SOMMARIO: 1. La vicenda concreta. – 2. I possibili limiti della fideiussione bancaria. – 3. Gli obblighi di informazione nel settore bancario. – 4. La portata del canone di buona fede nei contratti bancari. – 5. Riflessioni di sintesi.
1. – La sentenza che si annota (Cass., Sez. I Civile, sentenza n. 16827/16)[1] concerne il ricorso di una vedova, in proprio e nella qualità di genitrice esercente la potestà sul figlio minore, contro la sentenza della Corte d’appello di Milano la quale aveva rigettato le doglianze lamentate dalla stessa in merito ad un contratto di fideiussione bancaria rilasciata dal defunto marito in favore di un istituto di credito. Più nel dettaglio, la controversia traeva origine da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano e notificato agli eredi del fideiussore, con il quale era ingiunto il pagamento di una somma dovuta nei confronti della banca creditrice a titolo di garanzia. A seguito di ciò, la vedova del fideiussore, in proprio e nella qualità suddetta, proponeva opposizione avverso il provvedimento monitorio, che veniva poi definita dal Tribunale meneghino con condanna dell’opponente, in proporzione della rispettiva quota ereditaria e nei limiti della stessa. La decisione veniva, quindi, impugnata in appello dinanzi alla Corte territorialmente competente, la quale giudicava infondata sia l’eccezione di incompetenza del Tribunale di Milano, reputando non applicabili alla fattispecie gli artt. 1469-bis ss. cod. civ., sia la domanda di riunione del giudizio con altro avente ad oggetto l’opposizione avverso il medesimo decreto ingiuntivo proposta dalla società debitrice principale; ritenendo, nel merito, insussistente la violazione del disposto degli artt. 1175, 1375 e 1956 cod. civ. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello, la soccombente proponeva, infine, ricorso nei confronti della finanziaria divenuta cessionaria del credito e della società cedente (trasformatasi in altro soggetto).
Trascurando, in questa sede, i motivi di ricorso non accolti dal Consesso, la pronuncia in esame va apprezzata, poiché fornisce utili spunti in tema di buona fede ‘bancaria’ ed obblighi di informazione. In particolare, nella sentenza in commento, la Suprema Corte rileva che la garanzia fideiussoria è nulla ogni qual volta il comportamento della banca beneficiaria di una fideiussione cosiddetta ‘omnibus’ non sia improntato, nei confronti del garante, al rispetto del canone di correttezza-buona fede[2] nell’esecuzione del contratto. Il che si verifica allorquando la nuova concessione di credito avvenga nonostante il peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debitore principale, sì che possa ritenersi che la banca agisca nella consapevolezza di una irreversibile situazione di insolvenza di quest’ultimo e, quindi, senza la dovuta attenzione anche all’interesse del fideiussore. Nella fattispecie, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la banca che conceda finanziamenti al debitore principale, pur conoscendone le difficoltà economiche, fidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest’ultimo dell’aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorra in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e buona fede contrattuale (arg. ex artt. 2 Cost., 1175 e 1375 cod. civ.).
2. –Il caso in rassegna rappresenta un tipico esempio di fideiussione bancaria[3]. Quest’ultima va ben distinta dal tradizionale modello di fideiussione previsto dal nostro codice civile agli artt. 1936 ss.[4], poiché contiene espressamente alcune specifiche deroghe, che la rendono fortemente sbilanciata in favore dell’istituto bancario-creditore[5].
Com’è noto, la fideiussione regolata dal codice civile si presenta accessoria al rapporto obbligatorio principale, di cui evidentemente ne segue le sorti. Per converso, la garanzia atipica bancaria si presenta il più delle volte autonoma ed indipendente rispetto ai rapporti tra creditore garantito e debitore principale, in quanto si vuole evitare che il garante possa sottrarsi al pagamento del debito garantito, sollevando eccezioni relative, per l’appunto, al rapporto principale (arg. ex art. 2945 cod. civ.). In altri termini, nella fideiussione bancaria – nella quale è previsto l’immediato pagamento da parte del fideiussore “a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore”[6], con espressa rinuncia al beneficio della preventiva escussione di cui all’art. 1944 cod. civ. – ciò che è precluso al fideiussore è l’opponibilità delle eccezioni sollevabili dal debitore principale[7].
In tale ottica, viene in rilievo soprattutto la fideiussione c.d.omnibus, modello che concentra in sé il maggior numero di deroghe a beneficio unilaterale della banca garantita[8]. La fideiussione omnibus è diretta, infatti, a soddisfare l’esigenza, particolarmente avvertita nel mondo bancario e degli operatori economici in generale, di disporre di una garanzia elastica e flessibile, che sia in grado di coprire tutte le obbligazioni che possano venire ad instaurarsi tra l’istituto di credito ed il cliente-debitore, senza dovere ogni volta provvedere al rilascio di una nuova garanzia, oppure alla rinnovazione o all’integrazione di quelle eventualmente già esistenti. All’uopo, è prevista all’interno di tale fideiussione la clausola omnibus, per effetto della quale il fideiussore si obbliga a garantire l’adempimento di tutte le obbligazioni dipendenti da operazioni bancarie di qualsiasi natura, già consentite o che venissero in seguito consentite ad un determinato soggetto (i.e. il debitore principale o chi gli fosse subentrato). Tale garanzia, inoltre, può coprire anche qualsiasi altra obbligazione che il debitore principale si trovasse in qualunque momento ad avere verso la banca, per la quale il fideiussore, in deroga al disposto dell’art. 1948 cod. civ., dichiari di essere solidalmente obbligato[9]. Ne consegue che la fideiussione omnibus si estende innanzitutto alle obbligazioni successive alla conclusione del contratto di garanzia: quindi, alle obbligazioni future. A tal riguardo, occorre rilevare che, non solo il credito, ma anche l’atto generatore del credito stesso può essere futuro rispetto alla fideiussione, con la conseguenza che la garanzia ricomprende non solo le obbligazioni che nascono da rapporti già in essere tra la banca ed il debitore principale, ma anche quelle derivanti da rapporti che verranno ad esistenza soltanto in un momento successivo[10].
Non sorprende, dunque, che la diffusione della fideiussione omnibus sia stata accompagnata da un dibattito dottrinale e giurisprudenziale assai vivace, soprattutto a causa dell’estrema ampiezza del suo oggetto. In particolare, ci si è chiesti se l’estensione della garanzia non soltanto ai debiti in essere al momento in cui la stessa è prestata, ma anche a quelli futuri dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura, assunti dal debitore principale o anche da chi gli fosse eventualmente subentrato, non si ponga in contrasto con l’esigenza che l’oggetto del contratto sia determinato o comunque determinabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1346 e 1418 cod. civ. Tali dubbi iniziarono soprattutto verso la fine degli anni ottanta del secolo scorso, in cui venne posto il problema della presunta violazione del canone di correttezza e buona fede, nell’ambito delle fideiussioni omnibus, da parte delle banche creditrici. Spesso gli istituti di credito, infatti, contando sulla preventiva deroga al disposto di cui all’art. 1956 cod. civ., continuavano a fare credito al debitore, anche nella consapevolezza del di lui dissesto, senza alcun accordo o comunicazione con il fideiussore, sfruttando proprio le capacità finanziarie di quest’ultimo. Per porre freno a questa prassi invalsa, furono proposte numerose azioni giudiziarie dirette a far dichiarare nulle e prive di effetto le clausole di preventiva rinuncia alla necessità della “speciale autorizzazione”, contenute nei moduli bancari, al fine di accertare la illiceità delle elargizioni di denaro a soggetti ormai dissestati, approfittando così della solvibilità del garante che – in forza della preventiva rinuncia – era tenuto all’oscuro di tutto.
Tali malumori hanno indotto, quindi, il legislatore ad intervenire con la legge 17 febbraio 1992 n. 154 (“Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”), che ha inciso notevolmente sulla disciplina della fideiussione bancaria e, in particolare, sull’istituto della fideiussione omnibus, stabilendo che essa sia nulla ove non contempli il limite massimo dell’importo garantito dal fideiussore (v. art. 1938 cod. civ.) e prevedendo l’inderogabilità dell’art. 1956 cod. civ., con la conseguente inefficacia delle clausole che dispensino la banca dal richiedere la “speciale autorizzazione” prima di fare credito al cliente debitore, qualora notoriamente le sue condizioni economiche si aggravino[11].
3. – Le modifiche apportate alla disciplina della fideiussione come predisposta nell’originario testo del codice civile sono state dettate dall’esigenza di non lasciare il fideiussore in balia delle determinazioni delle parti del rapporto a cui accede la garanzia, oltre che delle condizioni economiche del debitore principale. L’introduzione del massimale e la previsione del diritto del fideiussore ad essere informato sul rapporto garantito «sono prescrizioni che, presupponendo la opponibilità al fideiussore delle condizioni alle quali è sottoposta l’obbligazione garantita, hanno inteso da un lato mettere a disposizione del fideiussore uno strumento per preventivamente quantificare l’entità del suo impegno e dall’altro offrirgli un canale di conoscenza dal quale gli è permesso trarre motivo per non protrarre i suoi impegni allorché mutino le circostanze nelle quali la garanzia era stata prestata»[12]. È, dunque, escluso a priori che la fideiussione omnibus possa esporre il fideiussore ad un rischio illimitato di cui non sia a conoscenza[13]. In tal senso, la regola del massimale della garanzia fideiussoria ha inciso positivamente sugli abusi più evidenti che si compivano con lo strumento della fideiussione, mitigando così l’alea alla quale il garante restava esposto in caso di fideiussione omnibus.
Sotto questo profilo, si rivela utile il richiamo alle norme sulla trasparenza dei rapporti bancari (artt. 115 ss. TUB), le quali divulgano il c.d. neoformalismo di protezione[14]: ossia quei vincoli formali posti a salvaguardia della parte debole. In quest’ottica, la forma assume il nuovo ruolo di strumento di politica del diritto utilizzato dal diritto privato europeo, in via diretta, a salvaguardia della parte debole e, in via mediata, per la conformazione del mercato alla luce della strumentalità della forma al controllo e all’etero-determinazione di taluni aspetti del regolamento contrattuale[15]. Invero, la normativa sulla trasparenza offre un vistoso esempio del legame tra forma e informazione[16], giacché entrambe convergono sull’obiettivo di assicurare la consapevolezza e, dunque, la razionalità della scelta negoziale del cliente[17]. Nel concreto, l’obbligo di cui si discute, che si colloca non solo nelle fasi della trattativa e della formazione del contratto, ma anche nella fase di esecuzione del medesimo, emerge là dove «sussista un sensibile squilibrio tra le posizioni di partenza dei soggetti coinvolti (…) apprezzato anche in relazione alla natura dell’operazione economica da porre in essere ed alle rispettive ‘qualità’ delle parti interessate»[18].
Nel diritto contemporaneo, «l’attenzione è tutta rivolta nei confronti delle varie forme di debolezza» e nel «diritto dei contratti questa attenzione si è tradotta anche nel tentativo di circoscrivere e limitare i poteri delle parti più forti, chiamando queste ultime a fare concessioni ai deboli o trattare con loro su basi più favorevoli di quanto avrebbero fatto in un ‘libero’ mercato»[19]. In questo quadro, viene spontaneo riconoscere che l’informazione non può che essere apprezzata in un’ottica relazionale. Se guardiamo, in particolare, al sistema bancario si assiste ormai ad un abbandono dell’impostazione legislativa di tipo ‘bancocentrico’ e, per converso, all’emersione di una diversa sensibilità nei confronti della posizione del cliente, certamente ricollegata al mutamento di politica economica che si registra sul versante europeo. A contrassegnare questo processo è la previsione di obblighi di natura accessoria, che mirano al soddisfacimento di tutti gli interessi coinvolti nel rapporto obbligatorio. Tra di essi, gli obblighi di informazione garantiscono il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa da parte del cliente, sebbene sempre più spesso in una versione standardizzata, cioè da fornire mediante consegna di moduli e formulari il cui schema è già predeterminato dal professionista o dalla legge.
Le prescrizioni in discorso supportano, peraltro, il controllo da parte del contraente debole della corretta esecuzione del rapporto obbligatorio, soprattutto allorquando lo stesso subisca variazioni in ordine alla prestazione, come nel caso della fideiussione omnibus. Al riguardo, va chiarito che la corretta informazione del garante fa sì che sia quest’ultimo a determinare, eventualmente, la variazione della prestazione, non già i soggetti del rapporto principale garantito. A ben vedere, infatti, combinando gli obblighi informativi posti a carico del contraente forte (i.e. l’istituto di credito) con l’autorizzazione ‘speciale’ prevista dall’art. 1956 cod. civ. per l’assunzione di obbligazioni future da parte del garante, viene fuori una tutela in favore del fideiussore capace di assicurare a quest’ultimo, nel corso del rapporto, il mantenimento consapevole della scelta contrattuale assunta.
4. – La buona fede ‘oggettiva’[20] va vista in stretto rapporto con il tema degli obblighi di informazione, giacché storicamente costituisce la matrice di tali obblighi, i quali, nella fase in cui la sensibilità legislativa al problema dell’asimmetria informativa e del completamento del contenuto del contratto era meno spiccata, sono stati l’oggetto privilegiato del lavorio di concretizzazione cui la giurisprudenza – recependo alcune istanze formatesi già nel formante dottrinale – ha sottoposto la clausola generale di buona fede-correttezza[21].
Il connubio tra obblighi di informazione e buona fede si celebra nell’ambito della funzione ‘integrativa’ del contenuto del contratto[22] ormai largamente riconosciuta a quest’ultima, al fianco della funzione ‘valutativa’ . Tramite il precetto della buona fede, in effetti, il contratto assurge a rapporto complesso, con conseguente ampliamento degli obblighi in esso contenuti. In buona sostanza, la funzione integrativa permette di completare ed arricchire il piano dell’obbligazione tramite lo strumento tecnico degli obblighi accessori rispetto all’obbligo primario della prestazione (Nebenpflichten)[23]. Del che si tratta di condotte (come, ad esempio, l’informazione a carico del contraente forte) che esibiscono un intrinseco connotato di strumentalità rispetto agli obiettivi individuati nell’accordo e, soprattutto, al fine di assicurare, nel corso dell’esecuzione, la fedeltà alla sostanza dell’assetto di interessi consacrato nel contratto o nel singolo rapporto obbligatorio e la piena utilità degli esiti, oltre a garantire la coerenza delle condotte di esecuzione alle politiche e ai principi fondamentali dell’ordinamento[24]. È il rispetto di questa coerenza che la buona fede presidia, ora agendo sul piano dell’integrazione ora sul piano della rimodulazione degli effetti (funzione valutativa)[25]. Da questo punto di vista, il contratto non è più un mero veicolo di ricchezza materiale, ma diventa altresì garante della protezione della persona del contraente che subisce l’incremento del rischio di pregiudizio a causa dell’instaurazione della relazione contrattuale[26].
In particolare, nei contratti bancari, il criterio della buona fede pare finalizzato a paralizzare quelle condotte che si dimostrino abusive da parte dell’istituto di credito, operando quale limite-controllo dell’attività del soggetto forte nel corso dell’esecuzione del rapporto contrattuale. In questo senso, ben si coglie come la buona fede (valutativa) sia strettamente correlata alla figura controversa del divieto di abuso del diritto[27]. Ciò si verifica, in particolare, allorquando la banca, in un rapporto continuativo come quello scaturente da una fideiussione omnibus, gestisca il rapporto obbligatorio già instaurato col terzo, esponendo il garante al rischio di non poter più utilmente rivalersi sul debitore principale, stante il peggioramento delle condizioni economico-finanziarie di quest’ultimo, già note al creditore garantito.
Beninteso, la previsione dell’art. 1956 cod. civ. non opera ipso iure, ma deve essere accertata di volta in volta dal giudice che valuterà se il creditore-finanziatore (banca) abbia fatto credito secondo un comportamento di correttezza e buona fede (arg. ex art. 1375 cod. civ.). Purtuttavia, qualora venisse accertato la responsabilità del finanziatore che ha fatto credito “senza la speciale autorizzazione” del garante fideiussore, quest’ultimo potrebbe essere liberato per l’intero e non per la singola erogazione concessa ma non autorizzata[28]. Peraltro, la speciale autorizzazione di cui parla l’art. 1956 deve essere specifica e, quindi, rilasciata di volta in volta, essendo valida per tutto il periodo successivo al suo rilascio fino a quando, però, le condizioni del debitore non registrino un ulteriore e notevole peggioramento[29]. A tal proposito, occorre altresì precisare che deve trattarsi di un’autorizzazione espressa (per iscritto) anche se potrebbe essere ammessa implicitamente (per facta concludentia), dati i rapporti intercorrenti tra garante e garantito (si pensi all’amministratore di una società che garantisca per la società stessa[30]).
Da queste sommarie indicazioni si ricava, quindi,il corollario secondo cui l’art. 1956 cod. civ. costituisce applicazione della clausola generale dell’obbligo di correttezza e di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. e sanziona, quindi, con la liberazione del fideiussore, il comportamento del creditore nel caso in cui, successivamente alla prestazione della garanzia, sopravvenga un notevole aumento delle difficoltà di soddisfacimento del suo credito, a causa della mutata condizione patrimoniale del debitore, ed il creditore, benché a conoscenza di tale situazione, conceda nuovo credito o mantenga quello già in essere, senza alcuna specifica autorizzazione da parte del fideiussore[31]. Non può revocarsi in dubbio che in siffatta ipotesi il comportamento della banca creditrice, oltre a porsi in palese contrasto con il disposto dell’art. 1956 cod. civ., integri, altresì, una chiara violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto (arg. ex artt. 2 Cost., 1175 e 1375 cod. civ.)[32].
5. – L’esigenza di imporre un limite preciso all’assunzione di una garanzia anche per debiti non certi ma che matureranno in futuro appare in linea alla diversa modulazione dei rapporti bancari a cui si assiste nel panorama europeo[33]. In particolare, la tendenza è quella di intervenire con una regolazione trans-tipica, con l’intento di assicurare la trasparenza dei rapporti tra gli istituti bancari e la clientela, nonché di introdurre alcune forme di riequilibrio, come vincoli di forma e contenuti contrattuali imposti[34]. Tra questi ultimi un rilievo primario assumono gli obblighi informativi posti a carico della banca, i quali non si esauriscono nella fase precontrattuale, o addirittura in quella di commercializzazione dei servizi bancari, ma si protraggono per l’intero arco della fase esecutiva, al fine di rendere il soggetto debole consapevole del rapporto in essere e del suo andamento, inteso anche come rischio cui egli va incontro. D’altronde, è proprio nella fase dell’esecuzione del rapporto contrattuale che potrebbero annidarsi condotte o omissioni in grado di vanificare in parte il regolamento. L’esecuzione del rapporto contrattuale non è, infatti, sottratta alla dimensione precettiva, non potendosi concepire come mero dispiegamento degli effetti delineati nella fase della predisposizione dell’accordo[35]. E ciò in quanto essa si presenta come una fase dotata di autonomia normativa, perché contraddistinta non solo dalle coordinate temporali ma anche da esigenze sue proprie[36]. Queste ultime, tuttavia, devono essere sempre coerenti con la traccia delineata nel regolamento contrattuale e a ciò soccorre la buona fede mediante la forma giuridica dell’obbligo integrativo[37].
Appare, dunque, condivisibile la conclusione cui è pervenuta la Corte nel caso esaminato, secondo cui, se in un rapporto bancario continuativo si manifesta un significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore rispetto a quelle conosciute al momento dell’apertura del rapporto, tali da mettere a repentaglio la solvibilità del medesimo, la banca creditrice, che dispone sicuramente di strumenti di autotutela che le consentono di porre termine al rapporto impedendo gli ulteriori atti di utilizzazione del credito, è tenuta ad avvalersi di quegli strumenti anche a tutela dell’interesse del fideiussore inconsapevole, se non vuol perdere il beneficio della garanzia, in conformità al dovere di correttezza-buona fede e in attuazione del dovere di salvaguardia dell’altro contraente (debole).
[1] Per il testo integrale della sentenza v. www.dirittobancario.it/giurisprudenza/contratti-e-garanzie/fideiussione/nulla-la-fideiussione-omnibus-se-la-banca-viola-gli-obblighi-di-correttezza.
[2] Sulla perfetta identità di contenuti e di funzioni che accomuna buona fede e correttezza si può convenire, del tutto, con F. Piraino, La buona fede in senso oggettivo (Estratto), Torino, 2015, 12 ss.
[3] In argomento v. S. Maccarone, La fideiussione bancaria come contratto atipico?, in Le garanzie reali e personali nei contratti bancari, Milano, 1976, 151 ss.; M. De Marco, La fideiussione bancaria: profili di dottrina e giurisprudenza, in Studi di banca, borsa e titoli di credito, Milano, 1978; G. Valcavi, Sulla fideiussione bancaria e i suoi limiti, in Foro it., 1990, I, 558 ss.; V. Visconti, La fideiussione bancaria nei rapporti interni e internazionali, Milano, 1983.
[4] Sulla fideiussione, senza alcuna pretesa di completezza, vedasi V. Campogrande, Trattato della fideiussione nel diritto odierno, Torino, 1902; F. Ciccaglione, voce Fideiussione, in Enc. giur. it., VI, Milano, 1903; E. Redenti, voce Fideiussione, in Diz. Prat., III, Milano, 1923, 118 ss.; L. Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1948; L. Aru, Della fideiussione, in Comm. D’Amelio-Finzi, II, 2, Firenze, 1949; V. Carbone, La fideiussione. Rassegna di dottrina e giurisprudenza, in Dir. giur., 1958, 321 ss.; G. Bozzi, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. dir. priv. Rescigno, XIII, Torino, 1985;C.M. Bianca, Diritto civile, vol. V, La responsabilità, Milano, 1994; C. Barbieri, La polizza fideiussoria tra normativa tipica e prassi contrattuale, in Giur. it., 1999; F. Di Sabato, Fideiussione e negozi di assunzione del debito altrui: criteri d’interpretazione, in Riv. dir. civ., 1969; M. D’Orazi Flavoni, Fideiussione, mandato di credito, anticresi, in Tratt. Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1961; M. De Marco, La fideiussione bancaria: profili di dottrina e giurisprudenza, in Studi di banca, borsa e titoli di credito, Milano, 1978; M. Franzoni, Fideiussione omnibus e ius superveniens, in Contratto e impresa, 1993, 428 ss.; G. Grippo, Le garanzie personali: la fideiussione in generale, le fideiussioni bancarie, il mandato di credito, in Trattato di diritto privato, a cura di M. Bessone, Vol. XI, Tomo I, Torino, 2007; G. Valcavi, Sulla fideiussione bancaria e i suoi limiti, in Foro it., 1990, I, 558 ss.; V. Visconti, La fideiussione bancaria nei rapporti interni e internazionali, Milano, 1983; V. Falaschi, L’art. 1956 c.c.: fideiussione e mandato di credito, in Foro it., 1958; C. Falqui Massidda, voce Fideiussione, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989, 1 ss.; E. Favara, Fideiussione di obbligazione principale invalida e validità della clausola che estende la garanzia fideiussoria anche a tali ipotesi, in Econ. e cred., 1974, 936 ss.; G. Ferri, Ancora sull’applicazione dell’art. 1957 alla fideiussione solidale, in Riv. dir. comm., 1977; M. Fragali, Della fideiussione, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1960; Id., voce Fideiussione, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, 346; Id., Sulla natura dell’assicurazione fideiussoria, in Banca borsa, 1972; A. Giusti, La fideiussione ed il mandato di credito, in Tratt. Cicu-Messineo, XVIII, Milano, 1998; S. Maccarone, La fideiussione bancaria come contratto atipico?, in Le garanzie reali e personali nei contratti bancari, Milano, 1976; F. Macioce, L’atipicità della fideiussione omnibus, in Rass. dir. civ., 1981; G. Grisi, Forme e modelli della garanzia, in Riv. crit. dir. priv., 1997, 187 ss.; F. Mastropaolo – A. Calderale, Fideiussione e contratti di garanzia personale, in Tratt. contr. Rescigno, I, Torino, 2006, 334 ss.; R. Miccio, Della fideiussione, in Comm. c.c.¸Torino, IV, 1966; B. Moretti, La fideiussione, in Giurisp. sistematica, Torino, 1980; G.B. Petti, La fideiussione e le garanzie personali del credito, Padova, 2006; L. Pontiroli, Fideiussione omnibus, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 2000, 373 ss.; A. Ravazzoni, Sulla c.d. polizza fideiussoria, in Foro it., 1957; Id., voce Fideiussione, in Dig. disc. priv., Sez. civ., VIII, Torino, 1992, 254 ss.; Id., La fideiussione generale, in Banca borsa, 1980, 257 ss.; Id., Le garanzie dell’obbligazione, Parma, 1993;C.Risi, La fideiussione, Padova, 2005; L. Ruggeri, La fideiussione, in Tratt. Perlingieri, III, 19, Napoli, 2005, 3 ss.; U. Salvestroni, La solidarietà fideiussoria, Padova, 1977; Id., Fideiussione speciali atipiche o miste e solidarietà “attenuata”, in Banca borsa, 1982, I, 1085 ss.; E. Simonetto, La fideiussione prestata da privati, Padova, 1985; G. Stolfi, In tema di fideiussione generale, in Riv. dir. civ., 1972, I, 529 ss.; G. Villanacci, Confideiussione e obbligazione solidale, Napoli, 2005. In argomento, cfr. pure G.F. Campobasso, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974; G. Cavalli, Contratti bancari su modulo e problemi di tutela del contraente debole, Torino, 1976; G. Tamburrino, Appunti sulla natura e sulla disciplina della cosiddetta assicurazione fideiussoria, in Assicurazioni, 1970, I, 523 ss.; M. Lo Buono, I contratti di garanzia, in Tratt. Perlingieri, IV, 30, Napoli, 2007, 258 ss.; A. Alpini, Regresso e surrogazione. Rimedi non alternativi, Napoli, 2014. Da ultimo v. la chiara disamina di E. Battelli, La fideiussione, inF. Piraino – S. Cherti, I contratti bancari, Torino, 2016, 349 ss.
[5] Ai fini dell’esatta ricostruzione delle tipiche clausole delle fideiussioni bancarie, assume rilievo una pronuncia della Corte Giustizia delle Comunità Europee, 21/1/1999, n. 215, che ha evidenziato le principali norme bancarie uniformi relative alla fideiussione omnibus, le quali prevedono: l’assunzione della garanzia allo stesso tasso previsto per l’operazione garantita e in ogni caso in misura non inferiore a quella corrente bancaria; l’esonero della banca dal dovere di chiedere la speciale autorizzazione di cui all’art. 1956 cod. civ.; l’esonero della banca di agire nei termini di cui all’art. 1957 c.c.; l’obbligo del fideiussore di pagare immediatamente, a semplice richiesta scritta anche in caso di opposizione del debitore; la determinazione del debito garantito sulla base delle risultanze delle scritture contabili della banca, senza peraltro che la stessa sia tenuta ad effettuare di sua iniziativa alcuna comunicazione al fideiussore in ordine alla situazione dei conti e ai rapporti con il debitore; la deroga all’art. 1939 c.c. con la conseguenza che l’obbligazione fideiussoria mantiene tutti i suoi effetti anche se l’obbligazione principale si riveli, per qualsiasi motivo, invalida.
[6] Cfr., in tal senso, R. Natoli, Riflessioni sulla struttura del contratto autonomo di garanzia e della polizza fideiussoria, in questa Riv. dir. ec. trasp. amb., vol. X, 2012.
[7] Cfr., sul punto, F. Giorgianni – C.M. Tardivo, Diritto bancario, Milano, 2009, 368.
[8] Cfr., al riguardo, G. Biscontini, Fideiussione omnibus, in Contratti, 1995, 1, 109 ss; M. Franzoni, Fideiussione omnibus e ius superveniens, in Contratto e impresa, 1993, 428 ss.
[9] M. Franzoni, Fideiussione omnibuse ius superveniens, cit., 428 ss.
[10] Si intuisce che questo tipo di garanzia viene prestata, oltre che per i debiti esistenti al momento del primo finanziamento, anche per i debiti futuri (come quelli derivanti, ad esempio, dalle aperture di credito o dalle anticipazioni bancarie, dallo sconto di titoli o dal rilascio di garanzie): ove per obbligazione futura si intende non solo quella che originerà da un rapporto già in essere alla costituzione della garanzia, bensì anche quella rispetto alla quale la fattispecie produttiva della situazione fondamentale non abbia ancora avuto inizio. Attualmente, la possibilità di garantire debiti futuri mediante fideiussione trova il proprio addentellato normativo nella legge 17 febbraio 1992, n. 154 (v., in particolare, l’articolo 10 della legge citata) in materia di c.d. “trasparenza bancaria”, che ha comportato delle modifiche ed integrazioni agli art. 1938 e 1956 del codice civile. Per quanto concerne più specificamente le obbligazioni garantite, va osservato che nell’oggetto della fideiussione omnibus rientrano tutte le obbligazioni che possono derivare da operazioni bancarie, nessuna esclusa. Peraltro, il fideiussore risponde anche dei debiti derivanti da garanzie che il debitore principale abbia a sua volta prestato a favore della banca nell’interesse di terzi. Per quanto attiene al profilo soggettivo della garanzia, invece, il fideiussore risponde non soltanto per le obbligazioni contratte dal debitore principale, ma anche per quelle di chi gli fosse eventualmente subentrato e, quindi, anche per le obbligazioni dei successori e degli aventi causa a qualsiasi titolo.
[11] A ben vedere, le maggiori critiche mosse alla fideiussione in esame riguardavano proprio l’eccessiva indeterminatezza delle obbligazioni che il garante era tenuto a garantire e la coerenza o meno delle varie obbligazioni – soprattutto quelle future – che il debitore poteva assumere, sempre in relazione alla determinabilità dell’oggetto del contratto fideiussorio. Cfr., in tal senso, G. Biscontini, Fideiussione omnibus, cit., 109 ss.
[12] M. Costanza, La fideiussione personale ovvero la c.d. garanzia di firma, in I contratti bancari, a cura di E. Capobianco, Tratt. Rescigno-Gabrielli, t. 2, Torino, 2016, 1710.
[13] E. Battelli, La fideiussione, cit., 377.
[14] Cfr. S. Pagliantini, Neoformalismo contrattuale, in Enc. dir., Ann. V, Milano, 2012, 772 ss. e già Id., Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti,Pisa, 2009, passim; E. Fazio, Dalla forma alle forme. Struttura e funzioni del neoformalismo negoziale, Milano, 2011; L. Modica, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo formalismo, Milano, 2008. Con particolare riferimento al tema dell’informazione, in chiave generale, v. V. Roppo, Il contratto del duemila, Torino, 2011, 65 ss.; S. Mazzamuto, Il contratto di diritto europeo, Torino, 2015, 221 ss.; e in chiave più specifica E. Moscati, Profili attuali degli obblighi di protezione nel diritto italiano e nel diritto europeo, in L. Garofalo (a cura di), Questioni vecchie e nuove in tema di responsabilità, Napoli, 2011, 69 ss.; G. Grisi, Informazione (obblighi di), in Enc. dir. (Annali), IV, Milano, 2011, 595 ss.; S. Pagliantini, Trasparenza contrattuale, in Enc. dir. (Annali), V, Milano, 2012, 1280 ss.; F. Rende, Informazioni e consenso nella costruzione del regolamento contrattuale, Milano, 2012, passim.
[15] S. Mazzamuto, I contratti bancari: un’introduzione, in F. Piraino – S. Cherti, I contratti bancari, cit., XXI.
[16] Sulla c.d. forma informativa cfr. B. Pasa, Forma informativa, in Dig. disc. priv.,sez. civ., Agg. V, Torino, 2010, 651 ss.
[17] Basti considerare che agli obblighi pubblicitari contemplati dall’art. 116 TUB, che mirano a rendere note preventivamente le condizioni economiche praticate dalla banca alla clientela, seguono i vincoli i vincoli formali stabiliti dall’art. 117 TUB volti a fissare nel contenuto contrattuale le condizioni economiche pubblicizzate.
[18] G. Grisi, L’obbligo precontrattuale di informazione, Napoli, 1990, 89, il quale soggiunge che «l’interesse allo sfruttamento del ‘vantaggio informativo’ ad esclusivo beneficio personale del soggetto che tale vantaggio detiene, entra in conflitto con l’esigenza di protezione che la controparte – in posizione di inferiorità – manifesta. Quest’ultima può assumere, in certi casi, un rilievo assolutamente prevalente e giustificare, pertanto, il sacrificio imposto alle ragioni della parte che l’informazione detiene: sacrificio che trova la sua traduzione nell’apposizione di un limite al potere di sfruttamento del ‘vantaggio informativo’ e, quindi, nell’obbligo di rendere edotto il suo partner precontrattuale della circostanza da lui solo conosciuta».
[19] Così G. Marini, Distribuzione e identità nel diritto dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2010, 65.
[20] Per buona fede oggettiva si intende tanto la fonte di regole di azione quanto il criterio di un sindacato a posteriori sulla condotta dei soggetti di un rapporto giuridico, tramite, in entrambi i casi il riferimento ad un modello sociale di comportamento. Diversamente, la buona fede soggettiva esprime piuttosto uno stato soggettivo di coscienza, che consiste nella condizione gnoseologica di chi versa nella convinzione incolpevole di agire iure. Per queste nozioni v. F. Piraino, La buona fede in senso oggettivo (Estratto), cit., 2.
[21] S. Mazzamuto, il contratto di diritto europeo, Torino, 2015, 227 ss.
[22] In argomento si rinvia al recente contributo di F. Piraino, L’integrazione del contratto e il precetto di buona fede, in F. Volpe (a cura di), Correzione ed integrazione del contratto, Bologna, 2016, 175 ss.
[23] Cfr. F. Piraino, La buona fede in senso oggettivo (Estratto), cit., 31 ed ivi ulteriori riferimenti dottrinali.
[24] Ibidem, 152.
[25] In tema cfr. A. Di Majo, Delle obbligazioni in generale,
[26] Cfr. L. Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, 364 ss.; C. Castronovo, Vaga culpa in contrahendo: invalidità responsabilità e la ricerca della chanceperduta, in Eur. dir. priv., 2010, 9.
[27] F. Piraino, La buona fede in senso oggettivo (Estratto), cit., 170, spec. nt. 48 con ampi riferimenti dottrinali.
[28] G. Biscontini, Fideiussione omnibus, cit., 109 ss. Volendo spiegare la soluzione prospettata nel testo in chiave sanzionatoria, non è azzardato intendere la norma in esame come una ‘pena privata’ di natura legale che, in quanto tale, ha una duplice funzione: preventiva come remora ad un comportamento scorretto da parte della banca; repressiva, perché, in caso di violazione, il fideiussore è liberato per l’intero.
[29] La norma in commento precisa, al secondo comma, che non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione dalla garanzia prestata.
[30] In tal caso, la mancata richiesta di autorizzazione ex art. 1956 cod. civ. non costituisce una violazione contrattuale liberatoria, atteso che la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune o deve essere presunta tale.
[31] Al fine dell’integrazione della fattispecie contemplata dall’art. 1956 cod. civ. devono sussistere, quindi, tanto l’elemento oggettivo della concessione di un ulteriore finanziamento successivo al deterioramento delle condizioni patrimoniali del debitore principale, sopravvenuto rispetto alla prestazione della garanzia, quanto l’elemento soggettivo della consapevolezza del creditore del mutamento delle predette condizioni, raffrontate a quelle esistenti al momento della costituzione del rapporto (cfr., in tal senso, Cass. Civile, sentenza n. 10870/2005).
[32] Così Cass., Sez. I Civile, sentenza n. 16827/16, § 5.2.3.
[33] Sul ruolo che la buona fede ha assunto nel diritto europeo cfr. G.A. Benacchio, La buona fede nel diritto comunitario, in Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di Alberto Burdese, Padova-Venezia-Treviso, 14-15-16 giugno 2001, I, a cura di L. Garofalo, Padova, 2003, 189 ss.
[34] Cfr., sul punto, S. Mazzamuto, I contratti bancari: un’introduzione, cit., XVIII.
[35] Il rilievo è di F. Piraino, La buona fede in senso oggettivo (Estratto), cit., 151.
[36] A. Di Majo Giaquinto, L’esecuzione del contratto, Milano, 1967, 225.
[37] Cfr. F. Piraino, La buona fede in senso oggettivo (Estratto), cit., 151.