e alle esposizioni in default, ma le informazioni sui tassi di perdita, un aspetto importante della rischiosità, non sono sufficienti per trarre conclusioni sulla rischiosità complessiva.
I risultati, basati sui dati quantitativi e sull’indagine qualitativa, non consentono di trarre conclusioni sull’impatto degli ISF sui prestiti né sulla coerenza della rischiosità dei prestiti interessati con i requisiti di fondi propri.
Inoltre, a causa delle ultime modifiche di Basilea III e della proposta di CRR III, che garantiscono una maggiore sensibilità al rischio del metodo standardizzato (SA) e preservano la sensibilità al rischio dell’IRB, il mantenimento dell’ISF potrebbe essere messo in discussione da una prospettiva prudenziale più ampia.