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Giurisprudenza

FIA immobiliari e applicazione dell’imposta di registro

14 Febbraio 2024

Cassazione Civile, Sez. V, 5 febbraio 2024, n. 3218 – Pres. Sorrentino, Rel. Stalla

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 3218 del 5 febbraio 2024, la Sezione V della Corte di Cassazione (Pres. Sorrentino, Rel. Stalla), si è pronunciata sul regime fiscale applicabile agli apporti di immobili a fondi di investimento (FIA) immobiliare, ai fini dell’imposta di registro, confermandone l’applicazione in misura fissa relativamente agli atti di istituzione e sottoscrizione di quote di fondi immobiliari, invece di quella proporzionale.

La Corte, in particolare, cassa la decisione impugnata nella parte in cui nega all’art. 9 cit. d.l. n. 351 del 2001 (relativamente all’applicabilità dell’imposta di registro anche ai FIA immobiliari) la natura di disciplina ordinaria ed organica della fattispecie, ascrivendola invece all’ambito delle agevolazioni esonerative di un regime generale, e ciò per due ordini di ragioni.

In primo luogo, la collocazione sistematica di tale articolo, nel quadro di una fonte che, facendosi carico di regolamentare ogni aspetto fiscalmente rilevante correlato all’istituzione, alla dotazione, alla sottoscrizione e rimborso delle quote dei fondi comuni di investimento immobiliare – senza limitarsi alle sole imposte d’atto, ma considerando anche imposte sui redditi, iva e proventi dei partecipanti – assurge a vero e proprio statuto fiscale complessivo dei fondi comuni immobiliari.

In secondo luogo, per la natura dei FIA, ovvero enti di natura prettamente strumentale nella veicolazione dei risparmi investiti, che non sono dotati (diversamente dalle società) di un’autonoma soggettività giuridica, rappresentando piuttosto patrimoni separati della SGR che li ha istituiti e che li amministra: infatti, in caso di acquisto nell’interesse del fondo comune, l’immobile che ne è oggetto non viene neppure intestato a questo, ma alla stessa SGR, la quale ne assume una titolarità meramente formale e funzionale agli obiettivi prestabiliti di investimento.

La SGR non può disporre a proprio piacimento degli immobili, dovendo essa agire nell’esclusivo perseguimento dell’interesse dei partecipanti al fondo assumendo, verso costoro, gli obblighi e le responsabilità sostanziali non del proprietario ma del mandatario esercente un servizio finanziario autorizzato.

Pertanto, qualora i beni ed i diritti non siano attribuiti all’avente causa in modo stabile, definitivo e con la pienezza delle prerogative dominicali, essendo egli tenuto solo ad amministrarli ed a strumentalmente disporne nell’interesse altrui, in regime di segregazione patrimoniale, non può dirsi realizzato un effettivo trasferimento di ricchezza (non potendosi questo individuare nella sola apposizione del vincolo), così da integrare un indice di maggiore forza economica e capacità contributiva.

La strumentalità dell’atto di apporto nell’ambito di una separatezza patrimoniale finalizzata ad uno scopo vincolato ed eterodeterminato può giustificarne – secondo quanto in quei casi affermato – l’estraneità agli atti traslativi propriamente detti, tassati in misura proporzionale.

Ne consegue l’inapplicabilità al caso in esame del precetto recato dall’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 23 del 2011 (che sopprime le esenzioni e le agevolazioni tributarie in caso di trasferimenti immobiliari), per la duplice e concorrente ragione che la disciplina prevista, per gli atti di dotazione dei fondi comuni di investimento immobiliare, dall’art. 7 della Tabella allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, per come richiamata dall’art. 9 d.l. n. 351 del 2001, non ha carattere di agevolazione, ma di disciplina ordinaria; e che gli apporti al fondo su sottoscrizione di quote non possono essere assimilati agli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari previsti dall’art. 1 della Tariffa – parte prima – allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.

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