1. – Con la sentenza in esame è nuovamente approdato in Cassazione il tema delle fideiussioni omnibus, a garanzia di operazioni bancarie, emesse sulla base dello schema predisposto nel 2003 dall’ABI, poi oggetto del provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005[1].
Occorre ricordare che, con quel provvedimento, la Banca d’Italia aveva statuito che “gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia di operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate, in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90”.
Da qui l’insorgere di un ampio contenzioso avente per oggetto in particolare le questioni della nullità o meno delle singole fideiussioni emesse sulla base dello schema ABI e se tale eventuale nullità si estendesse o meno all’intera garanzia fideiussoria a favore delle banche.
2. – La sentenza qui in commento si inserisce, quindi, in questo dibattito e cassa con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Brescia, enunciando il seguente principio di diritto:
“in tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 I. n. 287/1990, con particolare riguardo a clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento adottato dalla Banca d’Italia prima della modifica di cui all’art. 19, comma 11, I. n. 262/2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante per la Concorrenza, una elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano pronunciate, e il giudice del merito è tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione, o non attuazione, della prescrizione contenuta nel provvedimento amministrativo con cui è stato imposto all’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario”.
3. – A un primo esame della sentenza, è possibile fare le seguenti considerazioni:
A) anzitutto la Cassazione premette che oggetto della decisione di merito impugnata non è la questione della legittimità delle disposizioni contrattuali (artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI) asseritamente nulle (cfr. sentenza, pag. 5).
Il che di per sé già significa che neanche la sentenza della Cassazione riguarda (direttamente) quelle disposizioni, che infatti neppure vengono esaminate dalla pronuncia.
B) In realtà, la sentenza della Cassazione ha un contenuto (almeno prevalentemente) processuale.
Infatti la Cassazione si concentra anzitutto sulla rilevanza probatoria (non) attribuita dal giudice del merito al provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005, provvedimento che, come ricordato, aveva statuito che “gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia di operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate, in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90”.
Più precisamente, la Cassazione ha ritenuto errata la decisione di merito nella parte in cui non ha dato rilevanza (probatoria, in merito all’esistenza di un’intesa a monte illecita) a tale provvedimento della Banca d’Italia.
Al riguardo la Cassazione afferma che è irrilevante il fatto, valorizzato dal giudice del merito per escluderne la rilevanza probatoria, che il provvedimento della Banca d’Italia non avesse un contenuto sanzionatorio o non contenesse diffide (peraltro la Cassazione evidenzia che tale provvedimento in ogni caso prescriveva all’ABI di emendare le proprie circolari): infatti ciò che conta è che tale provvedimento avesse un contenuto accertativo, che il giudice del merito ha mancato di esaminare, in tal modo, secondo la Cassazione, incorrendo in errore; a quest’ultimo riguardo si noti che la Cassazione non si esprime sulla questione se il provvedimento della Banca d’Italia abbia accertato o meno l’intesa illecita: infatti la Cassazione precisa espressamente che il giudice del merito avrebbe dovuto verificare “se il provvedimento avesse mancato di prendere posizione sull’esistenza dell’intesa restrittiva e, quindi, sulla diffusione, presso gli istituti di credito, dei testi negoziali comprendenti le citate clausole” (cfr. sentenza, pag. 11).
C) La Cassazione poi cassa la sentenza di merito nella parte in cui questa ha dato rilevanza alla mancata prova da parte del fideiussore della diffusione da parte dell’ABI del testo del contratto di fideiussione contenente le clausole in questione.
Al riguardo la Cassazione ha osservato che ciò che andava accertata era “la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali (…) col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva” (a prescindere dalla diffusione o meno dello schema da parte dell’ABI).
D) In coerenza con quanto sopra, la Cassazione ribadisce poi il principio generale per cui “compete all’attore che deduca un’intesa restrittiva provare il carattere uniforme della clausola che si assume essere oggetto dell’intesa stessa”.
E) Alla luce di quanto precede, pare che restino impregiudicate le questioni già dibattute in particolare nella giurisprudenza di merito, e in particolare le seguenti:
a) prova dell’intesa illecita (pur desumibile, secondo la Cassazione, dal provvedimento della Banca d’Italia; al riguardo va peraltro ricordato che le originarie indicazioni dell’ABI di cui al testo del 2003 erano state emesse all’esito di un concerto con le associazioni dei consumatori); in particolare, al riguardo, la Cassazione ha richiamato il proprio precedente n. 3640 del 2009, nel quale si è precisato che è vero che i provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza (così come nella specie il provvedimento della Banca d’Italia) rappresentano una prova privilegiata in relazione alla sussistenza del comportamento accertato; tuttavia la stessa Cassazione puntualizza che “ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove” anche “contrarie” a tale “accertamento”; si tratta, in altre parole, di una “attitudine astratta” del provvedimento sotto il profilo probatorio;
b) (allegazione e) prova dell’applicazione uniforme (e non occasionale) delle clausole asseritamente nulle;
c) eventuale nullità, parziale o totale, della fideiussione. A questo riguardo peraltro non sembra significativo quanto si legge a pagina 6 della sentenza, laddove la Cassazione ha respinto l’eccezione di difetto di interesse ad agire formulata dalla banca (sotto il profilo per cui la fideiussione manterrebbe comunque la sua validità generale in forza del principio di conservazione del contratto). Infatti la Cassazione ricorda che “l’interesse ad agire va valutato alla stregua della prospettazione operata dalla parte, e non lo si può negare sul presupposto che le conseguenze da trarsi dai fatti allegati siano diverse da quelle sostenute dall’attore, attenendo ciò alla fondatezza nel merito della domanda”: dunque, la Cassazione non entra nel merito neanche della questione se l’eventuale violazione della normativa antitrust del contratto a valle comporti la nullità totale di quest’ultimo ovvero solo delle singole clausole in ipotesi nulle.
[1] Cfr. in argomento Cass., 12 Dicembre 2017, n. 29810, in www.dirittobancario.it , la quale aveva affermato il seguente principio di diritto: “in tema di accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione “a valle” di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse “a monte” (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d’Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 14 e 20, (in vigore fino al trasferimento dei poteri all’AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016)) a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza”.
Il provvedimento della Banca d’Italia è consultabile al seguente link: https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/tutela-concorrenza/provvedimenti/prov_55.pdf