Da sempre il rapporto tra Fondi immobiliari e incentivi previsti dal Legislatore per il settore edilizio è stato caratterizzato da profonde incertezze applicative, rese ancora più evidenti dalle recenti innovazioni che, estendendo in maniera significativa l’ambito di applicazione di tali benefici (attraverso la fruibilità degli stessi anche per gli immobili merce e la possibilità di cessione dei relativi crediti), li hanno resi di assoluto interesse sul mercato e fattore di certo vantaggio competitivo.
Il presente contributo si pone pertanto l’obiettivo di analizzare i recenti orientamenti concentrando infine l’analisi sulla possibilità per i FIA immobiliari di poter beneficiare (finanche trasferendoli a terzi) di tali incentivi, il tutto premettendo che l’attuale orientamento precluderebbe tale ipotesi generando di fatto, uno svantaggio competitivo cui il Legislatore dovrebbe porre rimedio anche considerata la ratio effettiva dell’intervento, teso al rimodernamento del patrimonio immobiliare e senza che detto onere ricada sistematicamente sull’utente finale (appunto il cittadino) .
Per mera contestualizzazione si riepilogano brevemente, e certo senza pretesa di esaustività, le tipologie di interventi oggetto di agevolazione. In particolare, ad oggi, in un quadro legislativo molto frammentato, l’elenco ricomprende:
- gli interventi finalizzati al recupero del patrimonio edilizio e al miglioramento dell’efficienza energetica degli immobili di cui all’art. 16-bis del TUIR: all’interno di questa macrocategoria vi rientrano anche le detrazioni connesse all’acquisto di immobili ristrutturati ovvero l’acquisto di box e posti auto pertinenziali costruiti ex novo;
- gli interventi atti alla riqualificazione energetica degli immobili (cd. Ecobonus) di cui all’art. 14 del D.L. 63/2013;
- gli interventi antisismici e atti a migliorare la sicurezza statica degli edifici (cd. Sismabonus) di cui all’art. 16, co. 1-bis del D.L. 63/2013: all’interno di questa macrocategoria vi rientrano anche le detrazioni connesse all’acquisto di immobili antisismici;
- gli interventi finalizzati al rifacimento delle facciate degli immobili di cui all’art. 1, commi 219-223 della L. n. 160/2020 (Legge di Bilancio 2020), nonché, infine;
- gli interventi ricompresi nell’ambito del (cd. Superbonus) introdotto dall’art. 119 del D.L. 34/2020 (il cd. Decreto Rilancio).
Nella sostanza, con misure variabili (tra il 50% e fino al 110%) e cap di spesa, il Legislatore, per ognuna delle categorie elencate, ha previsto la maturazione di crediti di imposta, fruibili anche mediante diretta imputazione a riduzione del costo dei lavori; il Superbonus rappresenta l’incentivo di maggiore attualità, integrando con l’innalzamento delle percentuali di detrazione quanto già previsto per gli interventi effettuati dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021; attività queste riferibili agli ambiti dell’efficienza energetica, antisismica, di installazione di impianti fotovoltaici nonché delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.
In passato, si ricorda, gli incentivi in analisi erano perlopiù rivolti alle persone fisiche, in limitati casi alle imprese ma sempre con l’esclusione dei beni merce, e scarsa capacità di circolazione degli stessi. Tali misure, pertanto, risultavano non complete sotto un profilo finanziario, e non funzionali per gli operatori professionali del real estate.
Il legislatore ha, quindi, progressivamente innovato, con l’introduzione della cessione dei crediti (in particolare, per determinati interventi legati al Sismabonus e all’Ecobonus), sebbene con possibilità limitata di circolazione[1], ma dimenticandosi ancora una volta il “tema” dei beni merce.
Il definitivo cambio di passo è avvenuto nel corso del 2020 in cui, dapprima l’Amministrazione finanziaria ha ammesso – superando i contrasti sorti nel tempo – la fruibilità del Sisma Bonus e dell’Ecobonus anche in relazione ai beni merce[2] (così come già previsto per il Bonus Facciate), dall’altra l’art. 121 del DL Rilancio ha migliorato la possibilità di circolazione dei crediti eliminando altresì le limitazioni circa le successive cessioni.
Questa apertura, tuttavia ed incomprensibilmente (stante la finalità di rimodernamento del patrimonio immobiliare), non risulta essere stata disposta anche per i FIA immobiliari; infatti e con due recenti pronunce, l’Amministrazione finanziaria è intervenuta negando il rapporto tra benefici fiscali e FIA immobiliari, contraddicendo, come si avrà modo di osservare, un proprio precedente orientamento.
La Circolare n. 24/E del 2020 ha, infatti, per la prima volta chiarito che, secondo l’Amministrazione finanziaria, agli OICR non risultano applicabili i benefici fiscali (nel caso di specie si tratta del Superbonus), in quanto “pur rientrando nel novero dei soggetti all’imposta sul reddito delle società (IRES) ai sensi dell’articolo 73 comma 1, lettera c), del TUIR, non sono soggetti alle imposte sui redditi e all’imposta regionale sulle attività produttive”. La cesura appare netta (si fa infatti riferimento sia alla impossibilità di fruizione diretta del beneficio sia alle alternative dello sconto in fattura o della cessione); tale posizione, a parere di chi scrive, non risultando motivata da parte dell’Amministrazione finanziaria è difficilmente comprensibile e crea un discrimine competitivo tra operatori del medesimo settore, e, in aggiunta, a svantaggio del mercato.
L’ulteriore posizione che risulta ancora più “contestabile” riguarda la possibilità per gli acquirenti da FIA immobiliari di maturare i benefici per le unità immobiliari ristrutturate.
In particolare, con la Risposta ad interpello n. 141/2020 l’Agenzia ha sostenuto che, escludendosi che FIA e/o le SGR possano essere assimilati alle imprese di costruzione, gli acquirenti delle unità immobiliari ristrutturate non possono beneficiare del credito di imposta di cui all’art. 16-bis del TUIR. In particolare viene affermato che la SGR (in nome dei FIA gestititi) “sebbene abbia come oggetto dell’attività esercitata, la gestione e l’acquisto di immobili, anche da ristrutturare attraverso l’utilizzo di strutture produttive di terzi, non può per legge esercitare direttamente l’attività di costruzione o ristrutturazione immobiliare”.
Tale pronuncia, oltre a contraddire i contenuti della Risoluzione n. 46/E del 2011 (si veda ultra) senza peraltro evidenziarne esplicitamente il superamento, si basa sulla discutibile ed irreale affermazione che i FIA immobiliari non sarebbero assimilabili ad imprese costruttrici, ponendo una distinzione soggettiva rispetto all’inquadramento dei FIA immobiliari in relazione alla normativa Iva (per la quale i FIA immobiliari sono assolutamente riconosciuti come tali qualora effettuino i lavori abilitanti); distinzione di cui francamente non si comprende la ratio, considerate le evidenti sovrapponibilità delle due norme (ad esempio il richiamo ai medesimi interventi previsti dal DPR n. 380/2001). Tale preclusione ha riflessi sostanziali sul mercato se si riflette, ad esempio, sul modello dell’housing sociale, meritevole delle maggiori tutele possibili, che per sua natura è principalmente veicolato attraverso i FIA Immobiliari.
In conclusione, a parere di chi scrive, ed in aperto contrasto con la tesi dell’Amministrazione finanziaria, una differente interpretazione che veda cioè l’inclusone dei FIA immobiliari tra i soggetti beneficiari dei benefici in esame, quantomeno in relazione a specifiche fattispecie, non sembra improbabile se si considera che:
- l’Amministrazione finanziaria, con Risoluzione n. 46/E del 2011, aveva riconosciuto la possibilità di beneficiare del credito di imposta per gli acquirenti di box e posti auto pertinenziali di nuova realizzazione ceduti da FIA immobiliari;
- l’incentivazione è certamente di sistema e volta, in primis, ai fruitori finali;
- i FIA sono operatori del settore immobiliare che, sebbene con differente forma operativa, possono certamente qualificarsi quali soggetti costruttori, ed in tal senso dovrebbero poter fruire delle medesime opportunità degli operatori concorrenti;
- numerose sono le previsioni tributarie che assimilano i FIA immobiliari ad imprese di costruzione.
[1] Erano consentite un massimo di due cessioni a soggetti in ogni caso connessi all’intervento e comunque e diversi dagli istituti finanziari, ad eccezioni dei lavori eseguiti dai soggetti “incapienti”: questo per salvaguardare esigenze di finanza pubblica.
[2] Cfr. Risoluzione n. 34/E del 2020 in cui è chiarito che “Alla luce della disciplina sopra richiamata, emerge l’esigenza di accomunare i due regimi, “ecobonus” e “sisma bonus”, sotto il profilo dell’agevolabilità degli interventi eseguiti da titolari di reddito di impresa sugli immobili posseduti o detenuti, a prescindere dalla loro destinazione, anche in considerazione delle finalità di interesse pubblico al risparmio energetico […].