Il presente contributo analizza la decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF n. 16511/2022 sull’incidenza del fattore tempo sulla potenziale nullità delle fideiussioni omnibus «a valle» per illiceità antitrust dell’intesa «a monte».
1. Introduzione sulle fideiussioni omnibus
Con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 (il “Provvedimento”), la Banca d’Italia, all’epoca investita anche dei poteri di vigilanza sulla concorrenza nel settore bancario, dichiarò che gli articoli 2 (la clausola di reviviscenza), 6 (la clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c.) e 8 (la clausola di sopravvivenza) dello schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’Associazione Bancaria Italiana (“ABI”) nell’ottobre del 2002, erano in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a) della legge n. 287/1990 (“Legge Antitrust”), “nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme”. Con tale affermazione la Banca d’Italia ritenne che la standardizzazione contrattuale fosse anticoncorrenziale e impedisse, quindi, la possibilità di diversificazione del prodotto offerto. Nello specifico, tali clausole furono ritenute idonee a riversare sul fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa, senza risultare funzionali a garantire l’accesso al credito bancario. Il menzionato Provvedimento, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità[1], costituirebbe “prova privilegiata” in relazione alla sussistenza del comportamento accertato e del suo eventuale abuso.
L’accertamento condotto dalla Banca d’Italia pose immediatamente il problema della sorte dei contratti stipulati “a valle”, vale a dire delle fideiussioni rilasciate in epoca posteriore a detto Provvedimento e il cui contenuto riproduceva le clausole del modello di fideiussione omnibus oggetto di censura da parte della Banca d’Italia. Difatti, i contratti a valle, di per sé legittimi sul piano civilistico, potrebbero presentare profili di illegittimità nella misura in cui costituissero gli effetti materiali o economici dell’intesa anticoncorrenziale, così configurandosi quale strumento della violazione del libero mercato [2].
Un primo importante riferimento alla sorte di tali contratti si rinviene nella sentenza della Corte di Cassazione n. 2207/2005, laddove si affermò che, stante il “collegamento funzionale” con la volontà anti-competitiva a monte, ai contratti a valle non poteva attribuirsi un rilievo giuridico diverso rispetto all’intesa che li precedeva: la nullità di quest’ultima si riverberava sull’atto consequenziale.
Su tale tema e sulle possibili soluzioni si è sviluppato in dottrina e in giurisprudenza un acceso dibattito.
Al tale proposito, vale la pena ricordare che il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario (“ABF”), con la decisione n. 14555/20, ha affermato la nullità parziale delle clausole censurate, in applicazione del principio di conservazione del contratto, respingendo l’opposta tesi sostenuta, tra gli altri, dal Collegio ABF di Milano secondo la quale la fideiussione sarebbe integralmente nulla[3].
La tesi della nullità parziale è stata condivisa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 41994/2021, è intervenuta a dirimere il contrasto giurisprudenziale in merito alla sorte della fideiussione avente contenuto conforme alle intese anticoncorrenziali dichiarate nulle, statuendo che la nullità delle singole clausole contrattuali può invalidare l’intero contratto solo ove si dimostri che la porzione colpita da invalidità ha una rilevanza tale nell’economia contrattuale che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.
2. La decisione del Collegio di Coordinamento dell’ABF n. 16511/2022
In questo contesto, assume particolare importanza la decisione in commento poiché il Collegio di Coordinamento dell’ABF prende posizione sulla vexata quaestio della “estensione” dell’accertamento condotto da Banca d’Italia alle fideiussioni omnibus stipulate in tempo successivo al 2005. Tale complessa questione, infatti, pur affrontata dalla dottrina[4] e dalla giurisprudenza di merito[5], non era stata esaminata nella pronuncia delle Sezioni Unite, né nelle pronunce del Collegio di Coordinamento.
In proposito, il Collegio di Coordinamento del 2022 mostra di compiere un passo in avanti rispetto alla propria precedente decisione del 2020 e agli arresti della Suprema Corte, statuendo che, “mentre le fideiussioni sottoscritte anteriormente all’accertamento che ha portato all’emanazione del Provvedimento possono senz’altro giovarsi della sua massima portata presuntiva, confidando integralmente sulla natura di prova privilegiata, diversa conclusione deve essere tratta per le fideiussioni stipulate in epoca successiva”.
In tal modo, il Collegio di Coordinamento, condividendo l’approccio seguito da una certa giurisprudenza di merito in ordine al regime probatorio applicabile al contenzioso in esame, ha ritenuto che il garante che abbia sottoscritto una fideiussione post 2005 con clausole corrispondenti al modello ABI e intenda dedurne la nullità derivata non possa limitarsi ad esibire in giudizio il testo del Provvedimento e dello schema ABI, bensì abbia l’onere di dimostrare la persistenza della intesa antitrust fino al momento di rilascio della garanzia personale. E siffatto onere della prova dovrà essere soddisfatto dal garante attraverso la produzione di un numero ragguardevole di modelli contrattuali di fideiussione, riferibili a diversi istituti bancari e diffusi sull’intero territorio nazionale.
Corollario di quanto sopra, secondo il ragionamento seguito dal Collegio di Coordinamento, è che, tanto maggiore è il tempo trascorso tra la stipulazione della fideiussione e il Provvedimento, tanto più improbabile è il fatto che il contratto sia frutto dell’intesa anticoncorrenziale censurata dall’Autorità.
3. I principali punti di attenzione
La decisione in commento si caratterizza per avere individuato un ragionevole contemperamento tra la valenza del Provvedimento come prova privilegiata in ambito giudiziale e l’onere probatorio gravante in capo al garante che agisce in giudizio per far valere la nullità delle pattuizioni fideiussorie. In questi anni, infatti, il Provvedimento e la coincidenza delle clausole fideiussorie con quelle dello schema ABI del 2002 sono state considerate prova presuntiva al fine di poter considerare le clausole come effetto diretto dell’intesa vietata.
Il ragionamento del Collegio di Coordinamento, a ben vedere, poggia sugli effetti della presunzione che, ai sensi dell’art. 2727 cod. civ., permette, attraverso un ragionamento deduttivo, di conoscere un fatto sconosciuto partendo dalla conoscenza di un fatto noto; la tenuta del ragionamento presuntivo e il conseguente valore probatorio dipendono, pertanto, dal grado di connessione tra il fatto noto e la derivata conoscenza del fatto ignorato[6].
A tal proposito, si ricorda che la stessa Corte di Cassazione, sia nella sentenza n. 2207/2005 che nella più recente sentenza n. 41994/2021, aveva utilizzato il concetto di connessione ovvero di “collegamento funzionale” per argomentare la nullità del contratto a valle frutto dell’intesa vietata a monte. In proposito, appare agevole comprendere come il collegamento nella sentenza della Corte di Cassazione del 2005 conferiva al fatto derivato un elevato carattere di certezza per la vicinanza temporale tra il Provvedimento e la stipula del contratto di fideiussione; contrariamente, il trascorrere degli anni ha reso questo collegamento funzionale sempre più sfumato. In buona sostanza, maggiore è il tempo intercorso dalla stipula della fideiussione e dal Provvedimento, maggiore è la probabilità che l’utilizzo delle clausole derivi da una scelta autonoma e indipendente delle parti, di talché il rilascio della garanzia personale, pur conforme allo schema ABI, non potrebbe essere considerato come attuazione dell’intesa vietata.
In altri termini, una volta venuto meno il collegamento automatico tra intesa a monte e contratto a valle, cade la possibilità di costruire una prova presuntiva basata sulla coincidenza delle clausole contrattuali con lo schema ABI censurato dal Provvedimento. Così ragionando, il Collegio di Coordinamento impedisce di dilatare all’infinito e in maniera indiscriminata il concetto di intesa al punto da inglobare tutti i processi causali che dall’intesa stessa siano conseguiti, cercando di fornire invece una concretezza di contorni[7], arginando altresì gli effetti che il rimedio della nullità, data la sua natura di rimedio imprescrittibile ai sensi dell’art. 1422 c.c., avrebbe potuto creare nonostante il trascorrere del tempo.
Peraltro, il ragionamento del Collegio di Coordinamento appare avvalorato, tra l’altro, dalla circostanza che l’ABI, a seguito del Provvedimento, ha provveduto ad emendare lo schema contrattuale delle fideiussioni omnibus eliminando le clausole di cui agli artt. 2, 6 ed 8; all’esito, alcune banche hanno provveduto a modificare i propri modelli di fideiussione omnibus eliminando le tre clausole controverse, altre hanno provveduto ad eliminare solo alcune delle clausole controverse, mentre altre banche, ancora, hanno ritenuto di non procedere ad alcuna modifica dei rispettivi modelli contrattuali. Il risultato, pertanto è che il settore bancario è in grado di offrire una pluralità di contratti di fideiussione omnibus tra cui il singolo consumatore o impresa può scegliere e ciò rende improbabile che ad oggi si realizzi l’uniformità di applicazione delle clausole censurate, condizione essenziale per poter ravvisare una nullità parziale del contratto a valle rispetto all’intesa anticoncorrenziale censurata dal Provvedimento della Banca d’Italia.
[1] Ex multis Cassazione n. 24044/2019.
[2] A. Gentili, La nullità dei “contratti a valle” come pratica concordata anticoncorrenziale (Il caso delle fideiussioni ABI), Giustizia civile, fasc. 4 , 1 aprile 2019, p. 675.
[3] Cfr. decisione n. 16588/2019 del Collegio ABF di Milano, ad avviso del quale sarebbe configurabile l’ipotesi di cui all’art. 1419, primo comma c.c., il quale dispone la nullità totale del contratto qualora i contraenti non avrebbero concluso quest’ultimo senza le clausole colpite da nullità.
[4] P. Carrière, Lo spinoso tema della validità delle fideiussioni omnibus nel recente orientamento della Cassazione, in Diritto Bancario, 2018; M. Rossi, Osservatorio in difesa della fideiussione omnibus abi, in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc.1, 1 febbraio 2021, pag. 141; S. Bastianon, La fideiussione omnibus e la responsabilità della banca tra illeciti antitrust « a monte » e contratti « a valle », in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.3, 1 marzo 2020, pag. 694.
[5] Ex multis: Trib. Padova, 3 marzo 2020, n. 453, Trib. Milano, 19 gennaio 2022, Trib. Bologna, 4 novembre 2020, Trib. Sondrio, 28 aprile 2021.
[6] P. Cendon, Commento sub art. 2927, in Commentario al Codice Civile, 2008, p. 298, ove si evidenzia che, ai fini della configurabilità della presunzione, il grado di connessione deve rivestire carattere di certezza o di probabilità.
[7] F. Greco, Analisi della garanzia fideiussoria, tra validità anticoncorrenziale e revisionismo consumeristico, in Responsabilità civile e Previdenza, fasc. 5, 1 maggio 2020, p. 1414.