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Attualità

Fideiussione e Contratto autonomo di garanzia

30 Novembre 2022

Antonio Ferraguto, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Maria Francesca Mazzeo, Senior Associate, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza il tema della diversa qualificazione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia, anche alla luce della più recente giurisprudenza di merito e della Cassazione.


Come noto, la fideiussione è un contratto tipico disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 1936 c.c., secondo il quale il fideiussore è “colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui. La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza.”

La caratteristica principale della fideiussione è l’inscindibile collegamento che sussiste tra l’obbligazione principale e quella del garante.

Per avere conferma di ciò è sufficiente leggere gli artt. 1944 e 1945 c.c. che prevedono rispettivamente la solidarietà dell’obbligazione tra debitore principale e garante e la possibilità per il fideiussore di “opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità”.

Il contratto autonomo di garanzia, invece, è un contratto atipico nel quale, al contrario della fideiussione, non vi è alcun vincolo di accessorietà tra l’obbligazione principale e la garanzia stessa.

In questo caso, l’unico rimedio esperibile dal garante è la c.d. exceptio doli nei casi in cui il creditore abbia agito con dolo al fine di indurre il garante alla conclusione del negozio, chiedendo poi l’adempimento della prestazione.

Dunque, in sintesi, mentre nella fideiussione l’obbligazione del fideiussore e quella del debitore principale sono strettamente connesse tra di loro, nel contratto autonomo di garanzia, l’obbligazione assunta dal garante è completamente autonoma rispetto a quella principale.

Secondo la giurisprudenza, dall’autonomia di tale ultimo tipo di garanzia deriva l’impossibilità per il garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all’art. 1945 c.c. nonché, per quest’ultimo, di chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, ed opporre al garante tali eccezioni successivamente al pagamento da questi effettuato.

Il tema dell’individuazione degli elementi contrattuali caratterizzanti l’uno o l’altro tipo di garanzia è discusso in giurisprudenza.

Secondo una parte della giurisprudenzaIl contratto autonomo di garanzia si caratterizza, rispetto alla fideiussione, per l’assenza dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest’ultimo.” (così, da ultimo, Cassazione civile sez. II, 17/06/2022, n.19693).

Di conseguenza, “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale.” (in tal senso, tra gli altri, Tribunale Forlì sez. II, 28/04/2022, n.395).

In altri termini, dunque, secondo questo orientamento il fatto che un contratto di garanzia (anche espressamente definito “fideiussione”) contenga una clausola di pagamento “a prima richiesta” e “senza eccezioni sarebbe sufficiente a qualificarlo come contratto autonomo di garanzia.

Tale orientamento non sembra, però, essere in linea con le direttive formulate sul punto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza del 18 febbraio 2010, n. 3947, con riferimento alla distinzione in generale fra fideiussione e garanzia autonoma, in un obiter dictum, avevano formulato espressamente un criterio direttivo per la qualificazione della garanzia con clausola “a prima richiesta” e/o “senza eccezioni” al fine di “…consentire, ex ante, la necessaria prevedibilità della decisione giudiziaria in caso di controversia, restringendo le maglie di aleatori spazi ermeneutici sovente forieri di poco comprensibili disparità di decisioni a parità di situazioni esaminate

Nello specifico, le Sezioni Unite avevano chiarito che per qualificare la garanzia come autonoma sia sufficiente la clausola «a prima richiesta» o, alternativamente e disgiuntamente, quella «senza eccezioni», con la conseguenza che le due clausole sono, quindi, assimilabili e interscambiabili.

Ciò non sta ovviamente a significare che tutte le fideiussioni contenenti la clausola “a prima richiesta” siano da considerare contratti autonomi di garanzia, dovendosi poi analizzare, nello specifico, tutte le altre clausole contenute all’interno del contratto fideiussorio, al fine di valutare la concreta volontà delle parti.

In quanto strettamente connesso con la reviviscenza del termine decadenziale previsto dall’art. 1957 c.c., questo dibattito è divenuto molto attuale a seguito della sentenza delle Sezioni Unite del 30 dicembre 2021 n. 41994/2021 con la quale, come noto, è stato definito il dibattuto contrasto giurisprudenziale relativo alle sorti delle fideiussioni bancarie conformi allo schema ABI.

Come noto, con tale sentenza la Corte si è espressa in favore della nullità parziale del contratto di fideiussione che riproduca le seguenti previsioni, ritenute contrarie alla disciplina in materia di concorrenza:

  1. la c.d. “clausola di reviviscenza”, secondo la quale il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo” (articolo 2);
  2. la c.d. “clausola di rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c.”, in forza della quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’articolo 1957 c.c., che si intende derogato” (articolo 6);
  3. la c.d. “clausola di sopravvivenza”, a termini della quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.

La ricaduta più pregnante nella pratica della sentenza delle Sezioni Unite del 31 dicembre 2021 riguarda certamente la reviviscenza dell’art. 1957 c.c. per l’effetto della eventuale dichiarazione di nullità della clausola n. 6 della fideiussione, che espressamente vi deroghi.

Come noto, l’art. 1957, primo comma, c.c. prevede espressamente che “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.

Per quel che rileva in questa sede, sono stati ritenuti inadatti ad interrompere il termine semestrale i semplici atti stragiudiziali (quali, ad esempio, la lettera di messa in mora o le trattative per comporre bonariamente una vertenza), ma con una eccezione.

Un caso particolare riguarda, infatti, proprio le fideiussioni che prevedono una clausola di pagamento immediato a semplice richiesta scritta. In tal caso il contratto viene qualificato come “garanzia a prima richiesta” e, dunque, la fideiussione non si estingue se il creditore, entro sei mesi dalla scadenza di cui all’art. 1957 c.c., avanza anche solo una semplice richiesta stragiudiziale di pagamento.

La clausola in parola dispone ad esempio che “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio” ovvero “a semplice richiesta scritta e senza eccezioni”.

E così autorevole giurisprudenza ha ritenuto non necessaria, nel caso di specie, la proposizione di una domanda giudiziale e sufficiente la richiesta di pagamento stragiudiziale trasmessa dall’Istituto di credito “purché questa sia poi effettivamente proposta entro un termine ragionevole” (Così Corte d’Appello di Milano sentenza n. 890 del 18.03.2021; conf. App. Milano, sentenza n. 2110 del 5 luglio 2021).

Tali conclusioni richiamano il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui “la decadenza prevista in tema di fideiussione dell’art. 1957 c.c. per l’ipotesi che il creditore non coltivi entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione la propria pretesa nei confronti del debitore principale, così come può essere pattiziamente esclusa nei contratti di fideiussione tipici, allo stesso modo può essere volontariamente estesa ad un contratto autonomo di garanzia, il quale preveda una clausola di pagamento “a prima richiesta”. In questo caso, però, la suddetta decadenza può essere evitata dal creditore non solo iniziando l’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale ma anche soltanto rivolgendo al fideiussore la richiesta di pagamento” (Cfr. Cass. n. 13078/2008; si veda anche Cass. n. 22346/2017).

Dunque, la Corte di Cassazione fa espresso riferimento al “contratto autonomo di garanzia”, ma alla luce della ratio sottesa, si ritiene che, affinchè la semplice lettera di messa in mora sia considerata valido atto interruttivo del termine semestrale, non è necessario che la fideiussione sia qualificata come contratto autonomo di garanzia, ma è sufficiente che sia contenuta nella stessa la clausola c.d. “a prima richiesta”.

Diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due disposizioni, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio (Cass. n. 22346/2017; in senso analogo, Cass. n. 13078/2008, secondo cui laddove il contratto preveda una clausola di pagamento “a prima richiesta” e al tempo stesso operi l’art. 1957 c.c., la relativa decadenza può essere evitata dal creditore non solo iniziando l’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale, ma anche soltanto rivolgendo al fideiussore la richiesta di adempimento; v. anche Corte d’Appello di Milano, 18 marzo 2021, n. 890).

In conclusione, dunque, seppur, come visto, la presenza della sola clausola “a prima richiesta” potrebbe portare a considerare la fideiussione un contrato autonomo di garanzia, ai fini della valutazione della validità della semplice lettera di messa in mora ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1957 c.c., parrebbe sufficiente che all’interno del contratto sia contenuta la clausola “a prima richiesta”, non dovendo lo stesso essere necessariamente qualificato come contratto autonomo di garanzia.

Si tratta, comunque, di questioni oggi aperte sulle quali certamente la più attenta giurisprudenza non tarderà a pronunciarsi ancora.

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